30Kobe

Dici NBA al cosiddetto “uomo della strada”, e con tutta probabilità questo ti risponderà Michael Jordan. Specifica che vuoi sapere un giocatore in attività e probabilmente ti verrà risposto Kobe Bryant. Nel caso risponda con quello là che è andato a Miami, si è liberi di insultare l’uomo della strada.

Kareem Abdul-Jabbar, Karl Malone, Michael Jordan, Wilt Chamberlain. Sono i quattro giocatori che stanotte contro i New Orleans Hornets Kobe Bean Bryant ha raggiunto nell’esclusivo club di chi ha segnato 30.000 punti in NBA. Il numero 24 dei Lakers è stato anche il più giovane a raggiungere il traguardo, anche a onore della cronaca se va detto che lui, al contrario dei suoi predecessori, non è andato al college, ed è alla diciassettesima stagione tra i pro (è comunque superiore in media punti sia a Malone che a Jabbar). E’ interessante notare anche come, di questi 5 componenti del club, ben 4 a un certo punto della loro carriera abbiano indossato la casacca gialloviola e, tolto Malone che è rimasto un anno solo, hanno tutti scritto pagine di storia della franchigia losangelina. E al sesto posto nella classifica dei top scorer dell’NBA c’è Shaquille O’Neal, un altro che ha dato tanto ai Lakers.

La storia di Bryant è nota praticamente a tutti, è stata raccontata più volte da persone più autorevoli del sottoscritto, e cercando su Youtube si trovano varie chicche e aneddoti raccontati dall’Avvocato Buffa (come ad esempio uno in cui si parla del rapporto tra Kobe e Shaq, o di come interrogasse i compagni sulla triangolo durante gli allenamenti).

L’ascesa del figlio di Jelly Bean allo stardom NBA è coincisa con il boom di Internet, e questo ha portato Bryant a essere probabilmente il giocatore più discusso di sempre: ovunque sulla rete nascono da anni discussioni senza fine su di lui, con gli schieramenti opposti di chi lo ama e chi lo odia.

Bryant è per me uno sportivo da ammirare. Come lui ce ne sono stati pochi, figuriamoci limitando il campo al basket. E’ inutile nascondere che per me, che ho iniziato a seguire l’NBA nel ’99, è presto diventato un idolo da seguire. Prima che essere un fuoriclasse dal talento cristallino, è un vincente: è uno che darebbe il 100% e farebbe di tutto per vincere anche se giocasse al campetto con me e i miei amici. Sa che per essere e rimanere al top non basta la classe, ma servono impegno e allenamento. Il fatto che faccia sempre di tutto per scendere in campo, nonostante gli infortuni, è la dimostrazione di quanto sia volenteroso e determinato oltre che un leader per i compagni. Il fatto che io sia un suo grande ammiratore, e che penso sia un esempio sportivo da seguire per i giovani, non mi rende però acritico e cieco rispetto ai suoi difetti.

Tralasciando le note vicende giudiziare che l’hanno colpito nel 2004, Bryant ha una personalità forte che spesso prende il sopravvento. Quando vede che i suoi compagni non giocano al livello che lui vorrebbe, inizia a giocare da solo, forzando molte scelte e mandando fuori ritmo i compagni. Questo atteggiamento è frustrante per tutti, dai tifosi a chi gioca insieme a lui, ma spesso è quello che ha permesso alla squadra di rimanere in partita o di prendere imbarcate notevoli. Lo stesso Phil Jackson dava lui la possibilità di mettersi in proprio, appunto perchè sapeva con che talento e personalità aveva a che fare. Ma ha dato tantissimo alla squadra, e per questo lo si perdona quando si intestardisce.

Leggevo tempo fa che i famosi 81 punti contro i Raptors (contornati da 0 assist) fosse il punto più alto e allo stesso tempo basso della carriera di Bryant. Questa frase mi trova completamente d’accordo. Ma quel Kobe a mio parere è “morto” con la maglia 8, il passaggio al 24 è anche un segno della sua maturazione. I momenti di 1 vs. 5 ci sono ancora oggi e fanno parte della sua natura, ma in misura minore.

L’ultima milestone di una carriera leggendaria, speriamo solo in ordine di tempo. Bisogna arrivare a quella a cui tiene di più, il fatidico sesto anello che lo appairebbe al suo idolo e modello da seguire Michael Jordan, e che mi auguro arrivi presto, sia per la squadra che per lui.
Fermo restando che il numero 1 è sempre His Airness.

Grazie a Jerry West, che dopo aver visto 10 minuti di provino di Bryant disse “Andiamocene, è più bravo di tutti quelli che abbiamo in squadra” e lo draftò.

E grazie a Kobe Bryant. 30.000 grazie.

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2 risposte

  1. angyair ha detto:

    Non si può non ammirare Bryant per quel che fa su un campo di basket, specie nei suoi momenti di onnipotenza cestistica in cui non si può, semplicemente, fermare. Poi lo si può odiare perché è l’avversario, perché non passa la palla o per quei suoi momenti in cui lo prenderesti a schiaffi, ma la sua voglia di vincere, la sua tenacia, la sua caparbietà, l’impossibilità di ammettere la sconfitta e soprattutto non dimentichiamo la sua fantastica tecnica (non certo paragonabile in molti dei protagonisti nell’NBA moderna) ed intelligenza tattica sono da ammirare in silenzio.
    Firmato un suo “avversario”.

  2. azazelli ha detto:

    Credo che l’aspetto più interessante stia nell’accenno all’era di internet, che ha amplificato nel bene, ma soprattutto nel male il dibattito sul giocatore.

    Kobe è uno degli ultimi giocatori (mi viene in mente Garnett dopo di lui) che ha o almeno mostra una fame di vittoria incredibile, che passa sopra ogni rapporto umano. E’ l’ultimo simbolo dell’ avversario=nemico, contro la piega che sta prendendo la lega dello showbusiness, del circo, dell’amiconi.

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