Back to Mexico City? (Part 1)

La statua di Jorge Negrete

“Mexico lindo y querido” è un canto popolare messicano, composto nel 1921 da Chuco Monge e portato al successo alla fine degli anni ’30 da Jorge Negrete, attore, cantante, vera e propria icona per il popolo messicano. Il ritornello di questa canzone recita: “Messico bello e desiderato, se muoio lontano da te, che dicano che sto dormendo e che mi riportino qui”. Negrete si ammalò di epatite a New York, morì a Dallas* e, come da canzone, la sua salma fu riportata in patria e fu seppellito a Città del Messico.

New York, Dallas, Messico, suona familiare vero? Non sappiamo se i due QB di origini messicane Romo e Sanchez siano giunti al momento di andare a “morire” in Messico, se stiano solo dormendo o se semplicemente il loro percorso nelle rispettive squadre è da considerarsi concluso, cercheremo di capirlo. Quello che è certo è che il ritmo un po’ malinconico della citata canzone popolare messicana ben si addice al momento sportivo che stanno vivendo i due chicos.

Dedichiamo questo primo pezzo all’analisi della situazione del più anziano tra i due: Tony Romo, 32 anni, titolare da 6 stagioni, piene tanto di magie quanto di fallimenti, il giocatore che nel modo di interpretare il ruolo di QB molto spesso è stato accostato a Brett Favre, nel bene, ma anche nel male. La sua malsana capacità di andare fuori controllo in un amen, senza alcun preavviso, è quello che maggiormente l’ha penalizzato in questi anni: questione di carattere quindi, di gestione del proprio braccio e probabilmente una mancata maturazione, perché come talento medio sicuramente stiamo parlando di un QB che fino a questo momento meritava di aver vinto più di una misera partita ai playoff. E non è un caso che quella vittoria (peraltro contro i rivali Eagles) arrivò proprio nell’unica stagione in cui Romo si è potuto avvalere di un gioco di corsa solido (unica volta in 6 anni ad avere un numero di yards prodotte via corsa da top 10 NFL, quest’anno giusto per fare un paragone è l’ultimo della lega) e in generale in queste stagioni si fa fatica a ricordare un RB1 che abbia prodotto qualcosa di incisivo per sviluppare un gioco aereo più credibile. L’attuale DeMarco Murray sembra poterlo essere, peccato non riesca a giocare più di 5 6 partite consecutive senza acciacchi che ne limitino o, addirittura, ne azzerino l’apporto. Uno status da injury prone che era ben noto in fase di draft e che non a caso lo fece scendere dalle scelte più pregiate.

Per giudicare quello che è stato è fondamentale il contesto, d’altronde stiamo parlando di un QB che è entrato in NFL senza venir scelto al draft, che già solo per questo rappresenta in valore assoluto un’autentica vittoria da parte dei Cowboys, ora però a 9 anni di distanza i termini di giudizio sono cambiati. Detto del gioco di corsa, vanno altresì citati i target che in questi 6 anni sono stati a disposizione del buon Tony: da T.O., passando per lo sforzo fatto per arrivare a Roy Williams, arrivando al primo giro investito in Dez Bryant, il tutto con un contorno di Witten, amico fedele fuori e dentro dal campo, diventato uno dei migliori TE della nuova generazione. Questo solo per citare i principali: il QB di Dallas ha vissuto e sta vivendo nell’oro.

La disperazione di Romo

La contestualizzazione si completa con i due aspetti più contraddittori: la OL e il Coaching Staff. La prima ha avuto due versioni: quella con i veterani Flozell Adams, Kosier, Gurode, Leonard Davis e Colombo che piano piano si è cementificata fino a raggiungere dei livelli di prestazione soddisfacenti, che sono diventanti buoni considerando le eccelse abilità atletiche di muoversi all’interno e all’esterno della tasca di Romo, traducendo dall’inglese, estendendo il gioco spesso e volentieri. Ora, da un paio d’anni a questa parte, c’è una linea tutta nuova, fatta di giovani, veterani che non sono al livello di quelli passati e tanti infortuni, una linea che sicuramente sta complicando la vita al proprio QB e al Coaching Staff stesso, spesso costretto ad un play calling limitato ed adattato. Scusanti o per meglio dire attenuanti per chi lo guida dalla sideline ci sono, ma non bastano.

Romo da quando è diventato starter ha avuto 3 capi allenatori: Parcells, Wade Phillips e l’attuale Jason Garrett. Il primo non credeva in lui, il secondo per lo più ha lasciato tutto nelle mani del suo OC che poi è diventato il nuovo HC, e Jason Garrett, per l’appunto, sembra fargli più confusione che dargli certezze e siamo giunti ad una situazione in cui sembra quasi che uno voglia scaricare l’altro per parare il proprio lavoro e viceversa. Niente di eclatante a mezzo stampa, ma tanti piccoli atteggiamenti, i quali però non aiutano a mascherare i difetti dei singoli ruoli.

Veniamo quindi al presente: chi scrive è nato footballisticamente parlando con Aikman, è cresciuto con una serie di figure orripilanti (citiamone due tanto per non dimenticare: Quincy Carter e Hutchinson) e poi ha ritrovato la luce proprio con questo QB. Parlo in prima persona, gli sono sportivamente ma anche umanamente affezionato e in generale, chi è tifoso di football lo sa, si costruisce un rapporto particolare con il “proprio” QB, ho anche chiamato uno dei miei cani Romo (non vale la battuta: Romo è un cane…), va bene, avete capito, sono di parte. Così, però, non si può andare avanti, una scossa va data, bisogna cambiare la rotta e le vie possibili sono due (od entrambe):

1-cambiare HC e trovarne uno che porti una visione più illuminata dell’attacco, il sogno è Sean Payton, se si libererà definitivamente dei Saints, che proprio da Dallas, sotto Parcells, è partito, e che per iniziare la sua avventura a New Orleans aveva richesto come prima scelta proprio il portare il “suo” Tony Romo in Lousiana, per poi “accontentarsi” di Brees.

2-cambiare QB, magari non ora o nel prossimo anno, visto che la panchina propone un onesto, ma niente di più, Kyle Orton e un McGee che in questi anni di sviluppo non ha fruttato nulla (altro fallimento del Coaching Staff). Per di più il prossimo draft non presenta tantissima qualità nel ruolo, c’è materiale interessante ma con il quale perdere del tempo e qui torneremmo alla questione “McGee”. Mettersi a ragionare su eventuali fanta-trade o fanta-firme in freeagency mi pare altresì prematuro.

3-come si diceva prima, entrambe le cose, tabula rasa e lasciare di nuovo tutto nelle mani, ormai tremolanti, almeno metaforicamente, del padre/padrone/presidente/GM Jerry Jones e ricominciare con un nuovo asse HC-QB e tutto quello che ne consegue.

Se volete sapere l’idea di chi scrive, per ordine di preferenza metterei: opzione 1, opzione 3, opzione 2, senza sottovalutare l’opzione 4: tutta colpa degli infortuni, andiamo avanti un altro anno così, che sarebbe il male peggiore.

Al di là di quello che accadrà, resta solo un grande rammarico: ormai, citando proprio il padre padrone di cui sopra, “la finestra si sta chiudendo” e la possibilità di aver sprecato il talento di un buon QB come Romo è sempre più vicino alla certezza e, piaccia o non piaccia, sarà difficile trovare nel breve periodo un sostituto di livello.

*Sì, in realtà Jorge Negrete morì a Los Angeles, Hollywood, ci siamo presi una piccola licenza narrativa, ma non è colpa nostra se Los Angeles non ha ancora una franchigia NFL, magari sarà proprio lì che andrà a giocare Romo?!

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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2 risposte

  1. angyair ha detto:

    Romo è veramente un caso strano, capace di grandi cose, dotato di grande talento, ma anche in grado di rovinare tutto in pochi secondi con vuoti mentali o decisioni incomprensibili. A volte sembra anche essere perseguitato dalla sfortuna, ma allo stesso tempo sembra in grado di non prendere sempre la decisione giusta nei momenti più importanti. Magari è “solo” un altro Elway e riuscirà ad arrivare anche lui, sul finale di carriera, a giocare per il titolo e magari vincerlo.
    Ma mi sa che si dovrà scegliere l’opzione 1.

  1. 28 Novembre 2012

    […] 2 Championship giocati, tanti dubbi, poche certezze. Come abbiamo fatto nell’analisi della “situazione Romo”, allo stesso modo procediamo analizzando il contesto per analizzare i problemi che sta incontrando […]

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