Back to Mexico City? (Part 2)

Il draft 2009 è l’ultimo che si svolge su due giorni, i primi due giri al Sabato i restanti 5 alla Domenica. Mancano pochi minuti alle 23, ora italiana, le 5 pm ora di New York, quando la Radio Music City Hall, il teatro che ospita l’evento primaverile della NFL, esplode in un boato di giubilo: il commissioner Roger Goodell annuncia una trade, i cui dettagli saranno rivelati in seguito, quello che è certo è che al posto dei Cleveland Browns, saranno chiamati a scegliere i New York Jets.

Nella testa del tifoso si accende istantanea la lampadina: Mark Sanchez. E così è: il prodotto di Southern California viene chiamato e il popolo dei Jets torna a vivere speranze dopo anni di mediocrità e sfortune nel ruolo di QB, che nemmeno la pazzia passeggera nominata Favre era riuscita a mitigare.

Giusto per completezza di informazione, i Browns da quella trade ricevettero giocatori e scelte in gran quantità, e dopo alcune alchimie da draft il computo totale della controparte assunse queste dimensioni: arrivarono i veterani Brett Rattliff (QB, 0 lanci effettuati prima e dopo la trade, già fuori dalla NFL), Kenyon Coleman (DL) e Abram Elam (S), due onesti mestieranti con la valigia già in altri lidi, poi con la moltiplicazione delle scelte, arrivarono Alex Mack (C, primo giro, già pro-bowler), David Veikune (DL, 2° giro, 5 tackle in 2 anni e 2 squadre, prima di emigrare alla CFL, in Canada), Coye Francies (CB, 6° giro, 9 tackle in 3 stagioni in 3 squadre, ora ai Raiders, una stagione passata anche ai Las Vegas Locomotives, no…non c’è mai stata una franchigia NFL a Las Vegas) e James Davis (RB, 6° giro, fuori dalla regular season NFL da 2 anni). Insomma ci siamo capiti, ma questa è un’altra storia, questi sono i Cleveland Browns.

Noi invece vogliamo raccontarvi la storia di Mark Sanchez, 26 anni, al quarto nella lega, sempre da titolare. 2 Championship giocati, tanti dubbi, poche certezze. Come abbiamo fatto nell’analisi della “situazione Romo”, allo stesso modo procediamo analizzando il contesto per analizzare i problemi che sta incontrando Mark, soprattutto da un anno e mezzo a questa parte. Il punto di partenza parte dal presupposto che il cali-messicano non è tra i top4 della lega, come invece semplicisticamente qualcuno avrebbe potuto pensare dopo le due finali di AFC giocate nei suoi due primi anni di professionismo; non ci va nemmeno vicino dall’essere un elite QB, ma questo non toglie che possa fare molto meglio di quanto fatto ultimamente.

Nelle prime due stagioni, anche lui naviga nell’oro, una difesa dominante su tutti gli aspetti, un play calling conservativo che lo preserva da eventuali errori, target sicuri e di fama, per di più un reparto di QB composto da scappati di casa: giusto per essere ancora più indicativi, al momento dell’inizio del training camp la depth chart recitava: QB1 Kellen Clemens. Credo non ci sia bisogno di aggiungere altro. Insomma una situazione molto ovattata, per uno che un po’ nell’agio sportivamente parlando ci era comunque cresciuto, considerando il suo passato collegiale ad USC. Sanchez non è mai stato abituato a gestire la sconfitta e forse questo sta un po’ incidendo ora che le cose gli sono praticamente tutte contro.

Le prime due stagioni, pur con qualche partita sopra alla media, passano “limitandosi” a fare la cosa giusta al momento giusto o per lo più ad evitare errori grossolani, anche se l’anno da rookie si concluderà con più intercetti (20) che TD (12). Nel terzo anno i Jets nelle figure di Rex Ryan (HC) e di Brian Schottenheimer (OC) decidono di “liberare” il suo talento, dopo che nella fase finale della seconda stagione il ragazzo sembrava davvero pronto a fare il salto di qualità. D’altronde non fai quel tipo di investimento al draft, con tanto di trade up, per un semplice game manager, se ci investi così tanto è ovvio che tu veda in lui qualcosa di più simile ad un franchise QB, un giocatore su cui costruire un attacco, non semplicemente uno a cui chiedere di non fare errori.

Sanchez in questo processo si perde e in tanti lo aiutano a perdersi: una OL che lo ha fatto finire schiena a terra prima di lanciare per 65 volte (!!!) nelle ultime 27 partite, non “vive” la tasca ma è anche vero che spesso la tasca nemmeno c’è. Con una pressione tale spariscono i big play, non che siano mai stati il suo forte, ma 5 giochi superiori alle 40 yards sempre nello stesso lasso di tempo non possono essere giustificati solo con errori di precisione suoi, che peraltro son ben presenti. Nel frattempo non ci sono più i target, ma solo tanti giovani, più o meno di potenziale, non c’è più Schottenheimer, che ha pagato per tutti pur non essendo solo lui il problema, ma ci sono Sparano (nuovo “OC”) e soprattutto Tim Tebow (nuovo “nuovo”) a creare scompiglio sulla sideline e sulle headline dei giornali e dei siti.

Il caos regna sovrano: già con la fine della scorsa stagione, con la situazione ormai fuori controllo a Ryanville, andava presa una decisione o Sanchez o Santonio Holmes, il rinnovo di contratto oneroso al QB sembrava dare un segnale finalmente chiaro, da parte di una società e di un capo allenatore che non hanno mai smesso di difenderlo anche pubblicamente, poi arrivava la conferma anche del WR con dichiarazioni di facciata per far rientrare almeno apparentemente l’ammutinamento di week 17. E se non bastasse questo, la trade per Tebow faceva scoppiare tutto. Un passo in avanti e 3 indietro, vale per Sanchez e la sua crescita personale, vale anche per i Jets e per il modo di gestire il loro QB. Tutta la baraonda generata dall’arrivo dell’ex QB dei Florida Gators nella Grande Mela sanciva definitivamente il fatto che ai Jets non importa fare una squadra seria di football, ma sono più interessati a creare “interesse”: missione compiuta.

In un contesto del genere un giudizio scevro da ogni condizionamento “esterno” è impossibile. Nel match contro i Patriots, nel Thanksgiving, che ha generato questa riflessione troviamo un riassunto di 66 secondi:

1-4th&1 da convertire sulle 31 dei Pats, corsa centrale stoppata in cui Greene perde anche palla.

2-Entra in campo Brady, primo gioco del drive, screen pass per Vereen, che corre per tutto il campo, 83 yard e TD.

3-Torna in campo Sanchez, prima azione e primo down conquistato con un lancio, seconda azione, confusione nel backfield, Sanchez tiene palla, corre lui e si schianta sulle terga di un uomo della sua linea, caduta rovinosa e perdita del pallone, recuperato e riportato in meta.

4-Kickoff successivo, fumble recuperato e riportato ancora in meta dai Patriots.

In 4 mosse, c’è Sanchez ma soprattutto c’è una capacità di fare sempre la cosa sbagliata nel momento sbagliato: play calling, disciplina, mancanza di fiducia. Il vicolo sembra cieco, tanto per Mark quanto per Rex Ryan, che in questi anni giocati al rialzo ora si trova con in mano un bluff a cui non crede più nessuno. Tornando all’oggetto del nostro discorso, per il QB messicano ora uscire da questa buca sembra davvero impossibile, non sembra crederci nemmeno più lui. L’unica sua fortuna (nel breve periodo) è che, parafrasando una pillola di “angyair”, al momento non si sa se sia più scarso Tebow o più inconsistente Rex Ryan, questo lo fa restare dietro al centro ogni domenica, ma fino a quando? E soprattutto, per la sua carriera, ancora giovane, è una fortuna nel breve periodo, ma è da ritenersi tale anche per una visione più a lunga gittata?

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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3 risposte

  1. robys90 ha detto:

    Credo che la sua carriera NFL di alto livello (starter) sia finita qua, o perlomeno al tabula rasa dei Jets a fine stagione. Potrà riproporsi come secondo in qualche squadra di medio livello (Browns, magari Pitts) ma nulla più.

    • azazelli ha detto:

      Anche io la penso così, però alla fine in NFL anche Leaf ha avuto delle seconde chance (tutte andate male peraltro), tutto sommato potrebbe averla anche lui.

  1. 6 Luglio 2013

    […] metterebbe non poco in difficoltà la franchigia. Sulla questione 6 7 mesi fa avevamo speso queste parole, non ci resta che […]

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