Il Tour 2013 in pillole – Frullate, ventaglioni e però Peraud…

Il ciclismo è (anche) questo

Il ciclismo è (soprattutto) questo

Fughiamo subito le ironie, fin troppo facili quando si parla di ciclismo: non quelle pillole.

Froome e le sue frullate, o per meglio dire le sue froollate? Froomate? Vabbè ci siamo capiti, sono la novità, sicuramente preparata con un allenamento specifico dietro, gli allunghi 40″ e 20 di recupero sono diventati famosi per chi ha seguito il Tour su Eurosport. Io resto abbastanza dubbioso sulla reale efficacia sul lungo periodo, sul Ventoux e sui Pirenei ha avuto ragione lui, sulle salite alpine nella terza settimana è stato molto meno brillante: quella cadenza pazzesca prima o poi ti resta sulle gambe.

Parliamo dei dominatori: Froome, certamente, ma non dimentichiamo Sagan che ha vinto la maglia verde impennando sulle salite e sorridendo sempre, anzi quasi sempre (asterisco numero 1), e Quintana, giovane più dentro che fuori, che dopo la crono di Mont-Saint-Michel in cui ha perso la maglia bianca ha corso un altro tour rispetto agli altri “under” (asterisco numero 2), portando a casa la maglia per miglior giovane e quella per il miglior scalatore (primo a riuscirci, fonte @MikeVece; Pantani nel 1994, si dovette arrendere a Virenque per la maglia a pois e, viceversa, Virenque dovette arrendersi a Pantani per quella bianca).

Sagan può.

Sagan può.

(Asterisco numero 1) Si diceva quasi sempre sorridente per Sagan? Sì, perché nella tappa dei ventagli Peter non aveva proprio voglia di sorridere, secondo posto dietro a Cavendish, ma si sentiva di aver sbagliato qualcosa. In totale, oltre alla maglia, rivinta e stravinta, ci sono un primo posto, quattro secondi e due terzi, il dio del ciclismo ce lo mantenga.

(Asterisco numero 2): Quintana da Mont-Saint-Michel in poi ha corso un altro Tour, non solo rispetto ai suoi pari esperienza, ma anche rispetto al resto del mondo: dopo la tappa numero 11 era sesto a 5’18” dal leader Froome. A Parigi è arrivato secondo a 5’03”, saranno pochi 15″ guadagnati a questo Froome?! In sostanza ha fatto una seconda parte di Grande Boucle a livelli froomiani, senza peraltro farsi mancare l’occasione di attaccarlo più volte: giù il cappello.

E’ stato il tour di: Marcel Kittel, Jan Bakelants, Simon Gerrans, Daryl Impey e Chris Froome. Tutti hanno indossato almeno un giorno la maglia gialla, Impey è stato anche il primo africano a farlo nella centenaria storia del Tour, Kittel ha aggiunto pure 4 sigilli di tappa.

I 75 centesimi che hanno premiato l’Orica Greenedge e punito l’Omega Pharma-Quick Step a Nizza, nella crono a squadre.

I 72 centesimi che stavano premiando Contador contro Rodriguez, prima che il ciclone (nel senso di gran ciclista) Froome si abbattesse sul traguardo di Chorges.

Lo sguardo di Contador alla fine di quella crono diceva tutto: “se non l’ho battuto nemmeno oggi, non lo batterò più”…ed infatti mentre tutti si aspettavano la solita terza settimana di Alberto, lui non ce l’ha fatta: non è mai andato alla deriva, di questo gli va dato onore, ma non è stato il Tour che si aspettava e ci si aspettava da lui che aveva puntato tutto su questa corsa quest’anno. Fine di un’era? Not so fast, my friend.

Contador però è in buona compagnia nel girone dei delusi: Cadel Evans, lui credo sia veramente a fine corsa, 36 anni pesano anche se sei uno che proviene dalla mountain bike; Andy Schleck, protagonista più di azioni “pubblicitarie” che con una idea pratica; il nostro Damiano Cunego arrivato in Francia autoproclamandosi uomo da classifica e mostrandosi innervosito per non essere considerato dalla stampa, arriverà a Parigi con 2 ore di ritardo, neppure primo tra gli italiani (battuto di 15 minuti da Malacarne della Europecar)

Ventaglione del tritello

Ventaglione del tritello

Vorrei citare tra le delusioni anche l’intera Saxo-Tinkoff: che non riesce a vincere nessuna tappa e soprattutto sulle Alpi ha dato mostra di una tattica per nulla efficace. Ma ci sono 3 “però”: 1-c’hanno provato; 2-una squadra che mette su quella che poi è stata rinominata la tappa dei ventagli non può essere una delusione; 3-hanno pur vinto la classifica a tempo a squadre, lo so, non frega a nessuno, tranne agli sponsor…che sono quelli che ci mettono i soldi e tranne ai ciclisti che grazie a questa vittoria qualche soldo lo guadagnano.

A proposito dei ventagli: la Movistar è andata allo sbando quel giorno, arrivando a 10 minuti dai primi, lì è saltata la classifica di Valverde (ma non quella di Quintana), ma poi le fughe vincenti di Rui Costa e il capolavoro del colombiano ad Annecy-Semnoz hanno ripagato ampiamente quella sventagliata.

Certo che senza quei 10 minuti, con un puro esercizio aritmetico (che ha quindi valenza “fin lì”…) Valverde sarebbe stato ai piedi del podio.

Mollema e Ten Dam, della Belkin, hanno ben spiegato cosa è la terza settimana di un grande giro, ma torneranno e ci riproveranno, soprattutto il primo.

Francia – Italia 1-1, ma il nostro gol in trasferta (mitico Trentin), vale doppio. Ok, sulla carta Riblon che vince sull’Alpe d’Huez a quella maniera vale triplo. Ma al di là del peso specifico della tappa, il movimento ciclistico francese esce da questa Grande Boucle con le gambe rotte.

E poi, diciamocela tutta, l’Alpe d’Huez l’ha vinto Adam Hansen, avrà pagato 22’16” rispetto al tempo di Riblon, ma uno che fa una cosa del genere vince, a prescindere:

A tutta birra

A tutta birra

Kreuziger è tornato su (medio)alti livelli per le corse a tappe, proprio quando ormai avevamo smesso di crederci.

Cavendish: ecco Cannonball, lui è una mezza delusione, ha trovato chi va più forte di lui: Kittel. A ranghi compatti ha perso quattro volte dal tedesco dell’Argos, una volta da Greipel. “Cav” ha vinto due tappe (una quella con volata mozzata dal punto di vista degli avversari, che si sono persi tra le folate del vento), ma ci si aspettava di più: nello sport bisogna sempre fare i conti con gli avversari. Brucia non poco la sconfitta sui Campi Elisi, dove voleva essere il primo a fare cinquina.

Un Tour che si conclude di sera è suggestivo, ancora di più lo è se si interpreta il tutto attraverso le ombre dei corridori, che attraverso il tragitto si allungano per poi svanire sui Campi Elisi: al diavolo i dubbi.

Un pensiero a Teejay Van Garderen in lacrime secondo sull’Alpe d’Huez, paradossalmente molto più triste rispetto al nostro Moser che gli arrivò dietro. L’americano della BMC e Andrew Talansky sono il dopo Armstrong (in tutti i sensi) per il ciclismo USA. Questo Tour li ha misurati: sono leggermente più indietro rispetto a dove ce li aspettavamo.

Simpatia Voeckler: facce da schiaffi, maglietta sempre aperta, la solita andatura, non c’ha fatto mancare nulla, il re delle azioni “pubblicitarie”.

Il premio del super combattivo l’hanno dato a Riblon (premio casalingo?), io l’avrei dato a Voigt, classe 1971, che si diverte ancora come un ragazzino nell’andare in fuga. Non gli è riuscito il numero che, ad esempio, gli riuscì qualche mese fa al giro della California, ma promosso con lode, comunque.

Purito Rodriguez: non m’era piaciuto per nulla nelle prime settimane, troppo anonimo, ma è uscito alla grande dagli ultimi km del Mont Ventoux (in cui, non inquadrato, deve aver fatto un numero d’altri tempi recuperando tantissimo tempo dopo essere rimasto attardato ad inizio salita). Da lì in poi è stato un altro Rodriguez, entra in punta di piedi sul podio vincendo la sfida diretta con gli altri spagnoli Contador e Valverde…e sappiamo quanto ci tengano.

Un pensiero a Lieuwe Westra: fatichi per 3 settimane e sei costretto a ritirarti a 50 km dall’arrivo definitivo (poco più, poco meno), dopo averne fatti 3350…depenalizziamo la bestemmia per il povero tedesco della Vacansoleil.

E’ stato il Tour della gente, dei colori, delle bandiere e ok, anche dei buuh al team Sky e di qualche cretino (cit.) che corre affianco ai ciclisti (idolo personale e non solo personale, il tizio che ha sgambettato uno dei tanti scalmanati): ma in generale quanti appassionati sulle strade del Tour?! Tanti, tantissimi: il tornante degli olandesi sull’Alpe d’Huez (al netto di quei buuuh evitabili) è poesia.

Premio scenografia della corsa alla bicicletta gigante inquadrata più volte durante il tappone alpino di Le Grand-Bornand, montata su due binari, correva a mezz’aria al passo degli atleti per svariate decine di metri. Al Tour ne vediamo sempre di belle e bellissime, i due tifosi appesi in mezzo alla strada tramite mosconi da scalata sono i runner up, ma questa le supera tutte:

Ingegneria applicata alla passione ciclistica

Ingegneria applicata alla passione ciclistica

La prima impressione è che questo sia stato un Tour per scalatori, tante salite, tanti arrivi importanti in vetta. Ma se facciamo la tara come dal salumiere (vale lo stesso discorso dei 10 minuti tolti a Valverde, mero calcolo aritmetico con valore sportivo da soppesare): Quintana ha perso 3’16” da Froome nei 33 km piatti di crono dell’undicesima tappa, 1’11” in quella ondulata con arrivo dopo 32 km a Chorges e 17″ in quella a squadre, in totale fanno 4’44”…in generale finisce dietro di 5’03”. Sarà stato un Tour per scalatori, ma come al solito, è stato deciso dai km a cronometro.

Per me, che l’ho seguito su Eurosport, è stato anche il tour delle catene incatricchiate, delle fagianate, delle miciole, dei veglioni del tritello, ma anche dei ventaglioni del tritello, abbiamo avuto anche il tappone pianuraico, è stato il tour con una sola festa delle medie, qualche bombolone, ma con tantissimi appuntamenti presi all’ultimo dal dentista, i però Peraud (a proposito: coraggioso? Incoscente? Semplicemente ciclista, abituato a soffrire), gli oggi vince Voeckler, il sì ma non ti credere, il circuito del pagliaio, il tour del frullatore, che una volta si è anche inceppato. E’ vero sulla Rai mi sono perso l’anche lui ottimo Cassani e non so se pure quest’anno l’asfalto dei Pirenei si è sciuolto, ed è vero anche che su Eurosport, specie nella prima fase della tappa fanno troppi stop pubblicitari (nessuno comunque negli ultimi 30 km), ma con il team dei cronisti ciclistici della tv che ha sede a Parigi, ma che “registra” a Milano, oltre ad impararne tante, ci si diverte sempre moltissimo, si gode (cit.) ed il ciclismo è ancora più bello.

Froome, più oro che giallo.

Froome, più oro che giallo.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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2 risposte

  1. ottima disamina e bellissima la foto di homer!!!
    la battuta dei commentatori eurosport (froome: mi parte il frullatore!!! come fosse una cosa che non controlla!) nella tappa dell’alpe d’huez, è stata mitica;-)

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