Money(Foot)Ball – Tra calcio e statistiche avanzate

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John Hollinger, inventore del PER (Player Efficiency Rating), famoso analyst NBA per ESPN e ora Vice President of Basketball Operations dei Memphis Grizzlies

Negli ultimi anni, il movimento cestistico italiano ha conosciuto una grande espansione a livello di appassionati, tanto che proliferano sul web decine e decine di siti che si occupano di basket, NBA o europeo, fornendo report, news, analisi e altri contenuti.
Grazie alla facilità del mezzo web, molti di questi appassionati hanno potuto apprezzare, dagli analyst d’oltreoceano, un modo completamente nuovo di vedere la pallacanestro. Un modo di vedere in cui il colpo d’occhio e l’analisi statistica si fondono, confortandosi o smentendosi vicendevolmente, a seconda dei casi. Persino un appassionato medio di NBA, ormai, sa che le squadre vengono valutate in base a dati statistici, dai più semplici come i punti fatti e concessi a partita, al plus/minus, fino ai dati proiettati per 100 possessi.

Tentando spesso di fare tesoro di quest’esperienza, mi chiedevo se fosse possibile trasportare una simile visione (che mi sembra sia interessante da un punto di vista analitico, ma anche della narrativa dello sport) al gioco che in Italia regna incontrastato: il calcio. Ma il digging su Google sembra dare una risposta veramente impietosa: non esistono siti che forniscano statistiche calcistiche in maniera anche solo vagamente interessante.

Nel basket esiste un primo livello statistico, intuitivo e molto semplice, che con gli anni ha finito per dimostrare tutti i suoi limiti: l’analisi delle prestazioni dei giocatori in base a singoli parametri statistici, come i punti segnati, i rimbalzi catturati, gli assist forniti, le stoppate e le palle rubate. Nel calcio, questo sembra essere l’unico modo di guardare alla faccenda. Di un giocatore si guardano i gol, i contrasti vinti, i palloni rubati, al massimo la percentuale di passaggi riusciti.

Queste misure potrebbero anche risultare apprezzabili, con qualche indicazione orientativa: per esempio, se quel giocatore ha perso la palla tot volte a partita, mi piacerebbe sapere su quale volume di possessi. Se Pirlo e Padoin (esempio totalmente fittizio) avessero un numero simile di palle perse, risulterebbe evidente a tutti che il giocatore più efficiente è Pirlo, dal momento che ha perso quel numero di palloni, ma dovendo toccare la sfera molte più volte, e soprattutto in situazioni più complicate e con maggiore pressione. Ma noi possiamo dedurre questo perché conosciamo Pirlo, essendo uno dei giocatori più noti e guardati dell’intera Serie A. E per tutti gli altri? Come è possibile ottenere indicazioni accurate, di modo dal poter giudicare un giocatore in base a qualcosa di reale, quantificabile e, soprattutto, paragonabile? Come si fa a decidere quale, tra i giocatori che giocano meno minuti nelle loro rispettive squadre, meriterebbe più chance?

Ad oggi, ad un normale utente internet, informazioni del genere sembrano inaccessibili, quasi inesistenti. Ma siamo sicuri che il calcio sia realmente rimasto così indietro, così distante dalla sistematica analisi statistica, come sembrerebbe agli occhi di uno spettatore qualunque?

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Arsene Wenger, allenatore dell’Arsenal da diciassette stagioni, in cui ha portato i Gunners alla vittoria di undici trofei.

Parrebbe di no. Nonostante i tempi giurassici (la FIFA non ha iniziato a contare gli assist prima del 1994), tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila molte squadre, per la maggior parte militanti nella Premier League, hanno iniziato ad investire nella raccolta e analisi dei dati. Con l’arrivo di compagnie in grado di raccogliere statistiche avanzate su larga scala, come Prozone e Opta, club quali il Manchester United e il Chelsea hanno speso centinaia di migliaia di dollari in questo tipo di ricerca. Arsene Wenger, noto stat-geek, è famoso per ricevere, dopo ogni partita, sessanta pagine di analisi e numeri. L’Olympique Lione (come poi altre squadre in Europa) ha dato inizio ad un modello di business basato sull’acquistare giocatori con determinate caratteristiche tecniche (per esempio non punte centrali, considerate sopravvalutate), con un’età poco superiore ai vent’anni (abbastanza per non perdersi, non abbastanza per aver già raggiunto il massimo potenziale), di modo da farli esplodere per poi venderli ad un prezzo molto maggiore.

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Billy Beane, il General Manager degli Oakland Athletics, il cui utilizzo delle statistiche nella valutazione dei giocatori ha esercitato un forte impatto nel mondo dello sport, come immortalato nel libro di Michael Lewis, “Moneyball”.

Persino Billy Beane, il general manager degli Oakland A’s che con un approccio analitico teso a massimizzare, anche a livello economico, il rendimento dei giocatori, ha rivoluzionato le tecniche di scouting e il modo di molti addetti di guardare al baseball (per maggiori informazioni, leggete il famoso libro “Moneyball“, o almeno guardate la trasposizione cinematografica con Brad Pitt protagonista), sta considerando di trasportare la sua visione al calcio. Dopo che il Fenway Sports Group (proprietario anche degli stessi Oakland A’s), ha investito nei San Jose Earthquakes (squadra militante nella MLS, la massima lega calcistica statunitense), Beane ha dato la sua disponibilità ad elaborare un sistema di analisi che consenta di valutare i giocatori, per costruire una squadra efficiente avendo mezzo limitati (essendo il salary cap della Major League Soccer ancora più ristretto di quello della MLB).

La nota curiosa è che mentre nel baseball l’ondata di attenzione alle advanced stats partì dal basso, da infaticabili appassionati che solo in un secondo momento, per i loro meriti, divenivano analyst di fama riconosciuta, nel calcio il processo è totalmente top-down. Sono le società, e probabilmente solo quelle più grosse per ora, ad aver investito soldi nel tracking-data, e tengono particolarmente a serbare il segreto su ogni progresso, pur di non perdere il vantaggio competitivo.

A questo ostruzionismo dei club, si aggiunge la natura stessa del gioco del calcio, più fluida e confusionaria rispetto a quella di sport americani ultra-analizzati come il baseball. Non sembra esserci accordo su che indicatori prendere per valutare ogni singolo aspetto del gioco. E la non condivisione a cui si faceva accenno poco fa non aiuta lo stabilirsi di certezze, di standard uguali per tutti.

Ma al gioco del calcio questo non serve. Anzi, c’è bisogno dell’esatto opposto. In uno sport dalla cultura stagna e un po’ retrograda (l’introduzione della tecnologia come supporto agli arbitri è solo la punta dell’iceberg), la disponibilità per tutti di dati in grado di fornire, se interpretati in una maniera intelligente, una comprensione molto maggiore di ciò che accade in campo, sarebbe un grande segnale di apertura, ed evoluzione.

Si parlerebbe molto meno di aria fritta, il gossip verrebbe regalato al posto che gli compete, e ci sarebbe finalmente la possibilità di discutere di calcio con delle basi non più fondate sul puro fiuto e sulle sensazioni di scout, giornalisti, dirigenti. Lo sport tornerebbe forse a possedere una dignità mancante da tempo, liberandosi dei personaggi discutibili che ne popolano il circo mediatico, per venire raccontato da persone in grado di farlo, capaci, talentuose.

Perché il non poter andare oltre i discorsi da bar ci fa dimenticare molto spesso di che sport meraviglioso sia il calcio, e paradossalmente potrebbero essere proprio i “freddi” numeri a ricordarcelo. Perché la chiacchiera porta a parlare di cose che non si conoscono, senza cercare conferme ma anzi pretendendo che le chiacchiere stesse siano la conferma. I numeri, invece, richiedono necessariamente la conferma dell’occhio, riportando al contatto con lo sport giocato sul campo. Un campo a cui occorrerebbe riavvicinarsi. Da cui forse non avremmo dovuto allontanarci.

Luca Scremin

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11 risposte

  1. angyair ha detto:

    Se non sbaglio, l’anno scorso fu pubblicato un annuncio dal Manchester City che cercava proprio esperti nell’analisi statistica. Come dicevi però viene tenuto tutto sotto traccia per non perdere il vantaggio competitivo, cosa simile avviene anche nel football dove si sa per certo che molte squadre usano statistiche avanzate per analizzare partite e giocatori (sia del college che pro) ma pubblicizzano poco la cosa anche perché è ancora forte il partito, anche tra i media, del “stats are for losers”.

  2. piescic ha detto:

    Aza, gran bel post, ma non so davvero quanto le statistiche possano aiutare in uno sport dove, comunque, la casualità conta ancora parecchio.
    Non so, c’è davvero un esperto che va a indicizzare le uscite avventate di De Sanctis che possono farti prender gol, vanificando tutto il lavoro difensivo svolto in settimana, anche con le statistiche? Oppure una statistica che ti dice che Bonucci ogni tot partite devia la palla verso la propria porta, spiazzando Buffon?
    Non per ultima, l’analisi sulle statistiche stile Moneyball: ce li vedi i tifosi della Juve, dell’Inter o del Milan (per citare solo quelli italiani) che al posto di un Cavani o un Falcao (leggasi gente da 30 gol a stagione) sono molto meglio tre perfetti signor nessuno che ne fanno 10 a stagione per uno?
    Sarebbe divertentissimo 😀

    • azazelli ha detto:

      intanto “aza” minuscolo :-D, ma soprattutto i complimenti vanno a Luca Scremin (@skyliuker su twitter).
      Rispondo comunque al tuo appunto: sono parzialmente d’accordo con te, nel baseball puoi anche basare tutta la tua genesi di una squadra su statistiche avanzate, innanzitutto perché è un gioco di squadra ma molto particolare: tutto nasce dallo scontro 1vs1 che può essere estrapolato totalmente dal resto, poi una volta che l’1vs1 produce un tipo di esito (ovvero palla in gioco) entra in scena il gioco di squadra (e ci sono stat avanzate anche per quello). Il calcio, come il football americano, secondo me fa molta più fatica a sintetizzare tutto in cifre (un po’ meno forse il basket, semplicisticamente perché in campo c’è meno gente e perché il concetto di 1vs1 è pur sempre un po’ più accentuato), però può essere uno strumento che aiuta alla comprensione. Come ho scritto (senza leggerti) sicuramente l’analisi parte sempre dalla sensazione che una partita/un gesto/un giocatore/una squadra ti dà, ma avere poi la possibilità di approfondire questa sensazione con qualcosa di più “puntuale” non sarebbe male.

      • piescic ha detto:

        Sconcerti c’ha costruito una carriera di “giornalista serio” grazie alle statistiche (quanto poi possano servire quelle che da è un altro discorso :D) e l’idea di basarsi su dati, su fatti incontrovertibili, è una cosa lodevole, perchè, come hai scritto, smetterebbero tutte quelle chiacchere da bar (o per lo meno la maggior parte, visto che gli arbitri saran sempre “cervi a primavera” :D) che rendono esasperante un gioco comunque meraviglioso, anche se la loro utilità mi rimane comunque dubbia. Molto probabilmente cambierei idea se Tizio mi dicesse che il Chelsea (ad esempio) l’anno scoro vinse la Champions League grazie ad una serie di dati studiati a tavolino e per cui un sacco di gente ha perso ore e ore di sonno. Ma, come hai scritto, ognuno si tiene questo segreto per sè per non perdere il vantaggio acquisito. E’ che sono come San Tommaso io 😀

  3. azazelli ha detto:

    Prima o poi riuscirò a leggere Moneyball (o a vedere il film). Tornando a calcio/analisi analitica: ma quando compaiono in sovra impressione i dati sui km corsi dalla squadra o dai singoli giocatori, poi non c’è uno strazio di sito che li metta disponibili? Magari anche con le zone di “azione”? So che Luca ha cercato, quindi la domanda è retorica….

    Di mio aggiungo solo una cosa che ho a cuore sul discorso sport/statistica, che nella chiosa finale viene comunque accennata: la teoria cerca i numeri per essere confermata e rende il discorso ancora più convincente e meno “da bar”, guai però a partire dai numeri per ricostruire la realtà. Tutto parte dalla visione del match.

  4. angyair ha detto:

    Infatti, come dici aza nell’ultima considerazione, bisogna stare attenti perché la statistica da sola non ti da sempre e comunque le risposte esatte, ma piuttosto ti aiuta a trovarle, ti può indicare la strada, ti può confermare una teoria. Le statistiche, prese da sole, senza analizzarle e contestualizzarle, dicono poco o non tutto (piccolo esempio le statistiche di battuta nel baseball in campi in altura o con dimensioni particolari).
    Sconcerti fa la cosa peggiore che può fare un giornalista: usa le sole statistiche (anche se sarebbe più giusto dire alcuni numeri semplici) che confermano le sue teorie non considerando quelle che potrebbero confutarle.

  5. Edoardo Bianchi ha detto:

    Un grande limite all’approccio statistico nel calcio è dato dal fatto che i gol segnati in una partita sono pochi e spesso dovuti ad eventi fortuiti, per cui può capitare che una squadra domini la partita, stia sempre in attacco, faccia venti tiri, prenda tre pali e poi perda 1-0 nell’unico contropiede della squadra avversaria. Nel basket questo non può accadere perchè i punti segnati sono molti, per cui gli eventi fortuiti incidono in misura meno significativa sul risultato finale.

  6. Edoardo Bianchi ha detto:

    Un’altra considerazione è questa: mentre è molto facile fare statistiche sui portieri, sul giocatore in possesso di palla (calcolando quante volte perde la palla, quanti passaggi fa e con che esito, quanti tiri, …) e sul giocatore che contrasta il portatore di palla, è molto più difficile fare statistiche sugli altri 18 giocatori il cui ruolo è però fondamentale. Ogni giocatore in campo ha un ruolo attivo per gran parte della partita, anche quando non ha la palla al piede. Se i miei avversari hanno un attaccante fortissimo e lo devo marcare con due difensori, se anche questo attaccante non toccasse mai palla, avrebbe comunque svolto un ruolo importantissimo inchiodando due pezzi avversari (perdonatemi il termine scacchistico, non so come si definisca nel calcio una strategia di questo tipo). Il problema è che non è facile inquadrare statisticamente questi aspetti.

  7. Edoardo Bianchi ha detto:

    Gli aspetti invece che possono emergere sono quelli relativi alla corsa dei giocatori: quanti km ha percorso, a che ritmo, quanti scatti ha fatto, di che lunghezza, a che velocità…
    Questo tipo di dati vengono raccolti e sfruttati dai preparatori atletici per impostare le tabelle di allenamento. Supponiamo che emerga che un attaccante in una partita fa 15 scatti da 30 metri, i primi in 3.4″, gli ultimi in 4.2″, evidenziando quindi un forte calo negli ultimi sprint. L’allenatore potrebbe impostare un allenamento di 20×30 metri con 2′ di recupero.
    Però non so quanto questo possa interessare il pubblico calcistico.

  8. angyair ha detto:

    Secondo me c’è troppa confusione e scetticismo sull’analisi statistica applicata al calcio soprattutto perché si sa ancora poco di come viene utilizzata. La statistica non è assolutamente quanti goal/punti vengono fatti, ma magari è più inutile sapere come o quando quei goal/punti vengono fatti, e come dicevo prima la statistica non deve dare risposte assolute ma aiutare a capire lo svolgersi di una partita, non ti dice come vincere o perchè hai perso, ma ti può aiutare a capire come migliorare le tue possibilità di successo aiutandoti a fare le scelte migliori o ti può far vedere alcuni dei fattori che hanno contribuito o favorito la tua sconfitta. La statistica deve essere vista, nello sport, soprattutto come un aiuto, non certo come la panacea di tutti i mali.

  9. Carmine D'Amico ha detto:

    Secondo me limitare l’analisi ai Gol è riduttiva. Per quanto mi riguarda, a livello prettamente statistico un’azione che porta ad un Gol, ad un palo o ad un miracolo del portiere è sostanzialmente uguale. E’ da là che deve partire il tutto.
    Discorso completo e delicato, ma per me le statistiche aiutano ed aiuteranno SEMPRE, in qualunque contesto.
    Pirlo sarebbe lo stesso giocatore sia che stia con Matri che con Falcao, anche se il numero di “assist” varierebbe a dismisura. E’ quello che bisogna cambiare nel calcio: eliminare la concezione “Gol, Assist, Ammonizioni ed Espulsioni”.

    Ma SOPRATTUTTO: i voti.

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