Sexy Football vs Smash Mouth Football

La bestia ner(d)a

Stanford, la bestia ner(d)a di Oregon

Quasi un anno fa questo blog prendeva vita, seppur virtuale (a proposito, in arrivo un regalino per i nostri lettori, da parte di Angy….stay app). Il giorno successivo iniziavamo questa avventura con un articolo dal titolo “La notte degli upset”: si parlava di college football, si parlava di Baylor e soprattutto di come Oregon si fosse schiantata contro Stanford. Precisamente: “Stanford (#13) fa evaporare per l’ennesimo anno le speranze di BCS championship di Oregon (#2) vincendo per 17-14 dopo un OT”.

Non sono riuscito a vedere la partita in diretta questa notte (#3 Oregon at #5 Stanford, ndr), ne ho perso in pathos, ma ne ho acquisito in dettagli, nel senso che Samantha Ponder in HD è un piacere, anche in differita. Devo ammettere che a fine terzo quarto ho interrotto la visione per andare a controllare la versione che mi ero procurato, sicuro, dopo 45 minuti di football, di aver preso il file “Ecco come, in casa Ducks, non vorrebbero andasse”.

Ed i primi due drive erano stati abbastanza esplicativi su quella che sarebbe stata la partita: innanzitutto la presa di coscienza che nemmeno in HD argento su bianco riesce ad avere un senso “umano” (che poi i numeri erano in verde opaco, non si capisce perché i nomi di Oregon no…) e poi la sensazione che anche quest’anno la difesa dei Cardinal abbia le coordinate esatte di dove si troverà l’attacco più esplosivo di questi ultimi anni di college football. Mariota ci mette del suo, lanciando male su un target libero (Bralon Addison) a pochi passi dalle endzone nell’azione che porta al punt nel primo drive e poi fallendo, seppur in un’azione più complicata, il quarto and goal nel drive successivo.

Al resto ci pensano Shayne Skov e compagni: fino a quando ha avuto senso controllare, mi ricordo di una singola azione “al largo” che sia riuscita a girare l’angolo e portare un guadagno significativo ai Ducks. Di contro mi ricordo tanti terzi down e medio-lunghi in cui Mariota ha mostrato le difficoltà di una serata probabilmente storta.

Semplificando molto, questa notte si sono scontrate due filosofie offensive agli antipodi del football, quella sexy, ariosa e brillante di Oregon, contro quella più violenta e di trincea di Stanford. È indubbio che tra i due game plan quello che ha prodotto più football è stato quello dei padroni di casa che ad inizio quarto periodo si trovavano addirittura sul 26-0, ma sarebbe a questo punto semplicistico pensare che violenza batte velocità con quello scarto. Dentro a questo divario ci stanno molti errori/giocate fenomenali da parte dei protagonisti in campo, che vanno al di là del game plan o, meglio, che all’interno di esso elevano o mandano a picco le filosofie o le tattiche pensate sulla carta.

Detto del turnover on downs a poche yard dalla meta, con il punteggio di 14-0 (massimo svantaggio dei Ducks nella stagione, destinato poi ad aumentare…) Mariota e compagni sembravano poter mettere punti sul tabellone, interrompendo una striscia aperta di 9 possessi a secco contro i Cardinal, iniziata nella partita della passata stagione. Ed ecco che l’errore (di DeAnthony Thomas nel non proteggere la palla) si abbinava alla giocata fenomenale (di uno Skov quasi satanico nell’attaccare la palla da dietro) e l’incubo di Oregon continuava, con la palla persa, ancora a poche yard dalla linea di meta altrui.

A quel punto mancavano poco più di 8 minuti alla fine del secondo quarto e 98 yard dalla linea di meta avversaria, ne è conseguito un drive da 20 giochi (14 corse e 6 lanci) che ha azzerato il tempo e grazie ad una penalità finale ha anche consentito ai Cardinal di avere un gioco in più e calciare tra i pali i 3 punti del 17-0.

Fatto sta che da quel fumble di Thomas al rientro sul campo di Mariota&co. sarà passata più di un’ora, compreso l’intervallo e un altro drive concluso con un FG di Stanford. Per un attacco come quello dei Ducks, che fa del ritmo tra una giocata e l’altra il suo punto di forza, questo deve aver fatto molto più male di ogni tipo di difesa. Se poi ci mettiamo che il drive successivo si è concluso con un altro fumble, dopo aver conquistato la red zone avversaria, ecco spiegato il motivo per cui ero convinto di aver scaricato la versione sbagliata della partita.

Se finora forse ho esagerato un po’ troppo nell’accentuare la visione della partita dalla sideline Ducks (d’altronde se avete visto le loro cheerleader non dovreste neppure farmene una colpa…a proposito di squadra sexy….), bisogna ammettere che Stanford è fatta su misura, attacco e difesa, per colpire i punti deboli di quelli che fino a questa notte erano i favoriti per la corsa tra gli sfidanti di Alabama.

Stanford formation

Stanford formation

Shaw forse non divertirà, sicuramente non ha più Luck a disposizione e deve fare di necessità virtù (ma questo è comune a tutti gli HC collegiali…), ma è riuscito a mantenere ai vertici del college football un ateneo per nulla avvezzo a queste altitudini, sfruttando, soprattutto difensivamente, un nucleo giunto quest’anno a fine corsa (non a caso 15 dei 22 difensori entrati in campo questa notte sono dei senior). Le formazioni offensive con 8 se non 9 uomini di linea sembrano eccessive, ma di contro hanno sempre prodotto il guadagno desiderato e Gaffney poi c’ha messo del suo, risultando instancabile (45 portate, 25 a metà partita) e sempre duro da buttare giù, degno erede di Stepfan Taylor.

In una partita del genere poi, per quanto detto sopra, non possono che balzarti all’occhio i blocchi degli uomini di linea, spesso poco tenuti in considerazioni nelle visioni distratte delle partite. Su tutti sono rimasto impressionato dal lavoro del numero 54, David Yankey, che ha fatto pesare su difensive linemen e linebacker avversari tutte le sue 311 libbre (esemplificativo di tutto ciò il suo blocco in pull sul secondo TD).

Sul 26-0 a 10 minuti dalla fine e con il WR Josh Huff in lacrime sulla sideline, credo sia io che i Cardinal abbiamo fatto l’errore di darla per finita. In realtà Oregon ha tentato, quasi alla disperata, di riaprirla, grazie ad un attacco finalmente riconoscibile, un FG bloccato e riportato in meta ed ad un onside kick recuperato (sarà pure fortuna per la gran parte, ma come li ha calciati bene Maldonado?!?!). Fatto sta che la partita è definitivamente finita sul terzo tentativo di onside kick, con Trojan (che beffa un trojan che gioca per Stanford?!) che lo ricopriva e Hogan che si limitiva a far scorrere il cronometro fino alla fine.

Non gioco più, me ne vado...

Non gioco più, me ne vado…

Quindi Oregon si ferma a Stanford anche quest’anno e ancora una volta il sogno di vederli al BCS championship contro Alabama sfuma sul più bello. L’articolo dell’anno scorso parlava di Baylor e se vogliamo parlare più in generale del momento della corsa verso l’ultimo titolo nazionale assegnato senza “playoff” (vabbè…final four?!) proprio da Baylor dobbiamo passare, stavolta però loro fanno la parte dei “favoriti”, vittoriosi la scorsa notte contro gli Oklahoma Sooner (non mi dilungo su questa partita, che non sono ancora riuscito a recuperare) e ancora imbattuti, ma penalizzati (o favoriti?) da una Big12 che, strano a dirsi, non attira più i favori del “pubblico” e del “computer” e con il Fiesta Bowl come premio “consolatorio” per nulla da disprezzare sullo sfondo.

Posto che ritengo più probabile una non imbattuta in finale, piuttosto che gli eventualmente immacolati Bears di Baylor, restano sulla mappa Ohio State e Florida State (se ho storto la bocca per Baylor e la Big12, non domandatevi perché non tener in considerazione Norhtern Illinois e Fresno State). Inutile girarci troppo attorno, Florida State ha avuto un calendario più difficile e salvo suicidi o improvvise prese di coscienza di essere un freshman da parte di Winston, i Seminoles hanno l’ultima imboscata contro i Gators, prima del championship di conference e la stagione perfetta che aprirebbe la strada, senza se e senza ma (ora che Oregon è caduta), verso la finale nazionale.

Ohio State sotto Urban Meyer deve ancora conoscere sconfitta, perfetta l’anno scorso in cui le sanzioni disciplinari dovute a gestioni precedenti gli hanno proibito la partecipazione ai bowl, e perfetta quest’anno, dove Illinois, Indiana, Michigan ed (eventulamente) Michigan State non sembrano essere tanto meglio delle avversarie incontrate sinora, battute con uno scarto medio di 30 punti. Ovviamente nel college football l’upset è sempre dietro l’angolo, specie nelle ultime settimane, in cui si arriva con i serbatoi un po’ scarichi, ma ecco, appunto, sarebbe un grande upset.

Resta poi Alabama: probabilmente non la migliore Alabama di questi ultimi anni. Dopo la vittoria sofferta contro Manziel in week2, ha inserito il pilota automatico, ma adesso arrivano 2 curve (3 considerando l’eventuale finale di conference) che per essere superate hanno bisogno che il pilota ci metta del suo. Domani notte, alle 2 c’è LSU, a fine novembre c’è Auburn….

E se per una volta, la finale nazionale, non se la giocasse nessuna squadra della SEC? L’ultima volta è successo nella stagione 2005/2006, Vince Young vinse il Rose Bowl (l’ultimo con valenza di titolo nazionale) con quella corsa nei secondi finali, battendo la USC di Matt Leinart e Reggie Bush. Sono passati 8 anni, il mondo è pronto per una finale tra Florida State ed Ohio State (o chi per loro)? Bisognerebbe chiederlo al computer.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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2 risposte

  1. Roberto G ha detto:

    Molto bene!

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