Il trionfo di Nibali

Brindiamo

Brindiamo

Iniziamo dicendo una banale verità: dopo anni di attesa l’Italia è di nuovo la patria del più forte ciclista del mondo. Perché, non nascondiamocelo, chi conquista il Tour de France è il più forte. Si possono vincere tutte le classiche che si vogliono, campionati del mondo e anche Giri e Vuelta a ripetizione, ma finchè non si indossa la maglia gialla ai campi elisi si rimane solo un grande ciclista, non il migliore. Ecco adesso Nibali è proprio il migliore.

Ha vinto da fuoriclasse. Ogni giorno il siciliano ci ha regalato un motivo per entusiasmarci, giocando con gli avversari dall’alto di una superiorità imbarazzante perché, in uno dei più bei tour degli ultimi anni per disegno e difficoltà, ha dimostrato di saper pedalare in qualsiasi condizione di tempo e di terreno.

Da sportivi da divano, non si poteva chiedere di più. Anche se, va detto, che sul divano si stava poco, perché un giorno sì e l’altro pure si saltava in piedi gridando e incitando come se Nibali ci potesse sentire e, in effetti, sembrava farlo per come scattava con leggerezza e forza sui pedali nei momenti giusti. Aveva l’aria di chi stava facendo una gita fuori-porta con gli amici da quanto era rilassato nel salire Alpi e Pirenei. Controllava senza fatica e, senza apparente fatica, prendeva e se ne andava tra i tornanti, lasciando gli altri dietro a sbuffare e arrancare.

Ripetiamo: Nibali è stato il migliore e non bisogna farsi ingannare dai nomi degli avversari che sono arrivati a Parigi dietro di lui, che non sono, inutile negarlo, di prima fascia. Pinot, Bardet e Van Garderen con ogni probabilità avranno un brillante futuro, in particolare il primo, ma hanno dimostrato di essere ancora acerbi non pronti a tre settimane di battaglia. E questo spiega gli abissali distacchi dati da Nibali che a 29 anni è all’apice fisico e mentale, in un processo che ha necessitato anni di impegno. Però non sottovalutiamo l’impresa di Nibali. Il campione siciliano non ha battuto solo i sopravvissuti, avrebbe battuto anche Froome e Contador perché il primo ha dimostrato da un lato di saper vincere solo se il percorso si adatta alle sue caratteristiche (e questo è comprensibile), dall’altro di aver bisogno anche del clima giusto (e questo non è ammissibile per essere considerato il migliore). Ha dato ragione a chi sosteneva che era un ciclista costruito in laboratorio; uno che, quando le condizioni non sono perfette, fatica a stare in sella. Per un vero fuoriclasse la sequenza di cadute che ha subito prima del ritiro sono inammissibili (e non era manco arrivato al pavé), ma anche se fosse rimasto in piedi non si è di parte nell’affermare che avrebbe perso comunque questo Tour. Perchè se uno con la classe di Contador prende 2 minuti e mezzo da Nibali sul pavè, Froome ne avrebbe presi almeno il doppio, con quello stile fatto di strappi e mulinelli.

Assenti presenti

Lezione 1: restare in sella.

Discorso diverso è quello di Contador, l’altro nome eccellente assente al podio di Parigi. Premesso che è caduto da solo e, quindi, non è stata sfortuna, ma un suo errore grave – se sei il migliore certi sbagli non li fai – lo spagnolo in salita era l’unico a poter dare fastidio a questo Nibali, ma i due minuti e mezzo di svantaggio, che El pistolero aveva al momento del ritiro, al livello di quei due equivalgono agli otto minuti tra il siciliano e Peraud. Non li recuperi tanto facilemente. Vero che Contador come dimostrato dai suoi compagni (Rogers, Roche e il talentuoso Majka) aveva al suo servizio la squadra più forte del Tour, ma è altrettanto vero che chiunque abbia visto Nibali pedalare gli deve riconoscere uno stato di forma e un’intelligenza tattica spaventosa, che solo il miglior Contador (quello ante bistecca per intenderci) avrebbe potuto scalfire.

E proprio per confermare questa teorica superiorità rispetto alla spagnolo, Nibali ha affrontato l’ultima settimana sempre in attacco. Non ci vuole molto per capire che la vittoria sui Pirenei e i continui affondi per aumentare il distacco dei suoi inseguitori in classifica, nascano dalle parole di patron della Tinkoff-Saxo che dopo la vittoria di Rogers aveva detto che la sua era la squadra più forte e che Contador avrebbe vinto, se fosse rimasto in gara. Da quel momento Nibali ha corso da cannibale contro il fantasma di Contador, dando lezioni di ciclismo a tutti, mandando in visibilio i suoi tifosi e gli appassionati di ciclismo, compresi i francesi, che è tutto dire.

In queste tre settimane, Nibali è stato il migliore su qualsiasi terreno con la parziale eccezione della crono, dove comunque si è difeso alla grande, mettendo dietro a sé tutti i rivali di classifica, pur inchinandosi a quel treno a vapore che è Martin, capace in due tappe di fila di dimostrare che no, non è vero che il gruppo va sempre più veloce del singolo, se il singolo è il tedesco. Nibali ha vinto da finissuer battendo il gruppo, ha vinto da scalatore su Vosgi, Alpi e Pirenei e da guerriero del pedale ha ridicolizzato tutti, compresi gli specialisti, sul pavè pagnato dalla pioggia. Se una gara deve incoronare il ciclista più completo di tutti, questo Tour l’ha fatto come poche volte nella sua storia.

Quindi, ribadiamolo con orgoglio anche alla faccia di Tinkoff e di chi la pensa come lui: un italiano, Vincenzo Nibali, è il migliore del mondo!

E forse potremmo finirla qui, ma vogliamo spiegare il titolo di questo articolo.

Gli antichi romani, quando portavano in trionfo qualcuno per una campagna vittoriosa in qualche parte della repubblica prima e dell’impero poi, lo lodavano e lo esaltavano, ma ogni tanto, lo prendevano in giro, tanto per ricordargli quanto sia fugace la gloria. Qui non vogliamo essere da meno, perché, purtroppo, lo sport in generale, non solo il ciclismo, ci ha insegnato l’amaro sapore della disillusione. Il tifoso è un innamorato, si sa, ma anche lui può disprezzare in certe situazione. Per quanto mi riguarda, il doping è una di quelle situazioni. Dopo anni e anni di sport, i nuovi amori non sono più puri e meravigliosi come i primi, perché una parte del cervello mi avvisa che: “ehi stai attento ti potrebbe tradire”. Ormai dati i precedenti (non sto nemmeno a citare i nomi, li conosciamo tutti), una grande vittoria così limpida e assoluta fa sospettare che forse così limpida non è.

Quindi, chiudo solo con una piccola preghiera. Per favore Vincenzo non ci deludere anche tu. Lasciaci intatte tutte le fantastiche emozioni che ci hai fatto provare.

Grazie, un tuo tifoso.

alvise

Mi piace lo sport, ma soprattutto mi piacciono le storie.

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4 risposte

  1. angyair ha detto:

    Minchia ci voleva Nibali per far tornare a scrivere Alvise….

  2. alvise ha detto:

    Veramente, non capisco a cosa vi state riferendo…

  3. mlbarza ha detto:

    Concordo con il bel pezzo celebrativo della vittoria di Nibali. L’unica cosa che ci sarebbe da aggiungere, è che a conti fatti non è stato praticamente mai attaccato dagli avversari post cadute e ritiri, se si eccettuano i tentativi velleitari di un Kwtiakowski che prendeva di anticipo le salite per poi rimbalzare clamorosamente indietro. Vero. la superiorità del nostro era evidente, però tanti proclami e poi nulla, come è tipico di tanti ciclisti dell’era contemporanea. Giusto un Purito Rodriguez in forma, di chi non si è ritirato, avrebbe potuto stuzzicare un po’ di più la competizione.
    Comunque, godiamoci Nibali, sperando non ci siano postille ed asterischi in futuro

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