L’uomo con la pistola

Cecchino

Cecchino: 3 partecipazioni, 3 vittorie

Al giro del Delfinato s’erano lasciati entrambi con la sensazione di incompiuti, un po’ come quando due ci si prende a botte ma si sa che non s’è finito di darsele. Peraltro entrambi avevano perso: Talansky, nell’ultima tappa, aveva sorpreso Contador e Froome era naufragato, a sottolineare una condizione, giustamente, ancora non perfetta, in attesa di raggiungere le prestazioni massime nelle tre settimane francesi. In realtà poi il loro Tour durò 5 giorni per uno, 10 per l’altro, con cadute, fratture, ritiri e oscurato da un Nibali dominatore sin dalle prime tappe.

Il “finisco di dartele dopo” ha quindi avuto un palcoscenico del tutto inaspettato fino a pochi mesi fa, i due si sono rincontrati alla Vuelta con uno stato di forma che per forza di cose non poteva essere quello previsto per il Tour, ma che è andato via via migliorandosi dando vita a quel duello che tutti noi appassionati aspettavamo. Froome continua con le sue rasoiate, ma quest’anno, come avevamo anche intravisto proprio al Delfinato, Contador ha fatto i compiti a casa, la strategia di corsa del keniano bianco non è più una sorpresa, gli altri hanno studiato le contromosse e lo spagnolo sembra essere quello tra loro che l’ha fatto meglio. Albertino risponde, immediatamente, ad ogni accelerazione del rivale, le vede partire e gli si incolla dietro, non molla di un centimetro la ruota dell’avversario: da semplice spettatore da divano ho sempre pensato fosse la cosa peggiore da fare, ma evidentemente è quella che più si adatta al modo di correre del pupillo di Tinkoff.

In entrambe le tappe vinte, Contador ha risposto ai “calci” di Froome senza arretrare di mezzo metro e nell’ultimo km ha sferrato il suo di colpo migliore, lo scatto sui pedali che ha svuotato prima a livello mentale poi a livello fisico il rivale. Due colpi di pistola che non hanno tanto il valore quantitativo, 15″ a Lago de Somiedo, 16″ a Puerto de Ancares, ma qualitativo. Il resto del distacco prima della crono di oggi, il pistolero se l’era costruito sfruttando una condizione iniziale più brillante, nonostante la (micro) frattura alla tibia patita al Tour, contro quella ancora approssimativa del corridore della Sky.

I calci di Froome

I “calci” di Froome

La battaglia quindi è vinta, ma la guerra non è finita: entrambi hanno il Tour 2015 nel mirino, ancor più di quanto l’avessero avuto quest’anno prima dei ritiri. Contador vuole riprendersi quello del 2010, cancellato per via della famosa squalifica per positività al salbutamolo, dimostrare di poter tornare lì sul podio dei Campi Elisi, non che uno che ha vinto 6 grandi giri (+2 revocati) debba dimostrare chissà cos’altro, ma credo sia proprio una questione “personale” e a 33 anni forse potrebbe essere l’ultimo tentativo, prima che i ragazzi nati negli anni ’90 diventino definitivamente imprendibili. Froome, ha vissuto una stagione sfortunata, ma che parzialmente lo ridimensiona dopo il dominio al Tour 2013, lo riporta al livello dei migliori (i Nibali, i Contador, i Quintana), mentre prima avevamo pensato potesse essere superiore a loro. Molto dipenderà anche da come verrà disegnata la prossima Grande Boucle, quella di quest’anno, scivolate a parte, non faceva molto per lui.

Ma la Vuelta 2014 è stata Contador vs Froome solo nell’ultima settimana e prima? Ecco prima, ritornando al discorso dei percorsi, l’avevano pensata per Valverde, arrivi movimentati, rampe finali di 4 5 8 km, in cui il murciano, sempre performante alla Vuelta a Espana, ha fatto valere le sue doti e la sua condizione: è il sesto podio in 9 partecipazioni, di cui una vinta e sempre nei primi 5 fatta eccezione per quella da neo professionista nel 2002, dove si ritirò. Non è quindi una sorpresa e, al di là del disegno su misura, Alejandro è quasi sempre stato con i suoi connazionali su tutte le salite. Vincendo il duello diretto con Purito Rodriguez, un altro che non vede l’ora che questo 2014 finisca, anche se da una parte ci sono Lombardia e mondiale in casa, a Ponferrada, per cancellare tutte le sfortune e dall’altra c’è un 2015 in cui Joaquin compirà 36 anni.

Scongiurata un’altra vittoria alla Vuelta di Valverde, dopo aver scongiurato un suo podio al Tour (sì, non sono un grande estimatore del movistar, non apprezzo particolarmente il suo modo di correre troppo speculativo nelle corse da 3 settimane, concedetemelo), possiamo parlare degli altri: dapprima i grandi assenti, ovvero i colombiani. Quintana ha portato giustificazione medica, lo interroghiamo l’anno prossimo, Uran invece si becca 4 e lo rimandiamo al Giro.

La Movistar aveva due galli nello stesso pollaio, quello da combattimento però si è schiantato nel guardrail della crono di Borja, alla decima tappa (come era la decima al Tour per il ritiro di Contador). In un parterre da re, Nairo era il mio favorito tra i favoriti, non avremo la controprova come non l’abbiamo avuta al Tour per Nibali, quindi inutile stare qui a ragionare sui se e sui ma, resta il dispiacere, ma anche per lui il Tour 2015 è molto più vicino di quanto sembra.

Uran invece è la vera delusione di questa Vuelta, sulla carta sicuramente partiva come outsider di lusso, ha qualcosa meno del gotha dei corridori da grandi giri, ma era comunque in posizione di sparo e aveva fatto una eccellente prima parte, passata per lo più tra i primi 3 della generale, poi quando Contador allungava le mani sulla classifica, alla 16esima tappa, Rigoberto andava alla deriva, staccandosi sulle prime rampe di una frazione che alla fine lo vedeva pagare 15’46” al primo, la miciola (cit.).

Tra le delusioni ci voglio mettere anche Talansky, l’avevamo lasciato al Tour in lacrime che implorava di salire in macchina, mentre dall’ammiraglia lo “spronavano” (forzavano?) a continuare, alla Vuelta non s’è praticamente mai visto. Tra i primi 10 alla Vuelta 2012 e al Tour 2013, la vittoria del Delfinato quest’anno, s’è momentaneamente sciolto proprio nel momento in cui ci aspettavamo il passo successivo nella crescita, che poi magari, stando agli avversari di questa Vuelta era comunque un piazzamento nei primi 10, ma arrivare 51esimo a 2 ore e più dal primo…è uno schiaffo inaspettato. Ha 26 anni, il tempo per rifarsi c’è, lascia perplessi però la sua gestione da parte della Garmin.

Ajò

Ajò

Allora parliamo di giovani: Warren Barguil (’91), Wilco Kelderman (’91) e Fabio Aru (’90). La loro crescita è costante: il francese non ha vinto due tappe come l’anno scorso, ma si è confermato più sul lungo periodo, riuscendo a fare classifica per tutte e tre le settimane, sempre a ridosso dei migliori, se non insieme; può essere il corridore da corse a tappe che i francesi cercano di avere da più di 20 anni (no, Jalabert avrà vinto la Vuelta ma non lo considererò mai un corridore da grandi giri). Kelderman l’abbiamo imparato a conoscere al Giro d’Italia, è molto meno appariscente di Barguil, ma probabilmente più completo e in questa Vuelta ha sofferto in parte il fatto di non essere comunque il corridore “da classifica” della Belkin, con un Gesink, al rientro ai grandi livelli, che si stava conquistando sulla strada i gradi di capitano, sempre nei primi 10 della generale, prima di doversi ritirare per stare affianco della moglie incinta e con complicazioni durante la gravidanza.

Resta il nostro Fabio Aru, il nostro magnifico Fabio Aru. Dico subito la mia: questo quinto posto alla Vuelta vale più del terzo al Giro. Vale di più innanzitutto perché arriva dopo, la sua stagione aveva il Giro come corsa principale ed a 24 anni magari fare due grandi giri nella stessa stagione non è così semplice come sembra. Farli per stare in classifica entrambi è veramente da circoletto rosso. Vale di più perché a questa Vuelta c’erano tutti, il field era completo (tranne ovviamente Nibali) e lui un paio di volte, con la vittoria di tappa che faceva gola a molti, a quei tutti li ha staccati: ha vinto una tappa nella seconda settimana, arrivando da solo, ha vinto una tappa nell’ultima settimana dando i cambi a Froome, per guadagnare più possibile sugli spagnoli, e bruciandolo sull’arrivo. Ci sono state tappe in cui è andato in difficoltà, ma non ha mai mollato, ha lottato con i denti per la sua classifica, se l’è conquistata con merito….ed alla fine ha vinto più tappe di Valverde!

È stata la Vuelta di Degenkolb, uno dei pochi velocisti (che solo velocista non è) a presentarsi a in Spagna, per una corsa poco amichevole nei confronti delle ruote veloci: ha vinto la maglia verde, conseguenza dei 4 primi posti ben distribuiti lungo il percorso che portava a Santiago de Compostela, con vista sui mondiali di Ponferrada di fine mese (28 settembre). Ci arriverà da favorito o quantomeno da quello che si è nascosto meno.

Ed è stata la Vuelta di Adam Hansen, uno che nel 2012, a 31 anni, s’è messo in testa che lui doveva correre e portare a termine tutti e 3 i grandi giri, da allora non ha saltato una tappa (anche grazie al benestare della Lotto che lo convoca…) e, come successo lo scorso anno a Pescara, quest’anno s’è tolto anche la soddisfazione di vincerne una di quelle tappe. Poi comunque per noi resterà sempre quello che saliva l’Alpe d’Huez con la birra in mano.

Last ride

Last ride

Non è stata la Vuelta di Jens Voigt, in realtà non lo è mai stata: per lui in carriera 17 Tour e 3 Giri e appunto, 0 Vuelte. Ma dopo aver parlato di tanta bella gioventù non si poteva chiudere che con lui, che mentre gli altri vagavano in suolo iberico, decideva di appendere la bicicletta al chiodo dopo aver corso il giro del Colorado. In due, tre tappe c’ha anche provato a dare l’ultima stoccata (che resta quella dell’anno scorso al giro della California), a modo suo, ventre a terra, a cercar di scappare da una muta di cani rabbiosi che ti inseguono: il suo rientro in gruppo a pochi chilometri dall’arrivo dell’ultima tappa è stato qualcosa di emozionante, con i suoi colleghi che si congratulavano con lui mentre si lasciava sfilare dal gruppo, come la sua passerella finale a dare il 5 al pubblico al di là delle transenne, nei suoi ultimi metri da professionista. Ora si dedicherà ai suoi 6 figli, ma prima di farlo ha un’ultima sgambata da fare in settimana: giovedì, dopo aver festeggiato il suo 43esimo compleanno, lo aspettano a Grenchen, in Svizzera, un’oretta di bici a girare in tondo, per capire se quel record dell’ora può essere migliorato. Cavolo, il record dell’ora?!?! Esiste ancora? Noi giovani negli anni ’90 ce lo ricordiamo: la leggendaria bicicletta di Obree fatta con i pezzi della lavatrice, un record che aveva resistito quasi 10 anni grazie a Moser e a Città del Messico, che poi fu cancellato in 6 giorni dal rivale Boardman, i tentativi di Indurain e di Rominger, e chi meglio di uno che proprio negli anni ’90 ha iniziato a correre poteva riportarlo in vita?

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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9 risposte

  1. mlbarza ha detto:

    Buono il duello Froome-Contador, c’è da dire che però per me l’inglese oltre ad avere una condizione forse non perfetta e ad avere una tattica prevedibile, mal si adatta (tra virgolette) a salite come quelle spagnole o come potrebbero essere le nostre, nel caso un giorno si degni di venire al Giro per far classifica. Quel tipo di pendenze non gli consentono di fare le velocità mostruose che può fare sulle pendenze di Francia.

    Lo spagnolo mi sa che ci ha buggerato un’altra volta con la storia del “non so se riesco a passare le prime 10 tappe, ho appena ripreso la bici”. Tipo quando lo han chiamato per il Giro mentre mangiava il gelato in spiaggia…

    I due sono andati chiaramente in crescendo di condizione durante la corsa e sono stati bravi e fortunati ad approfittare di quanto accaduto in casa Movistar: fortunati perchè Quintana si è spiaccicato e non sapremo mai cosa sarebbe successo se lui fosse stato in corsa, bravi a non perdere troppo da Valverde nella prima parte di gara. E anche lì siamo sempre col solito dubbio: fedele agli ordini di scuderia il murciano nel fare il secondo di Quintana e quindi non spingere nei percorsi a lui favorevoli ad inizio corsa, o pollo nel cercare di sfruttare sempre al massimo il lavoro altrui e non prendere un vantaggio che anche dal punto di vista psicologico avrebbe potuto giovargli molto nella seconda parte di corsa?

    Purtroppo temo che resteremo per sempre senza vedere il buon Purito trionfare in uno dei tre grandi giri: dispiace, ma ormai le primavere mi sembrano troppe ed i pretendenti anche tra i giovani stanno aumentando a dismisura per riuscire a spuntarla.

    Buone risposte dai giovani, soprattutto da Aru che è riuscito di testa a tenere una situazione non semplice, dato che in Spagna ci è andato come capitano designato (al Giro gli è “capitato” dopo le cadute di Scarponi) ed ha tenuto per quelle che le sue caratteristiche attuali sono. Bene anche Barguil, Kelderman mi convince di meno (dopo questa vince la tripla corona…) mentre mi sembra che gli iberici stiano vivendo molto sui tre grandi e non stiano creando granchè dietro.

    Sui cacciatori di tappe/cercatori di forma per il mondiale: benissimo Degenkolb, che bontà sua ha pure la fortuna di avere in squadra Tony Martin (…) e finchè è rimasto molto bene anche Bouhanni. Ottimo anche Matthews (che però bontà sua avrà in squadra uno un tantino più in forma di lui…) mentre gli altri lanciano segnali poco o nulla positivi. I vari Sagan, Cancellara, Gilbert (ma che fine ha fatto?) per motivi svariati hanno preferito nascondersi. O almeno, lo spero per lo spettacolo in quel di Ponferrada. Sempre a proposito di Ponferrada, torno su un concetto precedente: ok Degenkolb strafavorito, però Gerrans sembra in una condizione francamente straripante.

    Ultima cosa: #freeBetancur, non si può concedere ad un talento del genere di disperdersi come sta facendo…

    • azazelli ha detto:

      Appunti giustissimi 🙂 e su Betancur, tocchi una ferita aperta, ma lì credo che gran parte della colpa sia della sua testa….o almeno questa è la mia sensazione a sentire le poche cose che si sanno. Certo ormai con la AG2R sono ai ferri corti, credo che il tuo free si riferisca proprio a quello….per ora sono al muro vs muro.

      Di Gerrans non ho scritto nulla perché è dall’altra parte del mondo, ma verissimo quello che dici, comunque, come ho accennato nel pezzo e come hai sottolineato anche tu, questi sono quelli più “appariscenti”, ma molti altri big che non catturano l’occhio al momento non penso siano sulla carta inferiori ai Dekengolb e ai Gerrans poi a Ponferrada.

  2. mlbarza ha detto:

    Sì sì, intendevo che Betancur ormai credo abbia bisogno di cambiare ambiente, alla AG2R non può più stare visto cosa è successo.

    Sui papabili al mondiale, può succedere come l’anno scorso, con la gara sconvolta dal maltempo ed un Rui Costa (outsider) a spuntarla alla fine. Certo è che ad oggi, non si va fuori da Degenkolb-Gerrans-Bouhanni come favoriti, per quello che si è visto. E per un percorso considerato da tutti “non selettivo” è un po’ poco…

  3. mastrohaku ha detto:

    Vado leggermente off-topic e faccio una considerazione ritornando sulla vittoria di Nibali al tour.
    Premetto che a mio avviso il siciliano ha vinto il tour per suo pieno merito e non per le cadute dei principali avversari i quali, se volevano vincere, semplicemente dovevano riuscire a stare in piedi come ha fatto lui. Mi chiedo se la classifica della Vuelta può in qualche modo mettere ancora di più a tacere il partito del “Se al tour Froome e Contador non cadevano Nibali non avrebbe vinto”. Il tutto considerando il distacco inflitto dal primo classificato a Valverde (unico atleta di classifica ad aver finito entrambi i giri).
    Alla Vuelta Valverde ha preso 1′ e 50″ da Contador.
    Al Tour Valverde ha preso 9′ e 40″ da Nibali.

    Magari Valverde aveva ottimizzato la sua preparazione per la Vuelta (non lo so). E immagino ci possano essere differenze di condizione degli altri ciclisti, differenze nella tipologia delle tappe e quant’altro che rendano il parallelo un poco azzardato. Intanto però una differenza c’è stata e niente affatto piccola. Anzi, io mi sarei aspettato proprio il contrario e cioè che, dopo aver fatto classifica (più o meno) al Tour, Valverde prendesse molti più minuti di quelli subiti da Nibali. Vedere come in realtà sia arrivato molto più vicino ai primi aggiunge ancora più valore a quanto fatto dal siciliano al tour.

    Che ne dite voi ?

    • azazelli ha detto:

      E’ sempre molto difficile ragionare sui se e sui ma, specie in questo contesto di condizioni, tracciati e sfortune….personalmente io credevo, appena post tour, che il distacco inflitto agli altri fosse abbastanza indicativo sul dominio a livello assoluto di Nibali in quelle 3 settimane. E pensa che dopo l’ottima Vuelta di Contador (anche considerando lo stato di forma rattoppato) ho letto in giro che questo potesse in qualche modo far venire i “dubbi” sulla vittoria del nostro al tour. Tu invece mi fai presente un punto che parte dagli stessi fatti, ma mira a dimostrare il contrario e, sarà che io comunque partivo di base da quella posizione, lo trovo abbastanza convincente.

      Fatto sta che Contador ha vinto la Vuelta che è il sesto grande giro per lui e Nibali ha completato il trittico dominando il Tour e credo che in entrambi i casi ce ne sia da parlare senza perdersi troppo dietro ai se e ai ma, e non lo dico solo a “te” 🙂 lo dico anche a me 😀 è affascinante in un certo senso farlo, ma alla fine ci si perde sempre 🙂

  4. mastrohaku ha detto:

    Hai assolutamente ragione. Senza farsi venire inutili mal di testa i fatti sono che Nibali ha vinto un grande Tour e Contador ha vinto una grande Vuelta. In entrambi i casi si è trattato di grandi vittorie, di giri spettacolari e fantastici da seguire.

  5. mlbarza ha detto:

    L’abbiamo giusto un filo tirata a Degenkolb…

    • azazelli ha detto:

      ops…ma non solo noi dai 😀 magari recupera…o è già out ufficiale?

      • mlbarza ha detto:

        Non credo sia ancora out ufficiale, però doversi fare qualche giorno di ospedale con antibiotici in un periodo di preparazione di questo tipo non sarà facile da smaltire. Certo, probabilmente meglio ora che deve rifinire la preparazione che quando deve fare fondo, però insomma…

        Intanto a latere è notizia di oggi che Cadel Evans si ritirerà nel 2015, dopo il Tour Down Under e un’altra corsa che si disputano in Australia a inizio anno. Giù il cappello per uno dei miei preferiti degli ultimi anni, grande atleta che forse ha vinto addirittura meno di quanto potesse. E, da spettatore, anche una gran brava persona, mi pare.

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