Fifagate, breve storia di democrazia e palloni sgonfiati

Joseph S. Blatter, Sepp per gli amici

Joseph S. Blatter, Sepp per gli amici

Esiste al mondo una storia più brutta e terrorizzante di una fiaba in cui il lupo Ezechiele, alla fine, si mangia i tre porcellini? Una favola peggiore di quella in cui Cappuccetto Rosso viene spazzata via da una raffica di AK47 del cacciatore che in realtà è un reduce russo della guerra in Afghanistan e il cadavere di Biancaneve deperisce di fronte ad inermi nani in attesa di un principe azzurro che si è giocato il regno al videopoker? Sì, esiste, ed è quella in cui tutti i bambini del mondo sopravvivono ad ogni bruttura ma vedono morire i loro sogni, le speranze, vedono scomparire la bellezza del guardare a un campo spelacchiato, due stracci che fanno da porta, e immaginare che intorno a tutto quello ci siano ottantamila persone che urlano il loro nome in preda al delirio del tifoso ubriaco, delirio che, parrà strano, è sempre molto più innocente di quello del tifoso sobrio.

Già, esiste una storia più brutta di quella in cui i tre porcellini finiscono per diventare prosciutto, perché quella è la verità. Quello che non dicono è che pure il lupo Ezechiele, di solito, non se la passa meglio. La storia brutta è quella che uccide il sogno e lascia solo la triste realtà, quella dei due stracci e del campo spelacchiato ma senza gli ottantamila. E’ quella in cui, i bambini, sopravvivono a tutto ma vengono privati del gioco, del sogno, del mezzo reale per crescere come uomini, perché il vecchio rompicoglioni del primo piano, quello che lascia sempre cartelli minacciosi nel palazzo e proclama guerra al vicinato ad ogni assemblea condominiale (alla quale è l’unico a partecipare senza assumere psicofarmaci), prende e gli buca il pallone. Fine del gioco. Fine della storia. Fine del sogno. Per il bambino è come sparire. E, invece, poggia le ginocchia sbucciate sull’asfalto bollente e guarda al cielo imprecando coi due o tre compagni che gli restano accanto. E urla tutta la propria rabbia verso quel vecchio che ha sgonfiato il pallone, che ha ucciso il loro sogno. Era meglio morire, pensano i bambini, innocenti ed impossibilitati a capire le dimensioni del mondo in cui vivono mentre rientrano in casa richiamati dalle urla delle mamme di quartiere che hanno preparato una cena schifosa che andrà consumata per recuperare un briciolo di energie.

Era meglio morire, pensano, mentre salgono le scale e fanno schifo al solo passargli affianco, puzzolenti e sudati come sono; era meglio morire che non avere più un sogno da calciare ed inseguire. Era meglio morire che non avere infanzia, pensano mentre passano davanti alla porta del primo piano e qualcuno sputa, qualcuno mostra il dito medio, qualcuno la snobba, guardando a terra, come per timore di essere visto, impaurito dagli occhi del vecchio che tutto vedono e tutto comandano. Dietro quella porta c’è l’uccisore di sogni. Quello che ha bucato il pallone, ammazzato gli ottantamila che circondavano due stracci che, in realtà erano due pali e per la traversa non c’è bisogno: la traversa è dove arriva il portiere e più e basso lui più è bassa la porta. Dietro quella porta c’è l’orco, c’è il lupo Ezechiele, c’è il Senatore Palpatine e c’è pure Bill Belichick. Dietro quella porta c’è il male assoluto e l’ultimo bambino che passa guarda la targhetta col nome del padrone di casa, la guarda con disprezzo e rassegnazione, con gli occhi velati di lacrime. Lui che era il proprietario del pallone bucato e che, per una regola più vecchia del mondo, avrebbe dovuto decidere chi poteva e chi non poteva giocare senza che il demonio intervenisse a sgonfiare i sogni come tristi realtà.

La guarda un’ultima volta prima di diventare grande e capire cosa siano il bene e il male, lo sport e la politica, i soldi e la passione. La guarda e giura che non sarà mai come quello che c’è lì dietro e ancora non sa che si batterà una vita per stare dietro o davanti a quella porta in un perenne conflitto dove quelli dietro la porta vincono sempre. O quasi. Dietro quella porta c’è il lato oscuro della forza. La targhetta recita il nome del padrone di casa: Joseph S. Blatter. Sepp per gli amici. Sepp per tutti, visto che di amici non ne ha.

Una storia svizzera

Falsa invalida che da anni truffa la previdenza svizzera

Falsa invalida che da anni truffa la previdenza svizzera

Apriremmo il dibattito discutendo di quanto, la neutrale Svizzera, sia con ogni probabilità la causa di ogni male del pianeta e riesca a giustificare il tutto con un po’ di cioccolato e orologi che nessuno usa più, ma saremmo troppo severi. La Svizzera, il posto che per molti bambini ha rappresentato la favola che meglio ha disegnato l’integrazione e la tolleranza negli anni settanta, ottanta, novanta e via discorrendo, grazie all’anime Heidi, storia di una bambina inutile, figlia di suo nonno e partorita da una pecora che diviene amica di un pastore sardo e di una falsa invalida che truffa l’Inps d’Oltralpe. E’ evidente come, al di là degli eccessi della rappresentazione televisiva, il celebre romanzo di Johanna Spyri riuscisse ad anticipare, grazie alla truffa di Clara, quello che sarebbe stato il problema dello sport più popolare e più brutto del mondo. Brutto perché incivile, vecchio, marcio. E tutto questo per colpa, soprattutto, di chi lo ha gestito. E non sarà un caso che la Spyri abbia ambientato il tutto in Svizzera: in primo luogo lei era svizzera il che crediamo abbia pesato sulla formazione culturale. In secondo luogo è evidente che il marcio non è mai stato in Danimarca ma lì, proprio lì, nel cuore dell’Europa, dietro i cioccolatini Milka e le vacche viola, tra magnifici laghi, sotto soli pallidi e cieli arrabbiati, dove tutto è pulito e silenzioso. E dove la gente si rompe i coglioni dalla mattina alla sera.

E’ in questo habitat che cresce Sepp Blatter, bucapalloni e sgonfiatore di sogni, ottavo Re della Fifa, la federazione che gestisce il soccer a livello mondiale. L’unica federazione ad avere un potere così forte nella gestione di ogni piccola virgola che si muova intorno al proprio sport di riferimento in qualunque parte del pianeta, una federazione che non si limita ad organizzare eventi calcistici (i più importanti) ma che ne declina ogni centimetro in euro da intascare, possibilmente in nero, dando riconoscimenti a nazioni che il calcio nemmeno sanno cosa sia. Maradona sbraita da anni “ma è un tossico”, Figo da un lustro “ma è un fighetto”, io da una vita ma non sono nessuno. Se c’è qualcuno che ha devastato il calcio è proprio chi lo ha regolamentato. E se c’è qualcuno che ha devastato chi doveva regolamentarlo, beh, signori, da Sepp si può solo imparare.

Vedi le Cayman e poi muori

Spiaggia delle Cayman, dettaglio

Spiaggia delle Cayman, dettaglio

Ora, sarebbe troppo facile fare allusioni sul fatto che il braccio destro di Blatter fosse un tizio delle Isole Cayman (tale Costas Takkas), arcipelago caraibico noto per il dramma delle splendide spiagge bianche cancellate dalla follia dell’uomo che ha continuato a cementificare i litorali banca dopo banca. Sarebbe troppo facile notare che i massimi dirigenti arrestati arrestati il 27 maggio sono tutti centro e sud americani a dimostrazione di un cartello che esclude la Uefa dai posti che contano, una Uefa già forte di suo ma mai troppo autonoma e nemmeno vicina all’esserlo. Sarebbe persino comico alludere all’idea che il sistema Fifa non sia disdegnato dalla stessa Uefa per le proprie cosucce da gestire e sarebbe persino demenziale immaginare questi quattro coglioni che organizzano tangenti, combine e puttantour e poi quando è ora di nascondere i soldi si guardano e dicono “per che banche passiamo?” E il tizio delle Cayman, detto la Volpe sin dai tempi delle medie, “da quelle degli USA cazzo, tanto là del soccer che gliene frega?”. E tutti a guardarlo con ammirazione ‘sto genio della truffa del nuovo millennio. E proprio lì, dove il soccer conta il giusto ma se gli pesti un piede ti sganciano l’atomica, hanno deciso di muoversi sotto le gentili spoglie del procuratore generale Loretta Lynch.

Ironie e fantasie nascerebbero a raffica se solo non fosse che, in molti casi, rasenteremmo la verità, le andremmo talmente vicini da rischiare di scrivere un reportage al posto di un post di “Quel che passa…” Ricoprire di insulti Blatter fingendo che Platini e i suoi pretoriani siano il bene sarebbe decidere di abbandonarsi all’ennesima presa per il culo. Perché il problema Fifa non è se girino o meno tangenti per l’assegnazione di un mondiale visto che quelle ormai girano pure per avere un posto in prima fila all’assegnazione delle specialità scout alla fine del campo estivo dell’Agesci, ma il modo insulso in cui, in nome del denaro, si è non solo snaturato uno sport (col professionismo capita), ma lo si è tenuto incatenato al volere dei pochi che potessero lucrarvi giocando sulla sua banalità, sulla sua semplicità, sul fatto che con quattro stracci e due gambe il calcio è rappresentabile in ogni angolo del mondo dove la temperatura sia sopra lo zero almeno un mese all’anno. Lo scandalo è, tangenti o meno, aver disintegrato il gioco legandolo a parametri assurdi puntando sull’ignoranza della gente (lo sappiamo, è sempre colpa dell’ignoranza della gente. Dite che sia per via delle scuole?).

E giù giù, scendi scendi, a cascata, ogni federazione, sino a quelle nazionali, si è adeguata. O, forse, proprio le piccole federazioni hanno dato via via, giorno dopo giorno, la forma e il potere a questa Fifa. Non è importante ora stabilire quali responsabilità e quali malvagità stia cercando di combattere il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’America, per la cronaca ci sono articoli molto più completi e pieni del solito falso stupore di chi pensava per finta che Byron Moreno avesse una sua logica nell’evento più importante del calcio mondiale al di là di meriti o demeriti dell’Italia del Trap.

Democrazia

Ezechiele lupo: il calcio è mio!

Ezechiele lupo: il calcio è mio!

Non per essere marxisti (anche perché Marx non era democratico) ma che il capitale abbia dimostrato di essere allergico alla democrazia è cosa nota. E che la Fifa sia più per il capitale che per la democrazia lo dimostrano, di nuovo, i fatti. Un po’ ridiamo delle dichiarazioni di Zico (“ho sessantadue anni e ho visto solo due presidenti Fifa”) perché non riteniamo troppo credibile chi si espone con troppa veemenza solo oggi e perché Zico ricorda gli stessi due presidenti che ricordaimo noi (però, Arturo, ce ne sono stati otto, OTTO!!!). Ci chiediamo piuttosto dove fosse la politica internazionale, quella che misura i cetrioli ed esporta la democrazia, quella dei viaggi nello spazio e della lotta per finta all’Aids, mentre una federazione sportiva che conta più affiliati dell’ONU, nascosta dietro al paravento dell’autonomia dalla politica, fatturava più del PIL di un terzo degli stati del mondo inventandosi competizioni in angoli del globo dove poi giocare a orari assurdi, in paesi dove il calcio non lo conoscono, arruolando arbitri di posti dimenticati dal signore mentre in Italia ci si lamentava di Collina.

Ma si sa, a figli e figliastri, che oggi frignano delusi, la questione piaceva. Perché la mancata trasparenza economica e regolamentare, l’idea che ognuno potesse intascare una fetta di torta mentre le partite si svolgevano con le regole di cento anni fa, senza il minimo tentativo di modernizzare e prevenire quanto meno i sospetti di sporcizia, è una questione che fa comodo a tutti. La moviola in campo, per citare l’esempio peggiore che ci sovviene, non è che non la vuole la Fifa: non la vuole Uefa, non la vuole la Figc, non la vogliono le grandi del calcio. Perché in uno sport dove le economie non sono né regolamentate né verificate, il caso deve esistere per generare la giusta sceneggiatura ma non può e non deve essere determinante. La storia, quella vera, meglio scriverla negli uffici, falsando un mondiale anche solo per la sede in cui lo faccio disputare, meglio poter gestire politicamente un campionato sapendo che l’arbitro può sbagliare perché gli si dice di farlo che mica possiamo brutalizzarlo con la moviola in campo ormai presente anche nelle bocciofile.

Questo non significa che sia tutto falso ma che, certamente, nel mondo del calcio si è di molto restii a rendere trasparenti le cose, a dare più credibilità al tutto, perché la polemica dà da mangiare a un sacco di gente e le truffe ancora di più. Il calcio deve essere, in un modo o nell’altro, uno sport pilotabile: è il capitale allergico alla democrazia. E quando il manovratore si distrae Carpi e Frosinone tagliano il traguardo mentre una registrazione telefonica ci dice cosa ne pensa il Potere di tutto questo con un Lotito rabbioso che maledice le piccole in virtù del diritto televisivo, superiore ormai a quello divino. E’ il capitale che supera la democrazia. E il bello è che quando scoppiano le bolle come quelle della Fifa si tirano dietro anche chi di calcio se ne frega, perché un mondiale di calcio è una questione politica, di investimento, di posti di lavoro, di sicurezza, di soldi pubblici. Ma è il capitale che batte la democrazia, di nuovo.

Sepp

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Calcio: colpo di testa…

Vedere che con tutti quei soldi si preferisce ancora andare a Fifa invece che a figa mette un po’ di tristezza. L’abbandono di Sepp Blatter dopo la rielezione è un gesto di finta umiltà, un atto patetico e forzato probabilmente da chi ha in mano le carte migliori come in ogni rimescolamento di potere; il gesto apre però definitivamente le porte alla più grande disfatta della storia del calcio politicizzato in attesa che le confederazioni continentali facciano la stessa fine. In attesa che il CIO ci finisca dietro a ruota, perché no? Ormai tutto è possibile, soprattutto dopo che Blatter si è dimesso, notizia più inattesa delle dimissioni di un papa, tanto che Moretti ha fatto il film sul papa, non sul Presidente della Fifa. Domani non cambierà nulla se non si vorrà che il cambio calci. C’è qualcuno che lo vuole, che lo vuole davvero? Anche solo un tifoso che vuole davvero che il calcio cambi privandosi di ogni bestemmia, di ogni protesta sputata sino ad oggi davanti allo schermo di un bar con la bocca che sbava schiuma di birra in ogni dove facendo vergognare i vicini di posto di essere anche solo usciti di casa.

...lascia pure, sparecchiamo noi

…lascia pure, sparecchiamo noi

Le dimissioni di Blatter sono tardive, sono il finto pentimento di colui che da numero uno del calcio mondiale ha evitato di premiare i campioni del mondo per consolare il povero Zinedine Zidane e ha permesso che i 100 anni della squadra di Visp (Svizzera, casa sua) venissero festeggiati con una partitella con Ronaldo e altri campioni (notizie date dopo lo scandalo e non al momento dei fatti, a proposito di scoop…), che ha assegnato mondiali a giapponesi, coreani, qataresi o come diavolo si chiameranno quelli lì. Uno che, ovviamente, ha ricevuto onorificenze da mezzo mondo, persino l’onorificenza dell’Ordine della Stella Polare dal governo della Mongolia manco fosse Ken il Guerriero. Stranamente in Italia non lo abbiamo voluto onorare nemmeno con il titolo di Commendatore. Rimedieremo con vie, piazze e impianti sportivi in cambio di denaro e di un mondiale da organizzare nella seconda metà del secolo, così pure qua da noi faremo stadi nuovi per l’Inter e il Milan (ma il Carpi, intanto, va a Modena).

Le dimissioni di uno che, fosse stato innovativo, avrebbe cambiato quella regoluccia che permette di essere votati presidenti Fifa a vita, dove uno stato vale un voto in vendita, prima che con le tangenti, regalando posti ad arbitri, guardalinee e squadrette. Sarebbe stata la dimostrazione che il calcio viene realmente prima di ogni cosa, per lui, per la Fifa, per il mondo. Ma è il capitale che conta, lo avrete capito prima di noi, il capitale che schiaccia la democrazia. Forse però la democrazia, quella vera, quella innocente dei sogni di tutti noi, la democrazia dei nostri nonni, quella dei film neorealisti e in bianco e nero è stata sgonfiata insieme al pallone dall’arrogante vecchietto del primo piano. Quello che preferiva buttare bombe che lasciar giocare dei bambini, quello che lascia sempre cartelli minacciosi nel palazzo e proclama guerra al vicinato ad ogni assemblea condominiale. Quello che sulla porta ha un targhetta che porta il suo nome: Joseph S. Blatter.

Piuttosto che appartenere alla famiglia Fifa preferisco essere orfano.

Diego Armando Maradona, 10 febbraio 2012

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6 risposte

  1. luke ha detto:

    Complimenti per l’articolo, infarcito di citazioni e riferimenti, da Amleto al Gattopardo, e anche pubblicitari (Cannavaro ne sarà felice! 🙂 …il “cameo” di Belichick poi è la ciliegina sulla torta!

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