Final Four 2015 Preview – No Cinderella Allowed

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John Calipari, Kentucky. Bo Ryan, Wisconsin. Tom Izzo, Michigan State. Mike Krzyzewski, Duke.

Quattro allenatori e quattro atenei che hanno fatto la storia del college basket. Quattro delle squadre più forti e continue dell’ultimo decennio. Sono loro che il prossimo 4 e 6 aprile si sfideranno per il National Championship al Lucas Oil Stadium – casa dei Colts della NFL – di Indianapolis, Indiana.

Molto spesso le previsioni, di esperti e non, del torneo NCAA vengono rivoltate come un calzino dalle cosiddette cinderella, quelle squadre cioè che esplodono come fiori a primavera e con un upset dopo l’altro si presentano al gran finale delle Final Four contro i pronostici di tutti, appunto. Ma diciamoci la verità, una cosa è divertirsi ad imprecare e strappare il proprio bracket durante i primi due giorni del torneo, dove regna sovrana l’anarchia di sedici partite condensate in poche ore. Un’altra è ritrovarsi all’appuntamento più importante dell’anno con una semifinale nazionale (e gli occhi puntati di tutta l’America) con due squadre come Butler e VCU (senza nulla togliere ai loro giocatori e all’impresa che fecero durante il torneo del 2011).

Le due sfide a cui assisteremo il prossimo weekend sono quanto di meglio il college basket ci possa offrire oggi, o comunque ci andiamo molto vicini. Sicuramente vedono coinvolti quattro personaggi, sulle quattro panchine, riconoscibili agli occhi di chiunque abbia mai anche solo sentito parlare di questo sport.

Coach K ha raggiunto e superato durante questa stagione il muro delle 1,000 vittorie in carriera. E con questa Final Four, la 12esima, ha pareggiato lo storico record di John Wooden.

Coach Calipari è da anni ormai sulla bocca di tutti, con i suoi metodi di reclutamento ha ricevuto valanghe di critiche e qualche sanzione da parte dell’NCAA ma il prodotto che mette in campo a Kentucky è sempre di primissimo livello. E la squadra di oggi (38-0 il record stagionale, se ci fosse bisogno di ricordarlo) sembra essere la più forte di tutte.

Coach Izzo è l’emblema del mese di marzo. La sua squadra non parte mai, o quasi, tra le favorite ma in un modo o nell’altro, in fondo ci arriva sempre. Pochi nomi altisonanti e pochi one and done (la prassi a Kentucky e una cosa molto comune anche negli ultimi anni a Duke), Izzo ha costruito con i suoi Spartans una macchina perfettamente oliata che sembra viaggiare a pieno regime proprio quando la palla scotta di più. Degno di nota un cartellone di un fan apparso durante l’ultima vittoria contro Louisville: “January. February. Izzo. April.”

Coach Ryan, forse il nome meno conosciuto tra i quattro, è comunque un’entità del college basket. Uno stile di gioco tutto suo, fatto di un attacco molto ragionato, con pochissimi tiri scellerati, ancor meno palle perse e un’identità che ti entra nelle pelle sin dal primo giorno in cui metti piede nel campus di Madison, Wisconsin.

A chi l'ultimo taglio?

A chi l’ultimo taglio?

Come ci sono arrivate.

Kentucky, Wisconsin e Duke hanno di fatto confermato la loro supremazia nelle rispettive parti di tabellone. Tutte e tre partivano con il seed #1 e tutte e tre hanno sconfitto alle Elite Eight la più credibile avversaria posta sulla loro strada (mi scuseranno i tifosi di Kansas, ma è così). A sorpresa la partita più equilibrata delle tre è stata proprio quella dei Wildcats di Kentucky, che per sconfiggere Notre Dame (68-66 il finale) hanno avuto bisogno prima di due tiri liberi di Andrew Harrison a 6’’ dalla fine e poi delle preghiere sul tiro sulla sirena di Jerian Grant, che si è stampato sul primo ferro.

Non da meno sono state le vittorie di Wisconsin e Duke, anche se in questo caso non si è arrivati all’ultimo tiro. Badgers e Blue Devils hanno avuto il controllo delle rispettive partite ma solo negli ultimi minuti di gara sono riusciti a chiudere la pratica rispettivamente contro Arizona e Gonzaga.

Da una parte sono stati Frank Kaminsky e Sam Dekker a farla da padroni, realizzando 56 degli 85 punti segnati dalla squadra. Soprattutto Dekker è stato protagonista di un secondo tempo ai limiti della perfezione, concluso con una serie di canestri dalla lunga distanza che hanno letteralmente tagliato le gambe alla difesa di Arizona (e molto probabilmente hanno fatto luccicare gli occhi allo stuolo di scout NBA presenti a Los Angeles).

La finale del South Regional è stata sostanzialmente una partita punto a punto ad eccezione dei primi e degli ultimi cinque minuti, dove Duke ha sempre avuto il sopravvento. Con un Jahlil Okafor ben controllato dalla batteria dei lunghi di Gonzaga, sono stati gli altri quattro componenti del quintetto (la panchina dei Blue Devils ha portato alla causa la bellezza di 0 punti) a segnare i canestri decisivi. Prima le triple di Matt Jones (4/7 dall’arco in quella che è stata la sua miglior prestazione in maglia Duke) e poi i canestri decisivi, dal campo e dalla lunetta, di Justise Winslow che in questo torneo si è spesso caricato la squadra sulle spalle nei momenti decisivi.

Detto di queste corazzate e del loro relativamente innocuo viaggio verso Indianapolis, la stessa cosa non si può dire di Michigan State, inserita nell’East Regional.

La competition committee, così come chi ha pronosticato una precoce uscita dei ragazzi di Coach Izzo (alzo la mano facendo il mea culpa), non riponeva troppo fiducia negli Spartans, relegandoli ad un poco spettacolare seed #7.

Ecco così che, dopo aver sconfitto Georgia al primo turno (che ora chiamano secondo, in realtà, ma a noi piace fare di testa nostra), arriva una partita che tutti i fan hanno evidenziato con il circoletto rosso. Sulla strada degli Spartans c’è Virginia, reduce da una stagione strepitosa (cominciata con 19 vittorie consecutive) e vista come una delle più serie candidate a raggiungere la Final Four (forse anche più della squadra con il seed #1, Villanova).

E così come l’anno prima però è proprio Michigan State a farla da padrona e recitare la parte della squadra schiaccia sassi. I parziali sono impietosi, Virginia realizza 18 punti in tutti il primo tempo e chiude la gara con il 29% dal campo e un incredibile 2/17 da tre punti.

Marzo. Tom Izzo. Michigan State. Tre indizi che fanno una prova.

Questa è la parte del tabellone dove gli upset la fanno da padrona, ed infatti oltre a Virginia anche la sopra citata Villanova non riesce ad uscire indenne dal secondo turno. La cavalcata di Michigan State continua, ma ormai è chiaro che gli Izzo’s boys sono in forma, sono carichi e molto probabilmente sono la squadra da battere all’interno del loro regional.

Oklahoma ci prova, ma non può competere per 40 minuti con loro. E così si arriva alle Elite Eight, per l’ennesima volta (dal 1995 ad oggi, data in cui Izzo diventò capo allenatore, solo Kentucky ha più apparizioni nelle ultime otto di Michigan State). Ad attenderli un vecchio amico, Rick Pitino con i suoi Louisville Cardinals. Anche lui qui contro tutti i pronostici.

La partita è bellissima, un estratto di quello che è e significa il college basket. Louisville gioca un grande primo tempo, dove realizza addirittura 40 punti, ma gli Spartans non mollano e come spesso succede rimontano, ti raggiungono e danno lo strappo decisivo. Questa volta serve un tempo supplementare (e un tiro libero sbagliato dagli avversari negli ultimissimi secondi di partita), ma le retine le tagliano comunque loro. Di nuovo.

(1) Duke vs (7) Michigan State

Le prime due squadre a scendere in campo sabato prossime saranno queste (palla a due alle 00:09, ora italiana). Si sono già affrontate una volta in stagione, il 18 novembre scorso, in uno dei tornei pre stagionali. Fu la prima occasione di vedere all’opera i magnifici freshmen di Duke, che infatti non tradirono le attese guidando i Blue Devils ad una relativamente facile vittoria.

Sorvegliato speciale

Sorvegliato speciale

Sono passati quasi cinque mesi, un’era geologica in questo sport ed anche se si tratta degli stessi giocatori sono due squadra completamente diverse, soprattutto gli Spartans che al tempo erano ancora alla ricerca della propria identità.

Il piano partita di qualsiasi avversario di Duke comincia con Okafor. Michigan State non ha a disposizione centimetri e tonnellaggio sufficiente per potersi permettere di giocare in single coverage, come invece ha provato a fare Gonzaga con Karnowski e Sabonis. Nelle ultime due partite contro Utah e appunto Gonzaga, Okafor è stato limitato a 6 e 9 punti rispettivamente. È probabile quindi che Coach K lo vorrà cavalcare sin dai primissimi possessi della prossima partita.

I due matchups più interessanti di questa sfida sono però quelli che riguardano i giocatori perimetrali. Travis Trice (MVP degli Spartans nel torneo) e Tyus Jones (in tutte le vittorie più importanti c’è il suo zampino) sono il cervello delle due squadre e la palla passerà dalle loro mani in ogni singola azione. Entrambi hanno un ratio assist:turnover molto positivo (2:1 quello di Trice; 4.4:1 quello di Jones) e sarà fondamentale limitare le palle perse anche nella partita di sabato.

Branden Dawson e Justise Winslow sono invece l’anima pulsante delle due squadre, pur essendo il primo un senior e leader della squadra e l’altro un freshmen di 19 anni appena compiuti. Come detto in precedenza è stato proprio Winslow in questo torneo ad emergere come fulcro dell’attacco dei Blue Devils nei momenti decisivi e starà proprio a Dawson cercare di fermarlo. Entrambi dotati di un fisico scultoreo (vengono listati alla stessa identica maniera, 6-6 x 225 libbre), se mai li avete visti giocare, non potete non avere l’acquolina in bocca pensando a questa sfida nella sfida.
Prediction: Duke vorrà alzare i ritmi della partita, appoggiarsi su Okafor e metterlo in ritmo dai primi possessi per poi aprire il campo e creare spazi. La difesa degli Spartans ha giocato a livelli celestiali fino ad ora, ma credo non abbia mai affrontato un attacco come quello dei Blue Devils. Alla lunga credo che questo li porterà alla vittoria.

(1) Kentucky vs (7) Wisconsin

La tematica di questa stagione collegiale è stata ripetuta fino allo sfinimento. Chi può battere Kentucky?

Stiamo ancora cercando una risposta, 38 partite dopo. Ora è il turno di Wisconsin e cominciamo subito dicendo che la base di partenza è chiaramente la migliore vista fino ad oggi, considerando che proprio nelle file dei Badgers gioca quello che al 99.9% sarà il prossimo National Player of the Year e cioè Frank Kaminsky.

Se a questo aggiungiamo la prestazione mostrata da Dekker nella sfida con Arizona allora possiamo affermare con estrema certezza che, sulla carta, nessuno meglio di Wisconsin può attentare a quel record immacolato di Kentucky.

Notre Dame ha mostrato la via, ma non è riuscita ad arrivare in fondo. Come fatto dagli Irish, la chiave per cercare di mettere in difficoltà i ‘Cats è quella di controllare il ritmo della partita, evitare di perdere troppi palloni, non forzare conclusioni affrettate e cercare di limitare le giocate esplosive dei freak of natures, qualcuno li ha chiamati anche così, scherzi della natura, di Kentucky.

Se avete visto qualche partita di Wisconsin vi sarà sicuramente scattato un campanellino d’allarme, perché quanto ho appena descritto è esattamente il tipo di gioco che vuole e pretende il loro allenatore.

Tutto bene quindi, fino a qui. Perché c’è anche il rovescio della medaglia.

Il più classico dei "national player of the year"

Il più classico dei “national player of the year”

Kentucky, come nessun’altra squadra in questo panorama, non solo ha il giocatore giusto per limitare Kaminsky, ne ha addirittura una serie. Uno stuolo di 7-footers capace di muoversi come delle guardie (pensiamo soprattutto a Willie Cauley-Stein) che sembrano stati creati appositamente per limitare il tipo di gioco di Kaminsky, che di certo non si basa sull’esplosività e l’agilità dei movimenti.

Il roster dei Badgers inoltre presenta solo un giocatore alto almeno 7 piedi (Kaminsky appunto), con nessun altro oltre i 6-9 di Dekker, che però ecco, sarebbe l’ala piccola della squadra. Il roster di Kentucky invece fa spavento proprio come ve l’hanno raccontato, con cinque giocatori (tutti all’interno della rotazione di Calipari) alti almeno 6-9. E questo a livello difensivo sarà il problema più grosso per i ragazzi di Coach Ryan, il quale si dovrà probabilmente affidare durante la partita a degli sprazzi di zona 2-3.

In tutto questo non abbiamo ancora parlato di due cose.

Primo. Queste due squadre si sono affrontate anche dodici mesi fa, allo stesso identico punto del torneo. Finì con il tiro decisivo di Traevon Jackson sul primo ferro. Kentucky era, ovviamente, una squadra totalmente diversa (rispetto a Wisconsin che ha invece mantenuto lo stesso nucleo) ma riuscì comunque a strappare la vittoria di un solo punto. Il dato che voglio sottolineare è però la partita di Kaminsky che fu assolutamente un non fattore, chiudendo con 8 punti e 5 rimbalzi.

Secondo. Karl-Anthony Towns. Il fenomeno di Kentucky (che si giocherà la prima scelta assoluta al prossimo draft insieme ad Okafor) è sembrato immarcabile nella partita contro Notre Dame dove, seppur limitato da problemi di falli, ha chiuso con 25 punti in 25 minuti dando un senso di strapotere fisico difficilmente descrivibile. Con il passare della stagione il suo acume nei pressi del canestro è cresciuto partita dopo partita, Kentucky non ha mai avuto veramente bisogno di una sua esplosione offensiva, fino adesso. Ed il ragazzo sembra essere pronto.

Prediction: Wisconsin dovrà limitare al massimo il numero di possessi della partita e giocare una partita estremamente efficiente a livello offensivo. Possibile? Assolutamente. Probabile? Io non credo. Lo strapotere fisico dei Wildcats avrà la meglio anche questa volta e lunedì sera sarà la serata che tutti aspettiamo dal mese di novembre. Kentucky, Duke. Towns, Okafor. National Championship on the line. Enjoy the show.

E se sarà Michigan State vs Wisconsin, ci divertiremo lo stesso come matti.

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3 risposte

  1. Ciombe ha detto:

    L’ha ribloggato su Cose di Baskete ha commentato:
    Le Final Four NCAA spiegate bene…

  1. 31 Marzo 2016

    […] tratta di una Final Four senza i grandi nomi dell’anno scorso (quando avevamo due programmi storici come Duke e Kentucky e quattro allenatori che hanno fatto la […]

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