Vuelta 2015 – Dulcis in Aru

Ayo

Ayo

È stato emozionante, davvero emozionante; Fabio Aru ci ha fatto attendere sino all’ultimo, quando con un occhio controllavamo i chilometri che mancavano all’arrivo e con l’altro tenevamo sotto controllo l’altimetria della tappa, ma: “Fabio Aru ha vinto la Vuelta 2015” suona cosi dolcemente che gli abbiamo già perdonato l’attesa.

La gamba di Dumoulin vista ieri ad Avila, anzi la gamba di Dumoulin vista nelle ultime tre settimane, mentre i chilometri scorrevano inesorabili, lasciava poco spazio a voli pindarici per il sorpasso finale benché i secondi da recuperare fossero soltanto 6. Facendo un passo indietro, vedendo il disegno della tappa, l’idea era di avere 1 o 2 compagni di squadra in fuga e sfruttare entrambe le salite finali per far saltare il banco, consci del fatto che la Giant non avrebbe mai potuto controllare nulla: nelle altre due tappe post cronometro sostanzialmente non avevano avuto bisogno di farlo, ci aveva pensato l’Astana a fare e disfare.

La soddisfazione, da appassionato, di vedere le cose andare proprio come avevi pensato sarebbero dovute andare è doppia quando poi alla fine è “uno dei nostri” a trionfare, per di più giovane, come Fabio Aru. L’Astana oggi è stata (finalmente) perfetta, ha smesso di fare guerra alla Movistar (ieri francamente erano stati infantili) ed ha corso per vincere questa Vuelta. Ha mandato 2 corridori in avanscoperta (Zeits e Sanchez) che hanno seguito l’ennesima fuga “bidone” di queste tre settimane, ma quando c’è stato bisogno di loro sono stati fermati con un tempismo degno di una scenografia hollywoodiana: con Dumoulin che vedeva la coda del gruppo dei migliori lì davanti a poco più di 10″, ci ha pensato Zeits a dare la trainata che ha svuotato pure la testa dell’olandese che già a livello di forze fisiche stava soffrendo.

Oggi anche John “Hannibal” Smith che andava matto per i piani ben riusciti sarebbe orgoglioso di Martinelli che colleziona l’ennesimo grande giro guidato in ammiraglia. E passano in secondo piano le polemiche per la tappa di Andorra (Cortals d’Encamp) in cui Landa non aspettò il capitano per aiutarlo, se non con gli abbuoni, almeno con il ritmo nel provare a distaccare maggiormente i rivali in difficoltà.

Hannibal

Giuseppe Martinelli in ammiraglia (ci somiglia anche un po’)

La tappa di oggi è stato l’ennesimo esempio che il ciclismo è anche uno sport di squadra: Froome ha vinto il Tour anche grazie a Poels e a Porte che specialmente sull’Alpe d’Huez l’hanno preso per mano aiutandolo a resistere agli attacchi micidiali di Quintana; Aru vince questa Vuelta (suona in maniera così dolce…ammettiamolo…), dicevo Aru vince questa Vuelta grazie al lavoro dei compagni di squadra e grazie ad un Mikel Landa monumentale. L’anno prossimo sarà al Team Sky, dovesse andare lì per fare questo lavoro di gregariato credo che il Tour 2016 possiamo già assegnarlo.

Lo ammetto: questa ultima tappa cancella, seppur parzialmente, una serie di tappe, pre cronometro, in cui Aru non mi era piaciuto. Lui, come la gran parte degli altri big, sembravano non avere il coraggio di mettere a ferro e fuoco la corsa o semplicemente questi percorsi con rampe da garage finiscono per ammazzare qualsiasi fantasia e qualsiasi azione. Quando si sale al 20% non puoi attaccare, devi solo sopravvivere e le differenze si appiattiscono. Già in una tappa più umana, ma con salite in serie, si è visto molto più spettacolo e non solo perché fosse l’ultima chance.

Nella celebrazione della vittoria, non si può dimenticare di rendere l’onore delle armi allo sconfitto: Tom Dumoulin ha corso una Vuelta ai limiti della perfezione, anche quando è andato in difficoltà non s’è mai perso d’animo, ha lottato su percorsi a lui non congeniali ed ha dato spettacolo in una cronometro a 50,5 km/h di media. Tutta la sua forza fisica e mentale è venuta meno in quegli attimi dove s’è visto portar via il gruppo con Aru proprio davanti al naso, in quel tratto di falsopiano in cui da 10″ è finito a più di un minuto prima di iniziare l’ultima ascesa di queste 20 tappe passate ad arrampicarsi.

Probabilmente anche fosse riuscito a rientrare poi si sarebbe staccato di nuovo. Probabilmente fosse riuscito a rientrare, Aru avrebbe subito un bel contraccolpo, perché sono tre settimane che Tom ha sempre recuperato attimi di difficoltà, ogni santissima volta. Non possiamo sapere cosa sarebbe successo, sappiamo cosa è successo e Dumoulin in quei 5 km ha mollato ed è sceso in classifica generale sino al sesto posto. Ciò non toglie che l’olandese (stessa annata di Aru, 1990) ha fatto ricredere tanti sulle sue potenzialità, è un corridore dannatamente completo, dopo la crono di Burgos da qualche parte (mi scuso con l’autore del tweet, ma ora non ricordo) ho letto un paragone con Indurain, a me, per completezza, pur con caratteristiche di punta diverse, viene da pensare a Valverde. Come Valverde forse farà sempre fatica a vincere un grande giro, ma ha tutto per poter fare dei buoni piazzamenti anche lì, oltre a tutto il resto.

La Giant ha sulla coscienza buona parte di questa vittoria sfumata a 60 km dalla fine di un percorso che durava da tre settimane. Verosimilmente nemmeno loro pensavano di potersi trovare in questa situazione, l’idea era quella di fare classifica con Tom, un piazzamento nei 10, non erano venuti alla Vuelta pensando di dover controllare la corsa. E questo alla fine l’hanno pagato amaramente. Loro, come molte altre squadre World Tour (qualcuno ha detto Etixx?), trattano il Giro e la Vuelta quasi come un fastidio, qua il fastidio poteva rendergli tantissimo e ora si staranno mangiando le mani, i gomiti, le spalle e le….ginocchia.

In tutto questo, prima di chiudere su Aru, c’era un corridore della Lampre, Plaza, che dopo 120 km di fuga in solitaria andava a raccogliere una vittoria alla Vuelta a 11 anni di distanza dalla sua prima e unica in questa corsa. Fenomenale e romantico.

Un pensiero anche a Purito Rodriguez. Secondo nella generale a 36 anni, alla 22esima partecipazione in un grande giro senza mai riuscire a vincerne uno, ci sono buone probabilità che non ci riuscirà mai e questo umanamente ci dispiace e poi è anche simpatico. Questa la foto postata su twitter con commento annesso che non ha bisogno di traduzione: Madre mía!!! Te odio pero te quiero @FabioAru1 Enhorabuena!!!!

aru e purito vuelta

Aru e Purito (direttamente dal profilo twitter dello spagnolo)

A 25 anni, Fabio Aru ha già raccolto 3 partecipazioni al Giro e 2 alla Vuelta: in Italia ha già fatto terzo e secondo, qui l’anno scorso arrivò quinto dietro a Contador, Froome, Valverde e Rodriguez, quest’anno davanti a lui non c’è nessuno e domani a Madrid salirà sul gradino più alto del podio. Rileggiamo il palmares nei grandi giri di un campione come Rodriguez e capiamo la sua rabbia seppur simpatica, seppur sportiva: Fabio, hai fatto un’impresa.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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11 risposte

  1. mlbarza ha detto:

    Ajo!
    Bravissimo Aru e (finalmente) brava anche l’Astana nella tappa di sabato, dopo che tentando di fare quanto fatto al Giro (giochiamoci le tappe con più gente possibile, poi il capitano per la generale vediamo…) ha finalmente gestito da squadra la tappa decisiva. Bravo anche il sardo a non mollare di testa dopo le difficoltà dei giorni precedenti, sia quando si era visto Purito scappargli e prendergli la Roja, sia quando vedeva Dumoulin staccarsi e poi rientrare piano piano.
    Bravo anche all’olandese, corridore completo, difficile da paragonare ad altri corridori di epoca più o meno moderna. Più che a Valverde, secondo me assomiglia un po’ al primo Bugno: meraviglioso da vedere in bici, potente abbastanza per vincere crono e tappe sulle rampe (e chissà, in futuro, classiche) e resistente abbastanza in salita, col suo passo, da non perdere troppo dagli scalatori. Il futuro è dalla sua, bisogna vedere come verrà gestito dal team d’ora in poi.
    Bravo ancora a Purito, gran corridore, abbastanza iellato nel suo essere sempre secondo (o terzo) di turno e bravo anche a Majka.
    Solito velo pietoso sulla Movistar, che però stavolta aveva la scusante dei malanni di Nairo e della condizione non eccelsa di Valverde, che forse pensava al Mondiale.

    Ultima considerazione, sull’organizzazione in toto: il percorso con le rampe di garage che permettono di fare poco la differenza è quello che contribuisce negli ultimi anni a fare della Vuelta il GT più equilibrato (anche come numero di uomini a giocarselo) fino alla fine e ciò mi fa pensare che difficilmente il trend verrà cambiato, anzi. Però scempi come la cronosquadre di apertura sul bagnasciuga, moto che quasi ammazzano corridori e buche in strada che quasi ne ammazzano altri, sono cose che da un’organizzazione che fa a capo alla stessa del Tour, non sono accettabili. Che poi corridori e squadre ci mettano del loro protestando solo a tragedia per fortuna solo sfiorata è un conto, ma anche considerato quello che è successo in primavera, è il caso che più che pensare a MPCC e amenità varie, le squadre questo inverno si incontrino con gli organizzatori per provare a sistemare un po’ di quello che non va.

    • azazelli ha detto:

      Il tuo paragone in effetti è molto più azzeccato: approvo da tifoso di bugno in età fanciullesca 😀

      La postilla sull’organizzazione non l’avrei potuta scrivere meglio, era una cosa che forse andava messa, ma non volevo andare troppo fuori tema, comunque mi trovi pienamente d’accordo (sulla parte del percorso, amaramente d’accordo).

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