Mossa e Contromossa: El Clasìco e la disfatta del Napoli

Nel calcio il ruolo dell’allenatore all’interno di una partita è abbastanza marginale, perché per quanto sia importante avere un gestore capace dalla panchina di capire come può essere indirizzata, alla fine sono i giocatori in campo che fanno la differenza, nel bene o nel male.

A volte però sono proprio le scelte tattiche di chi dirige da fuori che possono far pendere la bilancia da una parte o dall’altra e cambiare in negativo o in positivo l’inerzia della gara.

Una delle partite più importanti del mondo, se non quella più importante, e la sfida che potrebbe decidere le sorti della Serie A potevano essere decise da mosse tattiche degli allenatori delle squadre sconfitte, che a mio modo di vedere non sono state prese in considerazione, o decise troppo tardi.

Nella super sfida tra Barcellona e Real Madrid la squadra che aveva tutti i favori del pronostico era la prima, che giocava in casa, viaggiava sulle ali di una stagione sensazionale e aveva la possibilità di dare la spallata decisiva per conquistare la Liga e lasciare le energie maggiori per il bis in Champions League. In più l’improvvisa e dolorosissima scomparsa di Johan Cruyff, uno degli immortali del calcio che ha fatto la storia del club, dava sicuramente quella spinta in più per trionfare contro gli acerrimi rivali.

E i primi venti minuti sembravano dare ragione alle previsioni, visto che i blaugrana avevano il 70% del possesso palla e tirato già 4 volte, con l’occasionissima di Suarez che mancava la palla a 1 metro dalla porta libera su servizio di Neymar e la gran parata di Navas sul diagonale di Rakitic.

Con il passare dei minuti però, la sensazione era quella che la bilancia non fosse così pendente dalla parte dei Campioni d’Europa e che il Real avesse capito di avere le carte per mettere in difficoltà il modulo impostato da Luis Enrique.

La scelta di Casemiro davanti alla difesa, a liberare l’estro offensivo di Modric e Kroos, a discapito delle direttive presidenziali, ha pagato grossi dividendi visto che il brasiliano ha chiuso con 12 tackles vincenti, 3 intercetti e 3 fra tiri e cross bloccati, creando una specie di cortina di ferro tra l’area di rigore e la metà campo dove spesso gli avanti del Barcellona andavano a perdersi, non riuscendo a creare la solita mole di gioco.

In più la forma non al top del tridente MSN, finora decisivo per la quasi totalità della stagione, ma reduce dai viaggi intercontinentali per le partite con le proprie nazionali, ha sicuramente influito soprattutto nella seconda parte dell’incontro.

E proprio qui sta l’errore tattico di Luis Enrique, che nonostante il vantaggio di Piqué potesse dare una via sicura dove chiudere le sorti del Clasico, ha forzato il gioco in funzione del proprio tridente, non riuscendo a capire in corsa quali potevano essere le carte su cui il Real poteva costruire la rimonta.

Il movimento di Messi ad accentrarsi fin dalla partenza dell’azione, per ricevere palla tra le linee e attaccare la porta, è stato spesso disinnescato dalla posizione di Casemiro, e la contemporanea staticità di Rakitic nella zona di centro destra, ha permesso a Marcelo, spesso tallone d’achille difensivo del Real, di non avere grossi grattacapi e dare sfogo col passare dei minuti alla propria verve offensiva.

Non a caso, tre delle quattro azioni principali del Real nel secondo tempo, il goal del pari, il goal annullato a Bale e la traversa di Cristiano Ronaldo, sono state costruite sulla sinistra proprio dal terzino brasiliano.

El Clasico, Marcelo ha una prateria davanti, Messi non c'è e Rakitic è troppo centrale per chiudere. Da qui nasce il pareggio di Benzema

Marcelo ha una prateria davanti, Messi non c’è e Rakitic è troppo centrale per chiudere. Da qui nasce il pareggio di Benzema

Luis Enrique avrebbe dovuto attaccare con costanza quella zona, sia con il movimento di Messi, sia con l’ingresso di un’ala pura come poteva essere Sergi Roberto (guarda caso protagonista in quella posizione del 4-0 a Madrid) invece che Arda Turan, anch’egli troppo centrale nella sua posizione di partenza per dare problemi sulla fascia sinistra.

Ci ha messo anche Zidane del suo, va detto, riuscendo ad ottenere il sacrificio di Bale e CR7 nel secondo tempo, posizionati quasi da centrocampisti laterali in un 4-1-4-1, che ha permesso di dare più aiuto ai terzini in fase difensivi e avere quindi più densità per poter pressare le giocate del Barcellona in zona di trequarti e ribaltare velocemente l’azione, come successo nell’occasione del goal vittoria di Ronaldo.

El Clasico, CR7 si sacrifica a difendere, Bale è basso, Modric chiude bene e permette a Carbajal di alzare il pressing e innescare l'azione del goal vittoria

CR7 si sacrifica a difendere, Bale è basso, Modric chiude bene e permette a Carbajal di alzare il pressing e innescare l’azione del goal vittoria

Un mancato cambio tattico ha deciso il Clasico, e probabilmente anche la corsa allo Scudetto del Napoli, visto che la grave sconfitta di Udine, oltre a lanciare la Juventus a +6, ha tolto per qualche giornata il protagonista principale della stagione, quel Gonzalo Higuain, arrivato al trentesimo goal in campionato, ma poi espulso e autore di una sceneggiata che costerà caro a lui e a tutta la squadra partenopea.

Sarri è uno degli allenatori di riferimento dell’attuale Serie A e il suo credo calcistico ha portato il Napoli a giocarsi il titolo contro la corazzata juventina, con idee offensive e difensive che sono state oggetto di numerose analisi a livello tattico.

Nell’ultimo periodo però il fatto di essere alla prima grande occasione ad alto livello della sua carriera, gli ha dato troppa pressione difficile da gestire e che gli ha fatto perdere di vista quelle che potevano essere le mosse da attuare in caso di flessione fisica e mentale della squadra, giustificata dopo un percorso vincente, ma altrettanto duro vista la striscia di risultati vincenti costruita dalla Juve.

La fine della sogno del Napoli?

La fine della sogno del Napoli?

Contro l’Udinese del nuovo corso di De Canio, le proposte fisse del gioco di Sarri sono state alla lunga deleterie per il risultato finale e quella mancanza di elasticità nella lettura della gara ha incanalato la partita del Napoli verso la sconfitta senza possibilità di replica, anche grazie ad una prestazione sensazionale degli avversari.

Se il tridente poteva mettere in seria difficoltà una difesa a 3 come quella proposta da De Canio, costringendo a trasformarsi in un quintetto, così non è stato perché Insigne da una parte è stato avulso fin dall’inizio e Callejon dall’altra ha toccato troppi pochi palloni.

La prima ora di gioco che ha di fatto deciso il match, ha visto l’ala partenopea sbagliare molte giocate (meno del 60% di passaggi completati, 3 palle perse e 2 fuorigioco) non riuscendo quasi mai a rendersi pericoloso (nessun dribbling vincente, solo 1 tiro tentato), mentre quella spagnola di tiri non ne ha proprio tentati, finendo per toccare la palla solo 19 volte.

L’insistenza della costruzione di gioco dalla zona sinistra del campo (esattamente il doppio di tocchi del duo di sinistra rispetto a quello di destra) che ieri dava pochi frutti, il fatto di non avere la solita regia di Jorginho (metà di tocchi e passaggi rispetto alla media), schermato positivamente dal movimento di Thereau, e il mancato sbocco sulla trequarti di Hamsik, costretto ad un lavoro prettamente difensivo in aiuto a Ghoulam contro gli indemoniati Widmer e Badu, sono i tre fattori principali che hanno tolto buona parte delle caratteristiche offensive mostrate in questa stagione del Napoli.

La lettura di Sarri doveva essere quella di dare più gioco alla zona di destra dove Hysaj e Callejon potevano approfittare delle lacune difensive di Armero, poco assistito da Bruno Fernandes che si muoveva molto sulla trequarti centrale, e inserire Mertens e Gabbiadini molto prima, per Insigne e Jorginho, costruendo un modulo in cui si dava più possibilità a Higuain in primis, ma anche allo stesso ex Sampdoria, di prendere palla nella zona di mediana friulana, poco difesa da Kuzmanovic, e avere libertà di inventare la giocata per sé stessi o per gli altri.

Widmer avrebbe avuto più problemi ad attaccare la fascia alta di Ghoulam, da cui è nato il 3-1 che ha chiuso la gara, Higuain avrebbe toccato molti più palloni dei 33 finali e magari essendo più coinvolto non avrebbe perso la testa in quel modo mettendo in serio pericolo oltre che la corsa al titolo, anche quella al 2° posto visto l’andamento della Roma.

Questione di scelte tempestive e di modifiche anche solo temporanee del proprio credo calcistico, a volte possono decidere una grande partita o un’intera stagione.

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