Nascita di una passione – Angelo

Dopo le storie di Fabio e Lorenzo, oggi è il turno del giovane (classe 1992) Angelo (@Gillo92 su Twitter e Angelo Verzeletti su Facebook) che ci racconta la nascita e la “crescita” della sua passione più che per uno sport solo per un mondo sportivo, quello americano. Vi ricordiamo che anche voi potete diventare protagonisti di questa rubrica inviandoci la genesi della vostra passione (di qualsiasi sport si tratti) all’email info@quelchepassalosport.it, saremo onorati di condividerla con tutti i nostri lettori.

La storia della mia passione si può riassumere in due parole: opportunità e curiosità.

Fin da piccolo lo sport è stato un punto fermo della mia vita. Anche se praticamente ho sempre giocato (e gioco tuttora) a calcio, sebbene a livelli non agonistici, ogni sport mi ha sempre attratto per qualche motivo: il basket per la velocità di gioco, la pallavolo per le qualità fisiche dei suoi interpreti, il nuoto per la potenza sprigionata in un ambiente, l’acqua, che a me piace tantissimo, il ciclismo per imprese epiche, le moto per Valentino Rossi e la Formula1 per Michael Schumacher.

Fino ad allora (parlo della prima decade del nuovo millennio), questi sport erano visibili a tutti, molto più del calcio a dire il vero, con la RAI a farla da padrone.

Ma la nascita di un nuovo canale ha rivoluzionato il modo e il tempo di vedere lo sport. Parlo di Sportitalia (quella vera, non quella di adesso). Sport 24 ore al giorno. Calcio (ricordo ancora Massimo Callegari che commenta il SuperClasico Boca Junior-River Plate), basket (Eurolega anche), pallavolo etc etc. Persino sport a me ancora relativamente sconosciuti, come golf e hockey su ghiaccio.

Un paradiso gratuito

Un paradiso gratuito

Avevo trovato il mio paradiso. Tornato da scuola la prima cosa che facevo era accendere su SI e cercare di capire le regole di qualsiasi sport venisse trasmesso. Per la felicità dei miei genitori.

Ma una cosa in particolare ha lasciato il segno. Le repliche delle partite della NBA alle 3 di pomeriggio. Io già ero malato di sport e ovviamente avevo già sentito parlare di Kobe, di Lebron e degli altri fenomeni venuti prima (il mio preferito era Shaq). Ogni pomeriggio era un appuntamento fisso con la tv, con SI e con l’NBA. Con Dan Peterson, voce simpaticissima e degli altri telecronisti. Ne cito uno che verrà chiamato in causa più avanti: Matteo Gandini.

I miei pomeriggi trascorrevano così col sedere incollato sul divano. In quel periodo, parlo di 2008-2009 forse, venivano trasmesse tantissime partite di due squadre in particolare, non so per quale motivo: gli appena trasferiti Oklahoma City Thunder (di un certo Kevin Durant) e i Portland Trail Blazers, squadra che per cui da allora sono, se non tifoso, decisamente appassionato. Quei Blazers (parlo di Brandon Roy, di Gerald Wallace, di un giovane LaMarcus Aldridge) sicuramente avevano un potenziale altissimo, ma una sfortuna decisamente maggiore. Oden (prima assoluta del 2007 davanti a Durant) e poi Roy lasciano e la squadra deve ripartire da Aldridge e da un rookie da Weber State di nome Damian Lillard. (non volevo scrivere la storia recente dei Blazers, ma proprio mentre mi son trovato a buttar giù i miei ricordi sono stati eliminati dagli Warriors e quindi sono un pò malinconico).

Lillard

Lillard

Questa passione per I Blazers e per la NBA mi ha portato a conoscere quello che c’è dietro il gioco, dietro i giocatori e dietro le franchigie. Mi ha portato a conoscere il Draft, il ruolo del Commissioner ma soprattutto l’esistenza della lega sportiva più potente del mondo: la National Football League, in 3 lettere NFL.

Il mio primo approccio con il football avviene in occasione del Super Bowl 45, tra Green Bay Packers (poi vincenti) e Pittsburgh Steelers. La partita allora era trasmessa da LA7.

Sarà il non conoscere le regole, sarà il gioco frammentario, sarà l’ora tarda, saranno tutte e tre ma quella sera non durai un quarto. Mi svegliai alle 7 della mattina dopo.

Non un inizio dei migliori per quella che diventerà una passione ancor più grande che per il basket. Ma in soccorso mi venne ancora una volta una parola. Opportunità.

Ancora una volta il mio destino era legato a quello di una rete tv. Sportitalia. E questa volta anche a quella di un commentatore in particolare. Matteo Gandini.

La stagione successiva a quel, per me sventurato, Super Bowl, infatti, i diritti per trasmettere l’NFL in chiaro e gratuitamente se li aggiudica SportItalia. Con Matteo Gandini a far la maggior parte delle telecronache, fu facile capire le regole e apprezzare la bellezza di quel che vedevo. Lanci, ricezioni spettacolari, sack, intercetti. Colpi di scena.

Ovviamente, non potevo seguire uno sport e non tifare per nessuna squadra. La scelta, se così si può chiamare, è caduta su una squadra che 2 anni prima aveva compiuto un miracolo, una resurrezione dalle ceneri di una catastrofe naturale per diventare Campioni del Mondo. Sto parlando, l’avrete capito, dei New Orleans Saints, dei Black&Gold, della WhoDat Nation.

L’amore per i Saints e per il football sostituirà in parte quello per i Blazers, sempre amati, ma più difficili da seguire, dato che i diritti per la NBA li aveva acquisiti SKY. Una passione senza freni, culminata con una grande delusione nel Divisional NFC del 2012, con L’eliminazione dei Saints per mano dei San Francisco 49ers (non nutro molto simpatia per la squadra della Baia). Con il passare del tempo ho imparato a conoscere tutti i giocatori dei Saints: da Cam Jordan a Jimmy Graham, da Darren Sproles a Brandin Cooks, da Lance Moore (che presa per quella conversione da 2pt nel SB) a The Quiet Storm Marques Colston, da Coach Sean Payton alla scelta del primo giro del primo Draft NFL seguito in diretta, Kenny Vaccaro. Ovviamente iniziando, passando e concludendo da un grandissimo giocatore, nonchè grandissimo uomo che risponde al nome di Drew Brees. Quando lessi di come Drew avesse aiutato la città di New Orleans dopo l’uragano Katrina, di quale ruolo occupasse nel cuore della gente, diventò uno dei miei idoli insieme a Valentino Rossi e Javier Zanetti.

Quando Katrina trasformò il Superdome

Quando Katrina trasformò il Superdome

Tralasciando l’affetto per i Saints, fu tutta l’NFL ad appassionarmi. Dai giocatori (ne cito 3: Aaron Rodgers, JJ Watt e Jamaal Charles, paladino del FantasyFootball), alle squadre (mi piace guardare gli Steelers, ma anche i Ravens, tecnicamente rivali e “nemici” di Pittsburgh), agli stadi (il mio sogno è di andare nel mio stadio “di casa”, il Mercedes Benz Superdome). E poi il Draft, le trade, persino la Combine… Nasce in me la necessità di sapere quanto più possibile su ogni piccola cosa inerente l’NFL, e di restare aggiornato sempre, costantemente su quel che succede. La soluzione è palese davanti ai miei occhi. Social Network. Twitter, Facebook, Instagram… ogni social è buono per restare informati.

Quindi diventa routine la mattina presto accendere il cellulare e leggere le ultime notizie, o i risultati della notte. Diventa normale seguire personaggi come Adam Schefter o Ian Rapoport, fake come NOT SportCenter o leggere su Play.it USA o Huddle Magazine. Non rimpiango nemmeno un attimo usato per seguire questo mondo. Che mi apre le porte di un altro mondo, questa volta in tempi molto più recenti. Quello dell’hockey su ghiaccio. E dato che simpatizzavo un po’ anche per gli Steelers, la finestra sull’hockey si è presentata sottoforma di pinguino, di Crosby, Malkin ma soprattutto di Letang e Fleury. Il mondo dei Pittsburgh Penguins e della NHL. Vedere quei palazzetti saltare letteralmente in aria per un goal in OT o shorthanded mi fa venire la pelle d’oca tutt’ora. L’hockey è uno sport a cui mi sono avvicinato recentemente, quindi forse è ancora un gradino sotto il basket e due sotto il football, ma quello che ho capito in questa mia avventura tra gli sport americani è che lo sport lì è visto non solo come un passatempo, ma piuttosto come una religione, uno stato sociale, ogni squadra è una famiglia e ogni sport è una possibilità.

Ringrazio tutti quelli che mi hanno portato a conoscere questo mondo, da chi ne fa parte, a chi lo segue dall’Italia come me, perché mi ha fatto conoscere un nuovo modo di concepire lo sport. Opportunità.

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1 – Fabio

2 – Lorenzo

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10 risposte

  1. angyair ha detto:

    Ottimo pezzo fino a quando hai detto di non amare i niners! 😀
    A parte gli scherzi, complimenti, il pezzo trasuda di passione!

  1. 25 Maggio 2016

    […] 3 – Angelo […]

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