Parigi Roubaix – Hayman all’improvviso

Vorrei dirvi chi è Mathew Hayman, anzi vorrei saperlo: ma mi viene in mente solo He-Man. E la forza di Grayskull oggi sarebbe anche in tema. Eppure l’australiano corre tra i professionisti da 16 anni e da quando è passato tra i grandi non ha mai saltato nemmeno per sbaglio una edizione della Roubaix, peraltro sempre arrivando al traguardo. Certo mai per primo (un ottavo e un decimo posto i suoi piazzamenti migliori), solitamente arrivava giusto in tempo per vedere il podio. Ma per il resto della sua carriera sino a ieri solo una volta era riuscito a vincere: Paris-Bourges, 06/10/2011, una corsa del calendario di categoria 1.1. Mettiamola così gli manca solo la Paris-Tours delle corse che partono da Parigi o giù di lì. Vociferano anche di una vittoria ai giochi del Commonwealth.

Vorrei potervi dire molto di più, ma non sono così esperto e dovete accontentarvi di questo che già, molto probabilmente, avevate letto o sentito in giro. Hayman è stato in fuga per 180 km: era tra la decina di coraggiosi che dopo svariati tentativi erano riusciti a portar via un gruppetto, tra loro c’erano anche il nostro Puccio e lo spagnolo della Movistar, Imanol Erviti, che proprio 7 giorni fa grazie ad una azione del genere era comunque riuscito a chiudere nei 10 e si ripete anche quest’oggi (nono). Hayman però ha fatto molto di più incontrando pure non poche difficoltà: più di una volta s’è staccato anche quando poi sui fuggitivi sono giunti i big, e lo stesso numero di volte è riuscito a recuperare, a restare aggrappato al treno che portava al velodromo. Un’interpretazione hesjedaliana che ha emozionato.

Roubaix

Guardi il podio con Boonen affianco a quella pietra baciata da qualcun altro e cerchi di immaginare quello che sta frullando dentro la sua testa, in una stagione che sinora non l’aveva mai visto così brillante e che vede sfumare per una ruota la quinta Roubaix da mettere nel suo palmares già strabordante. Tommeke non era favorito alla partenza (di Sagan e Cancellara parlerò poi), non era favorito nemmeno a 115 km dall’arrivo quando nel settore 20, assieme a Martin ha provato a portar via un gruppo ristretto in un’azione della Etixx davvero coraggiosa e piacevole. Non era favorito nemmeno poco prima del Carrefour de l’Arbre, tratto in cui spesso nel passato si sono decise le Roubaix, anche quelle vinte da lui stesso: lì Vanmarcke, che sembrava il più brillante sul pavé, ha provato a fare la differenza, ma non c’è riuscito. Passate tutte le pietre, Boonen continuava a non essere favorito: nel gruppo di 5 6 corridori aleggiava la presenza ingombrante di Edward Boasson Hagen.

Ed è proprio grazie alla presenza del norvegese che abbiamo vissuto gli ultimi 3 km più emozionanti/stressanti/imprevedibili che potessimo auspicarci. Ci hanno provato tutti e tutti a turno hanno chiuso su chi ci provava. Tutti hanno attaccato Boasson Hagen ed anche il corridore della Dimension Data ad un certo punto ha tentato l’allungo quasi dimenticandosi che Boasson Hagen era lui.

Quando Boonen è partito per l’ennesima volta a 2 km dall’arrivo e dietro sembravano non avercene più lì finalmente il corridore della Etixx è sembrato essere favorito. “Not so fast, my friend” direbbe un nostro amico che commenta il college football negli States e direi che ben si confà ad una corsa ciclistica. Non così veloce da staccare davvero tutti: prima Hayman (che ha anche l’ardore di chiedere un cambio), poi Vanmarcke ed infine tutti gli altri con gli ultimi barlumi di energia. Dispiace Tom, ma la pietra sul podio quest’anno se la porta via Hayman, con la faccia di quello che stenta ancora a crederci ed alla faccia dei favoriti.

E allora torniamo su Sagan e Cancellara: mai diretta integrale fu più azzeccata di questa. La Roubaix 2016 vive lo scossone decisivo come già accennato a 115 km dal traguardo, ancor prima della famigerata Foresta di Arenberg. La Etixx fa l’azione, Lotto Jumbo e soprattutto Sky non si fanno sorprendere, Trek e Tinkoff (….) sì: Cancellara e Sagan restano attardati, il distacco schizza subito attorno al minuto e da lì non scende praticamente mai sotto i 45″. Inizialmente gli uomini di Spartacus (soprattutto Stuyven) sembrano non andare in panico, in realtà davanti Tony Martin tira che è un piacere vederlo e questa volta non c’è Oscar Gatto a dare una mano al campione del mondo. La Trek fa fermare Popovych presente nel gruppo di testa, ma il suo contributo è quasi impercettibile. Nota curiosa: questa è stata l’ultima corsa di Yaroslav, una giovinezza da cannibale ed una maturità da gregario, dentro e fuori dalla strada. Eterna giovane promessa mai mantenuta, fa strano pensare al suo ritiro ed emblematico che l’ultima sua azione sia stata spenta per ordini di squadra.

Lo ricorderemo così: Popovych copre Armstrong

Lo ricorderemo così: Popovych copre Armstrong

Ma torniamo alla corsa, le velleità di rientro del duo di favoriti Sagan/Cancellara si sono poi infrante a poco meno di 46 km dal traguardo: nel settore a 5 stelle di Mons-en-Pèvéle davanti Vanmarcke screma il gruppo (poco dopo aver chiuso sugli 11 fuggitivi), 50 secondi dietro Cancellara si sdraia davanti a Sagan e Terpstra, il primo riesce a non cadere ma sostanzialmente resta solo all’inseguimento che da improbabile diventa impossibile.

Poco prima l’arte dello “sdraiarsi davanti” era stata portata su livelli harakireschi da parte dei due italiani in maglia Sky nel gruppo di testa: a quel punto della corsa era proprio il team inglese ad avere l’inferno del Nord in pugno, Moscon e Puccio erano ai servizi di Rowe e Stannard, devono però aver capito male le indicazioni visto che in due curve su un pavé con fango si sono letteralmente distesi davanti ai loro compagni: Rowe non è riuscito a rimanere in piedi cadendo sopra al debuttante Moscon, Stannard in qualche modo è riuscito a non cadere di sella, ma in sostanza la Sky si è trovata con un corridore e mezzo nel giro di poche centinaia di metri, visto che Rowe è sì rientrato ma sprecando molte energie costringendolo alla resa con un’azione pro Stannard poco dopo.

Sky sfortunata, ma arrivano altre buone nuove dai primi mesi tra i professionisti di Gianni Moscon, ci vuole pazienza, continuiamo a predicarla con un minimo di ottimismo.

Gli altri italiani…uhm…non ci sono stati altri italiani: hanno inquadrato Oss dall’elicottero un paio di volte, ma lui, come tutta la BMC, hanno vissuto una giornata da assenti ingiustificati, Greg Van Avermaet manca molto più di quanto immaginavamo (e non è che immaginavamo mancasse poco….).

A proposito di squadre, sorte analoga tocca ad un altro team del nord che su queste strade dovrebbe conquistare i successi (o i piazzamenti) stagionali più importanti e che sostanzialmente si trovava privata del leader per queste corse: la Lotto Soudal praticamente senza Benoot, che arriva sestultimo, mette sì Sieberg nella fuga e riesce a portarlo nella top10 (settimo), ma in generale ha corso un po’ di rimessa senza quasi mai dare l’idea di avere un piano. Ancor peggio l’Astana, che prova in tutti i modi di mettere Westra nella fuga iniziale, senza riuscirci, e perde Lars Boom per problemi di salute.

Ma la Roubaix a volte è così, a volte è lei che decide, con le sue strade, le sue pietre e la sua polvere e non ci puoi far nulla, in questo un fatalista Sagan nell’intervista pre-corsa era stato facile indovino: “È una corsa che si può vincere e perdere in tanti modi, inutile stare a pensare troppo.” Ed Hayman molto probabilmente non ha pensato nemmeno un metro dei 257.500 che ha percorso e che lo dividevano da una delle più grandi sorprese ciclistiche di sempre, forse è stato questo il suo segreto.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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3 risposte

  1. mlbarza ha detto:

    Corsa molto bella ed emozionante, poi come ogni tanto accade nelle classiche salta fuori il carneade a portarla a casa, cosa che accade quasi sempre quando non c’è uno dei grandi nettamente più forte degli altri. Il più forte sul pavè ieri sembrava Vanmarcke, ma non è riuscito a far la differenza e al primo cavalcavia (…) è stato letteralmente ripreso da Stannard e dagli altri.

    Spiace che Cancellara (e di conseguenza Sagan) non se la siano potuta giocare al massimo, non vorrei dire una cavolata, ma in cronaca ieri continuavano a dire che il buco iniziale da dove poi è partita l’azione di Martin (altro che quando lo lasceranno libero in una corsa di questo tipo sarà sempre troppo tardi) e Boonen era nato dalle conseguenze di una caduta in gruppo. Resta che la corsa che forse meno si adatta ai giochi di squadra, sia stata decisa per due dei favoriti dal fatto di non averla una squadra…

    Bene Moscon e anche Puccio al netto anche delle cadute, non pervenuti gli altri italiani.

    • azazelli ha detto:

      Sep forse è quello che può avere il maggior rammarico per come sono andate le cose, c’ha provato a fare la differenza più volte e pensavo potesse davvero farla, ma è stato rimbalzato. Peccato

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