Seoul 88: Ben Johnson, Carl Lewis e i 100m che distrussero la mia ingenuità

Le Olimpiadi di Seoul sono uno di quegli eventi che ricorrono maggiormente nei miei ricordi adolescenziali: era il 1988 e stavo iniziando il mio primo anno alle scuole superiori, il mondo intorno a me iniziava a cambiare (un anno dopo cadeva il muro di Berlino) e io iniziavo a cambiare il modo di vedere il mondo. Erano le prime Olimpiadi quasi a pieno regime dopo le varie assenze di Montreal 76 e soprattutto Mosca 80 (di cui non ho alcun ricordo) e Los Angeles 84 (è strano ma uno dei ricordi più nitidi che ho è la medaglia d’oro della 100 km di ciclismo del quartetto Vandelli, Bertalini, Poli e Marco Giovannetti che poi vinse anche una Vuelta nel 90), ma erano pur sempre dall’altra “parte del mondo” e non era facile seguirle per un fuso orario nemico degli impegni scolastici.

Avevo comunque da pochissimo compiuto 14 anni e quindi ho diversi ricordi dell’evento: Nardiello sconsolato portato via da un giovane Pescante dopo un verdetto scandaloso, la sconfitta contro lo Zambia per 4 a 0 dell’olimpica di calcio che poi arrivò comunque in semifinale e poi quarta (mi svegliai prestissimo la mattina per vederne un pezzo ma era quasi la fine e non riuscivo a capire se il punteggio che vedevo era vero o stessi ancora sognando), Florence Griffith-Joyner e le sue unghie e la vittoria di Gelindo Bordin nella maratona conclusiva. Ma la prima cosa che mi torna in mente ripensando a quell’edizione è certamente la finale dei 100 metri piani e la sfida tra Ben Johnson e Carl Lewis: la gara più sporca di sempre.

Johnson e Lewis non si amavano troppo, anzi a dir la verità si detestavano reciprocamente. Lewis era l’idolo delle folle, il “figlio del vento”, che le quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi di Los Angeles avevano per sempre posto nell’immortalità dello sport, era l’immagine vincente degli Stati Uniti in quel periodo di guerra fredda che ormai volgeva al termine: ricco, bello, famoso, acclamato dagli sponsor. Johnson invece era un’immigrato giamaicano arrivato in Canada con i genitori per cercare fortuna che era partito dal basso e piano piano si era fatto strada nel mondo della velocità: era arrivato terzo a Los Angeles e poi aveva pian piano eroso i centesimi che lo separavano da Carl Lewis fino a che lo aveva definitivamente superato ai mondiali di atletica dell’anno prima a Roma quando aveva stabilito anche il nuovo record mondiale. Ora era diventato lui il più veloce al mondo e ci teneva a farlo sapere a tutti tanto da scrivere la “carica” anche nei suoi autografi.

L’americano però oltre ad essere molto forte era anche molto orgoglioso, e così dopo la sconfitta di Roma si era messo a lavorare ancor più duramente per cercare di riprendersi lo scettro e per tutto l’anno sportivo ’88 era sembrato pronto a farlo, anche perché il canadese si era sostanzialmente nascosto. Le qualificazioni si erano svolte piuttosto normalmente, e la sfida tra i due sembrava veramente molto incerta, mentre gli altri, l’inglese Christie su tutti, venivano considerati solo dei figuranti.

Ben Johnson

La partenza dei 100m

Era il 24 settembre, un sabato, a Seoul 70.000 persone trattenevano il fiato nello stadio olimpico  mentre in Italia si era puntata la sveglia presto per poter assistere alla più avvincente ed attesa gara di un Olimpiadi, in cui per altro c’era aria di un nuovo record del mondo: Ben Johnson contro Carl Lewis, per molti il male contro il bene, per altri semplicemente il duello più avvincente che ci potesse essere in una gara di atletica.

Come detto non si amavano, anzi, si odiavano proprio, con Lewis che non perdeva occasioni per lanciare velate accuse di doping al canadese e questo che rispondeva per le rime, così quando il “figlio del vento” cercò di avvicinare Johnson prima della gara porgendogli la mano per salutarlo, o probabilmente solo cercando di innervosirlo, nessuno si stupì del fatto che Johnson fece finta di nulla e continuò ad ignorarlo: aveva vinto il primo mental game. L’americano era in corsia tre, il canadese il quella sei, tutto il resto del mondo aveva gli occhi su di loro.

Lewis sembrava nervoso, non aveva il suo solito sorriso. Johnson aveva la stessa espressione di sempre, concentrato, guardava davanti a sé, ignorando il resto del mondo. Quando fu chiamata la partenza un silenzio irreale scese sullo stadio e anch’io dalla parte del mondo sentivo la tensione che c’era nell’aria, mentre ormai la voglia di un altro po’ di sonno se n’era andata via. Ben assunse la sua solita posizione sui blocchi, mentre Carl aveva la solita incredibile eleganza. Tutto era pronto, ed infine arrivò lo sparo.

Johnson era un portento sui blocchi di partenza, la sua esplosività era incredibile e gli permetteva sempre di partire più rapido di tutti, e già dopo pochi metri era primo ed in vantaggio su tutti. Ma Lewis lo sapeva, d’altronde la partenza era anche il suo punto debole, non si doveva preoccupare. Qualche secondo dopo però il vantaggio di Johnson era aumentato ancor di più, il momento in cui Lewis iniziava a recuperare non arrivava mai, l’immagine sullo schermo della TV diventata sempre meno schiacciata e ci si rendeva conto anche a 14 anni che ormai la gara era decisa, Johnson stava vincendo: rimaneva da scoprire solo il tempo con il quale avrebbe sconvolto il mondo.

Anche Carl se n’era reso conto e la sua smorfia era quasi dolorante non tanto per lo sforzo quanto per la consapevolezza della sconfitta in arrivo, cercò per un’ultima volta con lo sguardo Johnson e poi abbassò gli occhi cercando almeno di garantirsi il secondo posto. Ben invece aveva ormai capito di aver vinto, anzi in cuor suo lo sapeva già da prima di scattare sui blocchi che avrebbe vinto perché nessuno era più veloce di lui. Quando ancora mancavano 10 metri la sua corsa era già in decontrazione, guardò verso il suo avversario, anzi il suo nemico e poi alzò il dito al cielo mentre sul suo viso appariva un flebile sorriso. 9 secondi e 79 centesimi, nuovo record del mondo. Il “figlio del vento” era stato battuto.

Dopo la gara si ricorda una fugace e freddissima stretta di mano tra i due ma soprattutto rimangono in mente le parole di Ben Johnson che alla domanda se avesse ricordato di più il record del mondo o la medaglia d’oro rispose “la medaglia d’oro, perché è una cosa che nessuno può portati via”. Ecco caro Ben, non è proprio così e purtroppo per te lo hai scoperto 52 ore dopo. Ricordo le prime voci che arrivavano in Italia (allora non c’era internet) e un servizio di un telegiornale della notte che abbozzava i primi sospetti di un qualcosa di grosso che stava per succedere a Seoul. Poi arrivò la notizia che sconvolse il mondo ancor più che quel 9″79 e pose fine alla mia ingenuità di amante dello sport: Ben Johnson era stato trovato positivo al doping ed era stato squalificato. Le Olimpiadi erano state “sporcate” per qualcuno, erano state semplicemente “smascherate” per altri. Io avevo invece scoperto che molte persone sono disposte a tutto per raggiungere il loro obiettivo, anche ad infrangere le regole. In fondo mi veniva data la prima grande lezione di vita, Ben Johnson mi stava aprendo gli occhi e io non riuscivo ad apprezzarlo in quel momento.

Ben Johnson

La più “sporca gara di sempre” (clicca per ingrandire e leggere meglio)

La successiva vita di Johnson è stata molto avventuriera: ha tentato di tornare dopo la squalifica di 4 anni ma è stato poi ribeccato (nel frattempo aveva confessato di doparsi da già molto tempo, così come facevano tutti secondo lui ed il suo allenatore) e quindi squalificato a vita, è finito a fare da personal trainer al figlio di Gheddafi per farlo diventare un giocatore di calcio professionista (grazie Gaucci), poi è tornare agli “altari” della cronaca per aver subito un furto di 7500 dollari in contanti da parte di alcuni romeni a Roma, un periodo come allenatore personale di Maradona (inserite battuta a piacimento) e adesso una vita tranquilla in Ontario dopo aver anche scritto un’autobiografia ed aver lanciato diverse accuse di sabotaggio all’entourage di Lewis per quel famoso giorno di settembre.

A guardare oggi ai partecipanti a quella gara c’è poco da stare allegri comunque: ben sei su otto sono stati trovati positivi al doping prima o dopo o comunque collegati a casi sospetti. Ben Johnson non era il male, banalmente era solo quello che era stato scoperto, e Carl Lewis non era il bene, era solo stato più attento. Io, invece, avevo capito un’altra cosa della vita e di quello che mi attendeva, solo che non ne ero ancora consapevole ed ero solo triste perché ero stato deluso. Fortunatamente avevo solo 14 anni e me ne sarei dimenticato presto, per altre delusioni ovviamente.

CAPITOLI SUCCESSIVI

2 – Barcellona 92

3 – Atlanta 96

4 – Sidney 2000

5 – Atene 2004

6 – Pechino 2008

7 – Londra 2012

angyair

Tifoso dei 49ers e dei Bulls, ex-calciatore professionista, olimpionico di scherma, tronista a tempo perso, candidato al Nobel e scrittore di best-seller apocrifi. Ah, anche un po' megalomane.

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19 risposte

  1. Giacomo ha detto:

    Bellissimo pezzo. Stessi ricordi e più o meno stessa età. Bravo.

  2. Luke ha detto:

    Io non ci credevo…semplicemente mi sembrava impossibile che qualcuno a certi livelli si “sporcasse” per vincere..
    Avevo 13 anni

  3. mlbarza ha detto:

    Vista col senno di poi (molto poi…) la cosa che più fa impressione è il tempo che fece Johnson. 9.79 pulito (si spera) venne raggiunto da Maurice Greene solo nel 1999 ed in ogni caso, meglio di quel tempo hanno fatto solo in 6. Citando wiki:

    Bolt
    Gay (*)
    Blake (*)
    Powell (*)
    Gatlin (*)
    Carter

    E solo 2 non hanno per ora avuto alcun problema col doping…

    • azazelli ha detto:

      Esatto, questa è una delle cose che mi vengono sempre pensate…e pensa che nel femminile la situazione è ancora più drammatica….

      • mlbarza ha detto:

        Alla luce delle rianalisi di Pechino, bisogna mettere l’asterisco anche a Nesta Carter. Ne è rimasto soltanto uno, Highlander Bolt

        • azazelli ha detto:

          Nesta Carter peraltro mi pare era già stato squalificato per una positività nel 2013, ma vado a memoria e potrei sbagliarmi 😀

  4. Andrew Lloyd ha detto:

    La vicenda di Ben Johnson è in realtà più complessa. Successero molte cose nel dopo gara di quella finale dei 100m. Innanzitutto l’anabolizzante trovato lui non l’aveva mai preso. Era dopato? Certamente. Come tutti. Nessun vince una finale dei 100m all’olimpiade con pane e salame. Ha vinto perché era più forte di Lewis ma gli interessi economici era molto alti e il sistema-USA molto potente.

  5. Cesare Lanzani ha detto:

    Los Angeles 84 (è strano ma uno dei ricordi più nitidi che ho è la medaglia d’oro della 100 km di ciclismo del quartetto Vandelli, Bertalini, Poli e Marco Giovannetti che poi vinse anche una Vuelta nel 90), ma erano pur sempre dall’altra “parte del mondo” e non era facile seguirle per un fuso orario nemico degli impegni scolastici.

  6. Cesare Lanzani ha detto:

    scusa io avevo 13 anni e ricordo che ero in vacanza coi miei sulle coste laziali e mi pare che le olimpiadi di LA si fecero da fine luglio inizio agosto per una 15ina di giorni !! che tu andavi a scuola a fine luglio inizio agosto ??? mi pare improbabile.. quelle dopo a Seoul a settembre e magari ti confondi con quelle !!! ciao

    • angyair ha detto:

      Si ma infatti in quella frase mi riferisco proprio a Seul quando iniziavo la scuola superiore, probabilmente non è abbastanza chiaro. 😉

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