Son of Bum – La mente difensiva dei Broncos

Wade Phillips

Wade Phillips

Deluso, nemmeno una intervista dopo 7 anni di stagioni complete con una difesa da top 10 della lega con 3 squadre differenti. Le ultime 5 volte che sono stato defensive coordinator ho fatto i playoff al primo anno”, 15 gennaio 2014

“Sono stato un pessimo head coach, ma sono ancora un defensive coordinator abbastanza buono. Questo è ciò che so far bene e volevo fortemente tornare per farlo ancora”, 11 febbraio 2015

“Buon anno per me, da disoccupato al Super Bowl”, 25 gennaio 2016

Gli ultimi anni di Wade Phillips meriterebbero un film, ma per la sua aria così pacioccosa forse potremmo limitarci ad un cartone animato (PS. non a caso ieri, dal nulla, ha fatto questo tweet). Dovessimo allargarci invece alla sua intera carriera servirebbe una serie televisiva in 4 stagioni, una per ogni decade di militanza all’interno della NFL iniziata nel lontano 1976 come defensive line coach agli allora Houston Oilers.

Wade Phillips all’epoca era soltanto il figlio di Bum e non ancora 30enne, dopo un paio di stagioni in NCAA nei coaching staff tra Oklahoma State e Kansas, entrava a far parte del mondo NFL proprio nella squadra che aveva come capo allenatore suo padre: il solito nepotismo, avrebbero pensato i blogger dell’epoca fossero già stati inventati i blog.

Piccola parentesi nel caso tra quarant’anni la storia debba ripetersi: Wes Phillips, figlio di Wade, dopo aver iniziato la sua carriera in NFL ai Dallas Cowboys con suo padre HC, al momento è nel coaching staff dei Redskins come allenatore dei TE (tra l’altro Washington è stata una delle squadre che ha cambiato coaching staff l’anno scorso senza degnarsi di intervistare suo padre nemmeno per la posizione di DC). Ma se cercate su Google è più facile trovare notizie su sua sorella piuttosto che su di lui…

Tracy, sorella di Wes, figlia di Wade Phillips, nipote di Bum

Tracy, sorella di Wes, figlia di Wade, nipote di Bum

Nel 1982, quando Tracy nasce, Wade sta facendo da un anno il defensive coordinator ai New Orleans Saints allenati da….Bum Phillips, che nel corso degli anni diventerà anche il GM della franchigia della Louisiana. Quando arrivano, nel 1981, i Saints sono semplicemente la peggiore squadra della NFL con la peggior difesa del lotto: escono da una stagione da 1 vittoria e 15 sconfitte e di lì a poco riusciranno a scegliere ben 17 giocatori al draft: tra secondo ed inizio terzo giro selezionano una safety, un linebacker ed un defensive end. Il LB è Rickey Jackson uno che per i suoi 13 anni in maglia Saints conquisterà l’hall of fame, anche se per vincere l’anello sarà costretto ad andare a giocare nei San Francisco 49ers nei suoi ultimi due anni di carriera.

Nei 4 anni successivi i Saints sono l’11esima, poi la 5a, poi la 2a ed infine la 4a difesa della lega per yard concesse: un discreto balzo in avanti. Nel complesso però la squadra non raggiunge mai i playoff e nemmeno un record positivo (massimo nel 1983 con 8-8) e quando nel 1985 la proprietà passa da John Mecom Jr. a Tom Benson (attuale proprietario) si capisce che anche il coaching staff subirà dei cambiamenti. Bum Phillips sarà destituito a 4 giornate dalla fine terminando così la sua carriera da allenatore con suo figlio, Wade Phillips, che in un colpo solo dovrà da prima recidere il cordone ombelicale e poi provare per la prima volta in carriera l’ebrezza di essere HC in NFL (seppur ad interim), visto che per concludere la stagione toccherà proprio a lui guidare la squadra (compito portato a termine con un non rassicurante record di 1 vinta e 3 perse).

Nella sua carriera poi Wade si troverà altre due volte a subentrare a stagione in corso: Atlanta 2003 e Houston 2013. Costantemente nel posto giusto, al momento sbagliato. Se non è un record poco ci manca, per lo meno negli ultimi 30 anni.

Tolti questi spezzoni, la sua carriera da HC, che lui stesso sin troppo modestamente ha definito “lousy”, si compone di tre esperienze: 1993-1994 Denver Broncos (16-16, 1 partecipazione ai playoff, sostituito da Mike Shanahan ed è con lui che arriveranno gli anelli di Elway), 1998-2000 Buffalo Bills (29-19, 2 partecipazioni ai playoff, compresa l’ultima sino ad oggi per questa franchigia, quella del Music City Miracle) ed infine i 3 anni e mezzo dal 2007 a metà 2010 a Dallas con un record di 33-15 nei primi 3 anni e 2 partecipazione ai playoff prima di perdere del tutto la situazione in contumacia Romo ed essere silurato dopo 8 settimane e 7 sconfitte.

In sostanza contando solo le stagioni intere siamo davanti ad un head coach che in 8 annate ha vinto 78 partite e ne ha perse 50 (60%, mica male….altro che pessimo), raggiungendo i playoff 5 volte con 3 squadre differenti, riuscendo però a vincere soltanto una partita in postseason: questa rimane una macchia non da poco in un ambiente che da sempre vive incensando i vincenti ed etichettando senza troppi problemi i perdenti, utilizzando poi come metro di giudizio il tanto agognato anello.

Ma torniamo al 1985: Wade non ha più la coperta del papà, ma forte anche di prestazioni difensive davvero notevoli trova estimatori in giro per la NFL ed in particolar modo è Buddy Ryan a volerlo con lui nella sua nuova esperienza a Philadelphia (sì, un altro “papà d’arte”, ma evitiamo di partire per la tangente parlando dei figli Rex e Rob). Qui le cose però non andranno bene: per due stagioni consecutive costruisce una difesa attorno alla media NFL con il terzo anno, la stagione 1988, che si concluderà all’ultimo posto della lega per yard concesse e gli costerà il posto (l’anno successivo sarà sostituito da Jeff Fisher, non un omonimo dell’attuale HC dei St. Louis Los Angeles Rams).

Philadelphia, assieme al biennio Falcons (2002-2003), sono sostanzialmente i suoi unici fallimenti, per il resto da DC o da HC  ovunque sia andato ha sempre avuto almeno una stagione con una difesa tra le top 10 della lega con costanti picchi dentro alla top 5.

È quindi più che giustificato il suo rammarico da cui abbiamo iniziato: ai Texans arriva nel 2011, l’anno precedente la squadra di Houston era stata la 30esima difesa della NFL. Con lui e con la scelta di Watt da lui fortemente voluto, Houston avrà la seconda difesa della lega: from the bottom to the top. Risultato poi confermato i due anni successivi con due settimi posti.

Quindi cosa l’ha tenuto così ai margini degli interessi altrui l’anno scorso? Sicuramente una nomea di allenatore soft (lui stesso si definì tale nel ripercorrere la sua carriera a Dallas) più caratterialmente che tatticamente non adeguato al ruolo di allenatore capo. E poi non risulta così accattivante come va di moda al momento, non è fashion. Le sue difese magari non sono spettacolari o appariscenti quanto efficaci. Giusto per nominare uno che l’ha sostituito a Dallas: Rob Ryan a livello mediatico e di fama lo precede benché le sue difese salvo sparuti casi (sostanzialmente 2006 e 2013) negli ultimi 10 anni non sono mai state migliori di quelle di Wade, anzi spesso e volentieri sono state in fondo alla lega, con estemporanei exploit su cui si è costruito una reputazione che va ben al di là degli effettivi meriti.

Inoltre Phillips paga non poco la sensazione che la sua difesa “passive-aggressive”, specie quando il livello si alza ai playoff, finisce per essere troppo uguale a sé stessa, quindi facilmente leggibile e perforabile nei suoi costanti blitz: non a caso il capolavoro tattico contro i Patriots è stato da più parti evidenziato come un cambiamento rispetto all’aspettato. Sono spariti i blitz, Denver ha rushato costantemente con 3 massimo 4 giocatori (e che giocatori…) riuscendo però al tempo stesso a mettere in seria difficoltà Brady che (come avrete letto in questi giorni un po’ ovunque) è stato colpito per ben 20 volte, tra sack, pressioni e hurry varie, mandandogli all’aria qualsiasi tipo di timing con i suoi ricevitori e dovendo aspettare sino al quarto periodo, con le safety titolari out, per mettere su dei drive proficui.

Lo stesso Belichick ha voluto riconoscere i meriti dell’avversario: “Phillips ha fatto un buon lavoro ed è un coach eccellente. Non è stato nulla di rivoluzionario, semplicemente hanno eseguito bene, l’hanno disegnata bene e sono ben allenati.”

Ora però arriva il test più difficile: l’attacco non solo più prolifico della NFL, ma anche quello più variegato. Molto probabilmente sarà questo scontro a determinare le sorti della partita. Il figlio di Bum dovrà studiare qualcosa di diverso e il fatto di avere 2 settimane per questo potrebbe anche aiutarlo quanto meno a ridurre il gap che vede comunque favorita Carolina. Mantenere la partita su punteggi bassi non potrà che aumentare le chance di vittoria di Peyton e compagni ed allora tutto passerà da Phillips e dai suoi ragazzi.

Sarà come un incontro di pugilato? C’è quello che tira pugni e l’altro che cerca di schivare o di incassare senza però andare al terreno, con la speranza di sfiancare il picchiatore e poter assestare il colpo da K.O. L’immagine (balorda) che ci viene in mente è quella di Homer Simpson contro Drederick Tatum (tra l’altro non del tutto trascurabili le somiglianze Homer-Wade e Cam-Drederick, ndr):

Homer Wade Phillips vs Drederick Cam Newton

Homer Phillips vs Drederick Newton

Se conoscete la puntata sapete anche come potrebbe andare a finire; se non conoscete la puntata, cosa siete vissuti a fare sino ad oggi?

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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18 risposte

  1. 5 Febbraio 2016

    […] Son of Bum – La mente difensiva dei Broncos […]

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