Tour de France 2016 – Promossi e Bocciati

Con il ghigno malvagio sulla faccia, il professore di Analisi 1 apriva il corso davanti ad una platea di 400 500 studenti impauriti alla loro prima lezione universitaria sempre con la stessa frase: “A febbraio i promossi di questo esame si conteranno sulle dita di una mano. [pausa scenica] Monca…..” senza accennare al minimo segno di risata iniziava poi a spiegare e quello sarebbe stato l’unico riferimento extra programma che avrebbe fatto per mesi. Era uno stronzo, conosciuto in tutto l’ateneo, era anche zoppo (qualcuno gliela deve aver fatta pagare negli anni), ho dimenticato il suo nome ma quando mi sono messo in mente di fare le pagelle di questo Tour de France m’è tornato subito in mente: ci sarebbe bisogno di quella mano monca per contare i promossi dopo queste tre settimane.

PROMOSSI

Peter Sagan. Il percorso quest’anno gli era meno favorevole rispetto a quello dell’anno passato (molto più variegato) in cui aveva fatto una prima settimana dominante (pur senza vittorie) e per il resto era andato in fuga tutti i giorni. Quest’anno oltre alla quinta maglia verde consecutiva vestita a Parigi, indossa la maglia gialla tre giorni, porta a casa tre tappe e vince anche il numero rosso di super combattivo di tutto il Tour. Vogliamo ricordarlo arrivare sul traguardo in salita a Finhaut-Emosson impennando, a 29 minuti dai primi, dopo essere stato in fuga, ovviamente. Diabolico, Peter Satan.

Chris Froome. Prima attacca in discesa, giocando la carta “sorpresa” che nessuno si aspettava (tutto preparato sin dall’inverno: chapeau); poi in pianura sfrutta il vento; quando è il momento di scattare in salita in una tappa disegnata sulle sue caratteristiche (quella del Mont Ventoux), gliela accorciano e visto che non basta gli fanno un posto di blocco costringendolo a difendersi correndo; infine si accontenta di scavare il solco a cronometro. Da lì in poi si limita a controllare: se attacca poi è troppo antipatico. Così si evita sputi e gavettoni assortiti come successo l’anno scorso: i suoi compagni lo proteggono anche da quelli. È il più forte, non lo attaccano manco quando cade e deve pedalare con la bici di un altro. Terzo Tour, champagne! Arriva sbronzo a Parigi, è comunque più sobrio di chi non lo ritiene il migliore di queste tre settimane (ci arrivano echi dagli studi RAI, meglio non approfondire….)

Tour, Froome

A Rio assieme a Mo Farah

Greg Van Avermaet. Onora alla grande la corsa, vince una tappa, porta tre giorni la maglia gialla lottando pure su terreni non suoi pur di difenderla un giorno in più. Adorabile. È la stagione più bella della sua carriera (e manca Rio…), peccato quella caduta al Giro delle Fiandre che l’ha tenuto ancora lontano dall’ennesimo assalto di una monumento. Se la meriterebbe.

Mark Cavendish. Dovrei aver letto una preview in cui qualcuno lo dava per FI-NI-TO. Mi dissocio da me stesso. Cavendish torna Cannonball, in fatto di velocità pura non ce n’è per nessuno, anche Kittel pare andare a spasso in volata rispetto a lui, impressionante: da seguire in pista a Rio.

Romain Bardet. È tra i pochi a provarci e sostanzialmente l’unico a riuscirci sia nel senso della generale, sia nel senso di francese a vincere una tappa. Bardet sale sul podio a Parigi con pieno merito, a modo suo, attaccando. In tutte le tappe di montagna è l’unico dei big ad orchestrare qualcosa, poi la vince in discesa, ma il coraggio va premiato. Bravò!

Alejandro Valverde. Finiti gli aggettivi: podio al Giro, sesto al Tour. Ma stiamo scherzando? Il tutto contribuendo fattivamente a trascinare sul podio il suo compagno Quintana (rendendogli quindi il favore dell’anno scorso). La Movistar corre da cani o meglio non corre proprio in questo Tour, ma giù il cappello davanti ad Alejandro con queste conduzioni di gara da parte dei big farebbe top 10 anche tra 10 anni.

Jarlinson Pantano. Se bastasse lo spettro della disoccupazione (la IAM a fine anno chiude i battenti) per farlo rendere così, non firmatelo per più di un anno. Sempre in fuga, un primo posto e due volte secondo sulle Alpi, in corsa un cagnaccio nel senso buono del termine, sceso dalla bici ecco quel sorriso che ci ricorda tanto il suo connazionale Chaves.

Ilnur Zakarin e Tom Dumoulin. Dopo un Giro sfortunato per loro, meritavano delle soddisfazioni al Tour (1 vittoria di tappa il russo, 2, quasi 3 per Dumoulin). Peccato che per entrambi sembra quasi impossibile restare in bici: Tom caduto venerdì esce dalla corsa francese con il radio fratturato e Rio ad alto rischio; Ilnur è un pericolo pubblico a momenti anche in salita, non s’è sfracellato ma restando così le cose la classifica non riuscirà mai a farla.

La grandine di Arcalis. MVP dei Pirenei.

Tifoso anonimo. “Bulbarelli dopato”! Chiunque l’abbia scritto, sul podio di Parigi ci vogliamo lui. Unico a strapparci un sorriso in mezzo a secchiate di noia.

BOCCIATI

Nairo Quintana. È l’emblema di una corsa bloccata, il simbolo che mi fa gridare “aboliamo il podio a Parigi”. Non è stato brillante nella prima settimana, non è stato brillante nella seconda settimana, è andato in calando nella terza…eppure fa podio, come è possibile?!?! Delusione atroce, ogni volta che prova a scattare (vabbè ogni volta….due volte…) finisce sempre per staccarsi, al che si limita ad andare a passeggio al ritmo del team Sky. Nairo, a noi del piazzamento sul podio non interessa più, devi correre per vincere se no son votacci.

Tinkoff. Ok le vittorie di Sagan, ma la figuraccia a livello di classifica generale fatta nella prima settimana successiva alle cadute di Contador resta ancora ben viva nella nostra mente. Un capitano (e che capitano) lasciato solo così una corazzata come la Tinkoff non se lo può permettere. E poi tutti cani sciolti guidati dal più sciolto di tutti, un Rafal Majka che corre per i fatti suoi. Va bene che erano tutti in cerca di un nuovo contratto, ma qua si è esagerato. Bello almeno il tentativo (disperato) di Kreuziger nell’ultima tappa, ma se l’intento era quello di far saltare il banco per piombare sul podio poteva portarsi dietro anche Majka, che invece no…non è andato in fuga nell’unico giorno in cui serviva alla squadra. Da manicomio.

Questo sembra realmente l’ultimo Tour di Oleg Tinkoff. Di lui ci resterà la doccia con l’annaffiatoio e la camminata dietro a Sagan dopo la vittoria a Berna, stile Don King con Tyson. Al ciclismo mancheranno dannatamente i suoi soldi.

Ti presento un miliardario

Ti presento un miliardario

Thibaut Pinot. Dai, non facciamo finta di nulla, Pinot era arrivato a questo Tour al grido “minimo il podio”. Poi cadute varie nella prima settimana l’avevano portato fuori classifica in una corsa in cui bisognava pedalare senza una ruota per finire fuori classifica e vabbè, allora dedichiamoci alla maglia a pois, ma anche lì c’è Majka e niente, allora dedichiamoci a vincere una tappa…visto che la Francia sta faticando a vincerne una…e fail anche lì, vabbè ritiriamoci va’ che è meglio. Povero Thibaut, con l’acerrimo rivale Romain che avvera i suoi sogni (tappa e podio a Parigi).

Adam Yates. Per carità, ha 23 anni e quindi non gli si può chiedere di più e bla bla bla. Ma hai il podio di Parigi a 19 secondi con 2 tappe da disputare e poi a 21 secondi prima dell’ultima tappa di montagna….e non ci provi mai?!?! Bocciato. Il ragazzo si farà, ma non esiste andare in processione con il compagno dell’ultimo banco Meintjes senza mai provarci. Se ci siamo annoiati è anche colpa vostra.

Astana. Non buttiamo la croce addosso ad Aru crollato proprio nel suo punto forte, la chiusura di un grande giro, quando peraltro, come suo solito, sembrava in crescendo. L’Astana è vero è stata una delle poche squadre a provarci almeno con azioni collettive, ma provarci non basta per essere promossi bisogna riuscirci: quando c’era da raccogliere in un modo o nell’altro non s’è mai raggiunto l’obiettivo. Aru mai sul podio, Nibali usato un po’ a caso e con poche gambe (come è naturale che sia per chi ha fatto classifica al Giro e non si chiami Alejandro), mai realmente vicino ad una vittoria di tappa pur se i tentativi di fuga siano stati quasi pari a quelli di Majka, con la chance vera, quella di ieri, sfumata in discesa, in teoria suo terreno di caccia, con il pensiero di Rio e quello della caduta di venerdì forse troppo invadenti in testa.

Tejay Van Garderen. Tre settimane son sempre tante, se si va in difficoltà in un Tour come questo in cui non ha attaccato nessuno, forse per Tejay saranno sempre troppe.

Richie Porte. È una bocciatura diversa rispetta a quella del suo compagno di squadra, il fatto è che Porte tra i “non Froome” è sembrato per larghi tratti il più in forma, quello che quando ha provato ad allungare la selezione l’ha fatta…e poi? Poi te lo ritrovi comunque fuori dal podio, in questo Tour? Allora non ce la farà mai.

Fabian Cancellara. Della sua ultima stagione ci resterà l’arrivo commovente al Fiandre, ci dimenticheremo in fretta di questa partecipazione incolore al Tour. Terminata peraltro nella tappa che arrivava a Berna, in pratica l’abbiamo accompagnato a casa. Mah.

Il gonfiabile che crolla, il posto di blocco sul Mont Ventoux. Pur in un Tour noioso l’organizzazione ha avuto le sue gatte da pelare e l’interpretazione un po’ fantasiosa del regolamento ha creato malumori e precedenti pericolosi. Parliamo del Tour, la corsa più importante al mondo, certe figure non possono essere scusate.

Il gruppo, tutto. Una sequenza sterminata di fughe da 20 e passa persone che raggiungono vantaggi attorno ai 10 minuti con i big che si disinteressano delle vittorie di tappa. Sinceramente incomprensibile. Unica eccezione la giornata in cui Bardet si è preso vittoria parziale e podio. Ma si fa così?! Una processione di 3 settimane con delle tappe più noiose delle stazioni della via crucis.

Dai alla fine sono stato molto più buono del mostro in apertura: ammetto che avevo inserito Greipel tra i bocciati, per me il suo Tour resta un netto passo indietro rispetto al livello raggiunto nell’ultimo anno e mezzo, ma poi ha ri-vinto sui Campi Elisi e va bene.

Volevo mettere anche Dan Martin ma non sapevo se promuoverlo per il suo scatto puntuale in tutte le tappe o se bocciarlo per l’inutilità dello stesso. Alla fine è stato uno dei soliti vagoni della processione dei big, un po’ più irrequieto degli altri, ma la top 10 era più inevitabile che meritevole.

Bauke Mollema più che una promozione/bocciatura meriterebbe una pacca sulla spalla. Nel premio “c’avevi creduto” succede a Van Garderen: passa metà corsa al secondo posto della generale gustando con buone chance di riuscita, in una corsa così bloccata, il primo podio in carriera in un GT. Poi alla penultima tappa la combo fatale: caduta sua ed attacco di Bardet. Patatrac completato ieri con doppio sorpasso subito da Purito e Kreuziger, che abbinato alla crisi di Aru, lo porta preciso all’undicesimo posto, fuori dalla top 10, sarebbe stata la quarta consecutiva in Francia. Trombato.

Ci siamo annoiati, è innegabile. Consoliamoci con il fatto che tra classiche primaverili e Giro d’Italia restiamo ancora in positivo per la stagione 2016.

Fine. (da @cyclinghubTV)

Fine. (da @cyclinghubTV)

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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21 risposte

  1. viverestanca ha detto:

    Il tour fa cagare da troppo tempo (scusate il francese). Ormai lo guardo con la speranza che succeda qualcosa (quasi) ogni volta disattesa. E il giorno dopo sono di nuovo li a guardare ma non perchè sia bello lo spettacolo ma sempre per lo stesso motivo. Sperando succeda qualcosa. Speriamo cambi presto.

    • azazelli ha detto:

      L’anno scorso però era stato un po’ meglio, no?

      • viverestanca ha detto:

        Un poco meglio si, fare peggio di quest’anno credo fosse e spero sarà difficile. Però anche lo scorso anno ricordo che eravamo li a pregare Quintana per un attacco. Attacco che poi arrivò troppo tardi.
        Giro e Vuelta, Tour de France se avanza del tempo 🙂

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