Il Tragicomico Mondo dell’A.C. Milan

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Addio

Parlare di tutto quello che riguarda l’A.C. Milan alla data odierna non è facile.

Se si vuole parlare di quello che succede in campo si ha poco da raccontare ed analizzare perché le prove offerte in queste ultime stagioni sono molto povere. Ancora meno si può dire di quello che succede fuori dal campo perché la situazione è talmente ingarbugliata e piena di retroscena nascosti, che disegnare un quadro chiaro su come venga gestito il Milan è alquanto improbabile.

Alla luce del cambio di panchina deciso dalla società, che ha esonerato Sinisa Mihajlovic e promosso dalla Primavera il tecnico Christian Brocchi, vogliamo provare a capire quali possono essere stati i problemi (sul campo) che hanno determinato l’abbandono del progetto Mihalovic dopo soli 9 mesi, ma anche analizzare quali possono essere le colpe della dirigenza che hanno portato il Milan a cambiare il quinto tecnico negli ultimi due anni, portandolo ai livelli di squadre come il Palermo, quando nella storia recente era stato sempre visto come simbolo di una forte continuità nella gestione tecnica della squadra.

Partiamo dall’argomento che conosciamo meglio, il campo, e su quello proviamo a costruire i pro e i contro di questi mesi di comando del tecnico serbo.

Gestione del mercato

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Forze nuove

Pro: nel mercato estivo Mihajlovic aveva convinto la società a prendere il pupillo Romagnoli su cui costruire la difesa, le due punte centrali (Bacca e Luiz Adriano) su cui aveva basato il suo gioco alla Samp, un centrocampista dinamico per il suo trio come Kucka e uno di raccordo offensivo come Bertolacci, per una spesa complessiva notevole rispetto al trend degli ultimi anni.

Contro: questo mercato è risultato molto poco funzionale a quelle che sono le reali caratteristiche tecniche della rosa. Bacca e Romagnoli hanno avuto una stagione che oscilla tra il positivo e la sufficienza, ma non hanno dato la sensazione di avere una continuità di rendimento adeguato alle aspettative. Il resto è stato alquanto deficitario, chi per problematiche prettamente fisiche come Kucka, chi per rendimento notevolmente sotto par come Bertolacci, per finire con Luiz Adriano, che è passato da titolare, a panchinaro, a venduto, a reintegrato ma ai margini, a titolare di nuovo.

Tanti giustamente potrebbero obiettare che il mercato è questione della società, ma non crediamo che Mihajlovic sia stato all’oscuro di tutto e l’affare Romagnoli ne è l’esempio, in più gli arrivi sono sembrati un chiaro intento tra dirigenza e tecnico di dare la stessa impronta tattica vista nel periodo blucerchiato.

Analisi tattica

Qui i pro sono ridotti all’osso perché una squadra che nelle prime 7 partite con il modulo 4312 per cui si è stati assunti, colleziona 4 sconfitte, cambiando uomini e posizioni regolarmente (3 trequartisti schierati) non può essere stata allenata nel migliore dei modi nella preparazione estiva. E per chi vuole mettere in mezzo la partenza del Napoli si può replicare che Sarri ci ha messo molto meno per cambiare ed aveva un’idea alternativa già consolidata.

Mihajlovic ha cambiato 3 schieramenti, passando dall’Albero di Natale, al 433 al 442, trovando continuità e risultati solo con quest’ultimo, utilizzato troppo tardi in funzione di caratteristiche dei singoli che fin da subito lo potevano esaltare.

Non ha mai dato la sensazione di avere un’idea precisa su cui costruire e sviluppare il proprio gioco, partito con la ricerca dei movimenti tra le due punte centrali, in cui si poteva inserire Bonaventura schierato come mezzala, alla riscoperta temporanea di Cerci nel tridente in cui si cercava molto la giocata palla al piede delle fasce, accompagnando Bacca con l’inserimento centrale delle mezzali, al 442 con Niang molto largo e distante da Bacca, e il gioco che passava quasi esclusivamente dalla zona mancina con il duo Antonelli-Bonaventura.

E lo stesso ultimo schieramento ha visto uno svezzamento iniziale positivo, ma nessuna crescita con l’andamento del calendario, per poi arenarsi in maniera preoccupante dopo l’infortunio di Niang e il calo (inevitabile) di Bonaventura.

Infine si è dimostrato deficitario nell’approccio tattico in grado di vincere le partite contro le squadre medio-piccole, che si chiudono nella loro metà campo e lasciano il pallino del gioco all’avversario.

Tra le cose positive sicuramente la crescita difensiva dopo un inizio tragico, passando dai 2 goal a partita presi nelle prime 7 ad una media sotto il goal subito del resto della stagione, una pericolosità reale nelle situazioni di palla inattiva, con 8 goal segnati, e un’identità di pressing offensivo significativa, che aveva permesso la crescita anche del reparto difensivo e in particolare di Romagnoli, in grado con questo modulo di esaltare le proprie caratteristiche di ricerca spasmodica dell’anticipo.

Mentalità

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Attaccare!!

Il capitolo dell’approccio mentale è sempre stato un cavallo di battaglia di Mihajlovic, che ha nei suoi trascorsi mostrato di saper plasmare una squadra più sull’aspetto caratteriale che su quello tattico e sicuramente anche nel Milan ha dimostrato di poter compattare il gruppo, dare importanza anche a chi sembrava ai margini (vedi periodo Cerci, lancio di Niang, stagione di Honda) e trovare un’identità mentale abbastanza precisa con il passare della stagione.

I contro sono sicuramente la gestione di alcune situazioni più o meno problematiche come quella di giocatori come Balotelli, Menez e Boateng, spesso criticati anche pubblicamente, ma mai realmente accantonati, o il non saper trovare delle soluzioni al crollo avuto dalla sconfitta di Sassuolo, dopo un periodo di tre mesi che aveva rilanciato la squadra verso l’Europa.

Capitolo giovani

E qui sicuramente bisogna dargli il merito di aver puntato forte sul 17enne Donnarumma, accantonando uno come Diego Lopez e permettendo all’Italia calcistica di scoprire un talento che potrebbe diventare a breve il punto di riferimento per il ruolo di portiere nel nostro campionato. Oltre a lui la volontà di fare di Romagnoli il proprio perno difensivo è sicuramente da elogiare, e per quanto mi riguarda non credo che la stagione del baby romano sia negativa, seppur con dei picchi verso il basso non indifferenti.

Risultati

Tra i pro sicuramente il periodo tra fine novembre e fine febbraio in cui la squadra ha perso solo 1 volta e viaggiato a ritmi da top team, e il traguardo della finale della Coppa Italia, raggiunto sicuramente attraverso dei benefici dati dal livello degli avversari affrontati, ma comunque superati a differenza di altre squadre ben più quotate.

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Da conquistare

Oltre a quello si potrebbe parlare del miglioramento dalla tragica stagione con Inzaghi in panchina e il decimo posto, ma il sesto posto non ancora sicuro a sette punti dal quinto, viste le prospettive, non può essere preso come prova per costruire la difesa di Mihajlovic.

Nei contro c’è un campionato che parla di 49 punti conquistati, una delle medie peggiori degli ultimi anni (solo Inzaghi ha fatto peggio), di troppi punti persi contro le squadre di seconda fascia, di una zona Champions lontana anni luce e di una qualificazione europea che potrebbe passare solo dai preliminari, semmai si riuscisse a mantenere il sesto posto o vincere (difficile) la finale di Coppa contro la Juve.

Da tutti questi fattori è nata la decisione di cambiare prima della fine della stagione e dare la squadra in mano a Brocchi, che sembra essere uno dei pupilli di Berlusconi (ma abbiamo visto come i pupilli facciano presto a non esserlo più) e uomo di casa Milan che può intraprendere la strada dei lancio dei giovani e dei giocatori italiani, con un’identità di gioco ben vista dalla Presidenza.

Le voci su un Brocchi allineato con l’idea del trequartista e delle 2 punte tanto cara a Berlusconi, sono vere fino ad un certo punto, perché nella Primavera questo schieramento si è visto con costanza solo nell’ultimo periodo e non sempre in maniera scintillante (vedi Torneo di Viareggio), mentre nella prima metà di stagione si sono alternati più moduli.

Oltretutto il 4312 con cui dovrebbe proporsi il nuovo tecnico si è dimostrato lo schieramento meno consono alle caratteristiche del gruppo senior, ed ha caratterizzato il momento iniziale di stagione dove si sono visti più disastri che punti dove costruire qualcosa di positivo.

Dovrebbero ritornare i vecchi dilemmi: Bonaventura da mezzala non ha lo stesso impatto che può avere da esterno, seppur in grado di dare linfa alla costruzione centrale, soprattutto perché difensivamente quel ruolo richiede caratteristiche e modo di giocare che lui non ha, Montolivo ha dimostrato di non essere un fattore offensivamente e difensivamente nel ruolo di mediano basso, mentre Honda ha avuto più difficoltà a trovare la posizione da trequartista centrale rispetto a esterno.

In più i terzini che avevano ritrovato fiducia nel 442, avendo un compagno vicino nella catena laterale, si troverebbero di nuovo a dover gestire la fascia quasi in solitaria e non avere nemmeno quel poco di aiuto sulle sovrapposizioni avversarie, finendo come successo a inizio stagione per non dare alcun apporto offensivo.

Tutto questo Brocchi lo deve fare in 7 partite, compresa la finale di Coppa Italia, che è l’appuntamento più importante per questo Milan, in cui avrà di fronte una squadra che ha dimostrato di andare spesso a nozze contro schieramenti come quello che potrebbe essere reimpostato.

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Il debuttante

Proprio questo cambio di rotta repentino in un periodo così vicino al finale di stagione e con un evento importante da giocare è il maggiore punto critico verso la società.

Si è puntato ancora su un esordiente assoluto, dimenticandosi i disastri drammaticamente recenti della gestione Inzaghi, per di più dandogli una fiducia temporanea fino alla chiusura di questa stagione, aprendo quindi un’infinità di scenari tutto fuorché certi per la prossima, che vedrà il Milan chiamato all’ennesimo riscatto della storia recente, non sapendo al momento chi sarà a guidarlo e quale sarà l’ossatura della squadra che lo comporrà.

Questa costante navigazione a vista e questo modo di esaltare una scelta quando la si propone inizialmente, per poi cestinarla in un batter d’occhio alle prime avvisaglie negative è quanto di più sbagliato possa fare la società A.C. Milan in questo momento.

La scelta di Mihajlovic in estate era per me sbagliata per tanti motivi che riguardavano soprattutto la gestione tattica e che poi si sono rivelati decisivi per l’esonero, ma aveva dei punti favorevoli molto più saldi rispetto a quella di Inzaghi e dello stesso Seedorf, anche solo per il fatto che ci fosse un bagaglio di esperienza di panchina molto più grande e perché l’idea di un allenatore che possa allineare e compattare un gruppo parso quasi allo sbando era vista anche dai tifosi come un segnale di cambiamento e di comprensione del problema.

Continuare a cambiare idea dopo pochi mesi fa capire che non c’è un reale progetto tecnico di fondo, ma un tentativo di risolvere i tanti problemi in modo casuale, sperando che la scelta dia subito i frutti sperati, che onestamente sono molto lontani da quella che è la realtà della rosa.

Se come si è detto si vuole puntare su giovani e italiani, lo si deve fare senza tentennamenti, creando un sistema di scouting dettagliato che permetta di andare a prendere un talento grezzo in grado di essere valorizzato, e non spendere 25 milioni per un 20enne che ha ancora tante lacune da coprire.

Se si vuole dare spazio deciso ad una politica giovanile bisogna mettere in conto di avere altre stagioni problematiche e lontane dai vertici, senza poi cambiare idea dopo 6 mesi e ritornare a puntare su contratti in scadenza o giocatori di un certo nome scontenti della propria situazione.

Se si vuole ritornare a essere veramente la squadra di riferimento del calcio italiano ed europeo, non si può pensare al passato dove i soldi della proprietà avevano un valore immenso.

Ora quel valore è molto basso e quindi ci vogliono idee diverse, ci vuole una direzione sportiva che vada oltre la figura di Galliani e che sappia cosa come costruire in maniera equilibrata una rosa competitiva, magari senza dover buttare dalla finestra svariati milioni di euro e ci vuole una direzione tecnica che sappia dare motivazioni mentali, ma anche costruire qualcosa di reale a livello tecnico.

Il calcio moderno è questo, il Milan sembra ancora aggrappato ad un modo di intendere calcio che ormai non esiste più.

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