Chicago Bears 2017 – In uscita dall’infermeria

Tra luglio e agosto vi presenteremo tutte e 32 le squadre con i loro cambiamenti principali e con le loro speranze e/o paure. Troverete tutte le squadre pubblicate in questa sezione: Team by team preview 2017.

NB. Per facilitarne la lettura trovate i vari argomenti divisi in pagine (attacco, difesa, special team, draft & free agency, coaching staff, resoconto & calendario): posizionando il mouse sopra il menu che trovate dopo l’introduzione potrete navigare tra le varie pagine come meglio credete).

L’anno scorso avevo descritto Chicago come una mina vagante. Come al solito il mio voler essere prolisso mi ha tradito, bastava mi fossi fermato a “mina” e ci avrei preso. Proprio come una mina i Bears 2016 sono esplosi, persi tra infortuni a raffica (una costante degli ultimi anni) misti a poca voglia di scendere in campo.

L’esplosione ha lasciato molte macerie ed è bizzarro che abbiano chiamato a ricostruire lo stesso che da due anni pare aver capito ben poco come farlo: John Fox resta l’head coach che dovrà portare i Bears al di là dei disastri registrati nel 2016, finora nell’Illinois ha vinto 9 partite su 32 ed ha confermato l’ultimo posto divisionale che si ripete da tre stagioni. I playoff mancano dal 2010, da quel Championship perso in casa contro gli arcirivali dei Green Bay Packers, una sorta di maledizione (non accadeva da 20 anni circa un digiuno così lungo).

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ATTACCO

Tutto in questa offseason girava attorno al ruolo di quarterback. Che l’era di Cutler fosse finita lo si era capito già dalla stagione in corso, quando Hoyer gli era passato davanti non solo per motivi fisici, ma per scelta tecnica. Cutler lascia Chicago e la NFL (per lui inizierà la carriera da commentatore televisivo) dopo 11 anni di alti e bassi, di lanci che solo un giocatore dotato di talento raro può fare alternati ad idee completamente senza senno, come se fosse vittima del suo talento ed incapace di trovarne i limiti. Da non tifoso Bears/Broncos l’ho amato nei suoi pro e nei suoi contro, non entrerà in Hall of Fame, ma credo che in una Lega sempre più povera di talento nel ruolo, che fa fatica a trovare un ricambio generazionale, uno come lui mancherà.

L’idea di dover andare oltre Cutler quindi era ben chiara già dallo scorso autunno, meno chiare son sembrate le mosse da fare su come andarci. La prima sembrava già abbastanza visionaria: dare un contratto da 45 milioni totali in 3 anni a Mike Glennon aveva fatto esplodere i social network. L’ex terzo giro 2013 da North Carolina State veniva da tre anni abbastanza anonimi in quel di Tampa. Da rookie aveva avuto la sua chance, battendo in corsa Josh Freeman, senza però riuscire a dare la sensazione di essere materiale sul quale poter lavorare tanto da perdere la lotta per il posto da titolare (da Josh McCown…) nella stagione successiva: come metterci una pietra sopra. Quando poi nel 2015 i Bucs hanno investito la prima assoluta su Winston ecco che le sue quotazioni sono andate a livello zero.

In questo contesto non è assolutamente facile inserire un contratto da 15 milioni all’anno, ma tant’è i Bears hanno visto qualcosa che noi non sappiamo o semplicemente sono ancora affascinati (come i Bucs tre anni prima o come chi vi scrive…) dal suo braccio simil fionda che riesce a far viaggiare questa palla con una leggerezza incredibile. Il problema per lui però è che non è stato preso come spara palloni e il soprannome “check-down Mike” ben sintetizza il fatto che è inutile avere il braccione se poi non hai la capacità di usarlo: il più classico “chi ha il pane, non ha i denti”.

Cosa fatta capo ha, dice il saggio e allora firmato il contratto si ragionava semplicemente sul come sarebbe potuto funzionare. Proprio mentre i tifosi Bears stavano per autoconvincersi del loro nuovo QB ecco arrivare la seconda scelta assoluta che sconvolgeva nuovamente i pensieri: Mitch Trubisky ha sostanzialmente un solo anno alle spalle da titolare al college, rilascio veloce e pulito (benché un po’ troppo basso), accuracy sul medio corto raggio molto valida, bravo anche nell’anticipare i lanci, nello scandagliare il campo e nel “sentire” la tasca. Di contro tutti questi pregi spariscono quando il lancio deve andare a colpire la profondità, lì è molto più ondivago e va migliorato.

È un prospetto su cui bisogna lavorare, ma negli ultimi anni difficilmente si è vista una seconda assoluta passare troppo tempo in panchina prima di avere la propria chance. E allora? I due saranno in competizione e sarà una delle battaglie più interessanti del training camp e della preseason, probabilmente Glennon sarà il titolare alla week 1, ma con il fiato sul collo del 22enne da North Carolina (una sorta di derby collegiale) che avrà buone chance di avere già delle partite da titolare durante la sua stagione da rookie, specie se come si può immaginare la squadra non sarà in corsa per i playoff a lungo.

Il reparto dei QB è stato totalmente rinnovato: oltre ai già citati si è aggiunto Mark Sanchez, ormai specializzato nel ruolo del terzo incomodo (come avvenuto l’anno scorso tra Romo e Prescott a Dallas). Passati ad altri compiti Cutler (come già detto, lo sentiremo in TV), Hoyer e Matt Barkley (entrambi in coppia, come i cogl… carabinieri, a San Francisco).

La scorsa stagione quanto meno ha fatto chiarezza sulle gerarchie del reparto runningback: Jordan Howard ha messo su delle statistiche che sono passate in secondo piano solo per l’annata monstre di un altro rookie (Ezekiel Elliott). 1313 yard totali (secondo NFL) ed una media a portata di 5.2 yard, stona soltanto la colonna dei TD con 6 unità, ma vanno parametrati ad un attacco poi non così scarso a guadagnare campo quanto invece lo è stato a mettere punti sul tabellone (terzultimo con 17,4 a partita). Howard quindi non vede messo in dubbio il suo utilizzo massiccio anche per la prossima stagione, pur se una rondine/stagione non fa primavera/carriera, specie quando si parla di RB giovani.

Jordan Howard corre verso il secondo anno.

Dagli altri compagni di reparto però ci si aspetta qualcosa di più: Jeremy Langford e Ka’Deem Carey infatti sono impensieriti da due nuovi innesti uno via draft (Tarik Cohen) e l’altro via free agency (Benny Cunningham). I due peraltro hanno caratteristiche simili, ovvero quelle di RB molto abili a ricevere fuori dal backfield, in grado di aggiungere un minimo di imprevedibilità al gioco una volta venuti in possesso del pallone.

Cohen è una sorta di Sproles in via di sviluppo, la sua stazza almeno per il momento non gli permetterà di avere molti “tocchi”, ma può essere utilizzato come arma tattica ed avere un ruolo fondamentale in questo attacco sin da subito: più di qualità delle giocate che di quantità.

Quando si è deciso di voltare pagina, quello di Cutler non è l’unico nome altisonante che è caduto. Gli ha fatto compagnia Alshon Jeffery. Giù la maschera, per l’ex South Carolina ho un debole che inizia sin dai tempi del college e da quei 6 ricevitori scelti, per me ingiustamente, prima di lui nel draft del 2012 (Justin Blackmon, Michael Floyd, Kendall Wright ora nuovo Bears, A.J. Jenkins, Brian Quick e Stephen Hill): chiaramente ora che è diventato un’aquila di Philadelphia, dovrò nascondere questa mia passione, ma questa è un’altra storia…. Sul giocatore quindi potrei non essere del tutto obiettivo, ma non riesco a biasimare del tutto i Bears: negli ultimi due anni (e più in generale in 3 su 5 della sua carriera NFL) tante sono state le partite saltate e quasi altrettante quelle in cui è sceso in campo non al 100%. Nonostante questo è e resta un giocatore di primissima qualità, ma forse né i Bears potevano permettersi di pagarlo tanto in questa fase di ricostruzione, né a lui conveniva legarsi a loro in questo momento.

In generale il reparto dei ricevitori è stato quello più fantasioso negli ultimi anni. Fantasioso nel senso che spesso e volentieri si è messa in campo gente da preseason. In questa opera sconfortante, specie per il tifoso, però è emersa una piccola gemma ovvero l’enfant du pays Cameron Meredith, undrafted 2015 che l’anno scorso è riuscito a metter insieme una stagione più che dignitosa. Una crescita che gli permette ora di reclamare con successo i gradi da titolare, benché nel mentre sia arrivata una infornata di nuovi compagni nel reparto che può suggerire altro.

Markus Wheaton, Kendall Wright più quel che ne resta di Victor Cruz e Rueben Randle, aumenteranno la competizione oltre che portare in dote una caratteristica tanto cara evidentemente alla dirigenza di Chicago: adorano le stagioni da meno di 16 partite.

Soprattutto i primi due non sembrano aver mostrato ancora tutto il loro potenziale, sono aggiunte in prospettiva, ma probabilmente come detto per Jeffery, non avrebbe avuto molto senso aggiungere o rincorrere giocatori completamente affermati e/o di primissimo livello.

Tutto comunque ruoterà attorno a Kevin White, settima scelta assoluta del 2015 che a questo punto della carriera doveva formare un duo immarcabile con Jeffery e che in due anni è sceso in campo solo 4 volte, ricevendo 19 palloni. Rotoworld “simpaticamente” ci tiene a farci sapere che negli ultimi 20 anni nessun WR scelto al primo giro che ha avuto meno di 20 ricezioni tra anno da rookie e anno da sophomore ha avuto poi successo in NFL (mecojoni). La statistica così ristretta prende in considerazione gente come Marcus Nash, Rashaun Woods, R. Jay Soward, A.J. Jenkins e Yatil Green. Cabale a parte, noi non ci diamo per vinti su White, se sano non ci sono dubbi che il ragazzo abbia tanto talento quanto ne sommano di tutti i suoi compagni. Chicago può aspettarlo almeno per quest’anno, poi chiaramente nella prossima offseason tirerà le somme.

Il rimescolamento generale ha colpito anche i tight end: la titolarità di Zach Miller (un altro che ha saltato una manciata di partite l’anno scorso e non ha alcuna stagione da percorso completo in carriera) è messa in discussione dagli arrivi di Dion Sims e di Adam Shaheen.

Sims ha firmato un contratto che in pochi pensavano potesse meritare: 18 milioni in 3 anni (di cui ben 10 garantiti) sono troppa roba per un TE bloccatore, piuttosto limitato nelle altre fasi del gioco. Ma già questo doveva far preoccupare Miller, la puzza di bruciato s’è poi trasformata in un incendio quando al secondo giro, piuttosto a sorpresa, è arrivato Adam Shaheen, prospetto da Ashland, college sconosciuto di Division 2.

Shaheen con i suoi 198 cm per 126 kg ha fatto girare molte teste alla combine dove ha messo sul campo una velocità ed un atletismo fuori dal normale. Si son scoperti poi tutti i suoi limiti nella fase di bloccaggio e in molte sfumature del suo gioco, anche come ricevitore. Ma è una scommessa molto intrigante che potrebbe pagare dividendi nel passing game sin da subito e che ben si accoppierebbe eventualmente con un Sims a compensare le sue carenze in fase di bloccaggio. Con buona pace di Miller.

Praticamente inalterata invece è rimasta la linea offensiva. Quando l’anno scorso con la stagione alle porte i Bears si sono visti arrivare Josh Sitton (peraltro tagliato a sorpresa dai rivali Packers) hanno stentato a crederci, ma gli hanno comunque fatto firmare un triennale. Mai aggiunta è stata più azzeccata: con Sitton guardia di sinistra, Chicago ha completato, assieme a Cody Whitehair (centro, secondo giro 2016) ed a Kyle Long (guardia, primo giro 2013), un triumvirato nei ruoli interni che ha avuto delle performance da top NFL.

Chiaramente, anche qui gli infortuni non hanno lasciato in pace la squadra: Long ha saltato metà stagione, sostituito dal “tuttofare” Larsen (ora non più a roster), ma la sua caviglia è in via di recupero. Obiettivo: essere pronto per la week 1.

Forse c’era qualcosa da aggiustare nei tackle, per una linea che comunque nel complesso ha avuto un deciso balzo in avanti rispetto alle perfomance sconcertanti del 2015. È arrivato Tom Compton da Atlanta, ma è stato e resterà un backup player. Si va avanti quindi con Bobby Massie e Charles Leno.

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DIFESA

Vi siete stancati di leggere di giocatori che hanno saltato una buona porzione della scorsa stagione per infortuni? Vorrei dirvi che non ne leggerete ancora, ma vi mentirei. Intanto una prima fotografia statistica di tutta la difesa: come per l’attacco, anche se in maniera meno accentuata, parliamo di un reparto che complessivamente ha concesso con parsimonia in fatto di yard (siamo a metà classifica), ma poi ha subito più punti di quanto questo possa far immaginare: 25 di media, top 10 al contrario. Discrepanza figlia in primis di un differenziale stagionale tra palle perse e palle recuperate di -20 (peggiori NFL assieme ai Jets) con ben 31 turnover concessi dall’attacco.

Insomma, la difesa di Fangio (defensive coordinator tanto osannato) paga anche colpe non sue. Ci si aspettava di meglio, ma non è detto che con una squadra un po’ più equilibrata in toto basti veramente poco per ritrovarli tra le migliori 10 difese della NFL.

La linea, specie quando ha potuto usufruire del giovane Goldman come nose tackle, è parsa molto solida, con un Akiem Hicks che è sembrato quello dominante che avevamo intravisto tre stagioni prima ai Saints.

Il front seven, a fronte dispari come piace al defensive coordinator appena citato, sarà completato ancora dagli stessi elementi dell’anno passato: Jerrell Freeman e Danny Trevathan sono arrivati nel 2016 via free agency e sono stati più che incisivi quando in campo, perché, ça va sans dire, il primo ha saltato 4 partite per positività ad un controllo antidoping mentre il secondo sta ancora recuperando da un problema al ginocchio che l’ha tenuto out per metà annata. E dietro a loro purtroppo c’è poca profondità.

Un po’ più profondo il reparto degli outside linebacker. Leonard Floyd (nona assoluta 2016) dovrebbe essere il leader, ma le due concussion subite già al primo anno fanno suonare un primo campanello di allarme. È stato scelto per essere una minaccia costante dei backfield avversari ed ha tutte le potenzialità per andare con costanza in doppia cifra di sack (7 al primo anno, in 12 partite).

Floyd a caccia grossa

Attorno a lui Pernell McPhee può essere un giocatore solido e completo, senza troppi sfarzi. Mentre Willie Young ha confermato ormai per il terzo anno consecutivo di essere un giocatore situazionale molto importante per questa difesa. Colui che abbinato a Floyd può renderli davvero imprevedibili e difficilmente arginabili. Resta sul chi va là Lamarr Houston, il cui taglio libererebbe 5 milioni e che in pochi credono riuscirà a tornare dal secondo “torn ACL” della sua carriera.

Il front seven quindi è rimasto pressoché inalterato, non si può dire la stessa cosa delle secondarie dove sono stati presi dall’usato sicuro della free agency due cornerback e una safety. Prince Amukamara e Marcus Cooper saranno i nuovi CB a cui aspetterà il compito non invidiabile di fermare attacchi aerei come quello dei Packers o dei Lions.

Entrambi hanno la stazza che tanto Fangio ricerca nei suoi defensive back. Amukamara ottiene per il secondo anno consecutivo il contratto “prove-it” ovvero l’annuale a costi contenuti che gli permetterà di sondare il mercato di nuovo l’anno prossimo. Ai Jaguars l’anno scorso ha avuto una buona stagione, il suo rendimento è costante, ma ormai pare ben lontano dal livello a cui poteva ambire quando fu draftato al primo giro nel 2011.

Cooper invece non arriva da una stagione positiva in un sistema comunque particolare come quello dei Cardinals. Ibrido tra safety e cornerback, è stato costantemente bruciato in copertura risultando in questo fondamentale tra i peggiori della NFL (già più presente quando c’era bisogno di placcare).

Assieme ai nuovi si valuteranno le crescite di due undrafted già presenti a roster l’anno scorso, Bryce Callahan e Cre’von LeBlanc. Due che qualcosa di positivo comunque l’anno già mostrato e non è detto che sopravanzino il già citato Cooper.

Unico confermato tra i titolari sarà Adrian Amos, nonché anche miglior giocatore tra i defensive back nella passata stagione. Al suo fianco quest’anno giocherà Quintin Demps che a 32 anni ha monetizzato le ultime stagioni a Houston (nel 2016 ben 6 intercetti) dopo una vita passata a tirar colpi negli special team. Occhio anche alle qualità da ballhawk del rookie Eddie Jackson che, indovinate un po’, negli anni ad Alabama è parso un po’ injury prone.

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SPECIAL TEAM

Il dopo Robbie Gould è iniziato con Connor Barth (firmato con un annuale a pochi giorni dall’inizio della scorsa stagione) e con lui pare continuare almeno per quest’anno (altro annuale con 155k dollari garantiti, firmato ad inizio free agency). Confermato anche il punter Pat O’Donnell.

Per i ritorni, il ruolo nei kick off nella passata stagione è stato del ricevitore Deonte Thompson, ancora a roster ma per il resto poco coinvolto in attacco. Per i punt si faceva affidamento ad Eddie Royal, ora è fuori dalla lega. In generale tra le varie aggiunte occhio a Benny Cunningham e soprattutto al rookie Eddie Jackson, che avrà difficoltà a farsi largo negli snap in difesa, ma palla in mano è diabolico.

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DRAFT

1 (2) – Mitchell Trubisky, QB (North Carolina)
2 (45) – Adam Shaheen, TE (Ashland)
4 (112) – Eddie Jackson, S (Alabama)
4 (119) – Tarik Cohen, RB (North Carolina A&T)
5 (147) – Jordan Morgan, G (Kutztown)

MOVIMENTI PRINCIPALI FREE AGENCY

In: Mike Glennon (QB, TB), Mark Sanchez (QB, DAL), Benny Cunningham (RB, LAR), Mark Wheaton (WR, PIT), Kendall Wright (WR, TEN), Victor Cruz (WR, NYG), Dion Sims (TE, MIA), Tom Compton (OT, ATL), John Jenkins (DT, SEA), Mark Cooper (DB, ARI), Prince Amukamara (CB, JAC), Quintin Demps (S, HOU).

Out: Brian Hoyer (QB, SF), Matt Barkley (QB, SF), Alshon Jeffery (WR, PHI), Eddie Royal (WR, FA), Ted Larsen (OL, MIA), Matt McCants (OT, CLE), Cornelius Washington (DE, DET), Tracy Porter (CB, FA).

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COACHING STAFF

Confermato in toto, un po’ a sorpresa bisogna ammettere, il coaching staff: non hanno “pagato” nemmeno gli specialisti della condizione fisica.

John Fox e probabilmente tutto il suo entourage sono però all’ultima “spiaggia”: l’offensive coordinator Dowell Loggains ha ricevuto in dono due anni fa da Adam Gase una “sedia” scomoda, contando che poi l’attacco ha pochissime certezze ecco che il suo compito si fa ancora più arduo. Prima di questo incarico era stato offensive coordinator ai Titans tra il 2012 e il 2013, di certo non una squadra nota per l’attacco in quegli anni.

In difesa come già accennato, Vic Fangio (lui sì fenomeno nel suo ruolo) può fare e dare di più. Il reparto pur composto non da campioni assoluti ha ottenuto buone prestazioni. Si aspetta però il salto di qualità.

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RESOCONTO e CALENDARIO

Questa offseason è stata chiara: siamo in piena fase di ricostruzione. Non bisognerà guardare troppo il record o quello che faranno i rivali divisionali, piuttosto sarà interessante, per salvare il lavoro di Fox in primis, controllare la crescita di squadra e di giocatori spesso incostanti. Per fare tutto ciò bisognerà intanto restare sani il più possibile, altrimenti si rischia di buttare via il bambino con l’acqua sporca.

Il calendario guardandolo dal loro punto di vista pare abbastanza proibitivo: NFC South ed AFC North hanno squadre molto più avanti e molto più solide di questa versione dei Bears.

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azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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