Minnesota Vikings 2017 – Nel limbo

Tra luglio e agosto vi presenteremo tutte e 32 le squadre con i loro cambiamenti principali e con le loro speranze e/o paure. Troverete tutte le squadre pubblicate in questa sezione: Team by team preview 2017.

NB. Per facilitarne la lettura trovate i vari argomenti divisi in pagine (attacco, difesa, special team, draft & free agency, coaching staff, resoconto & calendario): posizionando il mouse sopra il menu che trovate dopo l’introduzione potrete navigare tra le varie pagine come meglio credete).

Mandatory Credit: Aaron Doster-USA TODAY Sports

Questa dovrebbe essere la prima stagione dopo Adrian Peterson, giocatore copertina della franchigia nonché uno dei migliori RB del nuovo millennio. Il congiuntivo non è tanto perché c’è il rischio che torni, ma perché i tifosi Vikings si erano già abituati all’idea di dover fare senza di lui ormai da qualche stagione, tra tribolazioni giudiziarie, discussioni contrattuali e problemi fisici e quindi per loro non solo è sembrato un distacco meno traumatico, ma è come se lo avessero già vissuto e metabolizzato ancor prima che avvenisse.

A livello emotivo probabilmente per loro era stato più traumatizzante quanto erano stati costretti a vivere a pochi giorni dall’inizio della scorsa stagione regolare con l’infortunio pesantissimo di Teddy Bridgewater, ovvero colui che doveva rappresentare il futuro dei Vikings ed invece tuttora sta ancora cercando di capire se e come riuscirà a tornare.

In questa sorta di limbo tra passato e futuro, si è inserita la stagione 2016 da 8-8. Una stagione che peraltro aveva fatto sognare con una partenza da 5 vinte e 0 perse che poi si è rivelata un’arma a doppio taglio. Infatti i Vikings sono diventati la sesta squadra dagli anni ’90 a fallire la qualificazione ai playoff dopo aver vinto le prime 5 partite: vanno ad aggiungersi ai Saints 1993, ai Vikings 2003 (un deja vu insomma), ai Giants e Broncos 2009 e ai Falcons 2015.

Da squadra “simpatia” e “dark horse” per molti appassionati a squadra impantanata in una sorta di sabbie mobile, il passo è stato veramente breve. Nel 2015 in molti li vedevamo come franchigia in rampa di lancio, ben allenata e con tanto potenziale giovane e non hanno disatteso le aspettative, ma già l’anno scorso attorno a loro aleggiava una sorta di sfiducia ed anche questa ha trovato riscontro poi sulle prestazioni. L’offseason 2017 quindi rappresentava un punto cardine.

[nextpage title=”Attacco”]

ATTACCO

In molti (me compreso) l’anno scorso ritenevano eccessiva la trade per Bradford (che aveva appena firmato un biennale con Philadelphia): le scelte cedute non erano di poco peso (il primo giro 2017, diventato 14esima assoluta con cui gli Eagles hanno preso Derek Barnett e quarto giro 2018 che è rimasto tale visto che i Vikings non hanno giocato il Championship l’anno scorso), ma quello che più faceva storcere la bocca ai tifosi di Minnesota, oltre all’effettivo valore del giocatore era proprio quel contratto biennale per nulla leggero per uno stop gap: “che ce ne facciamo di Bradford poi l’anno prossimo?” La risposta è arrivata prepotente quest’anno: “ce ne facciamo il QB titolare per un’altra stagione ancora”.

Bridgewater è ancora lontano dal poter tornare in campo, figurarsi dal farlo con prestazioni pari o migliori rispetto a quelle con cui aveva lasciato. Le notizie sul suo conto sono ancora molto nebulose. Ecco quindi che il biennale di Bradford assume una valenza diversa ed anzi le voci di un eventuale rinnovo si sono fatte avanti, anche se la dirigenza non pare per nulla convinta a trattare al momento.

Il suo 2016 inoltre è stato anche più che accettabile, pur in un attacco che ha fatto estremamente fatica e che è stato la causa principale delle defaillance incontrate. Lui ha fatto il suo compitino, ma l’ha fatto molto bene, completando più del 70% dei passaggi tentati (prima volta in carriera), benché per una media di yard a tentativo che ha raggiunto a fatica il 7,0; ha commesso pochissimi errori, solo 5 intercetti (Brady l’unica a fare meglio di lui), ed ha chiuso la stagione con un rating di poco inferiore alla tripla cifra (99,3).

Bisogna solo capire quanto si è dovuto “castrare” il playbook per venire incontro ad un QB già di per sé limitato per di più arrivato ad inizio settembre, con il contro effetto di avere un quarterback dalle stats “pulite” ed un attacco che non avanzava nemmeno a spinta: mediocre sui terzi down (38%), quartultimo in red zone (46%) e quintultimo nelle yard conquistate (315 a partita, di cui solo 75 dal running game, ultimi NFL).

Ed è proprio nel reparto corse che bisognava intervenire pesantemente e lo si è fatto: un’altra stagione con McKinnon e Asiata nel ruolo di trascinatori era improponibile (il primo ancora a roster, ma con ruolo più defilato, il secondo a scaldare sideline a Detroit), una pattuglia di runningback che non solo ha corso pochissimo ma l’ha fatto con pessima qualità (3,2 a portata ultimissimi della Lega). Draft (Dalvin Cook, secondo giro e prima scelta per i Vikings che il primo giro l’avevano dato per Bradford) e free agency (Latavius Murray, triennale da 15 milioni dopo le buone stagioni ai Raiders) hanno ridefinito l’intero reparto, dove al momento compare anche la scommessa Bishop Sankey, il cui obiettivo è però fare il roster a settembre.

Cook e Murray si divideranno le portate: per il momento l’ex Oakland è ai box ma si prevede un suo ritorno in allenamento nelle prossime settimane, comunque prima dell’inizio della regular season. Murray in questi anni si è confermato come buon RB da 4 yard di media a portata, nell’ultima stagione poi ha trovato un feeling con la endzone (12 TD) sinora rimasto nascosto. A 27 anni rappresenta un usato sicuro su cui poter far affidamento.

Ovviamente ci si aspetta tantissimo da Cook. A Florida State abbiamo visto bene tutti i suoi pregi: elusività, accelerazione e velocità, capacità di leggere i blocchi e di prendere decisioni giuste in pochissimi istanti, il tutto poi sfociava in una macchina da “break tackle” (99 nella carriera) e da big play. Cook è un RB che fa sembrare migliori anche i suoi uomini di linea, particolare che approfondiremo tra poco e non trascurabile in quel di Minneapolis. Però dovrà migliorare sin da subito la sua capacità di prevenire i fumble, difetto che l’ha visto protagonista ben 14 volte nei 763 tocchi avuti al college. Mentre la mancanza di incisività come ricevitore può essere anche imputata a degli schemi che a Florida State non glielo richiedevano.

Break tackle machine!

Come detto Cook sembra avere la capacità di sfruttare al massimo ogni singolo buco aperto e soprattutto creare yard anche quando la linea fa fatica ad aiutarlo. E questa linea ha tutte le potenzialità per far fatica. Lo scorso anno è stata una delle linee più scarse della NFL, falcidiata anche da problemi fisici ma non solo. Matt Kalil pare l’esempio perfetto: presente solo 2 partite nel 2016 ma in generale autore di prestazioni per nulla convincenti negli ultimi anni. La quarta scelta assoluta del 2012 ora è andato a far compagnia a suo fratello nella linea dei Panthers, percorso inverso l’ha compiuto Mike Remmers, che però porta con sé dubbi ancora più grossi. Il ruolo di right tackle dovrebbe toccare a lui, ma sulla carta non pare un upgrade.

Anche per il ruolo di left tackle, rimasto vagante proprio a causa della dipartita di Kalil, si è intervenuti via free agency andando a prendere Riley Reiff: il tackle ex Lions ha giocato in entrambi i ruoili: a destra soprattutto nell’ultimo anno dove è stato un disastro. La sua firma, anche per questo, non scalda molto i cuori un po’ come quella di Remmers. A Minnesota sperano comunque di riportarlo su un livello simile a quello pre 2016, dove, soprattutto nel running game, era molto valido.

Questi movimenti hanno accompagnato sulla sideline T.J. Clemmings (pessimo ormai conclamato) e Jeremiah Sirles, impiegato molto l’anno scorso, ma non all’altezza.

Per i ruoli centrali la situazione è ancora più ingarbugliata: per un anno ancora si chiederanno gli straordinari a Joe Berger. Il 35enne entrato in NFL nel 2005 ha già detto che a fine anno si ritirerà, nel mentre non è ancora chiaro dove verrà schierato: da centro nelle ultime due stagioni è stato l’unica nota veramente positiva di questa linea, ma ora in quel ruolo è stato selezionato al terzo giro Pat Elflein e l’intento almeno sulla carta è quello di testare quest’ultimo assieme all’undrafted 2016 Nick Easton per il ruolo da titolare.

Berger quindi sarà spostato a guardia, almeno inizialmente, dove comunque ha fatto bene negli anni precedenti. L’altro slot invece sarà occupato da Alex Boone, grosso investimento nella free agency 2016, che ha finito per deludere come tutti i suoi compagni nella passata stagione.

Il reparto dei target (ricevitori e tight end) chiaramente non può essere giudicato senza il preambolo fatto sul playbook e sullo stile del passing game (voluto o dovuto) visto nella passata stagione. Ci sono elementi che sembrano avere ottime potenzialità, ma che non si capisce quanto siano frenati dal sistema e quanto invece sono loro stessi limitati. Stefon Diggs è l’esempio più eclatante: vittima di alti e bassi, nel complesso sembra un ricevitore molto valido ma fatica a dimostrarlo con continuità. In questo caso è lui stesso ad essersi addossato questo andamento incerto, incolpando il suo modo di restare concentrato ed in forma, ma qualche dubbio resta.

Chiaro che poi ci sono anche giocatori che vengono esaltati da questo tipo di passing game, ed ecco il caso di Adam Thielen che in questo contesto vede esaltate le sue qualità di disciplina e pulizia nel correre le tracce e due mani molto valide. L’undrafted 2013 è letteralmente esploso nella passata stagione risultando il leading receiver per numero di yard della squadra con 967.

Lui, Diggs e il tight end Kyle Rudolph restano il core principale anche per la prossima stagione. Quando sano Rudolph è essenziale per questo attacco, anche perché pare l’unico target credibile in end zone.

A loro dovrebbe aggiungersi Laquon Treadwell, primo giro 2016 che nel suo anno da rookie è sceso in campo in attacco solo in 80 snap collezionando un’unica ricezione. Da Treadwell ci si aspetta tantissimo, si sapeva che il suo inserimento sarebbe stato difficile (Zimmer ci va spesso cauto con i rookie), ma non così tanto. La concorrenza è rappresentata da un ubriacone (Michael Floyd sarà già tanto se sarà ancora a roster a settembre), da un tedesco (tutti noi facciamo il tifo affinché Moritz Bohringer ce la faccia, ma “it’s a long way”….), da un quinto giro di quest’anno (Rodney Adams) e da uno che è un anno che si tenta di cedere (Jairus Wright): non emergere in questo ambiente sarebbe davvero delittuoso per uno che è un primo giro.

[/nextpage]

[nextpage title=”Difesa”]

DIFESA

La vera forza di questa squadra resta la difesa, che negli anni passati descrivevamo come giovane e con ampi margini di miglioramento e nel frattempo questi miglioramenti sulla carta si sono iniziati a vedere sul campo: nel 2016 solo due squadre hanno concesso meno yard dei Vikings (Houston ed Arizona) e anche guardando i punti subiti restiamo nel ristretto gruppo dei team che hanno chiuso la stagione con meno di 20 punti subiti a partita (sesti NFL con 19,2).

La locomotiva della difesa è rappresentata dalla linea difensiva: profonda, solida e a tratti anche appariscente. Il “capo” è Everson Griffen, defensive end ex USC che si appresta ad affrontare l’ottava stagione NFL (tutte in maglia Minnesota) fresco di nuovo accordo contrattuale che lo vedrà guadagnare quasi 60 milioni sino al 2022. Un rinnovo che lo fa diventare il terzo DE da 4-3 più pagato della lega dietro solo alla coppia dei Giants Pierre-Paul e Vernon.

Sul campo Griffen ormai ha raggiunto il suo valore: giocatore completo sia nel running game che nella pass rush, dove non ha mai fatto registrare stagioni da strapparsi il casco da dosso, ma che offre un contributo costante anche in fatto di sack tra gli 8 e i 12 in 4 delle ultime 5 regular season.

Per anni aveva formato con Brian Robison, completo come lui ma meno talentuoso, una coppia molto affidabile di defensive end. Robison resta a roster ma il suo ruolo diventerà più di rotazione che da titolare, perché nel mentre è emerso Danielle Hunter che nel 2016, pur giocando solo il 57% degli snap difensivi (Robison e Griffen entrambi sopra l’80%), è riuscito a mettere a segno ben 12.5 sack, leader della squadra e tra i migliori della lega. Questa linea quindi non può prescindere dalla sua pressione.

Per i ruoli interni purtroppo si registra la situazione critica che ha colpito Sharrif Floyd. L’infortunio al ginocchio avvenuto ad inizio scorsa stagione ha riguardato anche i nervi e non è chiaro non solo quando tornerà a giocare, ma anche se lo farà mai più. In sua assenza si sono alternati Shamar Stephen e Tom Johnson. A loro si è aggiunto in offseason Datone Jones che porta una certa duttilità e profondità alla linea, schierabile sia come DT che come DE.

E poi c’è Linval Joseph: titolare inamovibile (in tutti i sensi) nel mezzo della linea, viene da una annata da 77 tackle, 4 sack e 3 fumble forzati, suoi massimi in carriera.

La coppia di linebacker ex UCLA, Anthony Barr & Eric Kendricks, è confermata per il terzo anno consecutivo. Nella passata stagione però hanno vissuto fortune opposte: Barr dopo una stagione da rookie nel 2014 sta come regredendo o quanto meno non sta avendo quell’impatto che avevamo intravisto e pensavamo potesse migliorare. Kendricks invece sta emergendo come uno dei middle linebacker più forti della lega: settimo per PFF come efficienza nel fermare le corse altrui.

A roster non ci sarà più Greenway che ha deciso di ritirarsi e che ormai da qualche anno aveva perso più di un passo per restare competitivo ai massimi livelli richiesti. Il suo ruolo, ormai comunque molto marginale, se lo contenderanno Edmond Robinson ed Emmanuel Lamur, per lo più usati negli special team l’anno scorso. Nei primi due down e quando bisognerà aumentare l’efficacia contro le corse occhio all’utilizzo che potrà avere il rookie da Michigan, scelto al quarto giro, Ben Gedeon.

Newman pensieroso: “Zimmer mi permetterà mai di ritirarmi?”

Restano molto valide anche le secondarie. Il pacchetto dei CB è profondo e con ancora margini di crescita. L’unico che non può più migliorare è l’eterno Terence Newman che il 4 settembre compirà 39 anni ma che resta un giocatore di una solidità e di una costanza invidiabili, tanto da “costringere” il coaching staff a trovare sempre e comunque un modo per poterlo schierare. Nella prossima stagione dovrebbe iniziare come nickelback titolare, davanti a Mackansie Alexander: tra i due ci sono 15 anni di differenza, ma il secondo giro 2016, quasi mai schierato nell’anno da rookie, ha ancora molto da migliorare nella comprensione del gioco. Ce lo immaginiamo in allenamento con il quaderno a prendere appunti su cosa fa e cosa non fa Newman, vedremo se basterà.

Alexander non è l’unico dal quale ci si aspetta un salto di rendimento e utilizzo, nella stessa situazione anche Trae Waynes (primo giro 2015), che però già qualcosa di buono l’ha fatta vedere. Punto fermo invece Xavier Rhodes, che nel 2016 ha concesso solo il 47 di rating ai QB avversari e che quindi si candida a coprire i WR1 avversari.

Completano il reparto le due safety Harrison Smith (una delle migliori free safety della Lega) e Andrew Sendejo.

[/nextpage]

[nextpage title=”Special Team”]

SPECIAL TEAM

Blair Walsh e il suo calcio decisivo sbagliato nei playoff di due anni fa sono un lontano ricordo. Dopo aver iniziato la scorsa stagione con altri errori è stato tagliato ed al suo posto è arrivato Kai Forbath che deve ancora sbagliare un FG in questa nuova avventura (15/15) ed in carriera ha un discreto 86,6%.

Per i punt non ci sarà più Locke, firmato dai Colts. La competizione è aperta per il momento tra Ryan Quigley (punter dei Jets per 3 anni) e l’undrafted 2016 Taylor Symmank che ancora non ha mai calciato un punt in NFL.

Anche per i ritorni cambierà qualcosa: Cordarrelle Patterson, che proprio grazie al suo utilizzo negli special team, si era ricostruito una parvenza di carriera è stato lasciato andare. Nei kickoff quindi qualcosa cambierà. Vedremo se sarà impiegato lì il cornerback Marcus Sherels, che intanto è perfetto nel ritornare punt (14 yard di media e 2 TD).

[/nextpage]

[nextpage title=”Draft & FA”]

DRAFT

2 (41) – Dalvin Cook, RB (Florida State)
3 (70) – Pat Elflein, C (Ohio State)
4 (109) – Jaleel Johnson, DT (Iowa)
4 (120) – Ben Gedeon, LB (Michigan)
5 (170) – Rodney Adams, WR (USF)
5 (180) – Danny Isidora, OG (Miami)
6 (201) – Bucky Hodges, TE (Virginia Tech)
7 (219) – Stacey Coley, WR (Miami)
7 (220) – Ifeadi Odenigbo, DE (Northwestern)
7 (232) – Elijah Lee, LB (Kansas State)
7 (245) – Jack Tocho, CB (North Carolina State)

MOVIMENTI PRINCIPALI FREE AGENCY

In: Case Keenum (QB, LAR), Latavius Murray (RB, OAK), Riley Reiff (OT, DET), Mike Remmers (OT, CAR), Datone Jones (DT, GB).

Out: Cordarrelle Patterson (WR, OAK), Rhett Ellison (TE, NYG), Brandon Fusco (OG, SF), Matt Kalil (OT, CAR), Audie Cole (LB, JAC), Captain Munnerlyn (CB, CAR), Jeff Locke (P, IND).

[/nextpage]

[nextpage title=”Coaching Staff”]

COACHING STAFF

Confermato il trio HC (Mike Zimmer), OC (Pat Shurmur), DC (George Edwards). Quello più a rischio ovviamente era l’offensive coordinator, che peraltro era arrivato nello staff proprio l’anno scorso. Per lui, che comunque negli ultimi anni ha collezionato un buon numero di fallimenti in giro per la Lega, sono valse tutte le attenuanti del caso derivate dall’infortunio di Bridgewater.

Per il resto poco da dire: Zimmer resta uno degli allenatori più stimati (giustamente) dell’intera lega, liberarsene dopo una stagione complessivamente deludente sarebbe un grosso errore (per lui anche un problema all’occhio che l’ha tenuto out una settimana), oltre che generare la fila al di fuori della porta di casa sua.

[/nextpage]

[nextpage title=”Resoconto”]

RESOCONTO e CALENDARIO

La difesa non andava toccata, al massimo serviva un po’ di profondità ed è quello che si è fatto. L’attacco richiedeva interventi pesanti un po’ ovunque ed anche in questo caso è quello che è stato fatto, anche se restano perplessità non da poco nel tentativo di migliorare la linea offensiva con Remmers e l’ultimo Reiff.

Il draft, molto povero a livello qualitativo per via della trade per Bradford, ha visto però l’aggiunta di ben 9 prospetti da terzo giorno sui quali conterà molto il lavoro dell’ottimo coaching staff. Quindi quel qualcosina in più che manca per qualificarsi ai playoff potrebbe arrivare anche da lì.

Per il calendario: occhio all’ultimo mese di gare, con 4 trasferte su 6 che riguardano Detroit, Atlanta, Carolina e Green Bay.

In generale però è una squadra che al massimo può ambire ad una qualificazione sofferta.

[/nextpage]

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *