Mondiali scherma 2017 – Es uno show

L’ultimo giorno di Mondiali a Lipsia è freddo e piovoso, come ogni mattina faccio di tutto per versarmi il tè addosso mentre percorro la mezz’ora di cammino che separa il mio albergo, ad Est della città, nella zona multiculturale di Lindenau, dall’arena. Percorro Zschochersche strasse fino ai binari del tram, passo sotto delle impalcature la cui grandezza suggerisce la presenza di grandi lavori ma come ogni mattina c’è un operaio che sembra dipingere con un pennello piccolissimo, imbocco la via che costeggia un grandissimo parco, lo circumnavigo fino ad arrivare ad un grande ponte che dà sul fiume, e prima del ponte un salice piangente cui mi sono affezionata, così come mi sono affezionata ai canali di Lipsia, tra le poche cose che sia riuscita a vedere di questa città della Germania orientale, pieni di papere e ragazzi in canoa. Supero anche i binari del tram che mi avrebbe portata dall’albergo all’arena se non fosse interrotto per baustelle, e nonostante le borse pesanti, una con il pc, un maglioncino, il registratore, il pamphlet per la stampa che non ho mai tolto nonostante la sua inutilità, un ombrello comprato il primo giorno di diluvio, la sciarpa, il modem internet portatile perché sì i tedeschi sono tedeschi e ciononostante il wifi non funziona, l’altra contiene vaschette di insalata e frutta, comprate la mattina al supermercato per risparmiare, ecco, nonostante queste borse pesanti sono grata per i baustelle perché ho creato un legame col mio percorso quotidiano. Un percorso in cui ho pensato alle cose da fare durante la giornata, che ho percorso correndo per non perdermi le gare, dove ho bevuto il mio tè e più spesso me lo sono versato addosso, ho risposto ai messaggi ricevuti durante la giornata, ho cercato un posto dove cenare che non fosse già chiuso al mio ritorno. Ed ecco, oggi sono persino riuscita a non versarmi il tè addosso.
Questo è l’ultimo giorno in cui faccio questa passeggiata e ripenso al libro di Michela Murgia che parlava di legami affettivi sanciti da riti, nove giorni, e questo, il decimo, sono bastati a creare dei riti che hanno già un sapore malinconico prima ancora della loro fine.

Il Mondiale si chiude con la spada femminile ed il fioretto maschile.

Le spadiste purtroppo perderanno agli ottavi con gli USA, chiudendo la gara al nono posto. Speriamo che il quartetto composto da Rossella Fiamingo, Mara Navarria, Giulia Rizzi Alberta Santuccio possa tornare a splendere.

le spadiste

 

Giorgio Avola, Andrea Cassarà, Alessio Foconi e Daniele Garozzo affrontano l’Olanda ai sedicesimi, l’unico match facile del tabellone, e l’unico che perdo, vinto per 45 a 21.
Agli ottavi sfideranno la Gran Bretagna, squadra che mantiene solo Davis e Peggs rispetto alla formazione Olimpica, ed aggiunge un giovanissimo Minott. Gli azzurri si aggiudicano l’ingresso ai quarti chiudendo tutte le frazioni in positivo, con il punteggio finale di 45 a 37.
Torna implacabile la musica di hit mania dance ed i riflettori sulle pedane e sulla sala stampa, mentre sulle tribune cala il buio.
Anche il percorso dei cinesi verrà interrotto dai nostri per 45 a 27. Verrà poi il turno dei francesi, avversari più ostici, ma la squadra italiana sembra in trance, non lascia spazio alcuno agli avversari. Foconi al suo meglio in giornata, mette stoccate implacabile ed anima il tifo, Garozzo sempre puntuale, Cassarà sembra fare un po’ più di fatica ma poi riesce a chiudere bene le sue frazioni, ed Avola, per questo assalto in panchina, sostiene al meglio i compagni. Dei tecnici argentini passano e si fermano a bordo pedana, “es uno show” dice uno dei due. La parola spettacolo, si sa, a noi porta bene. I blu dovranno capitolare per 35 a 45.
Il vero show, però, sarà la finale con gli Stati Uniti. Gli statunitensi sembrano dominare l’assalto ed accumulano sempre più vantaggio, 5-3 Massialas con Foconi, 10 – 7 Imboden con Garozzo, 15 – 8 Chamley-Watson con Avola, 20 – 13 Imboden con Foconi.
Proprio quando tutto sembrava suggerire che gli italiani dovessero tornare a casa con una medaglia d’argento, Giorgio Avola sale in pedana con Alexander Massialas e compie una delle rimonte più emozionanti, insieme a quella che ha fatto sfiorare la medaglia d’oro ad Alice Volpi , di questi Mondiali.
Avola riporta la squadra nel match, e gli altri rispondono prontamente mantenendo il vantaggio. Durante la sua ultima frazione proprio Giorgio riuscirà a rifilare a Race Imboden cinque stoccate consecutive in mezzo minuto, senza dare neppure il tempo di orientarsi allo statunitense. Anche Foconi lotterà con determinazione, e Garozzo sarà pronto a chiudere con coraggio, nonostante i tentativi di Massialas di recuperare, senza lasciare possibilità di replica. 45 a 41, gli italiani sono campioni del Mondo.

L’abbraccio dei fiorettisti trionfanti

 

Quando avevo 12 anni rimasi costretta per la prima volta a casa durante le vacanze estive per un femore rotto. L’estate a Roma è un deserto afoso, nei vicoli attorno a casa tutti i negozi di souvenir avevano chiuso, faceva troppo caldo anche per loro, tutti gli amichetti partiti per le vacanze, il quartiere sembrava svuotato persino delle suore e dei preti che lo abitavano. Io sognavo il mare ma da bambina ero spesso molto allegra ed avevo, mi sembra più di ora, la capacità di operare un rapido ‘ricalcolo’, come il navigatore, del percorso. Lo zapping era diventato un amico, e poi eccolo, il canale che quattro anni prima mi aveva mostrato una meraviglia che avevo presto dimenticato ma che poi sarebbe rimasta nella mia memoria sotto forma di fotografie del teatro di Sidney sul mare. Eccolo questo mare, nelle gare di nuoto di fondo di Atene, e poi in mattinate di atleti a cavallo, di atletica, di corse, di ciclisti. Le Olimpiadi mi avevano fornito amici, storie, un clima familiare di racconti che mi avrà fatto ricordare quell’estate, che i miei genitori si preoccupavano sarebbe stata un po’ triste, come un passaggio grazioso di luce. Ma un pomeriggio avvenne il miracolo, si avvicinava la fine dei Giochi e tramontava anche il sole sul mio terrazzo mentre io e mia mamma davanti ad un televisore ancora a forma di scatola guardavamo l’Italia, degli atleti con una strana divisa bianca, un’arma e delle luci che si accendevano ad intermittenza combattere contro la Cina per l’oro. Io rimasi in silenzio per tutta la finale, incantata, in un momento che aveva tutta l’aria di essere sacro. Sono stata ad Atene quest’anno, una città in cui non ero mai stata eppure mi sembrava di conoscere da sempre, e l’ho ringraziata, per avermi salvata da un’estate alla quale neppure i venditori di paramenti sacri volevano partecipare, e per avermi regalato la più grande passione che abbia mai conosciuto. Sono entrata in questo stadio antichissimo in marmo pentelico che si chiama Panathinaikos ed ho incontrato Vanni, Sanzo e Cassarà. Per me la scherma sarà sempre uno sport di squadra.

 

 

 

 

 



 

Arianna Scarnecchia

Ho 26 anni, vivo a Roma, studio Lingue all'Università e nel frattempo m'intrattengo con una serie di attività ricreative che comprendono passare più tempo possibile con fioretto e spada, mangiare, gestire una webradio che si chiama Polutropia, sfrecciare per le strade con la mia bici laVipera, imparare tutti i dialetti del mondo.

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