Wild Card Weekend – Preview

Playoff!!! Sono partite in 32 e ora ne sono rimaste 12, 8 giocheranno questo weekend e i tifosi di 4 di esse da lunedì saranno già in modalità “oh diavolo devo andare a controllare i ranking degli offensive linemen del prossimo draft per trovare l’omone da sesto giro che farà svoltare la stagione 2017”. Probabilmente, assieme alla week 1, questo è il momento più bello della stagione, anche se riguarda direttamente molte meno persone, ma per certi versi essendo comunque un popolo di nicchia li esalta tutti indistintamente: voglio dire, in proporzione c’è comunque tanta gente che pur tifando Chargers o 49ers non ha intenzione di perdersi nessuno snap nemmeno di Oakland vs Houston. Sono i playoff NFL, questo è quello che potrebbe accadere da sabato:

#5 Oakland Raiders (12-4) at #4 Houston Texans (9-7), sabato 7 gennaio, ore 22,30

Non so se è voluto o meno, comunque l’ordine delle partite pare sia stato messo proprio in crescendo dal punto di vista delle aspettative. Questa tra le 4 infatti è la meno sexy. Ci arrivano due squadre con dei punti di domanda enormi nel ruolo di QB.

Oakland impreca contro la sfortuna che nelle ultime settimane ha messo KO prima Carr (e già questo ad occhio e croce sembrava bastare) e ora anche il suo sostituto McGloin. Giocherà Connor Cook: a Michigan State qualcuno se ne innamorò, non io. L’assenza di Carr oltre che tecnica è sembrata minare certezze anche dal punto di vista mentale, come se i Raiders si trovassero svuotati ancora di più dell’indubbio valore aggiunto che è stato il loro QB quest’anno e la cosa era sembrata tale anche quando contro i Panthers in week 12 aveva dovuto saltare un drive per via dell’infortunio al mignolo della mano destra. Innescare Crabtree, Cooper, ma anche Roberts e Walford ora non sarà facile, farlo con così pochi allenamenti a disposizione per aggiustarsi con il QB3 pare quasi fantascienza.

Il running game durante l’anno ha dato soddisfazioni (120 yard di media, top 10 NFL), ma se puoi intasare il box (come ci immaginiamo faranno i Texans) le cose cambiano in fretta, basta guardarsi cosa successo domenica contro i Broncos. Per di più Latavius Murray nelle ultime settimane sembra aver preso un tir in faccia, ha corso molto meno sia come quantità (20 portate in 2 partite) che come qualità (2,5 di media, 4,2 nel resto della stagione) oltre ad aver perso la via verso la endzone (a secco da 3 partite, come solo 3 erano state le partite in cui non aveva fatto almeno un TD nel resto delle 13 partite giocate): quantomeno Jalen Richard e DeAndre Washington sembrano dei buoni backup rispetto a quanto invece avviene nel ruolo del QB.

Se i Raiders sono lì principalmente per l’attacco, i Texans (come al solito, anzi ancor più del solito) ci sono per la difesa, la migliore in fatto di yard concesse a partita di tutta la NFL (301.3). Il fatto che ci siano riusciti senza poter far affidamento del miglior difensore della lega (Watt out praticamente per tutta la stagione) rende il tutto ancora più solido, con la crescita di Clowney che è parsa evidente week dopo week, tanto da far sbavare gli appassionati sulla possibilità di vederlo finalmente un giorno in accoppiata proprio con Watt. Il presente però al momento è un po’ diverso, perché se la difesa ha avuto buone performance, il resto lascia molto a desiderare, specie se rapportato al fatto che proprio sul resto si erano fatti investimenti importanti.

Il resto è ovviamente l’attacco: era arrivato un nuovo costosissimo QB e anche un nuovo RB. Brock Osweiler è stato pessimo per tutto l’anno ed è andato addirittura peggiorando finendo per essere panchinato per motivi tecnici. Gli ha detto bene che sostanzialmente Savage non abbia fatto cadere nessuno dalla sedia è la QB controversy in settimana si è conclusa con la nomina dell’ex Broncos come titolare per sabato. Lamar Miller ha avuto una stagione molto solida, con picchi di rendimento anche alti, però ha saltato le ultime due partite per infortunio, anche in via precauzionale. Nel caso doversi affidare in maniera estensiva ancora a Blue non lascia molte chance al running game. Nota positiva la crescita di Fiedorowicz, il TE terzo anno da Iowa è stato finalmente un fattore anche nel passing game. DeAndre Hopkins che sperava finalmente di avere un QB ha vissuto una stagione che ha messo in serio dubbio la sua tenuta mentale, mentre il rookie Fuller dopo un buonissimo inizio, ha avuto un problema fisico ed è andato un po’ sparendo.

Le due squadre si sono già affrontate in week 11, dove Oakland vinse in rimonta (marchio di fabbrica della loro stagione) con un Carr pressoché perfetto (9,5 yard di media a tentativo, 3 TD, 1 intercetto, 117 di rating). Carr però sabato non ci sarà ed il running game di Oakland faticò tantissimo in quella partita: 20 corse per solo 30 yard totali. A proposito di running game, in quella week Lamar Miller ebbe una delle prestazioni personali stagionali migliori (24 x 104 yard e 1 TD).

Vince Oakland perché: perché il suo punto meno forte e meno consistente, ovvero la difesa, nonostante tutto non dovrebbe andare troppo in affanno contro l’attacco inoffensivo dei Texans e nelle partite punto a punto anche dalla sideline sono arrivate quasi sempre chiamate illuminate quest’anno.

Vince Houston perché: perché i Raiders sembrano quasi svuotati, come un bambino che attende la mattina di Natale per scartare il nuovo videogioco e scopre che non è compatibile con la propria consolle e perché allo stato attuale delle cose il front 7 dei Texans è l’unico reparto/aspetto del gioco di entrambe le squadre a poter valere un divisional (top 4 di conference).

#6 Detroit Lions (9-7) at #3 Seattle Seahawks (10-5-1), domenica 8 gennaio, ore 2,30

Due squadre che sembrano aver raggiunto il loro picco di rendimento troppo presto ed ora sono un po’ in calando. I Lions (partiti 1-3) una volta conquistata la vetta divisionale a discapito dei Vikings sembravano in pieno controllo, poi un calendario non facile li ha visti perdere 3 partite di fila e relegati ad un playoff in trasferta. A proposito di calendario, Detroit è 0-5 contro squadre che si sono qualificate per la postseason (2 contro GB, poi DAL, NYG e HOU) e 0-6 contro squadre con record non negativo in stagione.

L’andamento della stagione di Seattle è stato simile, una partenza a rilento, una fase centrale con recupero fisico di Russell Wilson che pareva essere da pilota automatico e una chiusura con qualche inciampo di troppo e una sensazione, al di là del record complessivo molto buono (10-5-1), di non essere riusciti a trovare la quadratura della situazione. O, se vogliamo essere precisi, la quadratura della offensive line, vero reparto “tornasole” di questa squadra. Negli anni era proprio trovando strada facendo una combinazione che potesse dare solidità alla linea che Seattle girava qualche vite e si metteva nella posizione di poter “vincere tutto”, quest’anno non è stato così: il talento medio del reparto è ulteriormente calato, Ifedi, primo giro 2016, è stato il simbolo di questo “fallimento” ed ora le certezze sono ben poche.

Tutto nasce (o non nasce) dalla OL, vale per tutti, ma in particolar modo per l’attacco di Bevell che non sarà stato sexy ma variegato ed efficace in questi ultimi anni sicuramente sì, nel 2016 già molto meno e più incostante. Il running game pare si sia un po’ afflosciato: Marshawn Lynch sostanzialmente non c’era stato nemmeno l’anno scorso, ma Rawls non ha ripetuto (per problemi fisici, ma non solo) le prestazioni della sua prima annata sorprendente, i due rookie Prosise e Collins hanno fatto intravedere buone cose, ma è ancora troppo poco (Prosise stava venendo fuori quando s’è infortunato e forse recupererà ma non per questa partita), la cosa più bizzarra che sintetizza il tutto è che il RB numero 1 di squadra per portate, yard, media e TD, ovvero Christine Michael, giocherà i playoff, ma con la maglia dei Packers. Bisognerebbe interrogare Elias Sports, ma penso non sia mai successo nella storia della lega.

Wilson come detto ha avuto un po’ di difficoltà fisiche quest’anno, ma nel complesso la sua è stata una stagione più che sufficiente. Ai playoff gli mancherà Lockett, che si è fratturato la gamba poche settimane fa, ma è proprio attraverso il passing game che Seattle potrà e dovrà far molto male a Detroit, che nelle ultime settimane in difesa è calata molto di rendimento anche perché costretta a mettere in campo gente di dubbio gusto (cito giusto il CB Bademosi, sinora un elemento per lo più da special team).

Ma i Lions sanno che se vogliono passare almeno questo turno dovranno trasformare la partita in uno shootout showdown, punteggi alti e attacchi sugli scudi. Sino all’anno scorso era qualcosa di impensabile: vincere una partita di playoff a chi fa più punti a casa della Legion of Boom?! No way. E invece è proprio quello che potrebbe accadere. Seattle ha dato modo negli ultimi anni di dimostrarsi particolarmente vulnerabile se privata di uno di quei 3 4 fenomeni che hanno composto la spina dorsale della loro difesa e gennaio 2017 sarà da affrontare senza Earl Thomas: l’assaggio che ne abbiamo avuto a dicembre lascia pochi dubbi sul fatto che sia un’assenza molto pesante. Stafford viene dalla sua stagione migliore (il tutto senza Megatron, i casi strani dello sport) e ha una discreta manciata di frecce al suo arco: Golden Tate ex dal dente sempre avvelenato, Marvin Jones, Eric Ebron con il suo breakout year e un infinito Anquan Boldin riempono il campo come pochi.

Non dovesse pensarci Stafford, che dopo l’infortunio alla mano ha avuto qualche passaggio a vuoto, sarebbe un bel guaio, perché se il running game di Seattle non ha esaltato quello dei Lions è praticamente inesistente: 350 corse in tutto l’anno sono il minimo nella lega (in coabitazione con i Browns), le 3,7 yard di media a portata vedono poche squadre messe peggio (e solo i Giants tra quelle ai playoff). Come da tradizione durante l’anno i RB dei Lions sono caduti come mosche, prima Abdullah (che sembrava poter avere la stagione dell’esplosione definitiva), poi Riddick, ci hanno provato anche con Justin Forsett, al momento il titolare è Zach Zenner, onesto mestierante che rinverdisce la tradizione dei RB bianchi un po’ corridori, un po’ comodini. Nessuno di questi in stagione ha superato le 360 yard corse. Deprimente, un po’ colpa degli infortuni, un po’ colpa del talento, un po’ colpa della linea e un po’ colpa del play calling.

Vince Detroit perché: perché Golden Tate se l’è segnata, perché chiederanno a Stafford di lanciare per 400 yard e potrebbe anche farcela stante l’assenza centrale di Earl Thomas e perché forse Seattle non è mai stata così vulnerabile nei playoff negli ultimi anni.

Vince Seattle perché: perché è composta da gente che è abituata al football di gennaio, perché se sei Detroit puoi mettere il miglior Slay (recuperato al 100%?) su Doug Baldwin, ma per Jimmy Graham, chiamato ad essere finalmente determinante anche in postseason, non hai antidoti validi, visto che durante l’anno hai sempre sofferto la posizione di TE. E perché dal 2004, quando persero contro i Rams di Marshall Faulk, Steven Jackson, Isaac Bruce e Torry Holt, sono 9-0 nelle partite in casa nei playoff.

#6 Miami Dolphins (10-6) at #3 Pittsburgh Steelers (11-5), domenica 8 gennaio, ore 19,00

Da quando i Dolphins hanno vinto la loro ultima partita di playoff (Wild card game 2000), gli Steelers ne hanno vinte 13 (con 3 viaggi al Super Bowl di cui due vinti) e in pochi potevano immaginare ad inizio stagione che la squadra della Florida si potesse trovare qui ora in questo che a tutti gli effetti era un anno zero con un nuovo head coach molto promettente ma comunque debuttante nella posizione.

I Dolphins poi avevano iniziato con 1 sola vittoria nelle prime 5 partite facendo dubitare addirittura sulla bontà della scelta di Gase. Da lì in poi il suo attacco ha carburato andando quasi costantemente sopra i 25 punti (8 volte su 11) aiutando non poco la squadra a vincere 9 delle successive 10 conquistando la wild card con una giornata di anticipo. Il calendario non è stato dei più difficili, ma significativo il fatto che questa striscia sia iniziata battendo proprio gli Steelers (unica squadra incontrata tra week 6 e week 16 che farà i playoff).

Nello scontro diretto l’attacco mise a segno ben 30 punti, ma la vera differenza fu fatta dalla difesa che costrinse Roethlisberger ad una delle peggiori prestazioni stagionali per yard lanciate (189), completi (55,9%) e rating (57.1) con un QBR (il rating introdotto da ESPN qualche anno fa) che ha fatto registrare un sorprendente 4.1, ovviamente minimo in carriera. Il tutto “impreziosito” da 2 intercetti trasformati in 10 punti e da un piccolo infortunio che gli fece saltare un drive. Offensivamente Pittsburgh in quella partita fu capace di segnare 15 punti, di cui però 7 a partita ormai decisa. Tolti gli ultimi due drive della disperazione, erano stati solo 11 i primi down conquistati, circa la metà della media stagionale. Un caso, visto che durante l’anno la difesa dei Dolphins è stata abbastanza inconsistente, oppure Miami si accoppia bene ai principi offensivi degli Steelers?

Tenderemo a credere che Pittsburgh si presenterà con ben altro piglio offensivo in questa partita. Intanto avranno un LeVeon Bell in formissima, che ha chiuso la stagione correndo 835 yard nelle ultime 6 partite ad una media di 5,19 yard a portata: dominante. E troverà terreno fertile per le sue scorribande, considerando che peggio di Miami (140.4 yard a partita concesse su corsa) in stagione hanno fatto solo Cleveland e San Francisco e mediamente sono 4.8 yard a corsa. Cifre che lasciano poco scampo, nonostante le quali però sembra che mezza NFL voglia Vance Joseph (attuale defensive coordinator) come prossimo head coach: boh. Comunque confermare queste tendenze significherebbe non avere alcuna chance e dubitiamo che Tomlin possa dimenticarsele anche nel caso in cui la partita non dovesse mettersi subito bene.

Allora cosa deve fare Miami? Difendersi con l’attacco, mixare bene gioco lungo e gioco corto (uno dei marchi di fabbrica degli ultimi anni), coinvolgendo Landry per mantenere il più possibile il possesso e punire con la velocità di Stills, Parker ma anche di Ajayi e Drake quando verosimilmente la difesa degli Steelers sarà costretta ad accorciare per difendere running game e underneath. Certo, più facile a dirsi che a farsi, ma, sorprendentemente, Miami nonostante un QB come Tannehill poco incline ai grandi guadagni, quest’anno è stata ai vertici della NFL per quel che riguarda i giochi da 40+ yard.

Ma Tannehill ci sarà? Il tentativo di recuperarlo in fretta e furia lo stanno facendo, ma ancora non si è allenato, ultima chance sarà vederlo sul campo con gli altri oggi. Matt Moore nelle tre partite che l’ha sostituito ha mantenuto standard decenti anche se la casella degli intercetti s’è sempre sporcata e questo è uno dei difetti che maggiormente potrebbero influire domenica se ripetuto.

L’aspetto che però più deve preoccupare Miami è che Pittsburgh nella seconda parte della stagione ha iniziato a salire di livello sulle linee. Domenica mancherà ancora Cam Heyward, ma la linea difensiva e più in generale la pass rush, aspetto che più è mancato nelle ultime stagioni, ha prodotto quasi 3 sack a partita da dopo il bye, raddoppiando sostanzialmente il fatturato. Mentre la linea offensiva ha tenuto a 0 gli avversari in 4 delle ultime 7 partite: Ndamukong Suh e Cameron Wake avvisati.

Vince Miami perché: perché Big Ben ha avuto qualche inciampo di troppo quest’anno e potrebbe ripetersi andando a complicare quello che in realtà è il matchup più favorevole per Pittsburgh. E poi perché hanno dimostrato di poter battere gli Steelers, erano stati di forma diversi, è vero, ma in uno sport che vive sui matchup uno scontro diretto dice molte cose.

Vince Pittsburgh perché: perché, nonostante la difesa non sia più quella di un tempo e prima o poi potrebbe essere un nodo che arriva al pettine, l’attacco contrapposto alla difesa di Miami ha un vantaggio troppo alto, ha pochissimi punti deboli che difficilmente vedremo domenica sera.

#5 New York Giants (11-5) at #4 Green Bay Packers (10-6), domenica 8 gennaio, ore 22,30

Dulcis in fundo, scontro titanico nel weekend delle wild card. Per molti sono le due squadre più forti della NFC, lo scopriremo in caso solo nelle prossime settimane. Di sicuro però sono le squadre che arrivano con più veemenza ai playoff e questo le rende le più temibili per chi invece ha vissuto su livelli medio alti per tutta la stagione, perché ai playoff la media conta poco, ci vogliono i picchi e difesa dei Giants/attacco dei Packers stanno vivendo uno di quei picchi che ti fanno ricordare cavalcate passate che si sono concluse con il Vince Lombardi Trophy in primo piano.

Questa partita quindi è quello che in altri campi definirebbero il main event. Incredibile a credersi dopo un mese e più di regular season: New York aveva iniziato 2-3, Green Bay anche peggio, 4-6. Entrambe erano in division che vedeva le altre squadre galoppare quasi senza macchie. Allora cosa è cambiato?

New York era ad un passo dall’andare 2-4. In casa contro Baltimore era sotto 23-20 e stava giocando un 4th&1 sulle proprie 34 yard con 96 secondi sul cronometro. 15 secondi dopo Odell Beckham Jr. chiedeva alla rete dei kicker di sposarlo. Nel mezzo c’era stato il big play che a posteriori possiamo dire aver girato la stagione dei Giants, almeno dal punto di vista umorale. I big play di Beckham sono l’arma più temibile ed appariscente di questa squadra, a Green Bay questa cosa avrà tolto il sonno per tutta la settimana ad allenatori e tifosi: infatti parliamo di una delle squadre che concede più big play via aerea della lega, ben 58 giochi sopra le 20 yard e 11 sopra le 40. Mentre non dormivano McCarthy&Co. si saranno riguardati più volte lo scontro diretto vinto avvenuto alla week 5, con i “formaggini”, che sfruttando il bye avuto alla week 4, erano arrivati riposati ma soprattutto preparati. In quella partita infatti Beckham è stato contenuto e con lui tutto l’attacco: ha ricevuto 5 palloni per 56 yard (la più lunga da 16) e 1 TD, l’unico della sua squadra, che è arrivato a partita conclusa sul 23-6 a 3 minuti dalla fine.

L’attacco dei Giants vive quindi di fiammate, durante l’anno spesso si sono dimenticati dell’esistenza del running game e sono sui bassifondi di ogni aspetto statistico a riguardo. La cosa sembra essere cambiata nelle ultime uscite con un utilizzo più intensivo del rookie Paul Perkins (10+ portate nelle ultime 4 partite, 5 in tutta la stagione) che andandosi ad alternare con il solito Rashard Jennings quanto meno ha reso più credibile il tutto. Ma forse non sarà necessario: Green Bay infatti, su base stagionale, è una delle peggiori difese sui passaggi, viene quasi da dubitare che lo scontro diretto sopra citato sia stato quasi un caso con Manning tenuto sotto le 200 yard e con una percentuale di completi del 51%, il minimo quest’anno.

Al di là delle fiammate di Beckham, che più volte hanno deciso partite in questi anni, l’attacco aereo dei Giants può contare anche su altre opzioni molto valide: su tutti da tener d’occhio la crescita del rookie Sterling Shepard che ha concluso la sua prima stagione in crescendo e che in totale ha messo assieme ben 8 TD e, assieme al TE Tye, potrebbe aiutare a tirare avanti la carretta durante la partita sfruttando i continui raddoppi che immaginiamo richiamerà Beckham. Dipenderà quindi molto dalla prestazione di questi due giocatori se New York riuscirà ad avere un minimo di continuità offensiva, aspetto che è stato il vero tallone d’Achille in questa stagione: un attacco poco fluido.

Se New York è qui però lo devo per gran parte al lavoro di Steve Spagnuolo che ha iniziato lentamente a stringere le maglie difensive, fino ad arrivare a livelli asfissianti per gli avversari. Dopo aver sofferto non poco l’attacco degli Steelers, i Giants hanno silenziato 3 dei migliori attacchi della NFC: Detroit, Dallas e Washington, facendo una buona figura anche contro quello di Philadelphia (pur perdendo). In 4 partite hanno concesso 4 TD, che altro aggiungere? Dominanti sulla linea e sulle secondarie, ovunque.

L’esame ora però si fa più difficile perché se quelli citati sopra erano tra i migliori attacchi, quello di Green Bay è, da 2 mesi a questa parte, IL migliore attacco (assieme a quello dei Falcons) della NFC e forse anche della NFL. Tornando alla domanda iniziale, cosa è cambiato da quel 4-6? Semplicemente Aaron Rodgers è tornato a giocare su livelli disumani: in 6 partite, tutte ovviamente vinte, ha fatto registrare 15 TD, 0 intercetti, 71% di completi, 1667 yard e un rating di 120,98, un deciso passa avanti rispetto alla prima parte della stagione in cui in 10 partite aveva lanciato 25 TD a fronte però di 7 intercetti, con il 63% di completi e un rating di 96. Per carità a leggerle anche queste cifre non erano così disastrose, ma vuoi che ci aveva abituato meglio, vuoi il fatto che a volte le cifre non dicono tutto, non era così distante dalla realtà credere che uno dei problemi di quei Packers fosse proprio Aaron Rodgers, un po’ perso dietro alle sue invenzioni e al suo talento. Nella seconda parte di stagione probabilmente ha fatto un passo indietro, le invenzioni restano (vedere TD di domenica ad Allison), ma sono limitate a quando necessarie e quindi più funzionali ad un attacco che resta sempre troppo pass oriented, ma che è tornato sui livelli di eccellenza che negli anni passati facevano di Green Bay una contender a prescindere da tutto il resto.

Sostanzialmente Green Bay è tornata ad essere quella degli ultimi anni, con gli stessi pregi e gli stessi difetti. Il running game era uno dei problemi e quest’anno, stando anche all’infortunio a Eddie Lacy, ha raggiunto livelli ancora più bassi, da lì stanno provando a risalire: si sono inventati Ty Montgomery come coltellino svizzero (McCarthy inizialmente ci aveva provato senza riuscirci con Cobb), ogni tanto danno una chance a Cristhine Michael e da tenere d’occhio anche l’evoluzione del FB al secondo anno Aaron Ripkowski che potrebbe rinverdire le gesta di Kuhn. Non c’è materiale per rendere efficace il running game su base annuale, ma di questo ormai erano abituati a Green Bay. Piuttosto merita una menzione Davante Adams, atteso per due stagioni, ma quest’anno finalmente esploso e pronto a prendersi in mano questo attacco nel futuro prossimo.

A proposito dei soliti difetti, la difesa vivacchiava gli anni passati ed ha vivacchiato quest’anno: statisticamente come detto sul passing game siamo tra le peggiori della lega, sul running game va già meglio (non che debba servire molto contro i Giants), anche se quantitativamente sembra più buona di quella che in realtà è: le squadre avversarie vuoi perché costrette essendo spesso in svantaggio, vuoi perché vantaggioso per loro tendono più a lanciare che a correre, quando lo fanno in realtà lo fanno anche mediamente bene, producendo 4 yard a portate: siamo in sostanza equidistanti o quasi rispetto al massimo (3.4) e al minimo (4.8).

Vince New York perché: perché a gennaio conta la difesa e questa difesa può davvero far sognare molto di più di un wild card game. Poi, benché lo scontro diretto abbia detto tutt’altro, Odell Beckham può dilaniare una difesa che sul passing game concede sempre troppo, saranno i suoi primi playoff vorrà mettersi definitivamente sulla mappa del football che conta. Perché nella frozen tundra a gennaio i Giants sanno come si fa.

Vince Green Bay perché: Aaron Rodgers sta giocando su livelli che la buonissima difesa dei Giants sinora non ha mai affrontato. Perché invece d’altro canto Eli Manning sembra essere tornato quello un po’ pasticcione di 4 anni fa ed incontra una difesa di cui ne abbiamo decantato i difetti, ma se ha un pregio è quello di generare intercetti (ben 18, quasi massimo NFL). In generale Green Bay è +8 nel differenziale give/take, New York è -2: vince Green Bay perché vincerà la lotta dei turnover.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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