Sangue, sudore e polvere. Ritratto di Nate Diaz

Nathan Donald “Nate” Diaz (20-11, 13-9 in UFC) tornerà a combattere nell’ottagono più famoso del mondo sabato 3 novembre a UFC 230 per affrontare Dustin Poirier. Il fighter nato 33 anni fa a Stockton, California, è diventato famoso dopo i due combattutissimi incontri contro Conor McGregor, e anche per i suoi atteggiamenti provocatori dentro e fuori dalla gabbia. Ma Diaz è molto più di questo: basti pensare che, insieme a Joe Lauzon, è l’atleta che ha vinto più bonus post-fight nella storia della UFC. Si è infatti aggiudicato una Performance of the Night, 8 Fight of the Night, un Knockout of the Night, 5 Submission of the Night.

Nate esordisce da professionista nelle Mma a 19 anni. Combatte diversi incontri nel World Extreme Cagefighter (WEC) per poi entrare nel cast di The Ultimate Fighter 5 come membro del team di Jens Pulver. Arriva in finale e vince l’edizione, e così conquista l’accesso in UFC.

Riavvolgendo il nastro, si possono individuare tre “turning point” fondamentali nella carriera di Diaz, che lo hanno portato a consolidare il suo status nell’organizzazione e a sfidare per ben due volte McGregor, generando (e incassando) cifre da capogiro. Inoltre, i riflettori puntati addosso e i comportamenti sopra le righe lo hanno reso un personaggio mediatico, e l’hype per il suo ritorno in azione contro Poirier è veramente alto.

Appena si rende conto di aver intrappolato Pellegrino, Diaz inizia ad esultare (Credit photo: Josh Hedges/Zuffa LLC via Getty Images)

Nate Diaz vs. Kurt Pellegrino, UFC Fight Night 13, 2008. La prima svolta della sua carriera risale a dieci anni fa. In quel momento Nate è 2-0 in UFC, dopo aver sconfitto agevolmente Assunção e Robinson. Pellegrino è un wrestler temibile, oltre che cintura nera di BJJ. Si presenta, nel 2008, con uno score di 3-1 in UFC. E infatti nel primo round Diaz subisce l’avversario, che lo costringe al suolo per tutti e cinque i minuti, andando vicino alla finalizzazione per ground and pound. Ma nella seconda ripresa Nate appare sin da subito più agguerrito, cerca di imporre il suo striking e, quando viene nuovamente portato a terra da Pellegrino con uno slam, sfrutta l’occasione per chiudere l’avversario in una memorabile triangle choke. Appena si rende conto di aver intrappolato Pellegrino, Diaz inizia ad esultare mostrando i bicipiti, con tanto di dito medio, ancor prima del “tap-out” di resa finale.

Con questa vittoria in un match difficile e in cui partiva da sfavorito, il fighter di Stockton dimostra il suo valore: è allo stesso livello degli atleti più competitivi del roster. Ma non solo: Nate mostra anche l’atteggiamento sprezzante e provocatorio che inizia a suscitare attenzione e curiosità nel pubblico. E vince la Submission of the Night.

Nel 2010, in seguito a tre sconfitte negli ultimi quattro incontri, Diaz decide di passare dai 70 ai 77 kg, cimentandosi nella categoria dei welter. Vince i primi due match, per poi perdere i successivi due (uno di questi contro Rory MacDonald). Decide perciò di tornare nei leggeri, dove riassapora la vittoria sconfiggendo Takanori Gomi. A questo punto, la promotion gli offre di combattere contro Donald “Cowboy” Cerrone, ai tempi reduce da quattro successi consecutivi.

Contro Cerrone Nate mostra le sue abilità pugilistiche (Credit photo: ESPN.com)

Nate Diaz vs. Donald Cerrone, UFC 141, 2011. Se contro Pellegrino Diaz aveva dimostrato la sua abilità nel grappling (oggi è cintura nera di BJJ), contro Cerrone l’atleta californiano sfodera le sue skills migliori nel pugilato. In tutti e tre i round Diaz domina l’avversario con un calcolo della distanza perfetto, un ottimo tempismo e un preciso ricorso al counterstriking. Inoltre, porta combinazioni puntualmente a segno, spesso concluse con montanti al corpo del malcapitato Cerrone, che colpisce a vuoto per tutto il match, dopo aver concluso il primo round con la mascella rotta. Una prestazione straordinaria di Diaz, che vince per decisione unanime e si aggiudica anche il Fight of the Night.

Nel secondo round, Diaz inizia a sfidare l’avversario con gesti provocatori (Credit photo: reddit.com)

Nate Diaz vs. Michael Johnson, UFC on Fox 17, 2015. Dopo un periodo difficile, in cui litiga con la UFC per motivi contrattuali e perde ancora tre incontri su quattro, Diaz rientra, l’anno successivo alla sua ultima apparizione in gabbia, contro Michael Johnson. Non si tratta di un avversario facile: dopo quattro vittorie nette, Johnson era incappato in una contestata sconfitta contro Dariush, perciò si presenta all’incontro in cerca di riscatto. Il primo round vede Diaz in difficoltà, colpito ripetutamente dai low kick di Johnson, e poco lucido nel trovare la giusta distanza. Ma nella seconda ripresa la situazione cambia: Nate inizia a parare i calci dell’avversario e ad andare a segno con i jab, evitando i contrattacchi e mandando fuori misura Johnson. Il fighter di Stockton acquista fiducia in sé stesso e mostra delle schivate di tronco notevoli, sfoggiando un timing invidiabile e iniziando a sfidare l’avversario con gesti provocatori. Nel terzo e ultimo round la battaglia continua, ma entrambi gli atleti appaiono stanchi e il copione non cambia. Diaz torna a mostrare la versione migliore di sé e vince il match per decisione unanime, conquistando anche il Fight of the Night.

Il resto è storia recente. A fine aprile 2016, e con undici giorni di preavviso, Diaz accetta di sostituire l’infortunato Rafael dos Anjos contro McGregor. Dato ancora una volta per sfavorito, Nate scuote il mondo delle MMA (e non solo) sottomettendo l’irlandese durante il secondo round, per poi pronunciare la famosa frase: “I’m not surprised motherfuckers!”. Il rematch va in scena a metà agosto, e, dopo una feroce battaglia durata cinque round, i giudici assegnano la vittoria per decisione maggioritaria a McGregor.

Sangue, sudore, polvere: questo è Nate Diaz (Credit photo: foxsports.it)

Se si parla del personaggio che appare al pubblico, costruito o meno, Nate Diaz può essere amato oppure odiato per gli stessi motivi, o meglio, eccessi: i suoi comportamenti sprezzanti delle regole, l’atteggiamento da gangster, il linguaggio volgare, l’indole rissosa. Ma come atleta, Diaz è l’idealtipo del fighter duro, coriaceo, incassatore quando si difende, demolitore quando prende le misure all’avversario. Nella sua lunga carriera ha attraversato periodi altalenanti, ma si è sempre dimostrato coraggioso, pronto alla battaglia, combattendo ogni volta senza risparmiarsi. Spesso è entrato in gabbia da sfavorito, accettando incontri difficili e avversari ostici. Il suo score in UFC lo dimostra: 13-9, tutt’altro che un record di quelli che vanno di moda oggi, limpidi, puliti, magari con uno zero alla voce sconfitte. Quelli di Diaz sono numeri che trasudano sangue, sudore, polvere, ma sanno tremendamente di vita, di amore e dedizione per il proprio lavoro. Non a caso, il suo motto è: “Be real”. Una frase che appartiene a chi non è solo un fighter, ma anche, e soprattutto, un vero combattente.

È altrettanto vero che, dopo il doppio confronto con McGregor e le cifre importanti incassate, Nate sia diventato capriccioso: sembra infatti che abbia rifiutato diversi incontri per questioni di soldi, e minaccia di ritirarsi anche da UFC 230. Il successo lo sta in parte snaturando, anche se è comprensibile che cerchi di sfruttare al massimo il suo notevole potere contrattuale per ottenere le migliori condizioni possibili, visti i numeri di pubblico e PPV che genera. Ma ciò non toglie nulla alla sua autentica indole, dimostrata nella sua carriera fin ora.

Tra poco meno di tre mesi, Diaz tornerà in quella stessa gabbia che lo ha già accolto in altre 22 occasioni, rendendolo una star. A quel punto chiacchiere, pretese e capricci non avranno più spazio, e Nate tornerà quell’animale da gabbia che è sempre stato: sangue, sudore, polvere. Questo è Nate Diaz.

Tommaso Clerici

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