Peter Sagan – We are all Witnesses

Nello Sport, soprattutto made in USA, si è soliti parlare di questi famigerati “step”, ovvero quei passaggi che un atleta è obbligato a fare, soprattutto quando si tratta di passare dallo status di “bravo/ottimo” a quello di “grande”.

Peter Sagan ha passato l’ultimo anno e mezzo a raccogliere piazzamenti più o meno positivi nelle corse importanti. Quarto alla Milano-Sanremo 2012, secondo alla Gand-Wevelgem 2012, quinto al Giro delle Fiandre 2012, terzo alla Amstel Gold Race 2012 e per finire secondo alla E3 ed alla Milano-Sanremo di quest’anno. Il talento è cristallino, e perfino i meno attenti hanno cerchiato il nome del ciclista fin dalle sue primissime uscite con l’allora Liquigas. Io stesso l’ho visto trionfare dal vivo in una tappa della Tirreno-Adriatica, dove Peter ha dimostrato una duttilità non indifferente. Resistenza sui muri (quando brevi), capacità di scattare e di gestire il proprio vantaggio, clamorosa potenza negli arrivi in volata.

Nonostante alcuni limiti tattici, ci si trova davanti ad un ciclista completo, come personalmente non credo di averne mai visti, al quale mancava veramente il centesimo per fare il dollaro. Alla Gand-Wevelgem quel centesimo è arrivato, ed a mio avviso è stato principalmente un passo avanti mentale. Qualcosa è scattato nella testa dello slovacco, complice l’ennesima delusione durante l’ultima Milano-Sanremo. Negli ultimi chilometri della fuga di cui Sagan faceva parte non c’era collaborazione nel gruppetto, tutti guardavano a lui, perché uno con quel talento là ha “la sindrome di LeBron James”, è costretto a correre da favorito anche quando non ha ancora vinto. A quel punto l’attacco di Vandenbergh è arrivato come manna dal cielo, perché ha focalizzato l’attenzione su qualcuno che non avesse la maglia verde della Cannondale, ed in quell’attimo Sagan ha capito che era giunto il suo momento. Contrattacco, vuoto, vittoria. Per i più fanatici, segnalerei che l’attacco è arrivato contro-vento ed a temperature bassissime. Provate anche solo a cominciare a pedalare in determinate condizioni e vi renderete conto che siamo davanti ad una impresa da Fenomeno vero.

Trovo ingiusto, per quanto abbia un fondamento di verità, ritenere che questa vittoria sia arrivata quasi per caso. E’ verissimo che la fuga vincente è partita quasi per caso, in un punto della corsa in cui nessuno si aspettava potesse succedere qualcosa di importante. E’ giusto bacchettare la Omega Pharma per non aver ricucito subito il distacco, perché onestamente tra Stijn Vandenberg in fuga (con Sagan) e Mark Cavendish, io scelgo sempre Mark Cavendish.

La verità è che tutti aspettavano Sagan ed è riuscito ad entrare nell’azione vincente (con gregario) lo stesso. Tutti lo studiavano in fuga ed ha vinto in solitaria. Fine del discorso, ci sono errori degli altri di cui ha approfittato, ma è lampante che abbia vinto lui e non perso gli altri.

Peter Sagan è un personaggio che affascina ed incuriosisce, soprattutto perché appare “forte e basta”, in un ciclismo sempre più caratterizzato da gestione, controllo e preparazione maniacale. Ha 23 anni, parla di quanto ami divertisi sulla bicicletta ed ha tanta fame di vittorie, come è giusto che sia. Complice la sua condizione spaventosa e gli infortuni di altri protagonisti, rischia di essere uno dei favoritissimi al Giro delle Fiandre di quest’anno, mentre fino a pochi giorni fa pensavo non fosse ancora pronto per una corsa del genere. Dice di voler vincere anche la Roubaix un giorno, mentre quest’anno si accontenterebbe (eh?) di Fiandre, Amstel Gold Race e Maglia Verde al Tour.

 Lo paragonano ad Eddy Merckx, ma lui giura di ispirarsi ad Ulrich, di aspirare a raggiungere la stessa potenza che aveva il tedesco quando correva. Eddy era il Cannibale, lui è soprannominato dai compagni Terminator.

La mia parte razionale dice che continuerà a vincere tappe e classiche, la mia parte sognante già lo sogna in un’altra veste: Tourminator.
E c’è davvero chi è convinto che potremo ammirarlo anche in veste di corridore a tappe. La chiave sarebbe nel riuscire a perdere 3 o 4 chilogrammi riuscendo a limitare i danni in termini di potenza. Secondo diversi esperti, allo stato attuale Sagan è in grado di reggere grosse pendenze, soltanto in tratti che non superano i 6 km di lunghezza. La via da percorrere sarebbe, in due parole: dieta Wiggins. Il percorso da imitare dovrebbe essere quello intrapreso da Sean Kelly ai tempi, evolutosi da specialista di corse da un giorno a Grand Tour contender, piazzandosi bene al Tour e vincendo perfino una Vuelta.

 L’unica cosa sicura è che lo vedremo ancora impennare, fare il “Forrest Gump” ed inventarsi chissà quale altro tipo di esultanza per festeggiare le sue vittorie. Peter Sagan, dominare non è mai stato così divertente.

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Una risposta

  1. azazelli ha detto:

    Capisco la “forzatura” di paragonare Sagan a Lebron (anche per richiamare il titolo, imho, azzeccatissimo), però Peter è molto più precoce di King James e non è solo questione di sport singolo vs sport che ha bisogno dei compagni di squadra. Io non sarei così critico per il finale della Sanremo, ci sono situazioni tattiche di corsa in cui ti trovi talmente fuori script che è impossibile vincere e non c’è “esperienza” che tenga.

    Sul quesito (prematuro ma comunque affascinante) su quello che può diventare, io invece sono talmente più romantico di te 😛 che vorrei non snaturasse mai il suo talento e restasse un puledro da classiche. Però vediamo dove lo porta la maturazione: chiaro, diventasse uomo da grandi giri a 25 26 anni ci potrebbe anche stare, non come il killer di Spoltore….roll. Per di più chi lo gestirà credo voglia indirizzarlo verso i grandi giri, perché i soldi grossi arrivano soprattutto con quelli.

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