La free agency NFL: tra sogno (a marzo) e realtà (ad ottobre)

Agency

Siamo sostanzialmente a metà percorso per quel che riguarda la NFL 2014. Se tanto basta per iniziare a definire con maggior precisione quelle che sono le forze in campo, sicuramente non è abbastanza per marchiare la carriera delle giovani leve che si sono appena affacciate al mondo professionistico. Leggenda vuole che per giudicare un rookie siano necessarie 3 stagioni e 3 stagioni le daremo a tutti, persino a Savage, ma non è di rookie infatti che voglio parlare: se siamo stati e saremo così pazienti con loro, quante chance hanno ancora i veterani prima di essere definiti finiti? Vorrei soffermarmi su quei giocatori che a primavera hanno cambiato squadra, alcuni anche ben lautamente pagati, ma che in non tutti i casi si stanno guadagnando la pagnotta. In sostanza a marzo aprile ci riempiamo la testa con nuovi contratti, anni e milioni di garantito, e sogniamo con i nuovi acquisti, a fine ottobre è già tempo di capire quanti di questi in realtà sono degli incubi in cui il giocatore sta facendo di tutto per scappare dal ritiro o da un ruolo da comprimario al quale non è abituato.

La scorsa free agency è stata senza ombra di dubbio la free agency dei pass rusher: Ware, Allen, Peppers, Tuck e Woodley sono stati i principali interpreti del ruolo ad aver cambiato casacca, tutta gente (a parte Peppers) che aveva costruito la propria carriera in una sola squadra e che cercava in qualche modo di riciclarsi per scappare dalle forche del ritiro che inesorabilmente si stavano avvicinando. In questo gruppo ci sono già degli hall of famer, che difficilmente possono togliere quanto di strepitoso fatto nella loro carriera in questi ultimi anni, ma fa sempre un po’ tristezza vederli eventualmente arrancare in campo.

Partiamo dai loro contratti: i primi 3 sono stati pagati con accordi che per lunghezza ed entità, poco risentivano di questo clima da fine carriera: DeMarcus Ware 30 milioni in 3 anni, Jared Allen 32 in 4 e Julius Peppers 26 in 3. Probabilmente poi la struttura rendeva questi pluriennali più gestibili negli ultimi anni, ma sta di fatto che non erano stati presi per essere giocatori situazionali, ma come vere e proprio star. Ware non sta disattendendo le attese, al di là dei 7 sack già messi a segno, sta contribuendo a rendere molto più solida la difesa dei Broncos, vero tallone d’Achille la passata stagione che li ha visti arrivare ad una partita dalla vittoria finale. Su di lui peraltro non erano pochi i dubbi sulle sue condizioni fisiche dopo che nelle ultime stagioni ai Cowboys gli acciacchi non erano stati pochi, né come numero né come entità.

Alla peggio c'è l'esercito

Alla peggio c’è l’esercito

Jared Allen, che dei tre è forse anche quello da cui ci si aspettava di più o con meno punti di domanda, non sta incidendo molto nella difesa dei Bears che era alla disperata ricerca di playmaker e che vedeva in Allen un totem che potesse riempire il vuoto carismatico e tecnico lasciato da Urlacher (seppur ovviamente in ruoli diversi). Oltre al solo sack e mezzo messo a segno sinora (una inezia se consideriamo che il ragazzo va in doppia cifra nei placcaggi al QB da 7 anni…), fa strano leggere che settimana scorsa, contro Miami, un onesto mestierante come Willie Young ha avuto più snap di lui (54 vs 46 su un totale di 70) e che la giustificazione del coaching staff è stata che per alcuni drive non si sono mai trovati ad affrontare terzi e lunghi, per di più nel drive che ha portato il TD di Lamar Miller nel terzo quarto, il suddetto Allen è stato sulla sideline per tutti i 13 giochi di esso: lui l’ha definita un’aberrazione a noi non resta che monitorare.

Chiudiamo il trittico con Julius Peppers, le statistiche più “banali” parlano di 3 sack, 1 fumble forzato, 2 recuperati e un totale di 24 tackle. Lui è il più anziano dei già citati, a 34 anni dover imparare un nuovo sistema difensivo (con i dubbi iniziali circa il suo punto di partenza pre snap) non sembrava la cosa più semplice da fare, però la ventina di pressioni portate ai QB avversari lo collocano tra i primi 10 OLB della lega, risultato confermato dal grade di ProFootball Focus, che non capisco ma prendo per buono.

Non mi sono dimenticato del duo di Oakland: Tuck (biennale a 11 milioni) e Woodley (biennale a 12 milioni) sommano assieme la bellezza di un sack e giocano nella difesa che (tolta quella di St. Louis) ne ha messi a segno meno nella NFL (solo 6); Oakland era ed è piena di difetti, questa primavera nella baia avevano provato a sistemarne un po’ con molte acquisizioni sul mercato dei giocatori liberi, il record di 0-6 parte anche dalle prestazioni indegne dei nuovi arrivati. Con Woodley che, notizia degli ultimi giorni, ha anche giàn terminato la stagione causa infortunio.

Uno dei contratti più discussi questa primavera è stato quello di Darrelle Revis, che ha firmato un biennale a 12 milioni per il primo anno e 20 al secondo, con opzione per la squadra. Stando alle più che buone prestazioni sul campo, verosimilmente il secondo anno si trasformerà in qualcosa di più lungo nel tempo con una sostanziale ristrutturazione. Revis non era nuovo a questo tipo di formule, già nel suo trasferimento a Tampa aveva dato vita ad un contratto senza parte garantita. Di certo a New England però hanno mandato il fratello buono, quello che ai Jets si era conquistato l’etichetta di shutdown corner…e sull’isola di Revis continuano ad attraccare in pochi.

Situazione anagrafica e di carriera ben diversa quella di un altro “big name” che si era trasferito a marzo: Champ Bailey poi non ha fatto nemmeno mezzo snap in maglia Saints. Già al momento della firma sembrava una mossa con poco senno: era pur vero che a New Orleans erano alla disperata ricerca di costruire una secondaria efficace, ma il Bailey visto nelle ultime stagioni ai Broncos lasciava pochi dubbi sulla concezione di “carriera finita”, infatti, dopo essere stato tagliato ancor prima che la stagione iniziasse, non ha trovato più nessuno interessato alle sue (non) prestazioni.

Guardando il lato dell’attacco mi vorrei soffermare principalmente sui ruoli di WR e RB, lasciando stare per motivi d’ignoranza personale gli offensive linemen, di difficile analisi sui singoli giocatori (almeno per me), nonostante il loro sia stato un mercato molto vivace, e senza soffermarmi troppo sui QB per i motivi opposti (tutti ne parliamo, anche troppo…).

Il giocatore più chiacchierato della offseason è stato, a mani basse, DeSean Jackson, i 24 milioni in 3 anni con cui l’hanno convinto i Redskins sono solo una parte della saga che c’ha incuriosito 7 mesi fa. A Washington per ora ha collezionato 26 ricezioni per 528 yard e 3 TD in 7 partite, alcune delle quali giocate con qualche problema fisico, siamo ai suoi massimi livelli per yard a ricezione, venendo però coinvolto forse meno di quanto ci si aspettasse. Di certo non aiuta nel suo inserimento la querelle QB che ha visto sinora 3 giocatori diversi dietro al centro. Nel complesso sta rendendo per quanto firmato e per il giocatore che è e sempre sarà, in grado di spaccare le partite in due, ma strutturalmente incostante, pagando un po’ la sua monodimensionalità e la sua instabilità caratteriale.

Giocatore finito? Not so fast, my friend

Giocatore finito? Not so fast, my friend

Chi invece, da par suo, ha dato un calcio a tutte le voci di “giocatore finito” è stato Steve Smith (che nel passaggio dai Panthers ai Ravens ha aggiunto anche un Sr. al suo cognome). Anche il contratto che ha firmato (10 milioni in 3 anni), parlava di un giocatore attorno al quale c’era ben poco interesse, poi il campo ha detto la sua e dopo 7 partite ci restituisce un WR che è nei primi 10 per yard ricevute (640), per ben 4 volte sopra le 100 yard e con la chicca della partita da 2 TD proprio contro la sua ex squadra nei confronti della quale il dente era più che avvelenato. Di avere una partita con segnature multiple non gli accadeva dall’11 settembre del 2011, ha già pareggiato i TD messi a segno l’anno scorso (4) ed è vicino a pareggiare il numero delle yard (745 nel 2013), non era finito, ma, a 35 anni, il cambio di squadra e nuove motivazioni (essenziali per un giocatore carismatico come lui) devono sicuramente avergli fatto bene.

Di fama minore, ma comunque interessanti per motivi diversi erano stati i trasferimenti di Eric Decker (da Denver ai Jets per 36 milioni in 5 anni) e di Kenny Britt (da Tennessee, via assistenza sociale, a St. Louis per un annuale da 1,4 milioni). La diversa entità del contratto già ci descrive due acquisizioni di natura differente. Su Decker il dubbio principale risiedeva nel fatto di andare a comprare un ricevitore esploso dalla cura Peyton e che proprio a Denver non ritenevano meritevole di tutti quei soldi. La sensazione al di là delle cifre (23 ricezioni, 304 yard, 3 TD in 5 partite, ovvero tolta la partita contro Chicago in cui è uscito subito per infortunio) è che ci troviamo davanti ad un giocatore che sta facendo il suo, senza molti big play, ma fornendo un bersaglio utile (l’unico) ad un QB in evidente difficoltà tra i pro.

Se le aspettative per Decker erano alte, la firma di Britt era un “massì, proviamoci…”, non nascondo che ero stato affascinato dai suoi primi anni ai Titans, il giocatore poi però si è un po’ perso sia per lacune dentro al campo, che per casini fuori dal campo, che hanno in parte nascosto i suoi difetti come giocatore di football. Ai Rams è pur vero che il contesto tecnico, sia del QB che dei suoi compagni di reparto, non è per nulla chiaro, ma se questa doveva essere la stagione che ci dava risposte definitive, non so se le 14 ricezioni per 197 yard abbiano per ora convinto la dirigenza dei Rams a prolungargli il contratto. Anche se ammetto che, dopo il trittico da 5×69, 3×68 e 3×39 tra la week 3 e la week 5 con 19 target complessivi, stavo iniziando a crederci di nuovo…l’unica cosa non negativa è che per il momento, quando è stato necessario un taglio, i Rams hanno silurato Austin Pettis e non lui.

Concludo in bellezza, con il ruolo che personalmente trovo il meno adatto alla free agency, quello del RB. Oakland è protagonista anche qui, Maurice Jones-Drew ormai da qualche anno sembrava ai più un giocatore a cui non era rimasto nulla nel serbatoio: i 2 primi down, le 2,6 yard a portato e le 6 ricezioni in 4 partite (perché di giocarle tutte non se ne parla, per fortuna aggiungerei…) al momento non giustificano non solo il triennale a 7,5 milioni complessivi, ma nemmeno il fatto che io ci stia perdendo tempo a cercare le sue cifre.

Ben Tate invece ha fatto vedere qualcosa di più (69 corse, 279 yard, 2 TD, entrambi contro Pittsburgh, in 3 partite e mezzo) e può essere considerato una mezza sorpresa, dopo aver parzialmente fallito il primo tentativo da RB1, nell’anno in contumacia Foster ai Texans. Parliamo comunque di un giocatore giovane (26 anni) che sinora era stato poco logorato da carichi di utilizzo eccessivi. Quello che i Browns non sapevano al momento della sua firma (biennale a 7 totali) era che dal draft si sarebbero trovati 2 RB molto interessanti: e se West nel mix ci poteva anche stare, prendere Crowell come undrafted e tenerlo (almeno per il momento) lontano dalle tentazioni, complica un po’ i progetti futuri della squadra. Certo sempre meglio averne 3 di RB che nessuno, ma riuscire a gestire tutti senza mandarli fuori ritmo non sembra così facile, se non facendo vittime.

Darren Sproles rappresenta un’eccezione al discorso generale che si può fare sui RB veterani che cambiano squadra, semplicemente perché lui un semplice RB non lo è. In realtà nell’ultimo anno ai Saints il giocatore aveva già mostrato un decadimento delle prestazioni, tant’è che a New Orleans se ne sono liberati non in quanto in scadenza, ma grazie ad una trade per un quinto giro. A Philadelphia, se vogliamo, è diventato ancora più situazionale, come utilizzo, ma non è tanto la quantità del suo apporto (comunque buono) quanto la qualità (6,6 a corsa, 12,4 a ricezione, 3 TD a cui vanno aggiunti i ritorni….) a farne un pezzo pregiato dell’attacco di Chip Kelly che gli sta prolungando la carriera. Ma tutto questo era facilmente prevedibile sin da questa estate e il rinnovo contrattuale a 2 anni per 10 milioni sembrava sin da subito una mossa intelligente.

Non commuovo più nessuno?

Non commuovo più nessuno?

La carrellata dei nomi già noti si conclude con Knowshon Moreno, firmato quest’anno per un annuale a 3 milioni. Si conclude la carrellata come si è già conclusa la sua stagione (e probabilmene la sua esperienza ai Dolphins) dopo appena solo 1 partita disputata e due spezzoni. Abbiamo passato l’estate a chiederci chi sarebbe stato il titolare tra lui e Lamar Miller, il dubbio ora è stato sciolto, ma se ne è formato un altro: quanto può valere un RB che oltre all’anno da rookie, ha avuto una sola stagione completa, quella scorsa, dove l’effetto Peyton aveva colpito anche lui? Lo scopriremo solo tra 5 6 mesi, quando la rumba dei nuovi acquisti ricomincerà, voleranno milioni, sogneremo con le nuove acquisizioni, dimenticandoci che poi la realtà a volte è un’altra cosa.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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2 risposte

  1. Dommi ha detto:

    Secondo voi come si possono valutare gli spostamenti di Michael Johnson e Lamarr Houston? Pagati pesantemente ma per diversi motivi han faticato ad emergere.

  2. azazelli ha detto:

    Da Michael Johnson mi aspettavo qualcosa di più, però credo abbia avuto qualche problema fisico e in generale è stato inghiottito da una difesa che per il momento è sembrata allo sbando, mentre doveva esserne un fiore all’occhiello.
    Lamarr Houston sotto alle aspettative, che comunque non credo fossero altissime…in sostanza nessuno dei due mi pare abbia inciso un granché

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