NFC East 2014 – Preview

Luglio vuol dire training camp, training camp vuol dire preseason, preseason vuol dire settembre. Vista così, bisogna ammettere che noi di quelchepassa siamo già in ritardo per la presentazione della prossima stagione. In effetti l’anno scorso avevamo iniziato sin da giugno con le mini-preview team by team; vuoi per il mondiale di soccer, che ha distratto tanto noi quanto gli americani, vuoi che chi vi scrive è stato per un periodo senza pc e vuoi anche una parziale pigrizia, quest’anno affronteremo il cammino verso il kickoff in maniera più sintetica, raggruppando squadre (e articoli) division per division: saremo più concisi e per questo anche più cattivi, tanto, come al solito, poi ci penseranno la realtà e i vostri commenti a smentirci.

Fatto questo cappello introduttivo, iniziamo subito con la NFC East.

Dallas Cowboys

Finito ancor prima di iniziare.

Finito ancor prima di iniziare.

Cosa è cambiato: c’era molto da cambiare e poco spazio per farlo, l’obiettivo primario era rientrare nel cap partendo da 20 milioni di esubero, questa volta la ristrutturazione del contratto di Romo (must di ogni offseason a Dallas) non era sufficiente, così sono cadute teste storiche come quella di Miles Austin, ma soprattutto quella di DeMarcus Ware. Con questi presupposti il draft ha portato giocatori che non accendono le fantasie dei tifosi, ma che possono essere funzionali nel processo di rinnovamento investendo soprattuto in difesa e sulle linee, mentre dalla free agency si è fatto di necessità virtù, pescando dal sottobosco. Unica eccezione potrebbe essere l’acquisto di Henry Melton, uno dei migliori DT della lega, prima di un grave infortunio dal quale deve ancora recuperare. Da segnalare, l’acquisizione via trade a prezzo modesto, di Rolando McClain (8a assoluta 2010), uno che in 4 anni si è già ritirato 2 volte e che sottolinea la disperazione dei Cowboys per il reparto dei LB, specie dopo l’ennessimo infortunio di Sean Lee, che già sappiamo salterà l’intera prossima stagione.

Coaching staff: Jason Garrett, emblema della mediocrità all’ennesima stagione da 8-8, non ha visto in discussione il suo ruolo di capo allenatore, in compenso la confusione che regna nei suoi collaboratori meriterebbe un articolo a parte. Sinteticamente: in attacco Callahan già l’anno scorso come OC era stato messo un po’ da parte, perdendo il diritto di chiamare i giochi. È arrivato, dai Lions, Scott Linehan con la qualifica di “passing game coordinator”, prima o poi capiremo quali saranno le sue mansioni; in difesa Monte Kiffin e la sua tampa2 hanno sofferto (eufemismo), il progetto però non è stato del tutto abbandonato, si è deciso di promuovere Rod Marinelli, autore di un lavoro quanto meno decente con la DL considerando lo scarso materiale a disposizione che apporterà modifiche anche dal punto di vista tattico, mentre Monte resterà come assistente. Il club con più assistenti al mondo (semi-cit.).

Punto forte: l’attacco (e quindi Romo, piaccia o non piaccia) è il reparto con più talento a disposizione, sta al coaching staff riuscire ad imbrigliarlo come spesso è accaduto la passata stagione. La linea è giovane e talentuosa (3 prime scelte negli ultimi 4 anni), Dez Bryant ormai da una stagione e mezzo ha preso in mano quest’offence e incide costantemente sulle partite.

Punto debole: si potrebbe sparare indistintamente sulla difesa, ma stringendo un po’ il raggio di tiro, gli attacchi avversari non faranno fatica a mettere in difficoltà i LB texani. Detto dell’infortunio di Sean Lee, che ormai non fa più notizia, ci sarà da capire se Bruce Carter ha intenzione di venire stuprato come successo l’anno scorso. Holloman, Wilber, Hitchens, Lemon sono giovani che, chi più chi meno, prima o poi avranno delle chance, molto dipenderà dal fatto se verranno sfruttate.

Sorpresa: Lance Dunbar. Tra i rinnovi pesanti che si prospettano all’orizzonte, quello che potrebbe restare con la pagliuzza più corta in mano è DeMarco Murray. Dunbar, che recupera da un infortunio, non ha il talento dell’ex Oklahoma, ma dalla sua ha una completezza e una brillantezza che già nel corso di questa stagione potrebbero farlo preferire al titolare, di suo tanto forte quanto fragile.

New York Giants

Cosa è cambiato: l’anno scorso per molti sono stati la delusione dell’anno, sui Giants ci sono sempre aspettative molto alte. Quella di Eli Manning è stata una stagione disastrosa, ma sarebbe miope addossare addosso a lui tutte le colpe o pensare che sia dipeso solo ad una brutta stagione del proprio QB. Il running game fatiscente dovrà essere rinsavito da Rashad Jennings, uno che però sia ai Jaguars che ai Raiders negli ultimi due anni, pur avendo spazio, non è riuscito a confermare le prime buone impressioni di inizio carriera. David Wilson, per riconquistarsi le stellette da titolare, dovrà smettere di alternare infortuni a fumble, mentre Peyton Hillis ha le ore contate, considerando il rookie Andre Williams molto simile come caratteristiche. L’altro scossone grosso è arrivato nelle secondarie, dove si registra l’ennesimo episodio turbolento di Will Hill (poi tagliato e ora sotto contratto con gli Arizona Rattlers, Arena Football League), e dove sono arrivati Dominique Rodgers-Cromartie e Walter Thurmond a dar man forte al buon Prince Amukamara.

Ci vuole la faccia cattiva

Ci vuole la faccia cattiva

Coaching staff: in molti s’aspettavano il ritiro di Coughlin, a sorpresa invece è arrivato un rinnovo contrattuale per un’altra stagione fino al 2015. Chi ha pagato invece è stato l’OC Kevin Gilbride, ai Giants dal 2004 e arrivato a fine carriera, il suo posto è stato preso da Ben McAdoo, 36enne che negli ultimi 2 anni ha lavorato come QB coach ai Packers e a cui si chiede di ridare brillantezza ad un reparto che potrà comunque contare su ricevitori molto giovani e di alto, se non altissimo, potenziale. Mentre in difesa è stato confermato Perry Fewell, dando un po’ la sensazione che il sentimento dominante sia di un’annata sfortunata.

Punto forte: la continuità. Nonostante una stagione molto più negativa di quanto un 7-9 finale possa suggerire, New York dà la sensazione di non lasciarsi sopraffare dal panico. Se invece si vuole qualcosa di più specifico, di certo il reparto di ricevitori non solo non risentirà della dipartita di un impalpabile Hakeem Nicks, ma ha ampi margini di miglioramento in giocatori dal talento riconosciuto come Rueben Randle e Odell Beckham, senza dimenticare la “simpatica” salsa dance di Victor Cruz.

Punto debole: il middle LB ormai da anni è un tasto dolente, la passata stagione l’arrivo di Beason sembrava aver restituito alla posizione una dimensione presentabile, ma il linebacker ex Panthers era disponibile sul mercato per un motivo piuttosto semplice, ovvero la fragile condizione fisica. Non a caso si è praticamente infortunato nuovamente poche settimane dopo aver firmato un triennale da 17 milioni complessivi, difficilmente sarà disponibile dalla week1, riaprendo una voragine nel centro della difesa newyorchese. Merita una menzione di disonore anche la OL.

Sorpresa: DaMonstre Moore. Lo so, ormai i DE dei Giants non dovrebbero sorprenderci più, ma il sophomore, ex Texas A&M, è in rampa di lancio, sarà un piacere vederlo decollare ed atterrare addosso ai QB avversari.

Philadelphia Eagles

Cosa è cambiato: la rivoluzione, anno secondo, ha visto molti meno cambiamenti rispetto alla passata stagione, ma anche in questa offseason a Philadelphia non si sono annoiati. Il terremoto DeSean Jackson ha mostrato ancora di più chi è che comanda agli Eagles ora: Chip Kelly guida questa squadra tanto in campo quanto nelle scelte del personale ed ha inserito ulteriori tasselli per accelerare ancora di più il processo di trasformazione. Darren Sproles, seppur non più giovanissimo, è quel giocatore che può dare sia respiro a McCoy sia essere schierato in campo in slot diversi, mettendo in difficoltà anche solo con il posizionamento le difese altrui. Il recupero di Maclin (vedremo se e quanto adatto al nuovo attacco) e l’arrivo di due rookie WR completano le acquisizioni post DeSean. Mentre ci si aspettava qualcosa di più in difesa, dove la prima scelta è stata impegnata in un pass rusher (Marcus Smith) che in pochi si aspettavano a quel punto del draft. Mentre in safety, per l’annoso problema successivo all’addio di Brian Dawkins, è arrivato dai Saints, Malcolm Jenkins, giocatore entrato in NFL dalla porta principale della 14esima scelta assoluta come CB e in fretta convertito come S, ruolo in cui però ho mostrato ombre e luci.

Coaching staff: l’anno scorso c’era un mix di sentimenti tra curiosità, scetticismo, eccitazione per quella che sembrava essere una rivoluzione footballistica. Ad un anno di distanza HC, OC e DC sono stati confermati e potranno continuare lungo lo stesso sentiero. Dal punto di vista offensivo probabilmente s’è vista solo la punta dell’iceberg e un altro anno con la stessa metodologia di lavoro potrà sicuramente giovare. In difesa il passaggio alla 3-4 con principi nuovi non è stato ben digerito, ma i pochi interventi per quanto riguarda denotano una qual certa fiducia che ci sia bisogno principalmente di insistere su determinati automatismi ancora non ben compresi.

"Ho lasciato tutto nelle sue mani"

“Ho lasciato tutto nelle sue mani”

Punto forte: quando vai ad installare un sistema offensivo totalmente differente rispetto a quanto la NFL ha mostrato sino ad ora, l’asse QB-RB è fondamentale. Chip Kelly è stato bravo e fortunato nel trovarsi in casa due giocatori come Foles e McCoy, da loro dipenderanno molto i successi anche per la prossima stagione e le possibilità che possano continuare a produrre e macinare yard sono ancora molto alte.

Punto debole: come già accennato la difesa ha sofferto, anche per un ritmo offensivo che spesso la costringeva in campo più di quanto fossero abituati. Resto piuttosto scettico sul reparto degli OLB: Cole, Barwin, il rookie Smith e l’oggetto misterioso Graham, chi per un motivo (età o mediocrità), chi per un altro (incognito o bust) non danno certezze.

Sorpresa: Zach Ertz era atteso sin dal primo anno ad un utilizzo estensivo come quantità e sorprendente come qualità. In realtà ha passato la gran parte della scorsa annata seduto in panchina, ma prima o poi Kelly riuscirà ad inserirlo nel suo attacco, dando all’attacco stesso una dimensione che al momento manca, sfruttando peraltro un giocatore dal telaio e dalla potenzialità sicuramente superiore rispetto agli altri TE a roster (Celek e Casey)

Washington “noti come” Redskins

Cosa è cambiato: il nickname, non ancora. L’annata orribile ha spento non poco gli entusiasmi che giravano attorno alla squadra della capitale. Il cambiamento principale è quello della salute del loro generale in campo: Robert Griffin III torna ad avere una offseason “normale” e sul suo ritorno ad alti livelli si basa il rimbalzo nei risultati che si aspettano a Washington. Offensivamente, si è speso molto, specie al draft, per migliorare una linea offensiva decisamente sotto media: Spencer Long (OG) e soprattutto Morgan Moses (OT), entrambi arrivati al terzo giro, dovranno contribuire sin da subito nel provare a mantenere intatta la condizione fisica di RG3, che dal canto suo avrà più tempo per attivare le sue frecce arricchitesi quest’anno con l’arrivo a sorpresa di DeSean Jackson. Dal punto di vista mediatico, questa aggiunta è senza dubbio la più intrigante, avere un playmaker con queste caratteristiche rende sin da subito di un altro livello l’attacco dei Redskins, che nel primo anno dell’era Griffin era stato un po’ costretto a fare le nozze con i fichi secchi. Il ritorno di un Garcon sano, l’arrivo oltre dell’ex Phila anche di Andre Roberts da Arizona, assieme alla crescita di Reed nel ruolo di TE, abbinati ad un running game che oltre ai già noti Morris ed Helu potrà sfruttare anche le gambe fresche di Seastrunk (ex Baylor), il tutto coordinato da una nuova mente offensiva che sarà trattata nel paragrafo dedicato al coaching staff: bene, molto bene. Ma era la difesa la vera colpevole per la pessima stagione 2013: qui, in linea, è arrivato Jason Hatcher, che ha monetizzato l’ottima stagione a Dallas, un po’ come fatto da Stephen Bowen qualche anno prima. Mentre per Ryan Clark si tratta di un ritorno a “casa” dopo 8 anni agli Steelers (fu scelto dai Giants nel 2002, ma giocò due anni a Washington nel 2004 e 2005); lui e Tracy Porter (vagabondo della NFL dopo i fasti ai Saints) dovranno far fare il salto di qualità alla difesa: mica tanto bene.

Dall'Arena con furore

Dall’Arena con furore

Coaching staff: il regno di Shanahan è durato ben poco, forse è servito per dare un’altra dimensione ad una franchigia sino ad allora troppo dominata dal proprietario turbolento Snyder, ma dal punto di vista footballistico Mike aveva già dato tutto. Il suo posto è stato preso da Jay Gruden, fratello del più famoso “Chucky”, che però dopo una lenta gavetta partita dalla AFL, arriva finalmente al ruolo massimo per quel che riguarda un allenatore di football. C’è molta curiosità attorno alla sua gestione, dopo aver ben impressionato nel ruolo di OC ai Bengals, seppur con alti a bassi. Fondamentalmente sarà lui a guidare l’attacco, mentre per la difesa, a sorpresa, è stato confermato Jim Haslett. D’altronde quando si cambia HC, almeno per quel che riguarda i coordinatori principali si fa tabula rasa: Haslett, pur dopo una stagione orribile del reparto da lui guidato, avrà fatto pesare la sua fama, vedremo se avrà ragione.

Punto forte: se torna quello dell’annata da rookie, come brillantezza e scelte di gioco, RG3 è il prototipo del QB moderno, molto curioso di vedere come sposerà le idee offensive del suo nuovo capo allenatore.

Punto debole: le secondarie si basano ancora su DeAngelo Hall, che sembrava finito un paio d’anni fa. Poi ha avuto un rimbalzo di prestazioni, ma resta comunque sospetto. Il resto del reparto è costituito da scarti altrui, mentre i giovani Amerson e Rambo dovranno farsi spazio per dare un po’ di speranza.

Sorpresa: Keenan Robinson. Il LB uscito l’anno scorso da Texas, ha passato il primo anno per lo più ai box causa problemi fisici, ma nei piani dei Redskins sarà lui a riempire la scarpe lasciate vuote da London Fletcher.

Tirando le somme

Quella che per anni si vantava di essere la division più dura della NFL ha visto ormai da un po’ scendere i valori generali delle squadre. Philadelphia, dopo aver sorpreso molti, l’anno scorso, nel rimbalzo da ultima a prima divisionale (tenendo aperta una singolare striscia viva dal 2003), parte da favorita anche quest’anno, forte di una squadra che sta prendendo sempre più le sembianze del suo innovativo (per la NFL) head coach. Dietro sia Redskins che Giants hanno motivazioni e spiragli per sperare in un repentino cambiamento di rotta rispetto ai risultati 2013: tra le due trovo molto più esplosiva la miscela Jay Gruden – Robert Griffin rispetto alla voglia di rivincita di un Eli Manning (che ammetto di non aver mai amato ed apprezzato abbastanza), anche se in entrambi i casi il salto di qualità più importante per poter impensierire gli Eagles è richiesto alla difesa. Chiude le fila una sconsolata e sconsolante Dallas: seppur sia stata intrapresa la strada della ricostruzione, il traguardo sembra ancora molto lontano (specie in difesa siamo ai minimi termini come personale a disposizione) e l’8-8 che contraddistingue le ultime 3 stagioni più che un incubo, per il 2014 sarà un obiettivo.

 

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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Una risposta

  1. 23 Luglio 2014

    […] pur avendo meriti nella crescita generale della squadra. In realtà come abbiamo già visto QUI e QUI entrambi sono andati a “comandare” altrove e così i tifosi […]

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