Roubaix 2014: a volte vince il ciclista, a volte vince la corsa.

La Roubaix non si può raccontare, inizi a prendere appunti a 100 km dall’arrivo e ti trovi con 20 gruppi e gruppetti, 100 cadute, 60 recuperi e non sai più da dove iniziare. La Roubaix non si può raccontare, ma basterebbero le immagini, le foto, per capirne l’essenza, che va al di là di un nome scritto su un albo d’oro: l’entrata nella foresta di Arenberg vista dall’alto, quando capisci che “foresta” non è un modo di dire; il corridore che getta la bicicletta nel fosso, contrariato per l’ennesimo problema meccanico, e prende coscienza di cosa è l’inferno. Il fango o, come oggi, la polvere, l’immancabile passaggio a livello che ti ferma mentre stai scappando o, ancor peggio, stai provando a recuperare da una foratura, quando danno e beffa si congiungono e a te non resta che imprecare. La Roubaix è tutto questo ed anche di più: fa palmares finirla, figurarsi vincerla.

Rast getta la bici, Arenberg ha vinto.

Rast getta la bici, Arenberg ha vinto.

Niki Terpstra potrà raccontare di averla corsa e conclusa sette volte (almeno sino ad oggi) e a forza di correrla, ha imparato a conoscere uno ad uno ogni settore: è arrivato 74° al debutto, poi 103°, 17°, 32° e infine 5° due anni fa, 3° l’anno scorso e primo quest’anno, dopo essersi piazzato 6° la settimana scorsa al Fiandre. Finite le fatiche, a 5 km dall’arrivo, l’olandese ha provato l’azione che sarebbe poi risultata decisiva, e lì capisci che la Roubaix è molto più che una corsa, è una sopravvivenza, perché dopo 257 km, un quinto dei quali sul pavé, dopo che tutti hanno forato, recuperato, rincorso, faticato, cercato alleanze, scattato, sofferto, ti basta davvero un pizzico di energia o di pazzia in più per presentarti sul velodromo di Roubaix, che resta sempre l’ultima fotografia con cui puoi raccontare questa corsa che ti svuota anche solo a vederla dal divano.

Terpstra dentro al velodromo

Terpstra dentro al velodromo

Cosa ci resta da questa gara? Intanto che Sagan non era in condizione per fare la differenza sul pavé, nonostante questo e nonostante una foratura d’ordinanza a 100 km dall’arrivo, s’è trovato ad un certo punto nella situazione di poter far saltare il banco, il che non sembra poco. È scattato più volte sull’asfalto ed ha fatto la differenza lì, tatticamente l’aveva anche vista molto bene, conscio che altri sulle pietre volavano meglio di lui, ha provato ad imboccare il Carrefour de l’Arbre con un po’ di vantaggio ed è bastato per ricongiungersi appena finito. A quel punto, a 13 km dall’arrivo, davanti con lui c’erano Cancellara, Vanmarcke, Stybar e Degenkolb, dietro inseguivano Boonen, Wiggins, Terpstra e Thomas. Lui non poteva chiedere di più, mentre a noi in realtà qualcosa in più fino a quel punto la corsa ce l’aveva dato: Tom Boonen ad ottobre compirà 34 anni, questa corsa l’ha vinta 4 volte, solo De Vlaeminck come lui, non so se avrà ancora un’altra chance per issarsi a 5 successi, ma vederlo in testa alla corsa, aggredire ogni singolo tratto di pavé dal km 193 in poi è stato uno spettacolo. Dietro il gruppo dei migliori lo vedeva, ma lui costantemente quando la strada si faceva sconnessa, guadagnava secondi; per vincerla ci voleva qualche anno in meno sulla carta d’identità (probabilmente ne bastavano anche solo 2…..), ma anche con questo decimo posto l’appassionato può essere soddisfatto e lui può consolarsi in qualche modo con la vittoria di un suo compagno di squadra: Omega-Pharma molto molto bene oggi.

Quando ad 8 km dall’arrivo i due gruppetti si sono uniti, ognuno dei componenti aveva la sua storia da poter raccontare sul podio: Cancellara, Vanmarcke e Stybar avranno avuto un dejavu. L’anno scorso c’erano loro 3 in fuga a 15 km dall’arrivo, quando un improvvido tifoso ha urtato Zdenek Stybar facendogli svanire ogni possibilità di vittoria. In fatto di sfortuna in questi primi mesi di stagione però nessuno è secondo a Degenkolb, che alla Milano-Sanremo fora ai piedi del Poggio e che qui ha passato la giornata a rincorrere i migliori, dopo un problema meccanico a 70km dall’arrivo, riuscendo anche questa volta a trovarsi con il gruppo ristretto dei migliori quando tutte le asperità sembravano finite e pronto a far valere la sua forza in volata, ma la Roubaix non finisce mai, nemmeno quando i tratti impegnativi di pavé sono terminati, e così stavolta si è dovuto accontentare della volata del secondo posto: benché la TV non ce l’abbia mostrata, ci dicono l’abbia vinta lui davanti a Cancellara; Spartacus che quindi conquista il terzo podio su tre classiche monumento (secondo a Sanremo, primo al Fiandre, terzo oggi) e addirittura a fine corsa c’è chi gli chiede come si spiega la sconfitta. Voto 10 per il self control nella risposta, 9 per la corsa, meno appariscente di altre volte, è mancato quel pizzico di brillantezza in più negli ultimi km di una gara che per il resto tatticamente gli è stata molto difficile, dove si è trovato spesso in mezzo, senza tanti compagni a dargli una mano e nonostante tutto l’ha visto sul podio. Chapeau.

Oggi, come 50 anni fa, il bello e il brutto della Roubaix

Oggi, come 50 anni fa, Boucher assapora il bello e il brutto della Roubaix

Giù il cappello anche per Bradley Wiggins, un corridore che non ho mai amato particolarmente, che, prima e dopo il Tour vinto, non ha mai mostrato lampi di classe, ma che è venuto alla Roubaix per fare la corsa e così è stato, provando anche un paio di azioni e restando con i migliori. Il team Sky poi c’ha provato per tutta la giornata, non solo con Wiggins, anche con Geraint Thomas e, ad un certo punto, abbiamo sentito nominare anche Salvatore Puccio, unico raggio di sole tricolore, assieme ad una improvvisa presenza nel gruppo dei migliori di Filippo Pozzato, prima di sparire in qualche tratto di pavé.

Ci sarebbe parlare della corsa della BMC con Van Avermaet rallentato da una caduta a 20 km dall’arrivo e soprattutto “frenato” dalla presenza del suo compagno di squadra, Thor Hushovd, attivo nel tentativo di fuga a 64 km dall’arrivo ed unico “amico” di Tom Boonen, che per molti chilometri ha dato la sensazione di poter arrivare sino al traguardo.

Ma come detto in apertura se si riprendono tutti gli appunti di una corsa così frenetica non si finisce più di raccontare e diventa mera cronaca, cosa che vorrei evitare, allora chiudo con l’ultima immagine che ci viene servita da questa passione (in pieno tema pasquale) lunga 257 km: poco dopo i problemi di Degenkolb e della caduta di Wiggins (già, è caduto anche lui…), poco prima del forcing di Boonen, la regia ci inquadra Arnaud Démare, ha appena bucato e con la corsa che è appena esplosa si trova senza ammiraglia nelle vicinanze, non demorde, continua a pedalare e sul pavé derapa che nemmeno fosse Marc Marquez. Questa è la Roubaix, a me fanno ancora male le braccia.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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4 risposte

  1. lucadomenighini ha detto:

    Penso che l’immagine che rappresenti al meglio questa corsa sia Terpstra con bocca aperta e lingua di fuori a tutta fino all’arrivo. Immagini che solo certe corse ti possono dare.

  2. mlbarza ha detto:

    Corsa molto più aperta rispetto agli ultimi anni, bella e con un paio di grossi calibri che, come usanza degli ultimi anni, hanno iniziato a muoversi molto lontano dal traguardo. E’ mancato un corridore nettamente sopra gli altri sul pavè (o quantomeno un paio) e sono mancate anche molte squadre a livello tattico. Penso alla BMC, ma avrei dei dubbi anche sulla condotta a tratti della Belkin. Alla fine, la squadra più forte l’ha spuntata con una delle sue (tante) punte, nel momento in cui tutti avevano vantaggio ad attaccare per staccare Degenkolb (mostro) ed alla fine l’unico a provarci è stato Terpstra. Bravo lui, meno gli altri.
    Ora sotto con le Ardenne, sperando che lo spettacolo sia all’altezza di quello offerto da Fiandre e Roubaix.

    • azazelli ha detto:

      Alla fine non sarei così cattivo con la BMC, sostanzialmente hanno provato a fare la stessa corsa della Omega, con Boonen davanti c’era Hushovd (ad un certo punto ho pensato fosse lui il vincitore…) e dietro poi il lavoro che ha fatto Terpstra, poteva e doveva farlo Van Avermaet, che ha avuto anche un po’ di sfiga nel finale.

      Per il resto condivido che una decina per il gruppo finale è indice di nessuno che abbia fatto decisamente la differenza sul pavé. Anche se l’azione conclusiva di Terpstra (al di là che forse non era l’uomo più marcato/atteso) si lasciava vedere…e se la faceva un nome più “marcato” magari staremmo parlando in toni più epici.

      • mlbarza ha detto:

        Vero in parte il discorso sulla BMC, se doveva sacrificare qualcuno “da lontano” forse aveva più senso sacrificare Phinney che Thorone, però son dettagli alla fine.

        Stando a Cancellara, si è arrivati in gruppo e nessuno ha fatto realmente la differenza sul pavè a causa del forte vento contrario che c’era nel finale di corsa. Possibile, le bandiere si muovevano parecchio. Sarei curioso, visto che son svariati anni che non accade, di rivedere una Roubaix bagnata, però poi poveri chi glielo fa fare ai corridori di pigliare pure l’acqua 😀

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