Much ado about doping

Doping "Se vi dico dove mi trovo, poi venite a stalkerarmi"

“Se vi dico dove mi trovo, poi venite a stalkerarmi”

Il giorno che sconvolse l’atletica italiana? Un terribile sistema di coperture e di doping di Stato? Peggio della Russia, della DDR, di Asterix con la pozione magica? Tante le voci incontrollabili che si sono succedute in seguito alla notizia del deferimento di 26 atleti italiani da parte della procura antidoping. Voci, come spesso accade nel mondo del clickbait e dei 140 caratteri, abbastanza lontane dalla realtà dei fatti.

Quello che sarebbe contestato agli atleti, tra cui nomi di primo piano come Meucci, Howe, Gibilisco, Salis, Incerti e altri, è la mancata reperibilità ai controlli antidoping e l’elusione degli stessi. Se già l’accusa è di per sé meno grave del “si dopavano tutti” dato in pasto all’opinione pubblica, risulta ancora più debole ad una indagine più profonda.

Pietra dello scandalo ed accusato dagli atleti, con Salis e Donato molto precisi sui social network, il famigerato sistema whereabouts del CONI. All’inadeguatezza del metodo, che prevedeva addirittura l’utilizzo del fax negli anni ’10 (evento previsto ormai solo dagli sceneggiatori di Ritorno al futuro), si è poi sommata la scarsa o assente comunicazione di eventuali mancanze da parte della FIDAL. Si arriva così all’assurdo odierno, con l’indagine di Bolzano che scopre la vicenda costringendo la procura antidoping a correre ai ripari deferendo gli atleti, molti dei quali all’oscuro della vicenda e ignari di essere nella colpa.

Per riutilizzare una metafora circolata in questi giorni, dei colpevoli di divieto di sosta si trovano accusati essere dei ladri patentati di automobili, senza che peraltro alcuna multa fosse arrivata a casa. Non a caso il polverone iniziale si sta già posando, con la condanna dei deferiti considerata improbabile ed una certa tendenza al garantismo con tanto di interventi in loro netta difesa di Malagò e Giomi.

Rimane in tutto questo la sensazione di una scarsa consapevolezza degli atleti della gravità di quanto stesse succedendo. In uno sport nel quale gli azzurri sono ancora in gran parte formalmente “dilettanti” e forse impreparati a gestire quanto avviene fuori dalla pista. Pagano così con una reputazione macchiata forse irrimediabilmente, senza che in questa vicenda specifica sia emerso alcun tipo di doping.

Chissà che tra sei mesi tornino le prime pagine per l’atletica grazie a qualche successo, finalmente. Sempre che non debbano dare spazio a qualche notizia imperdibile come l’uscita della nuova biografia di Bobo Vieri.

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7 risposte

  1. azazelli ha detto:

    Quando ho letto i nomi ho capito subito fosse una cazzata presentata pure male. Se poi consideriamo da dove è partito il tutto fa ancora più ridere: io Schwazer a Rio 2016 non lo porterei nemmeno con la zattera, mi dispiace. Mentre i dirigenti cavalcheranno la sua presenza come segno di redenzione e quindi come copertina del lavoro stesso del CONI….pessimismo e fastidio.

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