Carpi FC 1909 – Istantanea 2015

La descrizione di un attimo

La descrizione di un attimo…tiro mancino

Il 2015 del Carpi si chiude con uno scatto da dietro la porta, ripreso da un qualche tifoso che per qualche assurda ragione teneva proprio in quel momento il telefono puntato verso la porta della Juventus. Uno scatto sfocato ma assolutamente chiaro. Lorenzo Lollo, al limite dell’area piccola, arriva sul pallone per colpirlo sicuro verso la rete avversaria; Buffon è praticamente già in volo alla propria destra e l’unico difensore, Bonucci, è immobile davanti al centrocampista biancorosso ma troppo sorpreso e distante dall’avversario per poter fare qualunque cosa. Nel novantanove percento dei casi un’azione così finisce con il gol. La palla, invece, esce male dal piede di Lollo che non sembra nemmeno colpirla, la sbuccia con il destro la spinge in avanti col sinistro e questa rotola alla velocità del rapido Taranto-Ancona tra le manone di Buffon. Finisce 2-3 per la Juventus e si spezza il sogno di quella che sarebbe stata un’epica rimonta nel finale contro i campioni d’Italia.

L’effetto del rientro di Mister Castori si vede ma non è sufficiente. A fronte di un ambiente decisamente più sereno e di una squadra che, dopo i 90 giorni di Sannino, finalmente ricomincia a correre e a mostrare un minimo di idee, per quanto incastrate in meccanismi piuttosto basilari, ma tecnicamente siamo ben lontani dai valori richiesti anche solo per la salvezza. Le speranze non sono perdute, la zona gialla, appena fuori dalle ultime tre, è solo a sei punti (comunque il 60% in più dei punti fatti finora) ma è palese che qualcosa debba cambiare. O nel mercato o nei valori sinora espressi. Perché se la coppia Gagliolo-Romagnoli, ad esempio, in Serie A vale quanto visto finora è palese che il salto di categoria sia stato davvero troppo elevato.

Le istantanee del 2015 del Carpi sono un contrasto fortissimo come mai si è visto in queste zone grige e impantanate quasi sotto il livello del mare. A fronte di un inizio anno che generava la folle impresa di raccogliere una promozione mai nemmeno desiderata nei sogni più pornografici di ogni tifoso, al lento declino di fronte a un campionato che sembra davvero un altro sport. Poco importa mettere paura a Inter, Fiorentina e Juve se la somma dei punti fa zero e se, negli scontri diretti, la somma cambia comunque di pochissimo. Tra errori di mercato, gestione, valutazioni, mancano in casella 5-6 punti che oggi farebbero una gran differenza di classifica ma non necessariamente di prospettive. Perché questa squadra, che in un certo senso ha ammazzato la scorsa Serie B, in A non è in grado di dare continuità a nulla, rischiando di sprofondare nella goleada ogni volta che va sotto.

Come successo a Empoli, forse il vero miracolo di questa stagione, dove dopo un primo tempo solido e praticamente alla pari con l’avversario è bastato un gol di Maccarone dopo pochi munti della ripresa per gettare i Biancorossi nel panico per almeno quindici minuti e risvegliarsi già sotto 2-0. Cosa non accaduta col Milan, dove si strappa uno 0-0 di prestigio contro una squadra però avvolta da mille difficoltà, contestazioni, dubbi non troppo celati sulla gestione dell’allenatore che rischia di essere soltanto l’ennesima vittima sacrificale degli ultimi due anni di turbolenza rossonera.

Il Milan è passato dal Braglia portando Montolivo come il quarto per una briscola (cafoni i padroni di casa a non offrirgli almeno una sedia), ha passato il primo tempo a capire dove si trovasse ad eccezione di qualche invenzione (dio, invenzione…) di Niang e Bonaventura e rischiando grossissimo per un fallo non visto (o non fischiato e basta) su Lasagna che sarebbe valso rigore e rosso per il portiere milanista. Ma sono attimi, momenti, nulla più. La sensazione è quella di essere sempre legati al fatto che gli altri non inventino il gol. Ma così facendo hai un bel da pensare a salvarti, è già molto se non arrivi ultimo.

Era prevedibile, probabilmente, ma il rammarico sta oltrepassando l’idea di sconfitta e questo, nello sport, lascia sempre ferite aperte e tanti, troppi dubbi. La breve epopea Sogliano non era partita nel migliore dei modi con gravi colpe di una dirigenza che ha delegato troppo e difeso troppo poco il proprio “gioiello” che usciva da un’impresa straordinaria. Si è cercato di porre rimedio ma ci insegnano che sbagliare tutto (o quasi) a luglio rende difficile sistemare in corsa la situazione a meno di non voler investire vagonate di milioni che, forse, nemmeno ci sono.

Il bonus del godersi le grandi trasferte sembra esaurito con un girone di ritorno che presenta sette o otto viaggi epici che rischiano di coincidere con una situazione di classifica irrimediabile più che difficile. Le istantanee di gioia di aprile sembrano foto in bianco e nero di due secoli fa, la pioggia che ti sbatte in testa per novanta minuti prima dell’ingresso in campo insieme a migliaia di fedeli pronti a rendere omaggio all’imprevedibile si perde tra i ricordi di un’infanzia surreale. Foto vecchie di parenti sconosciuti con l’aria fiera viste sulle credenze di qualche bisnonna ormai andata di testa e incapaci di raccontarti aneddoti che abbiano almeno del verosimile. In mezzo le foto dei giorni più belli, come la trasferta di Firenze in Coppa Italia, un natale in anticipo che sembra spostare tutte le attenzioni su un trofeo normalmente snobbato da tutti, al netto delle dichiarazioni di rito, ma che rischia di assumere proporzioni enormi, anche se è difficile pensare che il Milan, con il tabellone che si ritrova (Carpi e una tra Spezia e Alessandria), fallisca la possibilità di rimanere incollato all’unica valvola di sfogo che può tenere in piedi una stagione troppo traballante.

Vittoriosi a Firenze

Vittoriosi a Firenze

Si rimane lì, appesi ad un filo e ad un nulla di fatto fino a quando bere una birra in un parchetto non diverrà certamente più gratificante dell’ennesima disfatta in trasferta (cit). E mentre i padroni del vapore esternano una fiducia da copertina, il popolo sotto attende di avere conferma sulla parola fine. Con quella piccola luce accesa in fondo al tunnel a farti credere che nulla sia ancora perduto del tutto. Che ci saranno altre Genova e altre Firenze, che qualcosa si muoverà, preparando “l’invasione dei giusti” a Roma per il 6 di gennaio. Chissà, forse è questione di semestri. Dovremmo fare un oroscopo. O sperare che qualcuno renda per almeno una parte delle aspettative che ci eravamo creati. O puntare sulla Coppa Italia più di ogni cosa nella galassia, affondando la spada laser su Sinisa e soci e aprendoci la strada alla gloria.

Ma alla fine nessuno potrà davvero dimenticare questo 2015 anche se si è lavorato per sfasciare tutto in brevissimo tempo. E’ come divorziare il mese dopo il matrimonio, non ha senso, rende opaco ogni ricordo del giorno fatidico. Ma quel ricordo non se ne va, non si stacca da tutti noi che vorremmo solo vedere gladiatori sudare fino alla fine per quell’insperato traguardo. Una foto di famiglia, un’istantanea di vita, è sempre il ricordo più bello che puoi tenerti vicino, ricercando calore, ricordando il rumore delle feste e delle carte regalo stracciate dai bambini. L’epilogo è molto semplice: abbiamo bisogno di calore, del rumore della vittoria, di chi ci crede ancora. Se la foto verrà sfocata pazienza, chi osa sognare sa immaginare. E a volte riscrive la storia contro ogni destino. O più semplicemente scatta l’istantanea giusta nel momento giusto.

“Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento”

Henri Cartier-Bresson

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