Come nasce un gameplan?

Quante volte ci siamo trovati, da tifosi, e criticare il gameplan della nostra squadra, sia esso offensivo che difensivo? Quante volte abbiamo detto perché non è stato chiamato questo gioco? Perché non blitziamo di più? Perché non facciamo qualche screen? Perché non viene utilizzato maggiormente quello o quell’altro giocatore? Forse non è così semplice come sembra.

Per prima cosa: cos’è un gameplan? Sostanzialmente il gameplan è quell’insieme di giochi, sia offensivi che difensivi, con cui una squadra di football si presenta in campo per affrontare la sua avversaria, e che vengono decisi sia in base ai propri punti di forza che per cercare di sfruttare quelli di debolezza dei propri avversari, oltre che in base ad altre variabili che cercheremo di spiegare meglio in questo articolo.

Ovviamente ogni allenatore, in base alle sue esperienze, alla sua “cultura”, alla sua filosofia di gioco ha un’insieme abbastanza grande di schemi, che può raggiungere anche i 1000, che coprono tutte le varie situazioni di gioco, i vari tipi di personale utilizzati, e questo per uno stile di gioco “tradizionale” diciamo (alcune filosofie di gioco molto in voga specie al college, ma che vengono sempre più usate anche in NFL, sono sviluppate su un numero di giochi molto minore ma che si sviluppano diversamente in base a come si dispone o risponde la difesa: i cosiddetti “package play”.

gameplan

Non sono impazziti eh: queste sono chiamate di un gioco

Appena finita la stagione della propria squadra, il coaching staff si mette subito ad analizzare tutto quello che è stato fatto nell’anno, quali giochi hanno avuto più successo, quali meno, come ha risposto la squadra ad alcune chiamate, quali giochi sono stati più redditizi in determinate situazioni di gioco e così via: in pratica fa un lavoro di analisi profonda sulla qualità dei gameplan utilizzati nella stagione appena passata in modo da preparare al meglio quella futura: in pratica si può dire che è in questo momento dell’anno che inizia la preparazione di un gameplan.

Tutto questo lavoro di analisi serve anche per prepararsi al meglio anche alla free agency e al draft: ci sono giocatori che potrebbero interessare perché molto adatti alla propria filosofia di gioco? Che possono essere utilizzati al meglio nei propri giochi? Al contrario ci sono giocatori nel proprio roster che non sono a loro agio o si sono dimostrati poco adatti al proprio gameplan e quindi sono “sacrificabili”? Ci sono giocatori che mi potrebbero permettere di sfruttare meglio alcuni tipi di giochi o che mi possono permettere di inserirne nuovi? Non ha molto senso decidere di firmare qualcuno senza sapere come poi utilizzarlo…e anche per quanto riguarda i rookie: è vero che questi possono ancora essere un minimo “plasmati” per soddisfare le proprie richieste, ma bisogna sapere bene come utilizzare qualcuno prima di sceglierlo (ovviamente questo è un lavoro che è più facile da fare in franchigie che non hanno una porta girevole come coaching staff).

In base quindi a come, man mano, si completa il roster, il gameplan viene rifinito sempre di più, togliendo alcuni giochi e aggiungendone altri, e attraverso tutti gli OTA (organized team activities) e i minicamp gli allenatori cercano di capire meglio quali sono quelli che meglio si adattano ai loro giocatori, quelli che vengono assimilati più facilmente, cercando di massimizzare i punti di forza che vengono identificati e, al contrario, eliminando quelli problematici, con un occhio già ai matchup che verranno affrontati in stagione. Dopo ogni allenamento il coaching staff s’incontra per discutere sui pro e i contro di ogni gioco provato, con un’occhio sempre al futuro e alle situazioni di gioco in cui poterli utilizzare, e così facendo si viene a comporre il playbook con cui si arriva al training camp vero e proprio.

A questo punto il roster per la stagione è per lo più già composto (al netto di eventuali infortuni ovviamente), e quindi il coaching staff può focalizzarsi meglio su come far imparare bene il playbook ai propri giocatori. Ovviamente, considerando che in genere il playbook non è che cambi integralmente tra una stagione e l’altra, questo è un lavoro più semplice per le squadre che hanno avuto pochi cambiamenti a roster e più complicato per quelle che hanno subito una discreta “rivoluzione”, per non parlare poi di quelle che hanno cambiato proprio coaching staff e quindi anche playbook.

Negli ultimi anni, per venire incontro alle richieste dei giocatori e per cercare di non affaticarli troppo, è stato ridotto il numero degli allenamenti a disposizione delle squadre, così il lavoro d’installazione del playbook è diventato ancora più difficile per i coach, che devono essere molto bravi nella sua pianificazione, cercando d’identificare quali giochi necessitano di maggior tempo e quelli che meglio eseguiti dalla squadra: arrivati a questo punto non c’è quasi più tempo per fare cambiamenti importanti nel playbook!

gameplan, Il famoso playbook

Il famoso playbook

Arrivata la stagione cambia, ovviamente, il lavoro da fare con la prima partita. Per prima cosa si vede come gioca l’avversario, che tipo di difesa schiera (o che attacco)? Affrontare una 4-3 o una 3-4 è differente e questo porta di conseguenza ad eliminare dal gameplan della partita tutta una serie di giochi. Poi si guarda il proprio roster: ci sono rookie nel lineup e quindi si vuole cercare di facilitare il loro lavoro con chiamate più semplici? Ci sono nuovi arrivi che stanno ancora imparando il playbook? Ci sono infortunati? Così facendo si arriva magari a circa 100 giochi (al netto del fatto che uno stesso gioco può essere eseguito con diverso personale in campo). Ma c’è il tempo per provare in allenamento tanti giochi? Ovviamente no! Ci sono al massimo 4 o 5 sessioni prima di scendere in campo e quindi si potranno provare bene al massimo una quarantina di giochi che costituiranno il cuore del gameplan! Daltronde i giocatori odiano prepararsi per giochi che poi comunque non verranno chiamati, e non è che ci sia molto tempo da perdere a disposizione..

A questo punto il coaching staff deve avere un colloquio con il proprio quarterback facendogli vedere la lista dei giochi scelti e ascoltando la sua opinione: quale sente più “suoi”, in quali si sente più sicuro, quelli che non gli piacciono o quelli che, secondo lui, i compagni non hanno ancora “digerito”, etc. Non è detto che il parere del quarterback venga accolto tutto (magari di alcuni si), ma certamente questo può portare a scremare ancor di più il gameplan o a comunque ridefinirlo. A questo punto il coaching staff può organizzare il gameplan in base a come i giochi (alla fine circa una sessantina) potranno essere chiamati, down, distanza, tempo a disposizione, punteggio, etc.

I grandi allenatori sono quelli che riescono a ridurre quanto più possibile il proprio gameplan senza però correre il rischio di diventare prevedibili! Il rischio di avere troppi giochi a disposizione è quello di non riuscire a focalizzarsi bene, per sè e i propri giocatori, su quelli che saranno più importanti in relazione all’avversario da affrontare e su quelli che si eseguono più efficacemente: è meglio prepararsi quanto più possibile su pochi (relativamente) giochi che poco su tanti! Un gameplan non dev’essere semplice, dev’essere intelligente e preparato per sfruttare al meglio i matchup che si affronteranno: quando arriva il momento della partita non è più importante quello che conoscono gli allenatori ma quello che conoscono i giocatori!

Durante la stagione le cose cambiano un po ed il lavoro viene organizzato in base al giorno:

  • lunedì: per prima cosa si esamina la partita precedente: i giocatori rivedono i filmati e vengono visitati dallo staff medico che poi ne riporterà le condizioni al coaching staff perchè è vitale sapere se e quanto si potrà allenare in settimana un giocatore e se potrà giocare la prossima partita). La sera c’è poi l’incontro con gli scout che presentano al coaching staff l’avversario da affrontare: tendenze di gioco delle ultime partite, tipi di personale schierati in campo e relativi giochi chiamati, qualsiasi cosa, insomma, che possa aiutare a capire meglio come gioca il prossimo avversario (gli audible chiamati possono per esempio servire al DC per capire come cercare d’ingannare un QB mostrandogli qualche tipo di copertura per cui lui tende a chiamare un audible e poi, invece, fare altro). Queste sono le informazioni più importanti che poi i coach danno ai giocatorie che serviranno a questi in campo: vi ricorda per caso il gioco decisivo dell’ultimo Super Bowl questa cosa? Questo lavoro di scouting non viene effettuato solo per gli avversari ma anche verso se stessi perché non c’è cosa peggiore di una squadra prevedibile nel proprio gameplan.
  • martedì: i coaching staff offensivi e difensivi fanno i loro meeting separatamente dove iniziano a scambiarsi le informazioni più importanti uscite fuori dal lunedì e da cui poi inizia a delinearsi il gameplan della prossima partita. Generalmente il martedì è un giorno in cui i giocatori sono “liberi” (per i migliori questo significa soprattutto studio, per gli altri trattamento medico).
  • mercoledì: il gameplan è pronto per essere “installato” e questo è il giorno in cui si provano soprattutto i giochi che verranno usati nei primi e secondi down, usando i vari tipi di personali e contro uno scouting team che si allineerà come si pensa lo farà il team avversario in partita in queste situazioni. Ovviamente in questa occasione si avrà un’occhio di riguardo agli eventuali audible da chiamare se la difesa si dovesse schierare in un particolare modo. Alla fine dell’allenamento il coaching staff farà un lavoro di review per capire le cose da migliorare, quelle da cambiare e per preparare i giochi da chiamare nei terzi down.
  • giovedì: nella mattinata la prima cosa che fanno i giocatori e discutere con i propri allenatori di reparto l’allenamento del giorno prima in modo da poter effettuare subito le dovute correzioni in campo nella prima parte della seduta, per poi passare a provare i giochi sui terzi down. Dopo l’allenamento il coaching staff ripete la procedura del giorno precedente e prepara le situazioni di gioco del venerdì.
  • venerdì: dopo rivisto quello fatto nell’allenamento del giovedì, i giocatori passano a provare sul campo le situazioni particolari tipo goalline e 2 minute. In genere gli allenamenti del venerdì sono più corti e si svolgono senza armatura.
  • sabato: la prima cosa che si fà, anche più presto dei giorni precedenti, è quella di rivedere l’allenamento del giorno prima per fare eventuali correzioni, allenamento comunque molto leggero. Molto importante e interessante è la riunione di squadra del sabato sera quando si cerca di porre l’attenzione su chi dovrà giocare gli special team, con tutte le varie situazioni possibili e, soprattutto, cercando di fare in modo che sia ben chiaro chi deve sostituire chi in caso di eventuali infortuni: per es. si alzano gli 11 per la kickoff coverage, poi il coach fa il nome di uno che si deve sostituire e colui che ha il compito di farlo dev’essere pronto ad alzarsi. Dopo questa riunione di squadra, attacco e difesa si riuniscono separatamente per le ultime raccomandazioni o spiegazioni dei coach di reparto.

Vedendo questa programmazione salta subito all’occhio la difficoltà, soprattutto dal punto di vista dei coach, di preparare gli ormai usuali incontri del giovedì sera (il Thursday Night Football) che scombussola tremendamente l’usuale programma di un team NFL e che per questo non sono visti tanti di buon occhio e sono programmati in modo da non essere più di uno per ogni squadra. D’altro canto capite anche bene cosa significa avere più tempo per preparare una partita (bye).

Costruisci anche tu il tuo gameplan

Costruisci anche tu il tuo gameplan

Ma quando arriva la partita il lavoro non è certo terminato, anzi…

Bill Wlash e i suoi niners hanno portato l’usanza di preparare il famoso script di 15 giochi con cui iniziare la gara: questi non devono essere solo i giochi che si pensano migliori o quelli in cui ci si sente più forti, ma devono anche essere quelli che possono permettere meglio di raccogliere più informazioni possibili su come la squadra avversaria ha intenzione di affrontarci e quindi, dopo le prime serie, permettere di effettuare i primi aggiustamenti al gameplan (decisive le informazioni che i giocatori danno ai propri allenatori).

Durante la partita poi l‘offensive coordinator dovrà avere quante più informazioni possibili sulla situazione fisica dei giocatori, sull’efficacia dei giochi chiamati nelle rispettivi situazioni di down e distanza (in questa fase è molto importante il lavoro del “quality coach” che in genere nessun tifoso capisce cosa faccia), sulle proprie tendenze che si sono evidenziate e su quelle dell’avversario sempre nell’ottica di non essere prevedibili e scontati, sulle condizioni atmosferiche in campo e sulle loro previsioni future, sul tempo rimasto e i timeout a disposizione, etc.

All’intervallo si cerca prima di capire cosa è andato bene e cosa male nel primo tempo, quali giochi hanno funzionato e quali meno, a questo punto i coordinatori possono, se lo ritengono opportuno, modificare alcune parti del gameplan con nuove chiamate (ovviamente più sono questi cambiamenti e più diventa pericoloso, anche perché ciò significa che il primo tempo non è andato molto bene) e lo comunicano ai coach di reparto, e questo in genere avviene nei primi 4-5 minuti dell’intervallo. A questo punto è compito dei coach di reparto comunicare ai giocatori gli eventuali cambiamenti e dare gli opportuni consigli, roba comunque di pochi minuti al massimo perché poi è già tempo di tornare a giocare.

La domanda che spesso si fà il tifoso però è: ma chi prepara il gameplan? Spero che sia emerso da questo articolo che è soprattutto un lavoro collegiale, in cui molte persone danno i loro input ma comunque, generalmente, il responsabile della sua definizione è sempre il coordinatore di reparto, con il capo allenatore che deve sempre dare il proprio assenso perchè è quello in cima alla linea di comando. L’head coach poi ha un background o offensivo o difensivo, e quindi magari metterà più “becco” in quella della sua “parte”, ma generalmente, essendo i coordinatori gente di sua fiducia, dovrebbe cercare di delegare quanto più possibile anche perché lui ha anche altre cose a cui pensare, specie durante la partita.

Poi ci sono casi in cui l’HC è anche coordinatore e quindi si tiene per sè la responsabilità di chiamare i giochi (generalmente succede solo per l’attacco), e anche casi in cui non è uno solo a chiamare i giochi ma c’è una divisione dei compiti in base, per es., al fatto se il gioco è di corsa o di passaggio o se è in red zone. Personalmente non sono un grande fan di situazioni del genere perchè nel primo caso l’HC tende a perdere inevitabilmente di vista il quadro generale e questo può portare a prendere decisioni sbagliate per quanto riguarda per es. timeout o challenge, mentre nel secondo caso si rischia di generare confusione, di allungare i tempi della comunicazione verso il campo e quindi a non mettere nelle migliori condizioni i propri giocatori.

Siete ancora convinti che in fondo preparare un gameplan è semplice no? Senza contare poi che dev’essere anche eseguito bene e che magari basta un piccolo errore o una piccola variabile non ben considerata per mandare a monte tutto.

Il materiale per scrivere questo pezzo è stato preso dal libro “Take your eye off the ball: how to watch football by knowing where to look” di Pat Kirwan.

angyair

Tifoso dei 49ers e dei Bulls, ex-calciatore professionista, olimpionico di scherma, tronista a tempo perso, candidato al Nobel e scrittore di best-seller apocrifi. Ah, anche un po' megalomane.

Potrebbero interessarti anche...

20 risposte

  1. azazelli ha detto:

    C’è davvero poco tempo…dovrebbero giocare una volta ogni 2 settimane…nel caso dei cowboys una volta ogni mai (ed io starei meglio :D)

    • angyair ha detto:

      Non si sta molto meglio nella settimana di bye quando puoi tranquillamente vedere football senz’angoscia?

      • azazelli ha detto:

        Assolutamente sì 😀 ma sto migliorando, ieri sono riuscito a godermi anche le partite delle 22 nonostante la sconfitta indecente 😀

  2. piescic ha detto:

    Ho letto tutto l’articolo ma l’unica cosa a cui sono riuscito a pensare è Jay Cutler che sfancula Mike Martz in favore di telecamera.
    E tutto questo perché hai fottutamente ragione.

  1. 31 Dicembre 2015

    […] Tattica e football producono sempre argomenti più che interessanti, abbiamo anche scoperto “come nasce un gameplan” […]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *