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Un interista in…bianconero

Corre l’estate del 1976 quando Roberto Boninsegna, potente attaccante dell’Inter, viene ceduto alla Juventus in uno scambio che coinvolge Pietro Anastasi. Bonimba (nomignolo rifilatogli da un certo Gianni Brera) apprende la notizia a giochi fatti e non la prende bene. Nemmeno il popolo nerazzurro la prende bene. Boninsegna è una bandiera, arriva in coda all’epoca della Grande Inter di HH, attaccante di razza che segnerà 171 reti e sfiorerà la terza Coppa dei Campioni persa contro gli scozzesi del Celtic. Boninsegna è tutto questo ma, soprattutto, è interista dentro, come può diventare un gobbo? La punta mantovana ha ormai 33 anni, una infinità per l’epoca, eppure riuscirà a fare coppia con Roberto Bettega, a segnare altre 35 reti in 97 presenze vincendo due Scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa, primo trionfo europeo di sempre della Vecchia Signora. Il talento scorre nelle sue vene e le primavere che passano non riescono a fermarlo del tutto.

Di tutto questo interessa solo un punto, ammesso che interessi. Il 16 gennaio 1977 Bonimba scende in campo, da ex di lusso, in Juventus-Inter, partita che finirà 2-0 per i padroni di casa. Doppietta di Boninsegna. Gli ex compagni di squadra racconteranno poi, per chi non avesse vissuto in diretta o tramite qualche raro filmato quelle occasioni, il comportamento del bomber dopo le due reti: già dopo la prima il ragazzone lombardo scorrazzava per il campo esultando come un indemoniato; lui, interista da sempre, per sempre. Lo ricorderanno alcuni suoi amici ed ex compagni a inizio anni novanta quando, vai a capire perché, vai a capire come, gli “ex” diventano personaggi educati che, in barba a stipendi, tifo e spirito del gioco, non esultano quando segnano a vecchie squadre in cui hanno giocato in precedenza. Per fortuna non tutti fanno così. Zlatan Ibrahimovic, ad esempio, esulta sempre anche perché, al contrario, rischierebbe di non poter esultare mai.

Diciamo la verità: di primo impatto gli ex non piacciono a nessuno. Si parla di stima, rispetto, passione, ma gli ex sono in un certo senso dei traditori anche quando tradiscono per colpe di altri. Ma la passione dello sport ha bisogno di celebrazioni e anche se gli ex sono dei nemici beh… a volte non è colpa loro, dicevamo, e a volte tornano e quindi non sono più ex. Un mondo incasinato insomma. Quando realizzi che, improvvisamente, novembre è un mese da ex ti accorgi che poi, in definitiva, non tutti sono antipatici come Maurizio Ganz.

A volte tornano

Mister Castori torna a Carpi da ex allenatore del Carpi dopo che la coppia Sogliano&Sannino si è trasformata in ex Direttore sportivo e in ex allenatore rispettivamente. L’allenatore marchigiano (ri)esordisce a Reggio Emilia contro una squadra che è tutto un ex. Ex modenese, quasi, visto che in provincia non ci gioca più. Ex piccola provinciale alla riscossa, visto che i milioni del presidente milanese-milanista li vorrebbero in tanti. Ex rivelazione perché ormai sembra destinata ad una lunga permanenza nelle zone tranquille della Serie A. La partita è oscena, il Carpi ha cambiato di nuovo preparazione, è imballata e perde uno a zero in una delle rare occasioni da gol. Forse l’unica. La settimana dopo Mattia Destro trasgredisce la regola degli ex e, dopo il 2-2 segnato alla Roma nel finale, esulta come neanche Marco Tardelli in quel luglio del 1982. Sete di rivincita, si dirà, anche se non ci risulta che la Roma avesse particolari colpe nello scarso rendimento di Destro e che, quindi, la sua cessione non sia stata poi così assurda.

Il week end di Destro riporta anche Roberto Inglese nei paraggi di Carpi. La punta che lo scorso anno fece impazzire il Brescia segnando due gol in tre minuti e pareggiando il doppio svantaggio al fotofinish e che, qualche mese dopo, gelò il Cabassi sbagliando un rigore al 90° contro lo Spezia, errore che aveva tutta l’aria di essere una maledizione destinata a fermare l’inarrestabile marcia del Carpi. Inglese è a pieno titolo un degli Immortali di Castori, errori e capolavori inclusi. La partita è Carpi-Chievo e giunge dopo le stragi di Parigi che, per una macabra ed involontaria coincidenza, avvengono nei momenti esatti durante i quali il pubblico belga si alza ad applaudire il ricordo delle vittime dell’Heysel durante l’amichevole Belgio-Italia a non più di 350 chilometri dal massacro. Vorremmo ricordare solo quel momento di rispetto e di scuse del popolo belga ma il mondo ci sbatte in faccia con forza la dura verità dello schifo che cola ad ogni angolo.

Allons enfants de la Patrie...

Allons enfants de la Patrie…

Lo sport, come al solito, non si fermerà. Saremo tutti marsigliesi, per un po’, al canto del Chant de guerre pour l’armée du rhin. I giocatori si fermano un minuto al suono glorioso dell’inno francese, il pubblico sta in piedi, zitto. Guardo la partita di fianco ad un ragazzino che dà l’idea di essere imbarazzato per tutti e novanta i minuti. Nervoso. Guarda costantemente il cellulare e pochissimo verso il campo. Ha i tratti da magrebino e una carta d’identità italiana. E’ un dettaglio che sarebbe sfuggito in giorni diversi, un compagno di seggiolino come tanti. Un giorno quel ragazzino sarà ex di tante cose. Per ora sembra solo uno spettatore di Carpi-Chievo seduto nel posto sbagliato.

E’ l’ex immortale Roberto Inglese a timbrare il cartellino. Esulta composto, con garbo, senza sollevare le braccia al cielo. Soddisfatto. Cinque minuti dopo serve l’assist perfetto del 2-0 su un fuorigioco sbagliato da Gabriel Silva. Un autogol nel secondo tempo di quelli che vengono da un quartiere di Verona fissa il tutto sul risultato di 1-2. L’effetto Castori tarda ad arrivare. Primo tempo a tratti imbarazzante, secondo con forcing disperato. Jerry Mbakogu lontano parente del panterone visto in B si divora un paio di gol e, anche lui, sembra un ex. Una ex promessa. Un ex attaccante.

Genova per noi

Andiamo a vincerla!

Andiamo a vincerla!

Dovremmo essere a Marassi. Non ci siamo. Fa lo stesso, forse. Forse ci torneremo, forse ci sarà un’altra possibilità. Il Grifone resta subito in dieci ma passa in vantaggio. Il primo tempo, salvo qualche lampo, non è il massimo, c’è sempre quella assurda tensione che non fa giocare tranquilla una squadra che non ha nulla da perdere. Nella ripresa entra Marco Borriello, grande ex del giorno. Prende la misura alla partita poi silura di sinistro il buon Perin con un rasoterra in diagonale che nella storia del Carpi sarebbero stati in grado di calciare non più di 15 giocatori. Pareggio. Borriello non esulta. Si pulisce il naso con la maglia come in un gesto di imbarazzo, come a dire “hey, non ho fatto apposta”, e torna mesto a centrocampo. Esultano gli altri, tutti. Tutto il piccolo mondo biancorosso esplode di meraviglia come se la classifica fosse ribaltata, come se ogni singolo episodio fosse un regalo desiderato da tempo. La realtà è che il Carpi sta pian piano crescendo e, con l’uomo in più, si annusa l’aria dell’impresa. Parentesi: se domani Borriello si arruolasse nella Legione Straniera rimarrebbe comunque il più forte attaccante ad aver vestito la casacca carpigiana, un talento mai visto da queste parti. Nove partite, tre gol, quattro assist. Undici Borriello e ci salviamo. La punta partenopea nel finale pesca, con un assist al millimetro, Cristian Zaccardo. Il capitano arriva sul pallone, è a un passo dalla porta, sembra non sapere bene cosa fare poi calcia, così come viene: gol. GOL! Uno a due e prima storica vittoria in trasferta. Ha segnato Zaccardo, ex campione del mondo, ammesso che si possa essere “ex campioni del mondo” perché quel titolo, quella coppa, sono per sempre. Sono leggenda. Genova per noi è anche questo. Dopo tante storie e tanti ricordi è anche questo. Una partita di calcio. Una partita di calcio vinta.

Ex(it)

Il mondo procede e la classifica fa ancora schifo. Alziamo la testa come bambini che non arrivano alla rete per poter vedere cosa succede nel campetto lì a fianco consapevoli che se gli ex non piaceranno mai a nessuno non è colpa loro. Anzi, proprio loro vivono internamente sensi di colpa e dispiaceri che si attorcigliano intorno al loro cuore di ex bambini, ex tifosi, ex qualunque cosa. Come una fidanzata, una moglie, un’amica. Alla fine quando passa il tempo apprezzi anche gli ex. Guardi oltre la rete e speri che il cielo sia azzurro. Pensi a uno che è stato ex operaio, ex dilettante, ex condannato per rissa e aggressione e oggi è capocannoniere della Premier League e ha stabilito il record di gol segnati consecutivamente nella massima serie inglese. Jamie Vardy, classe 1987, la gloria grazie al piccolo Leicester City allenato da Claudio Ranieri (devo dirvi di quante “ex” è Ranieri? No…) che un giorno molto vicino sarà a sua volta una sua ex squadra. Chissà se esulterà Jamie, l’ex operaio. O se tornerà mesto a centrocampo pulendosi il naso con la maglietta e lasciando uscire di fretta i pensieri dalla testa e i ricordi dal cuore.

Dalla fabbrica ai gol in Premier League

Dalla fabbrica ai gol in Premier League

Qualche ora più tardi il record di Vardy, nella notte italiana, Kobe Bryant ci informa che a fine stagione diventerà un ex giocatore di basket. Lo fa con una lettera d’amore che tanti non immaginerebbero nemmeno per una donna. Non esagero. E’ qualcosa di sincero, per quanto puerile, banale, come del resto sembra essere spesso l’amore. E’ qualcosa di vero, ed è questo che conta.

Il riposo del guerriero

Il riposo del guerriero

Non ho mai avuto troppa simpatia per il Bistecca, poco importa del suo passato da “italiano”. È la casacca che indossa, non posso farci niente. Ma quando smetterà, quando sarà ex, allora potrò ringraziarlo, anche per quello che ha vinto dalla parte sbagliata. Lo ringrazierò per le notti passate a tifargli contro, per il gioco che ci ha regalato, per le sconfitte che ha subito, per quello che ha insegnato in giro per i parquet con l’arancia in mano trattata come solo i più grandi sanno fare. In fin dei conti agli ex vogliamo bene. Ci lasciano sempre qualcosa, costruiscono un pezzo di quello che siamo, una inutile e volgare passione o momenti intensi che ci segnano per sempre. Anche noi siamo ex di qualcosa e forse proprio per questo non possiamo non amarli. Ecco, non tutti. Qualcuno. Perché un momento lo lasciano sempre, anche di fronte al mondo che ti crolla intorno tra paura e disprezzo. Fosse anche solo un gol a Marassi e dopo non esulti.

Con quella faccia un po’ così, 
quell’espressione un po’ così
che abbiamo noi che abbiamo visto Genova…

Paolo Conte – Genova per noi

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6 risposte

  1. piescic ha detto:

    Uno che rischierebbe di non esultare mai è Quagliarella.
    Ma lui non segna, quindi mi sa che il problema non si pone.

  1. 7 Dicembre 2015

    […] A proposito di Milan. Tutti pensavano ad una facile trasferta a Carpi, dopo la bella prova contro la Samp e il nuovo modulo che pareva funzionare. Invece la neopromossa guidata dal profeta Castori ha sputato sangue dal primo all’ultimo minuto, magari senza grandi fuochi d’artificio, e vissuto un’altra bella pagina dopo la prima vittoria esterna in Serie A della sua storia. […]

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