Il peggiore di tutti – Maradona vs Rodriguez (1° tempo)

Wild Card Game 2

Wild Card Game 2

[NDR: Questo non scrive per due anni due. Poi si sveglia e nessuno lo riesce a fermare fino al prossimo black out. Il problema è che ha scritto troppo, per cui siamo costretti a dividere in due tempi la sfida tra Diego Armando Maradona e Alex Rodriguez per non pubblicare un articolo lungo un’eternità e passa. Oggi quindi potete leggere la prima parte e settimana prossima, se ne avrete voglia, potrete godervi il finale di partita].

Il vantaggio di non rispettare mai i termini di consegna è che si ha sempre nuovo materiale da utilizzare, lo svantaggio è che poi ti tocca riscrivere l’introduzione ad un pezzo che tenevi lì fermo da un secolo più o meno.

Comunque, è inutile piangere sul latte versato e le battute sprecate, quando la nazionale del Cile, vincitrice della Coppa America, ci regala una nuova perla di antisportività. Durante i quarti di finale della Coppa America, giocati il 24 giugno 2015 tra il Cile e l’Uruguay, il difensore del Cile Jara si è avvicinato a Cavani, già ammonito in precedenza per proteste e gli piazza una mano (e un dito) sul (e nel…) fondoschiena. Un chiaro gesto d’amore. In modo del tutto sorprendente Cavani non la pensa così. Guarda in modo sprezzante il difensore cileno e si sposta di lato, allontanando il suo pretendente. Jara, ferito negli affetti più profondi, crolla a terra disperato come una ragazzina ad un concerto dei One Direction. Cavani non lo ama. L’arbitro capisce tutto. Ammonisce ed espelle l’uruguaiano, reo di aver spezzato il cuore di Jara con la sua alterigia. Il Cile in superiorità numerica finirà per vincere. Magra consolazione per Jara, che uscendo dal campo, dietro l’apparente sfrenata gioia per la qualificazione ottenuta, dentro di sé piange amaramente per il suo amore non corrisposto.

L'immagine non è in HD, ma non serve la superdefinizione per capire dove è finito il dito

L’immagine non è in HD, ma non serve l’alta definizione per capire dove è finito il dito

Scherzi a parte, la simulazione di Jara è una delle più spettacolari mai viste. Non viene nemmeno sfiorato, eppure crolla a terra, che manco la mia soglia di attenzione davanti a una partita di basket femminile. La sua interpretazione da oscar, preceduta dalla palpatina che mette quella nota erotica che fa sempre cassa, merita una nomina tra i nostri campionissimi dell’antisportività. Il fatto che poi si becchi anche tre giornate di squalifica rende il tutto ancora più degno. Tanto l’obbiettivo della qualificazione era stato raggiunto, no?  E diciamolo, forse anche grazie a questa recita (oltre a un arbitraggio molto casalingo, per essere cortesi) la nazionale cilena si è portata a casa la coppa. Scorrettezza ai quarti, vittoria del torneo… mi ricorda qualcosa… mah?!? Prima o poi mi verrà in mente…

Il Cile, comunque, non è nuovo a raschiare il fondo del barile pur di vincere una partita.

Qualificazione ai mondiali del 1990 al Maracana si gioca la partita decisiva tra Brasile e Cile. Il Cile deve vincere a tutti i costi. Infatti, in caso di pareggio i verdeoro conquisterebbero il biglietto per Italia ’90 grazie alla migliore differenza reti. Il Cile lotta, ma, per quanto abbia davanti uno dei Brasile più scarsi della storia, va sotto su tiro di Careca. A quel punto il match sembra deciso, quando un bengala finisce vicino alla porta del Cile. Succede tutto in un attimo: il portiere Roberto Royas, detto il Condor, è a terra in un lago di sangue. Il viso è una maschera rossa. I compagni si affrettano attorno a lui e lo portano fuori dal campo a braccia, rifiutandosi di proseguire. La partita viene sospesa. Tutti sono sicuri che a quel punto il Cile vincerà a tavolino. Anche se… anche se riguardando le immagini, si nota che il bengala non sembra essere caduto così vicino a Rojas da giustificare quelle ferite. I telecronisti brasiliani sollevano i primi dubbi. Poi salta fuori uno dei fotografi a bordo campo, Ricardo Alfieri, che ha scattato una sequenza di foto, in cui si vede il petardo cadere a un metro da Royas e il sangue apparire solo dopo che il portiere si passa i guanti sul volto. Qualcosa non torna. Rojas viene interrogato e crolla. Era stato tutto preordinato. Nei guanti teneva nascosta una lametta da usare al momento opportuno e assicurare così il passaggio del turno alla propria nazionale.

Le conseguenze sono durissime. Il Cile non solo perde la partita, ma gli viene vietato di partecipare anche al mondiale del 1994. Rojas, invece, viene sanzionato con la squalifica a vita. Inutile dire che tutto questo fa di lui uno dei migliori antisportivi di tutti i tempi. Arrivare a farsi del male pur di vincere lo pone tra gli eccelsi. Tuttavia, l’essere stato scoperto subito e, quindi, essersi tagliato la faccia per niente lo relega tra le figure comiche. Gli bastava simulare un giramento di testa o l’incapacità di continuare e ce l’avrebbe fatta (gli esempi sono molteplici, ricordo un Juventus-Cesena con un giocatore che ebbe un trauma uditivo a causa di un petardo, cadutogli vicino, che gli impedì di proseguire e vittoria a tavolino per il Cesena). Invece, Rojas no, ha voluto strafare con il risultato di ottenere ciò che meritava. Impossibile, dunque, metterlo tra i campioni della specialità, per cui ci limitiamo ad una onorevole menzione.

Un petardo....tagliente....a distanza....

Un petardo….tagliente….a distanza….

La nazionale del Cile con gli anni continua a fare la furbetta. Almeno questa volta hanno imparato come si fa. Ma non colpevolizziamo troppo lo stato rovinato da Pinochet. Di furbetti in campo ce ne sono stati tanti e, con tutto il rispetto, di peso ben maggiore di Rojas o Jara. Pensiamo a Thierry Henry, un autentico fuoriclasse, che in carriera ha vinto di tutto e di più, il quale, con un doppio colpo di mano, regalò al compagno di nazionale Gallas l’assist per segnare all’Irlanda e ottenere la qualificazione ai mondiali per la Francia, grazie alla miopia dell’arbitro e dei suoi collaboratori. Per completezza informativa, quel doppio colpo valse anche una bustarella da 5 milioni di dollari alla federazione calcistica irlandese, come risarcimento sottobanco, da parte della FIFA per non aver sollevato troppi problemi. Sullo stesso piano metterei i calciatori che vedono l’area di rigore come una piscina olimpionica in cui tuffarsi alla prima occasione pur di rubare (sì il termine è quello giusto) un rigore. Tra i tantissimi vanno nominati Suarez, Klinsmann, Cristiano Ronaldo, Neymar e, soprattutto, Inzaghi capace di resistere a una mandria di bufali in calore, se riteneva di avere la concreta possibilità di segnare, o viceversa di crollare a terra per lo starnuto di un tifoso sul terzo anello, quando quell’opzione non gli sembrava praticabile.

Non limitiamoci però al calcio come se fosse l’unico sport praticato dai simulatori. Il rugby è un meraviglioso sport che gode di un fantastico alone di onestà e purezza. Mica è il calcio dicono alcuni. I tifosi del rugby non sono bestie come gli ultrà, dicono altri. “Dopo la partita sono tutti amici” è un’altra frase fatta sul rugby. Anche se la migliore rimane: nessuno fa la femminuccia in campo appena lo toccano o casca in area per un rigore. Quelli sì che sono sportivi.

Ecco, mettiamo subito in chiaro che il rugby è uno sport bellissimo, ma quanto ad antisportività ha da insegnare a molti.

Innanzitutto, partiamo dal fatto che non è uno sport molto pulito. Per anni, mentre il ciclismo introduceva nuovi esami e controlli, il rugby si rifiutava di approfondire benché a percentuale di atleti trovati positivi sul totale degli atleti controllati doppiasse lo stesso ciclismo. E attenzione il numero dei controlli e la qualità degli stessi nel rugby è inferiore a quella del ciclismo. Nonostante questo il doppio… Tanto di cappello alla sportività. Eppure non si è mai sentito dire rugbisti tutti dopati o pochi si permettono di affermare dopo una grande meta in cui un giocatore da solo pialla metà squadra avversaria: “sì va bene, ma tanto è dopato”. E in pochi hanno dato retta all’agenzia per l’antidoping francese, quando ha esplicitamente dichiarato che il rugby è più infetto del ciclismo.

Se il buon giorno si vede dal mattino, la leggenda che riguarda la nascita del gioco della palla ovale ci spiega molte cose. Si dice che in un piccola scuola di Rugby, una altrettanto piccola cittadina inglese, durante una partita di calcio (eh sì il rugby è figlio della palla tonda) un giocatore: William Webb Ellis prese la sfera con le mani e corse a segnare. Ora la mistica del rugby vede in quel gesto rivoluzionario la ribellione di un uomo, che ebbe il coraggio di creare un nuovo sport e di non rimanere legato a regole sciocche che impedivano l’uso delle mani.

Abbandoniamo il falso romanticismo. William Webb Ellis, posto che probabilmente non inventò niente, perché il Rugby nacque dai giochi in campetto di un gruppo di studenti, a tutto voler concedere era solo un baro. Pur di segnare violò le regole, punto e basta. Se si prestasse fede a questa leggenda, quindi, il rugby sarebbe lo sport degli antisportivi. E, invece, loro se ne vantano! Al punto che la Coppa del Mondo per nazionali è dedicata proprio a Webb Ellis. Strana gente i rugbisti. Sarà la birra.

Ora dimentichiamoci delle leggende e andiamo alle marachelle certe e dimostrate. Partiamo dalla squadra più famosa al mondo, quella che conoscono anche coloro che del rugby se ne strafregano: gli All Blacks, la nazionale della Nuova Zelanza. Il modello a cui tutti si ispirano. Quelli che giocano qualsiasi partita indipendentemente dall’avversario fino alla morte a costo di arrivare ai finali dei tornei completamente spompati e magari perdere con squadre inferiori. Ecco proprio questa Nazionale è famosa per un fatto alquanto disdicevole, noto come il grande tuffo per la vittoria. No, non immaginate un titanico Maori, che rompe un placcaggio e poi un altro e si tuffa sopra un muro di avversari per ottenere la meta della vittoria. Nel 1978 gli All Blacks fecero il loro ottavo tour in Gran Bretagna e Irlanda. Fu il primo a conquistare quattro vittorie su altrettante partite con Scozia, Inghilterra, Galles e Irlanda. Nei sette precedenti tentativi i neozelandesi avevano perso o pareggiato almeno un match. Questo storico percorso netto però ha una macchia.

L’11 novembre 1978 la Nuova Zelanda affrontò il Galles a Cardiff. I gallesi giocarono una partita incredibile, tutta rabbia e cuore, mettendo sotto i campioni dell’emisfero australe. A pochi secondi dal termine i rossi conducevano 12 a 10 ed erano appena stati premiati con una touche (rimessa laterale) vicino alla propria zona di meta. I neozelandesi dovevano assolutamente conquistare quella palla, ma nelle precedenti touche i gallesi si erano dimostrati invincibili. Appena viene rimessa in gioco l’ovale la squadra di casa lo conquista facilmente. Sembra finita, ma l’arbitro Roger Quittenton fischia un fallo a favore della Nuova Zelanda. A terra sono finiti due giocatori neozelandesi. Uno è Andy Haden che non è nemmeno stato sfiorato eppure è saltato via dalla linea come gli fosse esploso un petardo nei pantaloncini. Il gesto è così plateale da far esplodere l’intero stadio. L’altro è Frank Oliver che pur buttandosi malamente almeno è stato toccato da Geoff Wheel, ma dalle immagini è chiaro che c’è qualcosa che non va. Fatto sta che trasformando la punizione i neozelandesi vincono 13 a 12. Andy Haden non si è mai pentito di quel gesto antisportivo, anzi ne è orgoglioso. Durante un’intervista alla BBC ha dichiarato che quello era uno schema che i giocatori avevano discusso prima della partita decidendo di usarlo in caso di difficoltà. E poi “era l’unico modo per ottenere la vittoria” ha sentenziato infine. Una perla di pura sportività, o no? Viene da pensare che un po’ del colore delle maglie della Nuova Zelanda sia finito sulla coscienza dei giocatori.

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(Dal minuto 4.44)

Un altra storica giocata fuori dalle regole è avvenuta nella finale della Heineken Cup (la Champions League del rugby) nel 2002. I Leicester Tigers sono sopra 15 a 9 contro il Munster. A pochissimi secondi dalla fine una meta potrebbe ribaltare il risultato e, a favore del Munster, è stata stata assegnata una mischia a 5 metri dalla linea di meta del Leicester. Il mediano del Muster si china per effettuare l’introduzione. Uno dei giocatori della mischia del Leicester, notando che l’arbitro è dall’altro lato, allunga la mano, frega il pallone al giocatore del Muster e se lo infila sotto le gambe, passandolo al compagno, posizionato dietro la mischia, che lo raccoglie e calcia via lontano. Il Leicester vince la partita. Le chiare immagini televisive non sono utilizzabili e gli imbroglioni vincono ancora.

In omaggio a un ben più famoso gesto avvenuto durante una partita di calcio, i giornali chiamarono quell’azione the Hand of Back.

Il richiamo ci serve per introdurre il campione dei imbroglioni sul campo: Diego Armando Maradona.

Devo premettere che a me personalmente Maradona è sempre stato antipatico. Mi ha sempre dato l’idea del monello, che ne combina una delle sue e tutti ridono divertiti, ma se ci provi tu ti becchi una cinquina da tua madre che te lo ricordi. Uno che quando fa una furbata ridacchia divertito, con l’aria del “che vuoi che sia”. Uno di quelli per cui le regole esistono per gli altri, ma non per lui. Un po’ come quello che si vanta del lavoro in nero che ha raccolto, dell’essere andato a 180 davanti ai carabinieri, che però non sono riusciti a fargli la multa, quello che si beve una bottiglia di whisky e si mette al voltante: tanto io lo reggo. Sia chiaro, anche io sono rientrato in questo gruppo, ma non sono cose di cui mi vanto, anzi.

Mi ripeto che i comportamenti extra calcistici non dovrebbero influenzare il mio giudizio. L’uso di droga, la frequentazione con criminali, le prostitute, le molteplici condanne penali, passate in giudicato, i figli non riconosciuti, se non a forza e nemmeno tutti, l’alcol, l’evasione fiscale, gli atti di violenza, le infinite bugie e, persino, le dichiarazioni volgari e offensive da vero macho non dovrebbero intervenire nella mia valutazione sul Maradona calciatore, ma si può chiudere un occhio, magari anche due, ma qui dovresti pure spegnere il cervello e buttarlo via. E, poi, se penso al talento che aveva e che ha sprecato, finendo per concludere la carriera a 30 anni… No, è imperdonabile e questo alla faccia dei migliaia di tifosi, che lo glorificano a prescindere, perché lui è Maradona. Per me rimane il più grande talento che abbia mai visto, ma non il più grande campione che il calcio abbia avuto. La differenza è sottile, ma molto profonda.

Se siete l’unico sul pianeta a non sapere chi sia Maradona e di cosa fosse capace. Non vi preoccupate. Non occorre aver letto la sua biografia, seguito le sue gesta dai primi calci dall’Argentinos Juniors fino al Boca passando per Barcellona, Napoli, Siviglia; per conoscerlo a fondo basta quella partita. In quei novanta minuti riesce a concentrare pregi e difetti di una carriera.

Rinfresco la memoria, anche se i fatti sono piuttosto noti. 22 giugno 1986. Argentina-Inghilterra è, senza ombra di dubbio, la partita più importante dei quarti di finale dei mondiali di calcio che si tengono in Messico. La partita va al di là dello scontro tra gli inventori del calcio e quello che, a detta di tutti, è il più forte interprete al mondo di quel gioco. Nel 1982 si combatté una delle guerre più stupide e insensate della storia quella delle Falkland, delle piccole isole in mezzo all’oceano pacifico alla latitudine della terra del fuoco. Un posto non molto ospitale che avrebbe nel suo sottosuolo del petrolio che a 33 anni di distanza non è ancora stato sfruttato. Eppure nel 1982 la giunta militare argentina le invase, scatenando la reazione dell’Inghilterra con il risultato che in due mesi di battaglia, la guerra era già finita con la vittoria del Regno Unito. Tutta l’Argentina ritiene le isole Malvine, come le chiamano, di loro proprietà e gli inglesi degli invasori. In ogni città c’è un monumento che ricorda i caduti in guerra. Gli animi ancora oggi sono molto caldi in Sud America (basta guardare lo speciale di Top Gear in Patagonia per rendersene conto), si pensi come potevano essere allora.

Inoltre, c’era un precedente calcistico che certo non aiutava a placare gli animi. Nel 1966, nei mondiali casalinghi, che gli inglesi andarono poi a vincere anche grazie al non gol di Hurts nella finale con la Germania, Inghilterra e Argentina si affrontarono sempre ai quarti. Tutte le squadre sudamericane si erano già lamentate di arbitraggi che sembravano pendere troppo a favore delle compagini europee. Molti giornali dell’emisfero australe suggerivano l’idea di un complotto per interrompere il dominio sudamericano e riportare la Coppa Rimet in Europa possibilmente sull’isola di Albione. Non aiutò a ridurre le polemiche il fatto che fosse nominato ad arbitrare un europeo, il tedesco Rudolf Kreitlein. La partita fu caratterizzata da un gioco duro. I biancocelesti la misero sul piano fisico e i sudditi della regina guidati da Bobby Charlton non si tirarono indietro. Al 35° minuto però successe il fattaccio. Il capitano della nazionale argentina Antonio Rattin, soprannominato con affetto, si spera, el rata (il ratto), viene espulso. C’era stato un fallo al limite dell’area argentina. L’Inghilterra aveva battuto una punizione che era finita a fondo campo. L’Argentina aveva fatto la rimessa in gioco e nel mentre l’arbitro aveva ammonito il giocatore dell’Albiceleste autore del fallo. Rattin, indicando la fascia, si era avvicinato all’arbitro per discutere e quest’ultimo l’aveva espulso. Così senza apparente motivo.

Espulso? Io?!?!

Espulso? Io?!?!

Rattin non la prese bene, come tutti i suoi compagni. A quel tempo l’arbitro invitava i giocatori ad uscire e di solito questi ubbidivano. I cartellini gialli e rossi furono introdotti solo ai mondiali del 1970. El rata fece finta di niente. Non aveva fatto nulla lui. Rimase in campo dieci minuti buoni, prima che l’intervento della polizia non lo costringesse ad allontanarsi. La partita finì 1 a 0 per gli inglesi con gol di Hurts, che alcuni sostengono in fuorigioco. Le ragioni ufficiali dell’espulsione furono che Rattin si sarebbe rivolto all’arbitro con frasi ingiuriose. Unico problema il fatto che Rattin parlasse solo spagnolo e l’arbitro capisse solo il tedesco, quindi sfugge come Rudolf Kreitlein abbia afferrato le offese. Altri pensano che Kreitlein avesse inteso il gesto di Rattin di toccarsi la fascia sul braccio come il gesto dell’ombrello, ma anche questa è una giustificazione piuttosto risibile. L’arbitrò poi aggiunse benzina sul fuoco, affermando dopo la partita che Rattin aveva una faccia che non gli piaceva. Peraltro, l’inadeguatezza dell’arbitraggio trovò ulteriore conferma quando Bobby e Jack Charlton scoprirono di essere stati ammoniti soltanto il giorno successivo dai giornali del mattino. Comunque, la stampa argentina e quella sudamericana si scatenarono. I giornali di Buenos Aires definirono la partita, in maniera sottilmente esagerata, il furto del secolo. L’ambasciata inglese fu circondata da manifestanti. So che in Italia è inconcepibile una situazione del genere, ma sforzatevi di immaginare la partita decisiva del campionato. Una squadra per tutta la settimana antecedente accusa l’altra di essere sempre favorita dagli arbitri e, al dunque, una contestata decisione arbitrale decide l’incontro a favore della seconda. Pensate a cosa farebbe la tifoseria della squadra apparentemente defraudata. È difficile ma, fatelo per me, provateci.

Tutto questo per dire che l’importanza della partita del 1986 andava al di là del valore intrinseco dei quarti di finale di un mondiale, già di per sé un punto d’arrivo per molti giocatori. Tutta la nazionale Argentina si raccolse attorno al suo leader. L’Inghilterra in campo applicò una tattica semplice: elimina Maradona e l’Argentina è poca roba. Non aveva tutti i torti. Solo che Maradona non era fermabile, ci provarono in tutti modi: calci, falli e persino una gomitata ad arbitro lontano. Niente da fare. Maradona continuava a professare calcio con il suo sinistro; un sinistro azzoppato da un fallo subito nel 1983 che gli ha limitato la mobilità del 30 percento. Eppure anche al 70% quella gamba bastava e avanzava a renderlo il più forte (mi sarà antipatico, ma non al punto di negare l’evidenza). Al sesto minuto del secondo tempo tentò un triangolo fuori dall’area inglese con Valdano. Il difensore Steve Hodge intercettò la palla, ma il risultato fu un campanile in mezzo all’area. Maradona con il suo metro e tacchetti si lancia all’inseguimento della sfera. Dalla porta esce Shilton con i suoi centottantatré centimetri e la possibilità di prendere le palla con le mani. Non c’è gara tra i due. L’inglese la prenderà. E, invece, la palla lo scavalca. Maradona ha segnato di testa. No, aspetta non può esserci riuscito. E, infatti, non c’è riuscito. Si è aiutato con la mano. L’arbitro non ha visto niente e convalida, nonostante le proteste inglesi.

Un furto di dimensioni epocali.

IMPOSSIBILISSIMISSIMO vedere per l'arbitro!

IMPOSSIBILISSIMISSIMO vedere per l’arbitro!

A fine partita Maradona si scusa, giustificandosi con la foga del momento? No. Ne è orgoglioso. Se ne vanta. Afferma di aver chiamato a sé i compagni, perché, se non avessero esultato, l’arbitro non avrebbe convalidato. E aggiunge che il gol è stato segnato “un po’ con la testa di Maradona e un po’ con la mano di Dio”. I giornalisti ridono. Tutti, inglesi a parte, ridono. Riflettiamoci. Sorvoliamo sulla bestemmia, perché dire che Dio è intervenuto a segnare un gol irregolare, a mia conoscenza, è una bestemmia. Ma bestemmia o no, il concetto, che deve essere chiaro, è che quel gol era irregolare e ha falsato la partita. E non c’era niente da ridere, c’era da criticare e quasi nessuno lo fece. Maradona poi aggiunse, tanto per completare il quadro di sportività che lo caratterizzava: “Chi ruba a un ladrone ha cento anni di perdono”. Credo che sia dall’asilo che ho assimilato il principio che un torto in risposta a un torto non fa una giustizia. Ma, vedendo cosa successe dopo, non sono in molti a condividere questo pensiero. Se in molti giustamente considerano quel gol uno dei più grandi scandali dei mondiali, gran parte dell’Argentina lo ritenne veramente un gesto di giustizia, innalzando Diego a eroe nazionale. Roberto Perfumo, il difensore centrale della nazionale argentina a Wembley dichiarò: “Dopo quello che ricordiamo come il “furto del secolo”, giocare contro l’Inghilterra ha sempre avuto un sapore speciale. Arrivo a dire che la vittoria del 1986 contro gli inglesi fu il conseguimento del nostro obiettivo primario, di fronte al quale anche la successiva conquista del titolo iridato retrocede ad aspetto secondario”. Pensa te.

Tutto questo per il Maradona furbetto che la combina, se ne vanta e viene osannato pure. Però, come ho detto, in questa partita c’è anche l’intero essere Diego Armando Maradona e, quindi, anche il fuoriclasse; quello che indifferente alle legnate ricevute dimostra quanto bello può essere il calcio.

maradona5 minuti dopo la mano di Dio, riceve palla nella metà campo argentina, se l’aggiusta e la tocca altre 10 volte prima di infilarla in rete. In questi 11 tocchi tutti di sinistro scarta 5 inglesi e Shilton. Una danza di classe, velocità e forza che fa alzare tutto lo stadio e la gente dai divani quando è ancora lontano dall’area inglese, perché al secondo dribbling scatta qualcosa nella testa di chi lo guarda, come veder partire una valanga. Diventi consapevole che sta per succedere qualcosa di incredibile e, infatti, succede.

Maradona 2 Inghilterra 0 e la partita finisce qui anche se poi Lineker ridurrà le distanze. In 5 minuti Maradona commette la peggiore scorrettezza di un mondiale di calcio e il gol più bello.

Dopo quanto ci siamo detti l’ultima volta qualcuno potrebbe dire, ma come può Maradona competere con Rodriguez? Insomma uno ha barato una volta l’altro per l’intera carriera. Il discorso è complesso. Innanzitutto, va tenuta in considerazione dell’importanza del gesto di Maradona. Per sua stessa ammissione, è quella vittoria viziata che ha segnato la sua carriera e l’ha portato a essere il migliore del mondo. Inoltre, abbandoniamo l’idea che la mano di dio sia un gesto estemporaneo. Era un’abitudine. Campionato ’84/’85, ultima giornata l’Udinese di Zico contro il primo Napoli di Maradona. Finisce 2 a 2 e il gol del pareggio è segnato da Maradona di mano, battendo in uscita il portiere. Vi ricorda niente? A Zico che gli chiede se non trovava disonesto quel gesto Maradona rispose per nulla. Campionato ’88/’89 alla prima giornata il Napoli sconfigge l’Atalanta con un gol di Giacchetta viziato da un colpo di mano di chi? Di Maradona che aveva cercato di indirizzare il pallone in porta, fornendo, invece, un assist al compagno. Intervistato nel dopo partita afferma, sorridendo con aria colpevole: io mi sono buttato e l’importante era vincere. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Anzi in Argentina ha creato una scuola che si potrebbe chiamare la sacra scuola della mano di dio. Discepoli Messi, che con la mano segnò all’Espanyol nel 2006 e il Kun Aguero che usò la tecnica segreta contro il Recreativo Huelva ai tempi dell’Atletico Madrid.

Ci fermiamo qui. Anche perché penso di avervi annoiato a sufficienza e, in fin dei conti, abbiamo affrontato i comportamenti con cui Maradona si è dimostrato il migliore di tutti i tempi nell’ingannare l’arbitro e ottenere un ingiusto vantaggio sul campo. Nella seconda parte di questa disfida oltre a riportare su questo sito il buon Alex “sono un ipocrita” Rodriguez ci occuperemo anche delle positività di Maradona: due volte per cocaina (1991 in Italia e 1997 in Argentina) ed una, la più famosa, per efedrina e derivati ai mondiali del 1994.

Alla prossima e vi ricordo la mail: info@quelchepassalosport.it
Dai scrivetemi e i peggiori (ovviamente) saranno pubblicati.

PS: Qui trovate il secondo tempo della sfida.

alvise

Mi piace lo sport, ma soprattutto mi piacciono le storie.

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21 risposte

  1. azazelli ha detto:

    Alvi, avevamo un ragazzo con cui avevo scambiato dei tweet (o dei commenti qui) che adorava il rugby…ecco…avevamo 😀

    Comunque fantastica la partita del ’66 che continua nonostante quello sia stato espulso 😀

    • viverestanca ha detto:

      Può essere che quel ragazzo cui fai riferimento fossi io ?
      Comunque tranquilli, io continuo ad apprezzare sia voi che il rugby. Poi ammetto di non capire questo desiderio di rivalutarlo.
      Provate ad appassionarvi e poi guardate una partita di calcio con gente come Neymar in campo seguita da una qualsiasi di Rugby e capirete da soli.
      Sul doping non mi so esprimere perchè non conosco elementi in tal penso ma penso di escludere che il rugby sia esente da colpe. Mi pare però improbabile che sia meno pulito del ciclismo, o del calcio per fare un altro esempio a caso.
      Poi è vero, le giocate sporche ci sono state e ci sono ma, in sostanza, che il rugby abbia da insegnare a molti in quanto ad antisportività mi pare un tantinello forzata come frase eh.

      • alvise ha detto:

        Non così forzata, proprio a causa del doping, che, curiosamente rispetto ad altri sport, viene molto sottaciuto come problema.
        Detto questo, anche se non sembra, io adoro il rugby e sono gran tifoso dei tuttineri (sarà l’essere cresciuto a Padova). Data la mia età ho ancora vhs disperse per casa e una delle più preziose è Lomu che asfalta i sudditi della regina a casa loro.
        Ma troppi amici, tra una birra e l’altra, mi pontificavano sulla assoluta superiorità e pulizia del rugby per non prenderli in giro.
        PS aspetto una mail pro rugby e di insulti. 😉

        • viverestanca ha detto:

          Buono che sei un tifoso dei tuttineri (sia del petrarca che dell’altra parte del mondo). Da tifoso Benetton, e riferendomi esclusivamente a Padova, non posso che guardarti con simpatia e una certa dose di superiorità 😛

  2. angyair ha detto:

    Sia messo a referto che anch’io sono un grande appassionato di rugby.

  3. Ciro ha detto:

    Bravo Avvocato, ti leggo sempre con piacere!!!
    P.S. Tra i grandi tuffatori ti sei dimenticato Di Chiara, che in confronto Inzaghi era un bambino 🙂

    • alvise ha detto:

      Inchino. Sui tuffatori, devo dire che ne ho tralasciati una marea. Avevo iniziato un elenco dettagliato, ma mi sono accorto che avrebbe raddoppiato la lunghezza del pezzo (già di per sé estenuante per internet, lo ammetto). Mi sono limitato a quelli universalmente noti, anche a chi non bazzica di calcio. Ma se qualcuno mi mandasse le sue opinioni e l’elenco dei suoi campioni di tuffo potremmo fare un pezzo dedicato….

  1. 29 Dicembre 2015

    […] per il secondo tempo del match tra Diego Armando Maradona e Alex Rodriguez (qui trovate il primo tempo, ndr). E voliamo nel 1994 senza perdere ulteriore tempo (per quello ci penseremo quando sarà […]

  2. 31 Dicembre 2015

    […] rigodetevi) la sfida tra Alex Rodriguez e Diego Armando Maradona, divisa addirittura in due tempi: 1° tempo e 2° […]

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