NBA Draft 2015 Review – Il sorriso di Riley, il pianto del bimbo

Caro Kristaps, questo è solo l'inizio

Caro Kristaps, questo è solo l’inizio

Come spesso succede le attese della notte del draft NBA vengono rispettate, ma non del tutto. Ogni tifoso si immagina che la propria squadra possa, in una sola notte, rivoltare come un calzino le proprie sorti, con scelte oculate, colpi di fortuna e scambi di scelte e soprattutto giocatori. I social network prima e durante il draft impazziscono di soffiate, rumors e notizie che spesso si rivelano essere un buco nell’acqua.

Anche quest’anno ci si aspettava una serata che potesse ribaltare la fisionomia dell’intera lega. I Kings saranno veramente così stupidi da disfarsi di DeMarcus Cousins? Quante e quali squadre cercheranno di salire più in alto possibile per portarsi a casa il prospetto desiderato? Quali altri sorprese si nascondono dietro la fanfara del Barclays Center?

E, come tutti gli anni o quasi, le attese sono state vanificate da un primo giro che scorre via liscio come l’olio (a parte la curveball che hanno lanciato i Lakers con la loro scelta, di certo non scontata ma nemmeno così inaspettata) con un paio di scambi secondari ad interrompere la monotonia delle parole del Commissioner Adam Silver. With the … pick in the 2015 NBA draft, the … select. e così via.

La mattina seguente molti siti specializzati si gettano a capo fitto nella valutazione delle scelte dando un voto a tutte e sessanta le selezioni. È una pratica che non ci piace e reputiamo totalmente inutile. In questo pezzo cercheremo quindi di isolare alcune delle squadre che meglio si sono mosse durante la sera del draft ed altre scelte che invece non ci hanno convinto a pieno. Il tutto ricordandoci sempre che spesso ci vogliono almeno un paio di stagioni prima di poter veder sbocciare il talento di questo 19/20enni che entrano nella lega più importante del mondo.

Qui trovate l’elenco completo delle scelte effettuate.

Chi si è mosso meglio quindi?

MINNESOTA TIMBERWOLVES

I Timberwolves avevano un compito semplicissimo, scegliere Karl-Anthony Towns con la 1° scelta assoluta. Come avevamo già detto in sede di mock draft, Towns era il miglior prospetto disponibile. Un lungo moderno, senza particolari punti deboli, che si incastra alla perfezione nel sistema e nel roster di Minnesota.

Ma la mossa che ha elevato le quotazioni del loro draft ad un livello superiore è stata quella successiva, che li ha visti scambiare due scelte di secondo giro (la 31 e la 36) in cambio della prima scelta dei Cleveland Cavaliers, la numero 24, con la quale è stato selezionato Tyus Jones, point guard proveniente da Duke.

Jones veniva considerato come il miglior playmaker “puro” (anche se queste sono classificazioni che non ci piacciono per niente) di tutta la classe. Compensa un fisico normale con un’intelligenza cestistica sopra la media ed una predilezione a prendere (e segnare, soprattutto) i canestri più importanti nei finali di partita. Le avversarie dei Blues Devils della passata stagione ne sanno qualcosa. Con la sua scelta Minnesota trova un adeguatissimo back up per Ricky Rubio, il quale potrebbe a questo punto diventare in futuro una pedina di scambio (la sua estensione contrattuale partirà dalla prossima stagione, con un salario di $12.7m destinato a salire).

LOS ANGELES LAKERS

La scelta convenzionale, auspicata anche nel nostro mock, vedeva i Lakers scegliere Jahlil Okafor con la 2° chiamata del draft. Ma sono spesso le scelte anti convenzionali che pagano i dividenti maggiori e questo riteniamo essere il caso della decisione del GM Mitch Kupchack di selezionare D’Angelo Russell. Il prodotto di Ohio State è una combo guard, capace di giocare sia il ruolo di playmaker che quello di guardia tiratrice.

Come dimostra il video, ha una visione di gioco fuori dal comune, un tiro in sospensione più che affidabile (sia dal palleggio che piedi per terra) ed una capacità di giocare le situazioni di pick&roll che gli permetterà di essere decisivo dalle primissime allacciate di scarpe. Seppur in una situazione diversa, non mi stupirei se il suo impatto nell’anno da rookie si avvicinasse a quello di Damian Lillard di qualche anno fa.

Da segnalare con un circoletto rosso anche la scelta di Anthony Brown al secondo giro, con la numero 34. L’ala piccola di Stanford veniva considerata quasi all’unanimità come un possibile primo giro ed era senza ombra di dubbio uno dei migliori tiratori da tre punti di tutta la classe.

MIAMI HEAT e DENVER NUGGETS

Raggruppiamo insieme Heat e Nuggets perché entrambe sono riuscite a pescare un giocatore perfetto per il loro sistema che in pochi tra addetti ai lavori, giornalisti, blogger e tifosi delle rispettive squadre pensavano potesse essere disponibile alle loro rispettive scelte.

Se qualcuno mi chiedesse quale sia stata la miglior scelta di tutto il draft, prendendo in considerazione tutti i fattori, come: qualità del giocatore, posizione in cui è stato scelto, fit all’interno della squadra e situazione del roster, non esiterei un secondo a rispondervi. Justise Winslow, scelto dai Miami Heat alla numero 10.

Il mancino, fresco vincitore del titolo NCAA a Duke, era dato addirittura come possibile obbiettivo dei New York Knicks alla quarta scelta. Il fatto che sia caduto addirittura in fondo alla top ten deve aver messo un bel sorriso sulla faccia di Pat Riley. Winslow ha tutte le qualità per diventare l’ala piccola della franchigia della Florida per i prossimi 10 anni almeno. Pur avendo soli 19 anni ha un fisico statuario ed un’eccellente attitudine difensiva che gli permetterà di difendere diverse tipologie di giocatori (una skill fondamentale nell’NBA di oggi, che si sta via via staccando dalla predeterminazione dei vari ruoli in campo). Inoltre Coach K ed il suo staff a Duke hanno più volte rimarcato l’estrema maturità del ragazzo, così come le sue innati doti di leadership.

A Denver invece sembra essere cominciata la fase di ricostruzione della squadra. Ancora non abbiamo visto nessun movimento degno di nota, ma le notizie ci che circolano ci dicono che tutto il roster – compreso il nostro Danilo Gallinari – è sul piede di partenza. E quale miglior tassello per cominciare questa ricostruzione se non quella della point guard?

Se Russell era la guardia 1A di questa classe, Emmanuel Mudiay era certamente la 1B.

Fino a qualche mese fa considerato come una possibile top 3 pick, le sue quotazioni sono leggermente scese nelle ultime settimane (o meglio, non sono salite come quelle di Russell), ma era comunque plausibile prevedere che una tra New York e Sacramento potesse scegliere il ragazzo congolese (alle scelte numero 4 e 6 rispettivamente).

Il suo arrivo in Colorado invece permetterà ai Nuggets di poter sondare il terreno per un’eventuale cessione di Ty Lawson (il pezzo pregiato del loro roster) senza doversi troppo preoccupare per il futuro. Con Mudiay si sono assicurati una point guard dal fisico straripante, capace di attaccare il canestro da qualsiasi posizione, sul quale poter costruire il proprio futuro.

Altre scelte degne di nota che meritano una menzione particolare: Justin Anderson (Dallas Mavericks, alla 21); Kevon Looney (Golden State Warriors, alla 30); Montrezl Harrell (Houston Rockets, alla 30); Joseph Young (Indiana Pacers, alla 43); J.P. Tokoto (Philadelphia 76ers, alla 58).

Chi invece è rimasto deluso dalla serata più attesa?

Sicuramente i tifosi dei Philadelphia 76ers (come il sottoscritto), che si aspettavano – finalmente – la scelta di un giocatore perimetrale. Dirigenza e tifosi si sono visti invece soffiare da sotto il naso il proprio obiettivo (Russell, andato come visto ai Lakers). La scelta del GM Sam Hinkie è quindi rimasta fedele al suo credo, quello cioè di selezionare il miglior giocatore disponibile a dispetto delle necessità del roster. È così che i 76ers si ritrovano con Jahlil Okafor, un altro lungo che va aggiungersi alla batteria composto da Nerlens Noel e Joel Embiid.

Su questo trio pesano come un macigno le condizioni fisiche di Embiid e del suo piede. È tuttavia palese che uno dei tre giocatori sia di troppo e la convivenza potrebbe non essere semplicissima, anzi. Non è da escludere che in un futuro, nemmeno troppo lontano, qualcuno potrebbe essere costretto a fare le valigie.

Si sarebbe potuto probabilmente fare qualcosa di meglio anche con le cinque scelte a disposizione nel secondo giro. Ad esclusione di J.P. Tokoto (scelto alla numero 58), nessuno degli altri giocatori selezionati sembra poter avere un futuro di livello NBA.

Gli Atlanta Hawks, dopo aver avuto il miglior record di tutta la Eastern Conference, si ritrovavano invece con la 15° scelta assoluta (di proprietà dei Brooklyn Nets). Strascichi di quello scellerato scambio che vide Joe Johnson approdare proprio al Barclays Center. Tuttavia gli Hawks sono riusciti a “sprecare” quest’opportunità, preferendo scambiare la propria scelta (Kelly Oubre) prima con Washington e poi con New York (Jerian Grant) per mettere le mani su Tim Hardaway Jr. e due ulteriore seconde scelte (trasformatesi in due giocatori europei che probabilmente non vedranno mai l’NBA). Il figlio d’arte è un discreto giocatore, che aveva dimostrato qualcosa nel gulag newyorkese ma che non sembra certamente essere un pezzo su cui poter costruire il proprio futuro.

Le altre due squadre di cui fatichiamo a comprendere le scelte sono i Portland Trail Blazers e i Boston Celtics. I primi hanno prima scelto e poi immediatamente scambiato Rondae Hollis-Jefferson (di cui avevamo già parlato bene in fase di mock) ai Brooklyn Nets in cambio di Mason Plumlee (e Pat Connaughton, una interessante scelta di secondo giro). È chiaro che nel northwest, dopo l’addio di Nic Batum e i probabili saluti di LaMarcus Aldridge (insieme a Wes Matthews?), sia cominciata la fase di ricostruzione, ma siamo sicuri che il più vecchio dei Plumlee sia un asset migliore di quel RHJ che rischiava di essere il miglior difensore tra i giocatori perimetrali di tutto draft?

La franchigia di Danny Ainge si presentava invece con due scelte di primo giro (la 16 e la 28, più volte offerte qua e la durante la serata per cercare di salire nei pressi della lottery) e ne è uscita, esattamente come l’anno scorso, con due guardie. Terry Rozier e R.J. Hunter sono due buonissimi giocatori, ma c’è perplessità sul fatto che fosse quello che serviva a quel roster? Forse Boston e Philadelphia hanno in mente una futura fusione? Una è piena di guardie, l’altra non sa più dove mettere i propri lunghi.

Ci sarebbe ancora tantissimo di cui parlare, ad esempio dei fischi del pubblico nei confronti della scelta dei Knicks (e che novità, direte voi) di Kristaps Porzingis….

L’altro interessantissimo europeo, Mario Hezonja, invece è andato ad Orlando; e poi c’è la coppia di lunghi che s’è formata a Sacramento, con Cousins (per ora…) e Willie Cauley-Stein. Le storie del draft sono tantisime e sono infinite. Sapevate che Cliff Alexander, che nessuna squadra ha avuto il coraggio di scegliere, solo 18 mesi fa era uno degli high schooler più contesti di tutt’America? Oppure che gli Spurs hanno scelto il solito europeo (Nikola Milutinov dal Partizan Belgrado) di cui sentiremo riparlare fra qualche anno?

Il draft è una scienza inesatta, ma è anche quell’istante in cui, in una sera di giugno, il futuro di trenta squadre NBA sembra magicamente più roseo.

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