Viola (Carpi-Fiorentina 0-1)

La prossima volta ce la giochiamo a poker

La prossima volta ce la giochiamo a poker

Il primo storico punto in Serie A propiziato da spunti dell’idolo Jerry Mbakogu e del neoarrivato Marco Borriello aveva ridato vigore a tutte le speranze carpigiane. Sfuggita la vittoria a cinque minuti dalla fine in quel di Palermo, già si pregustava l’impresa contro una squadra di alto livello come quella che arrivava per il week end a Modena dopo un obbligatorio passaggio al Campovolo di Reggio Emilia perché su un po’ di buona musica non ci si sputa mai sopra. La compagine toscana giunge in terra emiliana come cantiere aperto, dotata di qualche talento ma probabilmente ancora lontana dall’essere una squadra di vertice anche per via del cambio in panchina a fine campionato scorso quando Vincenzo Montella, ritenuto evidentemente incapace di far fare un salto di qualità alla formazione sin da subito, è stato sostituito da Paulo Sousa, uno che ha cominciato a fare l’allenatore grazie a Flavio Briatore e che ha lasciato grandissimi ricordi in Svizzera, al Basilea, dove ha vinto il campionato al primo tentativo. Impresa non di poco conto se si considera che il Basilea veniva da cinque campionati vinti consecutivamente. Ma a Firenze si sa, si lotta per le imprese e si vive sul passato, dal Rinascimento al rigore di Liam Brady a Catanzaro, dalla Divina Commedia di Dante al gol annullato a Ciccio Graziani.

La Fiorentina (questo il nome dell’avversario della 4^ di campionato) porta con sé tutta la magnificenza e le contraddizioni del proprio popolo e ogni sfida sembra sempre un po’ giocarsi tra Firenze e il resto del mondo. I ragazzi giunti da sotto l’Appennino riempiono quasi interamente il settore ospiti che gli viene riservato al Braglia e per ringraziare dell’accoglienza non si lasciano scappare l’occasione di insultare i modenesi. Non ci è dato sapere se li abbiano insultati tutti tutti o se, anche per loro, Carpi non c’entra, ma era doveroso riportare questo importante dato di cronaca. In definitiva non puoi non voler bene a questa gente, a questo pubblico con quei colori così particolari, quasi unici, per il calcio. La patria di Dante, una delle perle dell’arte mondiali, città favolosa dove ogni angolo del centro storico ti lascia senza fiato e ogni angolo fuori sembra progettato da un non vedente, piccola capitale di storia, cultura e arte. Città che ha dato natali anche ad artisti contemporanei di grandissimo livello, come Francesco Nuti (che è di Prato, ma un tempo anche Prato era Firenze), il premio Oscar Roberto Benigni (che è di Arezzo, ma visto che ha vinto l’Oscar facciamo finta che sia di Firenze), al grandissimo Alessandro Benvenuti, ma soprattutto a Giorgio Panariello, Leonardo Pieraccioni e a uno dei più grandi interpreti della musica d’autore italiana degli ultimi trent’anni: Enzo Ghinazzi in arte Pupo. A dire il vero Pupo sarebbe anche lui della provincia di Arezzo, ma ha dedicato canzoni indimenticabili a Firenze (e una al pene di un tunisino, ma ok…) e, di conseguenza, è un po’ un cittadino onorario. Pupo, amatissimo tra l’altro tra svariati giocatori di poker: tutti quelli che lo hanno sfidato al tavolo praticamente.

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La grande impresa della Florentia Viola

Ma torniamo al calcio, e alla Fiorentina, squadra talmente amata nelle proprie terre che porta il nome di un’ottima bistecca, mossa che tra l’altro anticipa le scelte di padre di Joe Bryant di parecchi decenni. In campo porta con sé due scudetti, sei coppe Italia, una Supercoppa Italiana (“Irina te amo!”), una Coppa delle Coppe che oggi non esiste più ma che, all’epoca, rappresentò il primo trofeo internazionale UEFA vinto da una squadra italiana. I Viola furono inoltre i primi, sempre in Italia, a giocarsi una finale di Coppa Campioni, fermati sul più bello dal grande Real Madrid. C’è poi il momento sportivo più grande nella storia del club, un record che a livello mondiale nessuno è mai riuscito nemmeno ad avvicinare. No, non parliamo del presidente più antipatico di A, ma, anche in questo caso, dobbiamo tornare un po’ indietro nel tempo. Stagione 2002/2003: dopo una retrocessione in B ed il successivo fallimento, la Fiorentina ha ricominciato la salita verso il calcio che conta. Per farlo sceglie il nome di Florentia Viola, giusto per risultare più simpatica e grazie ai meriti sportivi riesce a ripartire dall’allora Serie C2 (Girone B). La Viola vince il campionato e riesce a risalire di una categoria, ma è qua che compie il vero e proprio miracolo: grazie al fatto di aver pareggiato le prime due partite, vinto il derby toscano col Poggibonsi in trasferta, segnato 4 gol tra andata e ritorno al Savona e grazie all’ultimo posto del Brescello, il Player One Dalla Valle sblocca un bonus nascosto che riesce a prendere col suo draghetto appena completato il 34° e ultimo livello. Quel rarissimo “power up” lancia la Fiorentina direttamente in Serie B diventando la prima squadra al mondo a ottenere una doppia promozione in un sol colpo. L’evento è talmente clamoroso che riecheggia in tutto il pianeta. Allo stadio Azteca di Città del Messico lo ricordano con una targa, attaccata appena sotto a quella di Italia-Germania 4-3, a Chicago il referendum per sostituire la statua di Michael Jordan con quella di Felice Evacuo si ferma al 48.9% dei favorevoli. Gli All Blacks rinnovano la tradizionale Haka aggiungendo un verso riferito a quell’impresa per caricarsi al meglio prima di ogni gara. Qualche anno dopo Nicky Hayden chiederà di applicare lo stesso metodo e di vincere un mondiale di Moto GP con un solo Gran Premio; la Federazione ne pretenderà almeno due, impresa che l’eroico americano porterà a termine dando vita al famoso patto di Laguna Seca che sancisce il gemellaggio tra Firenze e Owensboro, Kentucky. La cosa bella, in realtà, è che a forza di gridare allo scandalo per ogni sbandierata questi si sono fregati il posto ad almeno quaranta squadre che stavano davanti. Ma l’Italia, si sa, è quel paese qua, dove giri la Ruota della fortuna e vinci il posto di Premier.

Insomma, c’è di tutto per un grande blasone, un grande tifo, un grande momento e gli si perdona persino quel “pezzo di m…” ingiustificatamente lanciato contro gli innocenti abitanti di Modena con i quali hanno, per altro, intrattenuto ottimi rapporti di gemellaggio per tantissimi anni. Lo si perdona anche perché ormai hanno occupato ogni spazio di potere grazie al (ri)costituente Presidente del Consiglio Italiano. Chiniamo la testa, baciamo le mani e guardiamoci la partita.

Il Carpi, di nuovo, termina i 90 minuti con la consapevolezza che qualche punto sia rimasto per strada. Due buonissime occasioni per Borriello, una per Matos clamorosa, pochissima roba la Fiorentina che segna con una mezza sega di Babacar il quale dedica il gol ai tifosi del Modena (oh Baba, va che là in curva la pensavano diversamente eh, comunque vedi tu, come ti pare) poi tanto possesso palla (melina) su cui il Carpi fatica a mettere il giusto pressing per ripartire. L’idea è che sbloccandola la si potesse giocare diversamente, ma i Biancorossi tendono ad avere sempre lo stesso approccio, partendo molto chiusi e rinunciatari pur sapendo che in A la qualità per castigarti al primo episodio è piuttosto diffusa. Il centrocampo e la difesa sono comunque solidi, manca un portiere che dia garanzia di parare almeno il parabile e questo sta inevitabilmente portando la squadra a giocare le partite con un gap virtuale di partenza non indifferente. Il gioco offensivo si basa sostanzialmente sulle azioni veloci che si riescono ad imbastire in fascia ma, ovviamente, è complicato dare continuità ad un tipo di gioco del genere e la rinuncia ad un minimo di possesso palla, benché qualcuno qua e là che sappia giocarla ci sarebbe, obbliga l’undici di Mister Castori ad un grande dispendio di energie oltre a dover sempre difendere coi denti con squadre che nel 95% dei casi sono qualitativamente superiori. Questo provoca un arretramento spesso che rischia di diventare schiacciamento e un abuso di falli da giallo.

Speranza Boriello

Speranza Boriello

Con Borriello, che in due gare sta dimostrando di giocare a pallone oltre che andare a gnocca, si potrebbe tentare qualche soluzione di protezione del pallone in attesa della salita dei compagni, giocando con qualche verticalizzazione che non rappresenti il solo lancio in fascia e il cross in mezzo provando a sfruttare la rapidità di Kevin Lasagna o il gioco di Matos. Certo, avessimo un Ghinazzi in arte Pupo in fascia son cartelle che volano, ma così non puoi nemmeno essere certo che il pallone messo dentro sia sempre decente, detto che comunque le tue punte si trovano costantemente in inferiorità numerica e quindi ne dovresti scodellare un quintale di quei palloni. Il tiro da fuori per fare aprire un minimo le difese è, per ora, utopia. La squadra comunque dà il massimo, ha mollato per strada punti pesanti che non avrebbe demeritato di caricare su un soffitta per i momenti peggiori, e tutto sommato è in crescita. Penso sempre che sarebbe meglio retrocedere giocando di merda e invece ci tocca questa punizione. A patto di non fare miracoli nelle prossime tre (ma tanti miracoli…) tra un mese parleremo d’altro. Altro allenatore, altro gioco, stesso risultato. The same old shit.

E la Viola non la incontreremo più. Anche se al ritorno un pasto fiorentino e un giro al Franchi non si nega a nessuno. Magari noi si insulterà gli aretini. O direttamente il Ghinazzi. O si fa insieme un coretto dell’Antoniano contro Modena. All’ultima in classifica non si nega mai l’onore delle armi. Esco e vado verso la macchina incontrando facce rilassate e sorridenti come se lo sport, come se lo andare allo stadio a vedere un evento agonistico dal vivo, fossero cose così, che puoi vivere col volto rilassato, perdendo col sorriso. C’è fila. Mi fermo ad un bar abusivo ma che continua inspiegabilmente a tenere aperto. Mi faccio una Elephant e il ragazzetto al bar mi chiede se ho mai avuto modo di berla prima.

birra elephant cut

È danese!

“L’ho bevuta anche in Danimarca, testa di cazzo” dico senza esternare realmente ciò che viene dopo la virgola ma relegandolo al retrobottega dei miei pensieri. Anche perché il ragazzo non sembra cattivo. È la rassegnazione che ci fa parlare male. Esco dal bar e guardo le auto passare e mettersi in coda. Non puoi pensare che il calcio sia una roba seria. Non puoi pensare che il calcio ti dia anche solo una rivincita nella vita. Una rivincita vera. A volte pensi che ti accontenteresti, ma non è così. Non è una roba seria anche se sembra sempre così tremendamente importante. Da una macchina il passeggero di un’auto mi fissa da cinque minuti. Ha una maglia viola col giglio stampato davanti. “Ma che cazzo guardi?” chiedo a voce abbastanza alta. Si volta. Mi volto. Non ci fissiamo più. Lascio il bicchiere, vuoto. Mi incammino silenzioso e battuto. Non troverai rivincite nel calcio. Da nessuna parte forse, ma di sicuro non nel calcio. In alto i calici. C’è ancora tanta schifezza da ingoiare da qui a giugno.

Ma di tempo c’è n’è, in questa città
Fottuti di malinconia e di lei

Ivan Graziani – Firenze (Canzone triste)

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5 risposte

  1. chinabowl ha detto:

    Effettivamente era meglio l’originale, più chiaro e lineare, molto più godibile. Lo hanno fatto a pezzi, tagliato, in una parola: censurato. Motivo? Le bestemmie… no ma dico, nel 2015 ancora non possiamo smadonnare liberamente negli articoli? Vergogna!

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