I più grandi upset dello sport – 2 (NCAAF, moto)

Incredibile! Sorprendente! Come è stato possibile?! Gli americani che hanno sempre una parola per tutto lo chiamano “upset”, l’ultimo che è andato in onda è stato quello di qualche settimana fa, con gli sfavoriti seppur di “soli” 6 punti Denver Broncos che hanno annichilito con la loro difesa il miglior attacco della lega. Parliamo ovviamente di Super Bowl 50 che però anche su queste pagine è stato ampiamente dibattuto e sul quale non vogliamo ulteriormente fermarci.

La sorprendente vittoria di Denver però passerà agli annali più come ultimo titolo (ed ultimo match?) di Peyton Manning piuttosto che come upset. Gli upset che hanno fatto la storia sono altri. Dopo averne raccolti tre provenienti dal mondo del calcio, boxe e tennis, restiamo oltre oceano, restiamo alla loro palla ovale ma scendiamo di un piano ed entriamo nel mondo collegiale, sempre portatore sano di sorprese sportive.

College Football –> Appalachian State (n.1 FCS) batte Michigan (n.5 nazionale) nella Big House di Ann Harbor nell’opener della stagione 2007. HighlightsMatch completo

Corey ha guadagnato in carriera 3 milioni di dollari, si è fatto 6 anni in NFL come safety tra Bengals, Buccaneers, Chargers, Titans e Colts ai margini della depth chart ma avendo un buon utilizzo, ha anche messo a segno 5 intercetti. E una volta ha persino salvato una vita.

Jason l’NFL forse la guarda la domenica sera, ha un bel lavoro in banca, presta mutui, l’abbiamo scoperto cercando il suo contatto su twitter. Non è molto social, ma il suo ultimo (di 47) tweet è di un mese fa ed è un link a questo articolo: “The Haters Are Losing The War On Kickers”. Difende la categoria, d’altronde “once a kicker, always a kicker”.

Corey è Corey Lynch, Jason è Jason Gingell. Loro sono due facce della stessa medaglia, il classico centesimo che ti manca per fare il dollaro che serve per completare uno dei più grandi upset sportivi di tutti i tempi.

Gingell era arrivato alla università di Michigan nel 2006, transfer da Detroit Chatolic Central, e il 2007 era stato il suo ultimo anno di eleggibilità. Nei Wolverines come avete capito faceva il kicker, il primo anno si era limitato a qualche kickoff e ad un extra point, ma il secondo anno era diventato lui il titolare. Quell’opener non lo dimenticherà mai.

Lynch ad Appalachian State era uno dei giocatori più importanti di una squadra che tra il 2005 e il 2007 vinse 3 titoli nazionali consecutivi di Division I FCS. Division in cui detiene tuttora il record in carriera per passaggi difesi, 52 (28 deflettati, 24 intercettati). Ma il gioco che l’ha regalato all’immortalità non è quello di un passaggio impedito, bensì quello di un calcio bloccato.

Le prime settimane di stagione regolare spesso e volentieri le big house (alla Michigan) le impiegano con avversari abbordabili, lo fanno per entrare in ritmo ed avere un approccio più soft prima delle sfide di conference e per evitare inciampi indesiderati che potrebbe compromettere la stagione sin dalla sua alba.

Chiaro i Mountaineers di Appalachian State erano pur dei campioni nazionali per il loro “campionato”, ma restava comunque un campionato di un livello inferiore. Il mondo collegiale regala spesso e volentieri queste sfide potenzialmente squilibrate. Non è come nel mondo professionistico nel quale il salary cap impone un budget minimo e massimo uguale per tutti, qua lo squilibrio economico, che poi si rispecchia nella possibilità di dare borse di studio e visibilità totalmente differenti, crea super potenze (le big house già citate) e realtà più di nicchia, alla Cenerentola.

Poi però c’è sempre il campo e quel primo settembre 2007 il campo ci consegnò un miracolo. All’intervallo era 28-14 per i “montanari”, guidati da un QB eclettico che poi in NFL tentarono (vanamente) di trasformare in wide receiver, Armanti Edwards.

Armanti con il TD del 28-14

Armanti con il TD del 28-14

Il secondo tempo doveva essere il luogo dove i sogni finiscono, in realtà Michigan faticò non poco a recuperare il distacco, con troppe palle perse che ne rallentarono la rimonta. Il sorpasso avvenne solo a poco meno di 5 minuti dalla fine con una corsa straordinaria di Mike Hart. La mancata conversione da 2 punti portava il risultato sul 32-31 per Michigan.

Quando sei lo sfavorito e vivi al di là delle tue possibilità, nel momento che ti riprendono ti crolla il mondo addosso: primo snap dopo il touchback, lancio di Edwards, intercetto. “È stato bello finché è durato e non è durato nemmeno così poco.”: questa sarebbe la fine di questa storia se non ci fossero stati Jason e Corey.

Gingell era alla sua prima partita da kicker titolare per Michigan. Aveva già messo 2 FG tra secondo e terzo periodo. Era in fiducia, niente poteva andare storto, doveva solo infilarlo tra i pali dalle 43 e regalare 4 punti di vantaggio alla sua squadra. Ma qualcosa in realtà andò storto, la sua palla fu bloccata e Michigan restò in vantaggio di un solo punto a poco meno di 100 secondi dal termine.

Altra chance per sognare, altra magia di Armanti che porta i suoi in meno di 60 secondi a poter calciare un facile FG per il contro sorpasso. Chance sfruttata come solo chi non ha niente da perdere riesce a fare: 34-32 Mountaineers.

E Corey? Era lì in sideline a godersi il calcio dei suoi compagni in attesa che il destino lo chiamasse a completare il miracolo. Chad Henne ci mette un incompleto prima di attivare le procedure di decollo, il pallone parte come se dovesse arrivare sulla luna ma attera docile tra le braccia di Manningham sulle 20 avversarie. 6 secondi da giocare, timeout Michigan, vai Jason entra in campo e vai incontro al tuo destino, è lì che ti aspetta mascherato da Corey Lynch:

Appalachian State has stunned the college football world. One of the greatest upsets in sports history!! Blocked by Corey Lynch! 

Thom Brennaman, commentatore per Big Ten Network.

L’anno scorso Appalachian State è entrata a far parte della FBS, la division delle migliori università di college football. Il debutto tra i grandi è stato proprio il rematch di questo miracolo sportivo. Michigan ha vinto 52 a 14. Ma niente potrà mai cancellare questa impresa storica: Corey Lynch e Jason Gingell saranno per sempre due facce della stessa medaglia.

Motomondiale –> Nicky Hayden campione del mondo MotoGP 2006

La stagione 2006 della MotoGP passò alla storia come la stagione con l’upset al cubo. Ad inizio stagione le probabilità che qualcuno diverso da Valentino Rossi potesse vincere il mondiale rasentavano lo 0. Parliamo di un campionato che veniva dominato da 5 anni consecutivi dal pilota di Tavullia. I più visionari potevano comunque pensare in un miracolo firmato Pedrosa o in un exploit stagionale della Ducati con in sella Capirossi, ma immaginare di avere Hayden in lotta per il titolo proprio no.

Per carità, il ragazzino all’epoca 25enne, alla quarta stagione in MotoGP, veniva da una buona annata dove aveva conquistato la sua prima vittoria ed aveva concluso il mondiale con 4 podi consecutivi ed il terzo posto finale. Ma lottare per il mondiale era un’altra cosa.

L’inizio dell’italiano però non fu dei migliori, eufemismo: Rossi 2001, prime 5 gare: 91 punti (3 vittorie, 1 terzo posto, 1 ritiro); Rossi 2002, prime 5 gare: 120 punti (4 vittorie, 1 secondo posto); Rossi 2003, prime 5 gare: 115 punti (3 vittorie, 2 secondi posti); Rossi 2004, prime 5 gare: 101 punti (3 vittorie, 2 quarti posti); Rossi 2005, prime 5 gare: 120 punti (4 vittorie, 1 secondo posto); Rossi 2006, prime 5 gare: 40 punti (1 vittoria, 1 quarto posto, 1 quattordicesimo posto, 2 ritiri).

Nel frattempo il 25enne di cui sopra aveva replicato il finale della stagione precedente: 4 podi nelle prime 4 gare. In sostanza dopo 5 gare Hayden era primo con 83 punti senza aver ancora vinto una gara, Rossi era ottavo a 43 punti di distacco. Ma quello non fu il punto più basso della stagione. A quel punto Nicky fece terzo al Mugello, secondo al Montmelò e primo ad Assen, l’università delle moto, la casa di Valentino, in un finale drammatico contro Colin Edwards, compagno di Rossi stesso.


Edwards-Hayden Assen 2006 di nopeoplethere

Uno smacco che dava definitivamente forma all’upset. Rossi in quel Gran Premio partì addirittura 18esimo (non fu un caso raro, specie quell’anno, soffrì per un motivo o per un altro in fase di qualifica) e terminò solo ottavo a più di 20 secondi dall’americano.

La classifica dopo il Gran Premio di Olanda recitava: 1. Hayden  144 pt, 2. Pedrosa 102 pt, 3. Capirossi 100 pt, 4. Rossi 98 pt, 5. Melandri 98 pt. 46 punti di distacco a metà stagione (8 GP fatti, 9 ancora da fare). Una moto non così efficiente come gli anni precedenti, con il doppio ritiro consecutivo in Cina ed in Francia che aveva dato un duro colpo alla sua classifica. Ma le cose non accennavano a cambiare verso: a Laguna Seca tre gran premi dopo con un Rossi in visibile rimonta per il mondiale, è ancora un problema tecnico a fermarlo, costringendolo al ritiro per la terza volta proprio mentre affannosamente cercava di conquistare un podio con Hayden che invece era già involato verso la vittoria (la seconda stagionale, la terza in carriera).

A quel punto mancavano 6 gare alla fine, con Valentino a 51 punti di distacco dal primo (massimo stagionale) e davanti a lui c’erano ancora Pedrosa (a -34) e Melandri (a -44). Sembrava veramente un campionato finito, ma come dicevamo in apertura quella annata è stata un mix di upset: Rossi fino a quel momento aveva una posizione media di partenza in griglia del nono posto (9,18), aveva collezionato una sola pole in 11 gare (Montmelò), solo un’altra volta (Mugello) era partito in prima fila, per ben 6 volte era scivolato fino alla quarta fila se non peggio. Nelle ultime sei gare il cambio di marcia era arrivato dapprima proprio nelle qualifiche: 6 prime file, 4 pole position. Hayden per 4 gare di fila non salì più sul podio al quale invece Rossi era abbonato. In Malesia l’italiano non si limitò alle piazze d’onore ma conquistò il bottino pieno, la vittoria. In risposta Hayden finì quarto preceduto addirittura dal suo compagno di squadra Pedrosa, non così avvezzo ai giochi di squadra.

L’escalation rossiniana fu evidente nel calo del distacco dalla vetta: -51, -38, -26, -21, -12. Arriviamo alla penultima gara, il “lieve” difetto di Pedrosa nel non ritenere opportuno aiutare o quanto meno non ostacolare la corsa mondiale del suo compagno esplose in tutta la sua prepotenza nei primi 4 giri del gran premio del Portogallo: i due si superarono più volte, fino a quando Dani entrò come un kamikaze in una curva, prendendo addirittura il cordolo interno, e volò diritto su Hayden (ne parlammo anche qui). Delirio, nessuna c’ha ancora spiegato tutto ciò.

Rossi battagliò tutta la gara con Kenny Roberts Jr, Colin Edwards e Toni Elias, i 4 arrivarono sul traguardo dentro il secondo di distacco e con Rossi secondo dietro ad Elias per soli 2 millesimi. 2 millesimi che costarono però 5 punti. Dopo l’Estoril Rossi era in vetta al mondiale per la prima volta in tutta la stagione con 8 punti (e mezzo) di vantaggio. Si sprecarono le tabella riassuntive su cosa dovesse accadere per mantenere quei punti di vantaggio, ma bastava arrivargli davanti per non curarsene. Di certo eravamo di fronte ad un upset dell’upset. Ma il mondiale non era finito, mancava Valencia.

Valentino partì in pole, ma non fu protagonista di un buono spunto al via, si trovò a dover rimontare anche se la situazione era ancora sotto controllo, almeno sino al quinto giro dove praticamente da solo perse il controllo della moto e scivolò a metà curva. Inspiegabile quasi come l’atteggiamento della gara precedente di Pedrosa. Risalì in sella mentre tutti noi prendevamo in mano quelle tabelle che pensavamo non ci sarebbero servite, ma il ritmo non fu tale per mettere in scena una delle sue solite rimonte. Finì tredicesimo, la gara fu vinta da Troy Bayliss (wild card d’eccezione), Hayden in controllo giunse terzo questa volta ben schermato dal suo compagno Pedrosa.

Una piega di troppo

Una piega di troppo

È l’upset dell’upset dell’upset! La classifica finale recitò 252 Hayden, 247 Rossi. 5 punti, quei 5 punti sfumati per 2 millesimi il Gran Premio precedente (a parità di punti avrebbe vinto Rossi grazie alle 5 vittorie contro le 2 dell’americano).

Hayden dopo quell’annata non vinse più una corsa! Ha raggiunto il podio altre 8 volte (7 terzi posti, un secondo) su 147 gran premi disputati, meriterebbe un racconto a parte nella rubrica “quel che illude lo sport”, ma qui ci siamo limitati a celebrare il suo upset al cubo.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

Potrebbero interessarti anche...

8 risposte

  1. AIvise ha detto:

    il fantastico upset di #AppalachianState. ah sì c’è anche Hayden https://t.co/go45fHCk7C

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *