Memorie Europee – Euro 2012 – Il Falso Nueve

Cominciamo Finiamo a raccontare gli europei. Lo facciamo in attesa L’attesa della nuova edizione di Francia 2016 è finita, la prima a 24 squadre con una formula molto simile ai mondiali giocati tra il 1986 e il 1994, comprendente quindi il ripescaggio di quattro delle migliori terze e le gare degli ottavi di finale, mai apparse ad un torneo continentale. La Francia ospiterà gli Europei per la terza volta. Celebriamo il ricordo dell’era moderna, quella che possiamo raccontare, per celebrare i campioni, gli episodi, i simboli e le squadre di tre epoche. Lo facciamo soprattutto per celebrare i ricordi di tre decadi vissute sulle spalle, tra immagini, aneddoti e sogni d’un tempo. O, almeno, cerchiamo di raccontarli per come li ricordiamo. Per il resto c’è Wikipedia.

CAPITOLO 9 – Il Falso Nueve

Senza punte

Senza punte

Il 2012 è l’anno degli Europei in Polonia e Ucraina, due nazioni esordienti nell’organizzazione di un evento così importante, vittoriose nel duello contro la candidatura italiana, che sembrava la più forte, ma che come spesso è accaduto non aveva fatto i conti con le abili tecniche di persuasione di Blatter, nemico nemmeno troppo velato della nostra Federazione. Così si decise per le due nazioni dell’Est nonostante i problemi organizzativi e strutturali fossero notevoli e non a caso si arrivò a pochissime mesi dall’inizio dell’evento senza sapere se stadi, infrastrutture e macchina organizzativa fossero pronti.

Alla fine l’Europeo riesce a partire e la Polonia che nutriva grandi speranze per il passaggio del turno, visto il sorteggio favorevole e la presenza in attacco di un campione come Lewandowski, deve subito ingoiare un boccone amaro, fermata sul pari dalla Grecia pur essendo passata in vantaggio e avendo un uomo in più. Ma è l’altra partita del primo giorno che segna uno dei punti che caratterizzerà l’andamento tattico della manifestazione, la Russia affronta la Repubblica Ceca e il CT Advocaat, olandese figlio della scuola lanciata dal maestro Michels e sviluppata da Crujif, si schiera con un 433 che sembra la fotocopia del Barcellona di Pep Guardiola, dominatore del calcio europeo fino al grande ratto del Chelsea e di Di Matteo, che lo eliminano in semifinale grazie a difesa estrema e molta fortuna e vanno a prendere la prima Champions League nel modo più sorprendente possibile.

Non c’è un centravanti puro, al centro la Russia schiera Kerzhakov, con ai lati due talenti puri come Arshavin e Dzagoev, ma le posizioni sono solo iniziali, perché poi tutti si muovono e i punti di riferimento non ci sono. La Repubblica Ceca non ci capisce nulla, subisce due goal in 25 minuti e alla fine soccombe per 4 a 1, affossati dalla doppietta del 21enne Dzagoev, uno che può giocare cinque ruoli dalla metà campo in su e che dopo i 3 goal dell’Europeo sembrava dover diventare un crack a livello europeo, ma come spesso accade è rimasto vittima dell’autodistruzione dei russi, che anche in Polonia dopo il roboante debutto finiscono per essere eliminati dal girone, battuti dai rognosi greci nella sfida decisiva.

Ma non sono i russi i protagonisti di questo Euro2012, ma il Falso Nueve, lanciato da Spalletti nella Roma di un Totti regista avanzato, e portato alla gloria da Guardiola nel 2009 mettendo il miglior giocatore del mondo, Messi, in quella posizione in un Clasico contro il Real. Il centravanti “mobile” è stata la chiave tattica che ha permesso alla Spagna di reinventarsi dopo i trionfi di Euro2008 e del Mondiale 2010 e chiudere uno storico tris, mai realizzato nella storia del calcio.

La Spagna allenata da Del Bosque, reduce dal trionfo nel mondiale sudafricano, esordisce proprio contro l’Italia di Prandelli, reduce dalla débâcle del Lippi 2.0 chiusa con il peggior risultato di sempre di una nazionale italiana, ultima in un girone con Slovacchia, Paraguay e Nuova Zelanda. Ha Fernando Torres come centravanti, ma il  Nino è lontano parente di quello che ha deciso l’ultimo Europeo, finito nelle sabbie mobili di un trasferimento molto polemico dal Liverpool al Chelsea e di una stagione estremamente deludente, nonostante la vittoria della Champions League. Allora decide di prendere spunto dal calcio di una delle grandi di Spagna, e schiera Fabregas come uomo più avanzato, in un sistema che non prevede attaccanti di ruolo, ma tanti trequartisti/centrocampisti che con il loro movimento a eludere le marcature e trovare gli spazi giusti guideranno i momenti decisivi della nazionale spagnola verso il bis consecutivo.

L’Italia che affronta i Campioni del Mondo è una Nazionale costruita da Prandelli tra le macerie del Mondiale 2010, che si affida di nuovo al talento pazzo di Antonio Cassano e alla sfrontatezza atletica di Mario Balotelli, puntando sul blocco difensivo della Juventus, fresca vincitrice dello scudetto con Conte grazie ad un muro difensivo da 20 goal complessivi subiti. Il CT è un amante della difesa a 4 e delle due punte, ma ha visto che durante l’anno i bianconeri hanno proposto con successo la difesa a 3 e i due laterali che spingono per tutta la fascia, e supponendo difficoltà nel contenere gli inserimenti continui dei trequarti e centrocampisti spagnoli decide di schierarsi con un inedito 352 con De Rossi arretrato al centro della difesa e sulle fasce Giaccherini e Maggio. La scelta è premiata perché la Spagna fatica a trovare spazi fra le maglie strette della zona centrale e quando allarga il gioco ha continui raddoppi difensivi dai laterali e dalle mezzali. È l’Italia ad avere le occasioni e a passare in vantaggio con Di Natale subentrato a Balotelli, ma proprio quando sembra vicina la grande sorpresa, le Furie Rosse trovano la prima giocata da Falso Nueve, con Silva che taglia centralmente con la palla e pesca con un filtrante il taglio vincente di Fabregas tra centrale e terzino.

Il pareggio mette fiducia a Prandelli e al popolo azzurro, ma come spesso accade quando bisogna confermarsi contro squadre più deboli, si fatica. Il 352 viene riproposto, ma la Croazia ha due punte di ruolo e degli esterni offensivi, e pur subendo il goal di Pirlo resta sempre pericolosa, fino al pari di Mandzukic che beffa Chiellini e condanna gli Azzurri alla partita decisiva contro l’Irlanda.

Per la sfida decisiva il CT decide di tornare alle sue origini, schiera la difesa a 4 con l’esordio di due terzini puri come Balzaretti e Abate e l’avanzamento di De Rossi in un centrocampo da 4 mediani con Pirlo, Marchisio e Thiago Motta. È il sistema che ci farà svoltare e vivere una favola sorprendente, fino alla finalissima di Kiev.

Ed è lo specchio della sfida nella sfida di questa edizione dell’Europeo, quella del sistema di gioco, diviso tra quello a 3 punte con due ali e quello con il trequartista centrale che svaria dietro a 1 o 2 punte.

Ai quarti si affrontano la Repubblica Ceca orfana dell’infortunato Rosicky, ma ancorata al suo trequartista centrale dietro al centravanti Baros, e il Portogallo di Cristiano Ronaldo e Nani larghi nel tridente con Postiga. L’Italia di Prandelli e del trequartista atipico Montolivo, capace di liberare l’estro di Pirlo col suo movimento ad incrocio con il genio ex Milan e di rubare palloni importanti nella trequarti offensiva, contro l’Inghilterra di Rooney ormai a tutti gli effetti Falso Nueve nel tridente con Welbeck e Young. La Spagna priva di attaccanti e con due mezzali sulle fasce come Iniesta e David Silva che si contrappone alla Francia del 9 classico Benzema coadiuvato da due ali pure come Ribery e la combo Malouda/Debuchy. Infine la Germania dei 3 trequartisti dietro al centravanti contro la Grecia del tridente mobile.

Il Portogallo tira 20 volte contro le 2 dei Cechi, prende 2 pali, manca un sacco di occasioni, e ringrazia il guizzo da campione di Cristiano Ronaldo che li manda in semifinale quando i supplementari erano alle porte, la Spagna vola sopra i francesi grazie alla doppietta di Xabi Alonso, mentre la Germania dà spettacolo contro i greci segnando 4 goal con 4 giocatori diversi. Infine l’Italia che guidata dalla magia di Pirlo, mette sotto scacco gli inglesi, ma non riesce a segnare, anche per gli sprechi di Balotelli, e deve ricorrere ancora una volta ai tanto odiati rigori. Gli inglesi però sono peggio di noi nella maledizione della lotteria e nonostante l’errore di Montolivo che li avvantaggia, subiscono mentalmente il cucchiaio di Pirlo e sbagliano due volte regalando la semifinale all’Italia.

Nelle semifinali due CT commettono errori tattici che hanno esiti differenti per la qualificazione alla Finalissima. Del Bosque accantona il Falso Nueve e sceglie Negredo al centro dell’attacco, ma contro la coppia Pepe-Bruno Alves la fisicità del centravanti spagnolo non produce niente e pur inserendo Fabregas prima dell’ora, la Spagna non riesce a scardinare il fortino lusitano, rischiando sulle incursioni di CR7 e Nani. Fortuna vuole che il Portogallo sia storicamente incapace di sfruttare le occasioni create e così ai rigori passa la Spagna grazie proprio a Fabregas.

Loew contro di noi cambia ancora formazione, accantonando due giocatori in forma come Reus e Schurrle per rimettere Podolski e a sorpresa Kroos che toglie la verve di Ozil dalla trequarti centrale. L’Italia è galvanizzata e protetta dal rientro di Chiellini messo terzino sinistro. Balotelli e Cassano si intendono a meraviglia, Mario diventa Super forse per la prima e unica volta nella sua carriera e la sua doppietta sorprende ancora una volta i tedeschi, come nel 2006, e ci lancia verso un’insperata Finale.

La Finale è ancora Spagna-Italia, come nella prima partita del girone. Prandelli ha la possibilità di riproporre il sistema 352 che ha imbrigliato le Furie Rosse, ma non se la sente di modificare una formazione che l’ha portato fino all’ultimo ballo e mette ancora Chiellini a sinistra e Montolivo trequartista. Del Bosque ritorna al Falso Nueve e sprigiona la miglior edizione del Tiqui Taqua, con Iniesta e David Silva che si accentrano a formare una stella a 5 in mediana che disorienta la regia di Pirlo e il pressing di Montolivo. Il goal di Silva dopo 14 passaggi e quello di Jordi Alba su inserimento centrale dopo 4 soli passaggi sono lo specchio del modulo camaleontico spagnolo che spegne il sogno europeo dell’Italia, arrivata esausta all’appuntamento più importante. Prandelli sceglie Motta invece che Diamanti per sostituire uno stremato Montolivo e la scelta prudente è un boomerang perché l’oriundo si fa male subito e lascia la squadra in 10 soccombere sotto gli acuti di Torres e Mata.

È l’ennesimo trionfo della Spagna, prima Nazionale a chiudere il trittico Europeo-Mondiale-Europeo, dopo decenni di sconfitte e delusioni. È l’apoteosi del modello spagnolo fatto di tiqui-taca e finto centravanti, che maschera una tenuta difensiva da 1 solo goal subito in tutto il torneo, quello di Di Natale all’esordio. Casillas alza l’ennesima Coppa, mentre Prandelli deve deglutire amaro, non immaginando che quello sarà il punto più alto della sua gestione, conclusasi con il pessimo Mondiale brasiliano.

È sempre festa in Spagna

È sempre festa in Spagna

Con questo capitolo si chiude il nostro percorso verso Francia 2016, fatto di amarcord ed emozioni: speriamo di aver fatto riaffiorare i vostri ricordi. Qui sotto trovate i link a tutti i capitoli precedenti. Poi non ci resta che aspettare l’edizione che inizia domani, anche lei saprà regalarci brividi come solo lo sport sa fare.

CAPITOLI PRECEDENTI

1 – Italia 1980, Rummenigge

2 – Francia 1984, Diavoli Rossi

3 – Germania Ovest 1988, Kieft

4 – Svezia 1992, Danish Dynamite

5 – Inghilterra 1996, Gazza

6 – Euro 2000, Golden gol

7 – Portogallo 2004, Otto Rehhagel

8 – Euro 2008, La Rumba de Espana

Potrebbero interessarti anche...

6 risposte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *