Pechino 2008: Alex Schwazer e la sua marcia dalla stelle alle stalle

Non lo nasconderò: le Olimpiadi di Pechino non le ho amate troppo! Diversi motivi: si andava in una nazione che non ha nel rispetto dei diritti umani e della libertà i suoi cardini, poco tempo per seguirle (si doveva pur iniziare a lavorare seriamente prima o poi no?), atmosfera non molto entusiasmante (poco tifo) e soprattutto orario veramente brutto per le gare più importanti, con inoltre l’orribile decisione di mettere le finali del nuoto al mattino cinese invece che nel pomeriggio/sera come si era sempre fatto (e quindi prima mattina per noi) per andare incontro alle esigenze del mercato statunitense che aveva in Michael Phelps un “discreto” uomo immagine.

Se poi andiamo a vedere il medagliere finale in cui ci fu il dominio cinese ti nascono tanti di quei dubbi che…“ciaone proprio”! Curiosa inoltre l’entrata delle squadre nazionali nella cerimonia di apertura perché il solito ordine alfabetico (a parte Grecia che entra sempre per prima e paese ospitante sempre per ultimo) fu stravolto dal particolare alfabeto cinese che fece sì che la Guinea entrasse per prima e l’Australia quasi per ultima…

Ma pensiamo alle cose belle: le 8 medaglie d’oro (con 7 record mondiali) di Michael Phelps sono qualcosa di semplicemente incommentabile per la grandiosità dell’evento, sempre in piscina da segnalare il doppio oro nei 100 e 200 rana del giapponese Kosuke Kitajima, degno erede del nostro Domenico Fioravanti, nel “nido” dello Stadio Olimpico il principale protagonista fu certamente il giamaicano Usain Bolt dominatore di 100 e 200 metri con doppio record mondiale di 9.69 e 19.30 rispettivamente e Giamaica che si rivelò come la nazione più veloce al mondo vincendo anche i 100 (con tripletta per altro) e 200 femminili, e la 4*100 maschile con altro record del mondo battuto, mentre la russa Elena Isinbaeva fece registrare il suo 24simo record mondiale nella finale del salto con l’asta. Tutto questo nonostante qualche giornata di maltempo che rovinò un po’ il programma dell’atletica.

Usain Bolt si dimostra l'uomo più veloce del mondo

Usain Bolt si dimostra l’uomo più veloce del mondo

La squadra di casa dominò il medagliere nei tuffi (7 ori) e nel tennis tavolo (4 ori su 4 gara con due triplette nelle gare individuali e la netta sensazione che ci sarebbero state altre triplette nelle gare a squadra se ci fossero state anche delle Cina 2 e Cina 3), mentre nella ginnastica si dovette “accontentare” di 18 medaglie con 11 ori. Nel ciclismo lo svizzero Fabian Cancellara “rischiò” una storica doppietta vincendo la gara a cronometro ma venendo beffato in volata dallo spagnolo Samuel Sanchez in quella in linea, mentre il torneo di calcio vide la rivincita in finale dell’Argentina di Messi e Di Maria contro la Nigeria e quello di basket il ritorno di un più “vero” Dream Team USA che comunque dovette soffrire abbastanza per avere la meglio in finale su un’ottima Spagna.

Per l’Italia fu comunque una discreta spedizione: Federica Pellegrini vinse finalmente il suo primo oro nei 200 m stile libero, Giulia Quintavalle ci fece tornare ad assaporare le gioie del gradino più alto del podio in una disciplina prettamente orientale come lo judo, mentre Andrea Mingozzi nella lotta greco-romana  replicò dopo tanto tempo i successi di “Pollicino” Maenza. La scherma si confermò il nostro forziere di punta con 2 ori e 5 bronzi (clamoroso quello del fioretto femminile che ci aveva abituato a ben altro) con la solita Vezzali e nella spada Matteo Tagliarol. Anche il tiro diede le sue solite soddisfazioni con 1 oro (Chiara Caneiro nello skeet femminile) e 2 argenti, mentre sorprese in positivo, dopo un periodo di vacche magre, il pugilato che conquistò 20 anni dopo l’oro di Giovanni Parisi un oro con il gigante Roberto Cammarelle nei supermassimi (dopo il bronzo di Atene nel 2004 e prima dell’argento di Londra nel 2012) che dovendo affrontare un cinese in finale, per evitare problemi con le micidiali macchinette segnapugni dei giudici, gli rifilò un KO tecnico, un argento con Clemente Russo nei massimi e un bronzo con Vincenzo Picardi nei mosca.

https://www.youtube.com/watch?v=2skf7tVNwWU

Ma la regina delle Olimpiadi rimane sempre l’atletica, ed ultimamente noi in pista siamo stati piuttosto avari di soddisfazioni se si esclude la maratona con i trionfi di Bordin a Seoul 88 e Baldini ad Atene 2004 e la consueta marcia, sia maschile che femminile, che è sempre stata una buona portatrice di medaglie in tutta la storia olimpica, partendo da Pino Dordoni e Abdon Pamich, passando da Maurizio Damilano ed arrivando a Ivano Brugnetti.

Quel modo di muoversi così strano…buffo…quel movimento che a prima vista può sembrare innaturale e che invece è così semplice ed immediato (nonché l’ideale se non si vuole sforzare troppo le ginocchia o non si fa troppo movimento), sono sempre stato affascinato dalla marcia e spesso mi divertivo con gusto a cercare di riprodurre quel gesto. C’è poi anche quella malsana voglia di cercare di scoprire chi non sta facendo il gesto tecnicamente corretto: chi non blocca il ginocchio o chi non fa il classico movimento tacco-punta in modo da mantenere sempre, come da regola, il contatto con il terreno (spoiler alert: al replay non troverete mai nessuno che fa il gesto in maniera perfetta, specie verso fine gara). E se poi i 20km rappresentano già una prova lunga e dura, i 50 sono semplicemente massacranti e ti portano a provare massimo rispetto per i loro partecipanti, sia chi arriva tra i primi che chi taglia il traguardo quando gli altri sono già sotto la doccia.

Alex Schwazer è uno di questi, un altoatesino che percorre ogni anno migliaia di km in allenamento e che ha dimostrato sin da subito il suo talento diventando campione italiano della 50km a 21 anni. Subito dopo, nello stesso anno, vince il bronzo ai Mondiali di Helsinki: è un predestinato, ne sono convinti tutti i tecnici. Continua a migliorare i suoi tempi e 2 anni dopo, ai Mondiali di Osaka ha l’occasione di dimostrare che quello che tutti pensano è vero: l’inesperienza ai grandi livelli lo porta però ad essere più prudente del necessario, ha paura di scoppiare e va troppo di conserva, quando ormai si decide a dare tutto, è troppo tardi e si deve di nuovo accontentare del bronzo pur prendendo coscienza che è il più forte.

A Pechino il clima è quasi infernale, c’è un caldo asfissiante e un’alta umidità che fa sentire ancora di più l’inquinamento della metropoli cinese. Ma questa volta Alex non vuole farsi sorprendere da nessuno e fa sempre gara di testa, non forza ma non si fa staccare da nessuno. Poi, al 42simo chilometro, inizia ad attaccare lui: si sente in forma, anzi, “si sente Superman“. Gli avversari iniziano a cedere: il francese, grande favorito, Diniz è preda dei crampi, e con il nostro marciatore rimangono solo Tallent, Nižegorodov e il padrone di casa Li.

Le giurie sono state abbastanza clementi con gli atleti di gara finora e Li ne approfitta mettendosi quasi a correre per non cercare di perdere il contatto con la testa. Ma è troppo anche così e cede. Rimangono solo in tre ma Schwazer è troppo determinato quel giorno, non ce n’è per nessuno e va a vincere con il nuovo record olimpico: 3h37’09”. A 23 anni il mondo della marcia è ai suoi piedi.

Ma forse proprio quei 23 anni sono stati la sua rovina: non è facile gestire la popolarità quando sei giovane e, soprattutto, non ci sei abituato. Lui viene dalla marcia, era sconosciuto quasi a tutti e ora è il volto dell’atletica italiana, viene invitato ovunque, è in televisione, diventa un personaggio pubblico. Ma la fama è pericolosa se non la sai maneggiare.

I risultati in strada iniziano a non essere più quelli di prima: ai Mondiali del 2009 di Berlino abbandona la gara dopo un’ora e mezzo, ma un anno dopo realizza il nuovo record italiano sui 20km, perché comunque la classe è tanta. Con il senno di poi questo risultato si rivelerà deleterio perché lo convincerà di poter addirittura tentare la doppietta, 20 e 50 o comunque a puntare sulla “meno faticosa” gara breve. Agli Europei del 2010 di Barcellona è quindi il favorito nella 20, ed invece viene battuto per 28 secondi dal russo Emel’janov che, scherzo del destino, 4 anni dopo verrà privato della medaglia per doping (e quindi a lui verrà dato l’oro). A Dagau nei mondiali dell’anno successivo è nono: non sembra più lui, non ha più il sacro fuoco dentro o sono le sue gambe che non vanno più come prima? Si deve allenare di più? Deve liberare la testa?

Ormai Alex è confuso, in crisi, sente la pressione di dover vincere perché tutti se lo aspettano da uno con il suo talento ma forse è lui che non ne vuole più sapere, non ce la fa più. O almeno questo è quello che dice lui il giorno della conferenza stampa dopo che era stata comunicata la sua positività al doping (Epo, che non va più neanche di moda) in un controllo di routine prima delle Olimpiadi di Londra 2012: quelle in cui tutti si aspettavano il suo riscatto. Le Olimpiadi l’avevano portato in cima, le Olimpiadi lo hanno buttato a terra. Il destino che si diverte.

Alex Schwazer, dalle stelle alle stalle

Alex Schwazer, dalle stelle alle stalle

Certo che dopo quell’episodio tutti si sono chiesti se effettivamente quello era stato solo un caso, un episodio singolo di un uomo, prima che un’atleta, in grave crisi psicologica o se invece era solo stato scoperto dopo averlo sempre fatto, e magari anche quell’oro di Pechino era “sporco”. Le analisi, anche quelle postume, lo hanno scagionato, ma agli occhi dei tifosi, degli ex-compagni e degli avversari quell’ombra non lo abbandonerà mai, e questa è forse la sua più grave condanna, più dei tre anni e nove mesi complessivi che gli sono stati comminati dalla giustizia sportiva, più degli 8 mesi (commutati in 6000 euro di multa) della giustizia ordinaria, più della sospensione e poi del successivo congedo dai Carabinieri al cui gruppo sportivo apparteneva.

Per sua fortuna è ancora giovane ed il primo aprile 2015, sfidando il concetto di pesce d’aprile, in una conferenza stampa ha annunciato di voler allenarsi per tornare a gareggiare puntando alle Olimpiadi di Rio 2016, e per cercare di togliere ogni dubbio sulla sua “pulizia” al di là di quell’episodio ha voluto farsi seguire da un paladino dell’antidoping, quel Sandro Donati che ha dato una splendida risposta a chi gli poneva dubbi: “Sono certo che qualcuno non capirà e si chiederà: ‘Ma come Donati va con un atleta dopato?’ Mi dispiace ma cosi non andiamo da nessuna parte. Le persone hanno il pieno diritto a riacquistare tutta la loro dignità dopo gli errori che hanno commesso”.

A questo punto ognuno avrà la sua idea: chi lo considererà sempre un “dopato” e non lo perdonerà mai, chi non lo vuole in squadra (le polemiche per il suo ritorno sono state molto forti nella squadra italiana di atletica), chi è pronto a dargli una seconda chance e chi, magari, lo ha già perdonato. Di sicuro il ritorno è stato di quelli che non si dimenticano e non passano inosservati perché aveva una sola possibilità per fare il minimo per la qualificazione olimpica, il campionato del mondo a squadre di marcia dove, l’8 maggio appena passato, ha dimostrato a tutti che la classe è ancora quella di prima della squalifica andando a vincere con il tempo di 3’39″00.

A Rio sarà di nuovo tra i favoriti, ma avrà anche gli occhi di tutti addosso, pronti ad additarlo al minimo errore ed incertezza, e la parte più difficile per lui sarà riuscire a gestire la pressione, cosa che ha già dimostrato di faticare a fare. Una grande storia di redenzione o solo un altro atleta che ha cercato una scorciatoia imbrogliando gli avversari, i tifosi e soprattutto lui stesso? Sarà compito di Alex Schwazer scrivere il finale.

CAPITOLI PRECEDENTI

1 – Seoul 1988

2 – Barcellona 1992

3 – Atlanta 1996

4 – Sidney 2000

5 – Atene 2004

CAPITOLI SUCCESSIVI

7 – Londra 2012

angyair

Tifoso dei 49ers e dei Bulls, ex-calciatore professionista, olimpionico di scherma, tronista a tempo perso, candidato al Nobel e scrittore di best-seller apocrifi. Ah, anche un po' megalomane.

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18 risposte

  1. azazelli ha detto:

    Abbiamo già la risposta all’ultima domanda…Alex ha già scritto il finale?!?!

  2. mlbarza ha detto:

    Ammazza che tempismo c’avete pure voi! ^_^

    A parte tutto, i flash di quell’Olimpiade per quanto mi riguarda sono stati la gara di ciclismo in un clima atmosferico surreale, un cielo grigio e di un colore che manco in Val Padana. E anche quella gara con squalifica postuma di Rebellin che arrivò secondo…

    Le gare in piscina ad un orario disumano, falsate in maniera irreparabile dai costumoni (cosa che si ripetè al mondiale romano l’anno dopo in modo ancor più pesante). Tra le altre cose, bisogna proprio notare che i costumoni non hanno portato un cambiamento solo cronometrico per quei due anni, ma hanno lasciato strascichi pazzeschi anche a livello di metodi di allenamento, tecnica di nuotata e sviluppo dei fisici dei nuotatori. Un cambio epocale come pochi se ne sono visti

    L’esplosione di quelli che saranno ricordati per anni come i due miti (forse) più grandi dei due sport olimpici per eccellenza. Phelps è già il più grande nuotatore di tutti i tempi e l’olimpionico più vincente di sempre, lo dicono i numeri. Non mi susciterà mai l’ammirazione per lo Zar Popov o per Fioravanti, ma tanto di cappello alla sua carriera che ancora non è finita

    Bolt non è ancora nei numeri il più vincente dell’atletica, probabilmente lo diventerà post Rio. Ma ha lasciato un segno, non solo sul suo sport, enorme. E non dimenticherò mail il disappunto dei cronisti RAI, non ricordo chi, forse Bragagna (per distacco miglior telecronista pound for pound, o sport for sport che abbiamo in Italia) per quel rilassamento nella finale dei 100, chiusa con un tempo comunque mostruoso…

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