Quel che illude lo sport – Manuel Poggiali

Manuel Poggiali

E dire che tra i due il più sveglio non sembrava Melandri

Il mondo dello sport è un mondo che brucia in fretta. Molto spesso ce ne dimentichiamo distratti da eccezioni che tendiamo a prendere come esempio. Ma i Buffon, le Pellegrini, gli Agassi, i Capirossi (senza scomodare sempre il totem Rossi) sono la punta di un iceberg: non è che se ci sono riusciti loro a restare ad alti livelli per così tanti anni, dobbiamo pretendere che anche gli altri lo facciano e se non ci riescono siano dei falliti.

L’aspetto mentale nello sport ai massimi livelli viene troppo spesso non considerato, noi li vediamo in TV e pensiamo che sia un videogioco: se il tuo livello è 84 ed hai 93 nel tiro a giro, ogni volta che premo il tasto per il tiro a giro, tu devi fare gol. In realtà non è così, dentro alla TV non c’è un software che gestisce l’apertura del gas, ma ci sono uomini/donne magari con le stesse nostre paranoie o problemi o insicurezze o lune storte che dir si voglia.

La storia di Manuel Poggiali sostanzialmente ci racconta di un campione che è bruciato troppo in fretta, uno che è arrivato molto presto sul palcoscenico mondiale e che non era pronto per sopportarne il peso sino ad invecchiarci.

Sono io che non vado più bene o è la moto che non va? Ma allora dovrei essere io a riuscire a metterla a punto o sono loro che non mi danno più i “pezzi” giusti? Un mix tra insoddisfazione personale ed abbandono (o presunto tale) di chi dovrebbe invece aiutarti a venirne fuori che alla fine ha portato al ritiro prima nel 2007 con l’anno sabbatico e poi nel 2008 a stagione in corso. Un mix in cui il risultato sportivo assume delle dimensioni di priorità ingestibili e finisce per togliere il piacere a tutto ciò che si fa.

Il web è pieno di interviste a Manuel degli anni successivi al ritiro, quando il demone della sconfitta era stato in qualche modo annichilito, tra un turno al bar, una partita a calcio o a calcetto (anche qualche presenza con la nazionale di calcio a 5 di San Marino) ed un impegno per migliorare lo sport sammarinese. E con il passare degli anni è riuscito anche a riallacciare un rapporto “umano” con la moto e il suo mondo, prima tornando a fare qualche corsa nazionale ed ora con l’impegno all’interno del DRE (Ducati Riding Experience), una sorta di accademia per piloti, targata Ducati.

Il suo debutto nel motomondiale avviene nel 1998 a 15 anni. Tre anni dopo, appena maggiorenne, vince il mondiale 125 e decide di restare ancora un anno per confermarsi: a fine 2002 è secondo nella classifica generale dietro ad Arnaud Vincent e appena davanti a Daniel Pedrosa, con lo spagnolo alla seconda stagione tra i pro. A quel punto il salto in 250 e la vittoria iridata sin dal primo anno sembrano l’inizio di un romanzo che ci racconta le gesta di un predestinato che addirittura si permette di rifiutare l’invito come ospite a Sanremo (visto che siamo in tema, questo ce lo innalza da aspirante campione ad idolo incontrastato!).

Manuel Poggiali

L’anno del secondo mondiale

L’anno successivo però il mondiale va proprio a quel Dani Pedrosa di cui sopra. Poggiali non ci arriva nemmeno vicino a fare il bis: 6 ritiri, di cui 3 nelle prime 5 gare, due GP saltati dopo essersi quasi ammazzato (50 punti di sutura) in una partita a squash con il mondiale comunque ampiamente compromesso. Una vittoria ed altri due podi descrivono il nono posto nella classifica finale e l’inizio di un percorso tortuoso che lo porterà, attraverso un saliscendi di categoria, fino al duplice ritiro di cui già raccontato.

Questo è il periodo in cui “anche un quarto posto sembrava insopportabile”, quello che precede di poco il periodo della paura di salire in moto con la nascita del figlio che finisce per essere l’ultima spinta a riporre la moto in garage. Il bello è però leggerlo ad anni di distanza ricordare quelle difficoltà sottolineando di non aver comunque rimpianti. Anzi di essere migliorato come uomo, meno debole e più cosciente delle proprie qualità. Manuel ci aveva illuso, è vero, per tutti era il nuovo Valentino ed alla fine proprio da queste etichette è partita la valanga. Una valanga che ha spazzato via i suoi sogni di campione, ma dalla quale sono nate nuove opportunità.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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9 risposte

  1. bkl ha detto:

    Credo che Manuel abbia aperto gli occhi presto. Non esistono solo le competizioni.
    Esisto e valgo solo se vinco ? no. E per inciso quando erano i suoi anni e andava li piegava tutti..
    Un po’ come Stoner. Farsi una vita fuori dal paddock e dall’essere veloce in pista è altrettanto se non piu’ importante. Certo non va bene per i media…

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