The Chicago Cubs have won the World Series!

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Javier Baez abbraccia Addison Russell. Anthony Rizzo salta nelle braccia di Kris Bryant. Uomini colorati di blu saltano in campo impazziti ed increduli. David Ross, il vecchio catcher li insegue su ginocchia malferme. È un tripudio di bandiere bianche con la W maiuscola. Sembra di essere a Wrigley Field, ma siamo invece a Cleveland. Si alza il trofeo. Il commissioner Rob Manfred dice “…ai vostri tifosi che hanno aspettato 108 anni.”

Ma non ce ne sono di tifosi che hanno aspettato così tanto. L’ultimo titolo dei Cubs è datato 1908, non c’è alcun essere vivente che è stato testimone di tale evento.

Ecco perché Theo Epstein, il presidente dei Cubs, parla di cimiteri. Migliaia di tifosi porteranno cappellini e sciarpe sulle tombe dei loro cari, di coloro che hanno insegnato loro ad amare i Cubs. Il legame tra vita e baseball e tra vita e morte è indissolubile. Quanti hanno detto “…almeno un titolo prima di morire.” Ma non sono stati esauditi.

A Theo, vero architetto di questo titolo, è riuscita la seconda grande impresa della sua carriera dirigenziale (avviata alla Hall of Fame). Dopo aver condotto i Boston Red Sox al titolo nel 2004 dopo 86 anni di frustrazioni (ed aver costruito una solida base per altri successi), ora, in soli cinque anni, ha creato a Chicago un’altra potenziale macchina da postseason. Perché andare alla postseason è quello che si può fare nel baseball di oggi. Per vincere poi ci vuole un po’ di fortuna.

Fortuna di ricordarsi come si gioca nella stagione regolare. Fortuna perché Bryant è andato 1-14 nelle prime quattro partite ed i Cubs si sono trovati in una buca, sotto per tre partite ad una nella serie, poi si è svegliato e si è ricordato di essere forse il miglior battitore della NL. È andato 1-3 con HR, 4-5 con HR ed 1-4 con BB nelle ultime tre gare, tutte vittorie di Chicago. Serve poi che Joe Maddon operi con la sua logica, ma non si faccia prendere dal panico. Anche se pure la sua pazienza (e le sue coronarie, immagino) sono state messe a dura prova.

C’era la storiella del 108, ci vogliono 108 out per vincere le World Series, ci sono 108 cuciture su una palla da baseball, Kyle Hendricks, partente di garasette, è nato il 7-12-89 che, sommati, fanno 108.

Ma i Cubs hanno avuto bisogno di 111 out perché la storica, indimenticabile garasette è finita solo al decimo inning. Hanno dovuto vincere la partita tre volte (avanti 5-1 e poi 6-3 ed infine 8-7). Hanno avuto bisogno di aspettare un rinvio per pioggia ed altri diciassette minuti per poter spezzare quella parità (6-6 dopo nove inning) che sembrava aver ridato speranze agli Indians.

Gli Indians, guidati magistralmente da Terry Francona (pure lui avviato alla Hall of Fame), hanno raggiunto la finale sorprendendo Red Sox e Blue Jays. Hanno preso un vantaggio importante nella serie finale e poi i miracoli di Tito sono finiti. Il bullpen usurato da un utilizzo folle ma necessario ha cominciato a mostrare qualche segno di stanchezza, proprio nel momento in cui le mazze dei Cubs si sono risvegliate. Le due cose vanno a braccetto ovviamente. Centotrè vittorie non arrivano per caso.

Sono stati dei playoff anomali per il particolare utilizzo dei partenti e per le frequenti chiamate al bullpen anche nei primi inning. Alla fine i conti sono tornati e la squadra migliore del 2016 ha vinto, ma è stata una serie finale estremamente combattuta e sempre in bilico.

A fine partita Rizzo era uno straccio emotivo con una pallina bianca nella tasca dei pantaloni, Jon Lester era senza parole, Aroldis Chapman piangeva. Per molti Chicagoans è ancora tutto irreale. Le parole sono troppo deboli per descrivere emozioni così profonde.

I Chicago Cubs sono campioni del baseball. È pura catarsi.

I Chicago Cubs, che non giocavano le World Series dal 1945, hanno cancellato il 1969, il 1984, il 2003, hanno trasformato il 2015 in un semplice passo del loro cammino verso il paradiso.

E sull’ultima palla, che rotolava verso la terza base, Kris Bryant, con un magico sorriso stampato sulla faccia, si è abbassato, ha raccolto, ha caricato, ha tirato, ma è scivolato e per un istante il mondo sarebbe potuto crollare un’altra volta. Invece Rizzo ha alzato il braccio, ha aperto il guanto ed ha accolto il trionfo.

I 25 uomini che lo hanno fatto sono questi: due A, due B, tre C, EFG, due H, due L, due M, quattro R, tre S, W e Z. Eroi per sempre.

Lanciatori: Jake Arrieta, Aroldis Chapman, Carl Edwards Jr., Justin Grimm, Kyle Hendricks, John Lackey, Jon Lester, Mike Montgomery, Hector Rondon, Pedro Strop e Travis Wood

Catcher: Willson Contreras, Miguel Montero e David Ross

Interni: Javier Baez, Kris Bryant, Anthony Rizzo, Addison Russell e Ben Zobrist

Esterni: Albert Almora Jr., Chris Coghlan, Dexter Fowler, Jason Heyward, Kyle Schwarber e Jorge Soler

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