Calciomercatopatia

Una proposta diagnostica resasi necessaria in risposta ai cambiamenti occorsi negli ultimi anni.

La situazione si è aggravata.
Se un tempo il disturbo aveva insorgenza stagionale, circoscritta a due periodi ben precisi dell’anno, oggi l’implacabile industria dell’intrattenimento ha deciso che non dev’esserci tregua. In altre parole, citando il patriarca dei programmi di settore: “è sempre calciomercato”. Bombardati costantemente da notizie, scoop e retroscena, i soggetti che presentano specifiche vulnerabilità possono sviluppare sintomi molto diversi tra loro. Per semplicità, ho deciso di raggrupparli in due categorie: i bulimici e gli evitanti.

I bulimici (dal greco βουλιμία, composto di βοῦς «bue» e λιμός «fame»), come suggerisce la parola, presentano una voracità patologica ed eccessiva. Fagocitano indistintamente ogni notizia di mercato, commentando compulsivamente qualsiasi novità. Sono fidelizzabili, ovvero tendono a dare credito solo a specifiche fonti, non necessariamente quelle più veritiere: spesso è sufficiente stuzzicare sogni e speranze irrazionali. Infatti, come ampiamente discusso altrove, la verità è subordinata all’emotività più che ai fatti – figurarsi laddove regnano indiscrezioni in buona parte non verificabili.
Spesso i bulimici vivono un paradosso: in linea con la crisi della fiducia nell’intero sistema occidentale giurano che i media siano inaffidabili, se non bugiardi in malafede, salvo poi pendere dalle loro labbra e credere acriticamente ad ogni loro afflato. L’emotività, ancora una volta, è la chiave per comprendere questo paradosso. L’eccessivo coinvolgimento emotivo, imprescindibile nell’eziologia della calciomercatopatia, impedisce ai bulimici di riflettere e, per esempio, dubitare del fatto che la 6^ classificata del nostro campionato (peraltro con una proprietà debole, già pesantemente indebitata con un hedge fund solo per l’acquisto del club) abbia una benché minima speranza di attrarre un calciatore del Real Madrid.

Per quanto riguarda l’epidemiologia, i tifosi di grandi squadre in crisi sono i più a rischio di sviluppare questa variante del disturbo. Afflitti da anni difficili, nei quali le vicende di campo hanno regalato ben poche gioie, riversano le loro speranze nell’ineffabilità e nei misteri del calciomercato, considerato l’unica via per risorgere. Non è un caso, infatti, che negli ultimi anni siano aumentati esponenzialmente gli insider che si occupano delle milanesi, i quali non avrebbero alcun senso d’esistere senza una platea famelica che attende di essere nutrita da loro. Ma occorrono piatti all’altezza del palato di chi era abituato al caviale ed ora si trova a banchettare coi topi morti: Conte o Simeone, per dirne due. Allenatori dal profilo internazionale, con contratti ricchissimi in squadre vincenti e con ottime prospettive future, che per motivazioni esoteriche (cioè, comprensibili solo agli iniziati dagli insider, che finiscono col creare stuoli di seguaci alla pari di qualunque setta) dovrebbero preferire una squadra che ha concluso 7^ nella competitivissima Serie A, terminando la stagione con tinte tragicomiche, avendo appena rivoluzionato una società disorientata e frammentata dalle lotte intestine, senza coppe europee ed impossibilitata a spendere quanto necessario per risollevarsi in fretta.

Nemmeno un decennio fa toccava agli juventini giocare la parte degli aristocratici decaduti. Anche in questo caso c’era chi non si rassegnava alla realtà e si ingozzava di ogni miraggio disponibile su piazza, imboccato da anonimi blogger –parliamo di un’era tecnologica fa – e media compiacenti. Questa transitorietà della condizione di maggior rischio è il miglior auspicio per una prognosi positiva, ma le caratteristiche fondamentali del bulimico permangono nel momento della rinascita e persino nei periodi di grande prosperità (basta farsi un giro nel Twitter bianconero per rendersene conto).

Tutti i fenomeni appena descritti portano direttamente alla seconda categoria di mercatopatici: gli evitanti. Se nei bulimici l’aspetto patologico, ovvero la sofferenza, è legato alla morbosa volubilità dell’umore con cui ogni notizia viene vissuta, per gli evitanti il problema sta perlopiù nella consapevolezza di tutti i meccanismi delineati fin qui.
L’evidenza delle menzogne e del superficiale abuso del prodotto calciomercato per secondi fini rende gli evitanti particolarmente insofferenti, al punto da preferire l’isolamento pur di schivare la mole di ciarle insignificanti attorno a palesi sciocchezze condite dall’isteria dei bulimici o da una buona dose di stupidità diffusa. Spesso il male di vivere hanno incontrato, assistendo a questo triviale spettacolo di persone compiaciute nel farsi illudere da chi sfrutta la loro passione per il proprio tornaconto: televisioni dominate da programmi sul calciomercato infarciti di aria fritta e spammati a tutte le ore, oppure uomini scaltri che racimolano attenzioni e/o denaro, nonostante i fatti li abbiano sbugiardati ripetutamente. Assistendo a tutto ciò l’evitante matura un distacco sofferto, perché vorrebbe intervenire ma si percepisce impotente.
Tuttavia, la cosa più difficile da sopportare per l’evitante è un’altra: le notizie di calciomercato non sono falsificabili, direbbe Popper. Ovverosia, all’atto pratico è impossibile cogliere in fallo i guru di mercato, i quali possono dire tutto ed il contrario di tutto giustificando incongruenze e buchi nell’acqua con mirabolanti spiegazioni. La scappatoia che funziona sempre, poiché poggia su una realtà effettiva: “nel mercato le cose cambiano in fretta”. Incontestabile. Inconfutabile. Sufficiente a motivare trattative nate e morte sui giornali o nelle trasmissioni televisive, tenute vive quanto lo richiedono le necessità del periodo, sciaguratamente sfumate proprio all’ultimo, all’improvviso. Non esiste arma contro la manipolazione di una realtà fittizia quale quella creata dalle notizie di calciomercato, la cui veridicità poggia esclusivamente sulla credibilità di chi le propaga. Disarmato ed impotente, l’evitante assapora l’amarezza dell’esilio ed ambisce all’acedia, quel singolare sentimento greco di indifferenza inerte ed assenza di dolore.

Ormai è chiaro: non è il calciomercato il problema. Anzi, il player trading costituisce un momento particolarmente avvincente dell’anno calcistico, imprescindibile e funzionale. Quello che non funziona è il mondo che vi ruota attorno, costituito perlopiù da commedianti e marpioni, o nel migliore dei casi da autoproclamatisi esperti, specialisti tanto di calciomercato quanto di arrampicata sugli specchi. Le eccezioni sono sempre più rare e non bastano ad arginare le devianze di cui ho provato a dare una descrizione nosografica.

Questo è un messaggio di speranza, che affido all’etere. Dobbiamo conoscere la malattia per capire come intervenire, ed il contesto iatrogeno è il più grande ostacolo che ci si pone davanti.

È un soleggiato pomeriggio di luglio, dice il bollettino meteo; la luce del Sole non giunge fin qui, sottoterra. Non si sta male nel bunker, ma chissà che profumo ha l’aria là fuori.

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3 risposte

  1. Filippo Guani ha detto:

    Bell’articolo, da aspirante giornalista sportivo mi trovo d’accordo quasi su tutto. Lo scenario dell’informazione sportiva oggi è quantomeno dispersivo. La bellezza dell’analisi di un evento sportivo sostituita da aria fritta nel momento in cui viene a mancare l’evento stesso. Calciomercatopatia non è solo d’estate o a gennaio, ma anche nella settimana di pausa campionato per le nazionali ad esempio, durante la quale al posto di riempire i giornali con inchieste sui team nazionali o con analisi di altri eventi sportivi, per necessità puramente commerciali si preferisce riempirle con scoop di mercato totalmente inventati per la sessione successiva, che magari inizierà due o tre mesi dopo.
    Twitter è il festival della disinformazione sportiva, più simile a un mercato del pesce che a un blog, dove chi grida di più racimola più ‘clienti’, quindi seguaci, quindi, attraverso una relazione totalmente illogica ma molto politica, credibilità.
    Il sogno di lavorare nell’informazione sportiva rimane, il modo di entrarvi senza scendere al compromesso di diventare un mercante di aria pare sempre più lontano.

    • Tifoso Razionale ha detto:

      Hai colto perfettamente il concetto: gli esempi che porti rientrano tutti nel calderone di quello che denuncia l’articolo, ovvero questo modo di fare informazione in maniera superficiale o apertamente scorretto sotto la tirannia dello share, ben consapevoli che notizie di calciomercato fruttano più ascolti o vendite (ai giornali) che serie e circostanziate analisi tattiche.
      Condivido lo spunto su Twitter. Allargando il discorso alla formazione delle opinioni ho scritto un altro articolo che riassume il mio pensiero.
      https://www.quelchepassalosport.it/2017/calcio-post-verita/

      • azazelli ha detto:

        Il problema di questo modo di fare informazione è che appunto può essere tutto vero o tutto falso, ed il bello è che resta tutto vero o tutto falso anche una volta che diventa ufficiale o meno, è un po’ come il gatto di Schrodinger, ma molto peggio. La cosa è diventata ancora più complicata quando anche i giornalisti “veri” hanno capito che possono mischiare senza problemi notizie vere (o comunque di cui hanno dei riscontri) con notizie completamente inventate ma che sanno possono essere verosimili.

        La notizia (vera o falsa che sia) poi inizia a generare tam tam, discussione e soldi (in modo diretto o indiretto): secondo me la colpa di tutto ciò è di chi dà tutta questa importanza al calcio mercato, capisco che ha dinamiche interessanti, ma se questa è la deriva, io preferisco quanto più possibile dare peso alle cose solo quando avvenute. In un mondo perfetto bisognerebbe arrivare al primo settembre e tirare le somme, senza stare a perdere tempo dietro a questi cialtroni (perché puoi darmi lo scoop che ti pare ma se me lo mischi con 200 robe inventate o forzate allora sei comunque un cialtrone.), certo non è facile…significherebbe essere il Re degli Evitanti 😀

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