Che Tour de France 2017 è stato?

Le aspettative non erano altissime. Tutto sommato ci sono state belle tappe, anche se poche, anzi pochissime, hanno visto differenze tra i big, i quali più che altro sono stati presi per stanchezza nella terza settimana dove pur senza distacchi abnormi alcune posizioni si sono piano piano delineate.

È stato un Tour sulla falsariga del Giro di quest’anno, poco terreno dove fare la differenza e soprattutto poca differenza tra i big. Un Tour come spettacolarità almeno migliore di quello dell’anno scorso, ma era difficile far peggio.

Un Tour piatto, vinto da un Froome che non ha dovuto nemmeno inventarsi chissà che cosa. Il capitano della Sky è stato però sempre presente, non è finito nei ventagli, non ha preso buchi, sempre lucido nell’analizzare la situazione, anche quando a suo stesso dire ha avuto paura dopo essere finito dritto in una curva ai piedi di una delle salite più importanti del Tour.

Il sorriso di Froome (Photo credit should read JEFF PACHOUD/AFP/Getty Images)

Froome ormai è un corridore completo, s’è allenato per diventarlo, ha lavorato sui suoi difetti in alcuni casi facendoli diventare punti di forza. Ha infiniti modi per primeggiare: salita, discesa, cronometro, di squadra, con la scaltrezza e con la potenza, attaccando e studiando l’avversario….si infila nelle pieghe della gara e la governa.

I compagni di squadra certo aiutano, ma ci vogliono le gambe e la testa e nessuno ce l’ha avute come lui.

Questo è il quarto Tour vinto negli ultimi cinque. Solo Nibali e il pavé si sono infilati in questo sfilza di successi. Chapeau….altro che i “buuu” sentiti durante la crono: chèvres.

Ed ora proverà ad entrare nella storia: da quando la Vuelta è stata spostata ad agosto (1995) nessuno ha fatto l’accoppiata Tour-Vuelta e non è che prima sia successo così spesso (2 volte: Hinault 1978, Anquetil 1963). A suo dire ha gestito la preparazione per avere un picco ad agosto-settembre. Auguri…agli altri!

Il Tour l’ha vinto anche Matthews. Bling ha rincorso un sogno anche quando ai piedi dei Pirenei la classifica a punti recitava un laconico -133 punti tra lui secondo e Kittel primo. Nel momento del ritiro del tedesco (per caduta) il distacco s’era già ridotto a 9 punti. Sarebbe stato emozionante vivere questa sfida sino in fondo, la sfortuna ci ha privato di questa gioia, ma siamo sicuri che l’australiano à la Sagan non avrebbe mollato l’osso sino a Parigi.

Kittel appunto ha dominato il Tour nelle prime due settimane: che le volate sarebbero state troppe lo sapevamo, ma proprio perché così tante ci aspettavamo una certa alternanza tra i migliori velocisti al mondo (almeno in contumacia il QCP favourite Groenewegen ha vinto a Parigi). Kittel invece è stato imbattibile, con tanto di esultanze ai -50 metri. Paradossalmente l’unico che potrebbe batterlo (Gaviria)…ce l’ha in squadra.

Chi non ha pensato che la maglia verde ad un certo punto la potesse vincere Bradbury” Colbrelli? Mancavano un paio di mosse…era quasi fatta. Tutto era iniziato con la squalifica di Sagan e l’arrivo fuori tempo massimo di Demare e di mezza FDJ. L’altra mezza poi s’è ritirata strada facendo. Imbarazzante arrivare a Parigi in tre.

Il Tour non l’ha vinto Aru, che però torna a casa con due maglie gialle, una vittoria di tappa e una top5 di gran carattere. Per qualche giorno ci ha fatto sognare. E quando il sogno è svanito lui ha continuato a scalciare: sulle Alpi è rimasto attaccato con i denti prima di staccarsi, senza crollare. Gli è mancata la terza settimana, il suo forte, ma non quest’anno dove i giorni di corsa per infortuni vari sono stati troppo pochi e si sono fatti sentire.

Il podio se lo sono conquistati Bardet (per il rotto della cuffia) e Uran. Forse i francesi speravano qualcosa di più da parte di Romain su un percorso che gli ammiccava manco tanto segretamente e che invece alla fine ha rischiato di buttarlo fuori dai primi 3. Drama story sfiorata per poco più di un secondo.

A grandi linee comunque i nostri cugini non si possono lamentare su come sono andate queste tre settimane…

Uran invece al “prologo” pareva il solito Uran, quello vuoto degli ultimi anni. Questo Tour ce l’ha restituito. Magari un giorno si guarderà dietro e penserà con rimpianti: si poteva vincere? Ci aspettavamo un suo attacco, forse era chiedere troppo.

In bacheca mette il terzo secondo posto in un GT (dopo Giro 2013 e 2014): i colombiani iniziano a farci il callo ai piazzamenti.

Il Tour 2017 ci ha restituito anche Barguil. La Vuelta 2013 con due vittorie di tappa ce l’aveva fatto scoprire, quella 2014 conclusa all’ottavo nella generale ci aveva fatto sperare potesse essere uno da classifica. Poi s’era un po’ perso ancor prima dell’incidente che aveva azzoppato la Sunweb ad inizio anno scorso. Ora Warren è tornato: maglia a pois, premio supercombattivo, due vittorie e una brillantezza in salita da far sognare.

A proposito di sogni: le gambe non ci sono più come una volta, la pistola spara ormai a salve, ma quando c’è da intentar in salita Contador c’è e ci sarà sempre fino a quando non deciderà di ritirarsi. Questo dovrebbe essere stato il suo ultimo Tour (dovrebbe correre comunque un altro anno), lui l’ha onorato da par suo, abbiamo sperato con lui lo potesse sigillare con una vittoria di tappa (che manca dal 2009), ci accontentiamo oltre che con le solite azioni senza paura, con il tempo sulla salitella nella crono di Marsiglia:

È stato il Tour della “lotta” tra Meintjes e Simon Yates: l’ha vinta il britannico 2 scatti a 1 (anche se lo scatto di Meintjes arrivato peraltro quando aveva un compagno davanti, senza senso, è un po’ come il gol fuori casa, vale doppio).

Sono solo due le cose certe nella vita: la morte e Daniel Martin che accende la miccia. Chiaramente poi un modo per non vincere lo trova sempre.

Se Chaves avesse avuto tutta l’energia “sprecata” in fuga dagli uomini della Lotto Soudal (De Gendt, Gallopin, Benoot) avrebbe vinto il Tour. SPOILER: ma tranquilli, vincerà la Vuelta….

È stato un Tour bizzarro: non bastasse il ritorno di Uran e di Barguil, ecco all’improvviso Betancur!! Non ha vinto tappe, non c’è nemmeno andato vicino, ed ha dovuto aiutare un Quintana “inaiutabile”, ma vederlo inquadrato tutte quelle volte c’ha riacceso la speranza. Vamos Bananito, ti aspettiamo alla Vuelta?

Per Quintana il problema non è stato provare a fare Giro&Tour, il problema è che la condizione quest’anno s’è vista solo sul Blockhaus: un po’ poco.

Torniamo alla “drama story” relativa al podio sfiorato da Landa. Che Tour per lui, come al solito nel posto giusto al momento sbagliato o al posto sbagliato nel momento giusto. Il Landismo ormai è un manifesto del “vorrei ma non posso, potrei ma non riesco”, il secondo di differenza finale nella generale ne è la sintesi perfetta. Animo Mikel, siamo con te!

Gli arrivi al fotofinish sono un leitmotiv di questo Tour: Uran (su Barguil), Kittel (su Boasson Hagen) e Bodnar (su Kwiatkowski) hanno spiegato bene il perché. Tra l’altro il polacco della Sky è l’unico a non essere stato poi ripagato, ma che Tour ha fatto?! Esaltante senza bisogno di vincere.

Se parliamo di rimpianti ce ne sono due che a casa si staranno mangiando i gomiti: Richie Porte e Alejandro Valverde. L’australiano della BMC però pare ormai abituato a mancare le attese, a dominare le corse “laterali” per poi trovare sempre un modo per non centrare il bersaglio grosso. E l’anno prossimo verso fine giugno saremo ancora qui a dircela: “…vuoi vedere che questo è l’anno buono di Porte?”

Don Alejandro invece ha perso l’occasione della vita, i francesi avevano disegnato un Tour per Bardet, senza rendersi conto che all’embatido ridevano anche le orecchie mentre diceva “sono qui per aiutare Quintana”. Peccato il suo Tour sia durato non più di 5 minuti. Possiamo dirlo e non ammettiamo repliche: l’avrebbe vinto.

Il momento in cui Froome ha vinto il Tour 2017

Chiudiamo con le due facce di una stessa medaglia: da una parte c’è Roglic e la picchiata su Serre-Chevalier, dall’altra Atapuma e quell’Izoard lungo solo un chilometro di troppo. Una medaglia che è il sale del ciclismo, l’impresa eroica, la scaltrezza di centrare la fuga giusta, la fatica nello staccare tutti ed involarsi verso l’arrivo…e poi a volte esce Roglic, a volte esce Atapuma. E ad Atapuma esce spesso Atapuma (sigh).

Ciclismo.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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