Denver Broncos 2017 – Attaccati alla Difesa

Tra luglio e agosto vi presenteremo tutte e 32 le squadre con i loro cambiamenti principali e con le loro speranze e/o paure. Troverete tutte le squadre pubblicate in questa sezione: Team by team preview 2017.

NB. Per facilitarne la lettura trovate i vari argomenti divisi in pagine (attacco, difesa, special team, draft & free agency, coaching staff, resoconto & calendario): posizionando il mouse sopra il menu che trovate dopo l’introduzione potrete navigare tra le varie pagine come meglio credete).

A Denver stanno vivendo un hangover un po’ troppo lungo, d’altronde la sbornia rappresentata dal Super Bowl 50 è stata così potente che non è facile rialzarsi. La vittoria del titolo di due anni fa in effetti era talmente piena di significati collaterali (il secondo anello di Peyton, Elway che da monumento per i due titoli vinti da giocatore si trasforma in Dio aggiungendo quello da general manager, Ware che corona finalmente una carriera, ecc ecc…) che sta risultando ancora più difficile rialzarsi e guardare verso il futuro: i Broncos sono come ancorati al recente passato, intorpiditi fanno fatica a ripartire.

La scossa data al coaching staff è solo un primo tentativo di “rianimarsi”, ma dopo anni di dominio della AFC West (5 vittorie consecutive dal 2011 al 2015) la sensazione è che il resto della division abbia ripreso a correre, mentre Denver stia ancora cercando di capire quali scarpe mettere per stare al passo.

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ATTACCO

Quando l’anno scorso commentavamo il dopo Peyton, era venuto il dubbio che Denver, fresca di un nuovo anello al dito, fosse quasi arrogante nel pensare che si potesse vincere “senza QB”. Ad un anno di distanza, con sostanzialmente la stessa situazione a roster, il pensiero che emerge non è tanto “vi facciamo vedere noi come si fa”, ma “cosa dobbiamo fare?!” con l’idea pericolosa che se non fai non sbagli.

Trevor Siemian era un’incognita nella scorsa offseason, in molti hanno pensato sino all’ultimo fosse solo il piano B per il 2016. Così non è stato, Siemian non solo era il piano A per la scorsa stagione ma lo sarà anche per la prossima. Le aspettative su di lui erano talmente basse che alla fine uno potrebbe anche ritenersi soddisfatto della sua prima stagione (59% di completi, 243 yard di media a partita, 18 TD e 10 intercetti). Il problema è che prese in termini assoluti le sue prestazioni sono state meno che mediocri: il ragazzo è piuttosto limitato, ha una visione del campo e una lettura del gioco durante l’azione decisamente sotto la media e non mostra gran margini di miglioramento.

Dalla prima stagione di Siemian in sostanza possiamo dire possa essere un backup decente, ma affidargli un attacco su base continuativa proprio no. Eppure a Denver sembrano intenzionati a farlo: la crescita di Paxton Lynch (footwork e decision making su tutti) procede molto a rilento, agli OTA (dove, giova ricordare, nessuno fa male) qualcosa di buono s’è visto, ma non tanto da battere sin da subito la concorrenza il che un po’ preoccupa. Il prossimo training camp e quello che si vedrà nella preseason darà già qualche risposta in più.

Siemian guarda un po’ infastidito. (Photo by Joe Amon/The Denver Post)

Romo è stato accostato per settimane a questa squadra, rumors che sono stati sempre fugati. L’unica differenza rispetto all’anno scorso è l’aggiunta via draft del settimo giro Chad Kelly, il cui zio Jim fu scelto lo stesso anno di John Elway (il 1983). I due hanno scritto la storia di questa lega tra gli anni ’80 e i ’90, probabilmente Elway con questa scelta avrà voluto omaggiare romanticamente l’eterno “rivale”. Ma se Lynch era un prospetto su cui lavorare (e comunque scelto al primo giro), Kelly amplifica ancora di più questa descrizione: intanto ci sono i suoi problemi fuori dal campo (rissa al bar, invasione di campo per azzuffarsi in una partita di football di high school, fotografie in compagnia di MariaGiovanna…) che addirittura l’hanno fatto ritenere persona non gradita alle combine NFL di Indianapolis.

Parlando di campo invece i dubbi non riguardano di certo il suo braccio, molto talentuoso, ma il fatto che proprio del suo talento si fidi sin troppo dando la sensazione netta di non essere cosciente di ciò che fa e spesso fuori controllo. Quindi incostanza di rendimento e poca voglia non solo di migliorarsi ma proprio di conoscere i propri limiti su cui poter lavorare. Per certi versi ricorda Tyler Bray: undrafted 2013 che si tatuò il suo nome sulla schiena e che continua a marcire nella depth dei Chiefs. Se training camp e preseason dovessero confermare questi limiti, il rischio di non fare nemmeno il roster aumenta.

Con un collo di bottiglia così stretto a gestire questo attacco risulta quasi inutile stare a disquisire sugli altri reparti: parliamo di un passing game che quest’anno è “viaggiato” a 6.9 yard per tentativo di lancio e 3.6 per tentativo di corsa. Mediocre è dire poco. A giudicare dalle manovre in offseason però gran parte della colpa è stata addossata alla linea offensiva (che anche nell’anno del titolo vinto non era sembrata proprio elite): l’investimento su Okung non ha pagato dividendi ed è stato subito accantonato, quello fatto su Stephenson men che meno, giocatore duttile che sino all’anno scorso aveva fatto il backup ed a Denver hanno scoperto anche perché. L’ex Kansas City con Sambrailo ha fatto a gara a chi si faceva “bruciare” di più, vincendola solo perché impiegato maggiormente.

Tre quinti della linea saranno comunque completamente nuovi, a partire dal left tackle Garett Bolles arrivato dal primo giro del draft. La prima cosa che balza all’occhio sulle sue schede non è una cosa positiva ed è l’età: 25 anni non sono pochi per entrare in NFL. Dopo un’infanzia tra droga, alcol e violenza fino alla cacciata di casa da parte del padre, Bolles giovanissimo entrò a far parte di una comunità religiosa e una volta finita l’high school intraprese la vita da missionario nel Colorado. Da qui il ritardo nell’ingresso al college (avvenuto due anni dopo).

A parte queste note biografiche, Bolles è un tackle estremamente valido nel running game (numero due della nazione secondo i ranking di ProFootballFocus), che può usare la sua mobilità per avere prestazioni ancora più convincenti in schemi a zona (molto apprezzati a Denver), mentre per la pass protection dovrà lavorare per non soffrire troppo il livello professionistico che gli si para davanti. Per molti sarà più una guardia che un tackle.

Al suo fianco giocheranno Max Garcia (LG) e Matt Paradis (C) che nella scorsa stagione sono scesi in campo nel 100% degli snap. Paradis in particolare è uno dei migliori centri NFL, sullo stesso livello di Frederick (DAL) e Mack (ATL), nonché unico elemento di questa linea ad aver superato (pure ampiamente) la sufficienza.

Completamente nuovo invece il lato destro: Ron Leary (RG) e Menelik Watson (RT) arrivano dalla free agency (dove si son fatti pagare, soprattutto il primo) e sono chiamati a dare un burst a questa linea molto di più di quanto (non) abbiano fatto le aggiunte della scorsa stagione. Leary è una guardia che è parsa dominante in un sistema vincente come quello di Dallas; undrafted 2012, scalzando La’el Collins, ha conquistato sul campo questo contratto da 36 milioni in 4 anni: ben meritato. Menelik Watson è parso meno dominante ad Oakland, ma comunque un giocatore di medio alto livello: inizialmente doveva essere il left tackle titolare (ruolo che però non ha mai ricoperto), la scelta di Bolles fa intendere che sarà tenuto a destra.

I vari Sambrailo, Schofield, Stephenson restano a dare profondità e sarà meglio così. Nel complesso è giustificato aspettarsi un deciso balzo in avanti nelle prestazioni dell’intero reparto che secondo PFF nel 2016 è stato il 24esimo della Lega.

A dire cosa non ha funzionato nell’attacco nel 2016 non si finisce più di scrivere, ora tocca al reparto dei running back: Devontae Booker, quasi in incognito, è stato quello con il maggior numero di portate (174), il maggior numero di yard (612) e il peggiore per media a corsa (3.5)…ecco quindi spiegato perché non ci siamo accorti quasi mai del suo apporto. Questo è stato il suo anno da rookie, infilatosi tra le pieghe di una stagione piena di assenze da parte di C.J. Anderson, un anno tanto deludente che pur di non vederlo troppo in campo Denver ha cercato di aggiungere un veterano nel ruolo (mossa che di solito non porta molti vantaggi in giro per la NFL): Jamaal Charles o quel che ne resta, vestirà la maglia dei Broncos (forse…) dopo aver indossato quella dei rivali divisionali Chiefs per 9 stagioni. Il problema di Charles è arcinoto: ha giocato 8 partite e corso solo 83 volte la palla negli ultimi due anni. Diretto verso i 31 anni diremmo quasi che più che una aggiunta sarà già un miracolo vederlo in campo.

E allora resta tutto sulle gambe di C.J. Anderson, che quasi per caso ha fatto l’evoluzione da buon backup a feature back, senza però mai avere una stagione da più di 850 yard. Nel sottobosco sarà da valutare la preseason di De’Angelo Henderson, sesto giro da Coastal Carolina che di buono ha che ben si adatta allo schema dei bloccaggi a zona usato storicamente dai Broncos. Mentre merita almeno la menzione per la rubrica “ma che fine hanno fatto?” Bernard Pierce, che al momento è il quinto RB in depth chart e temiamo non abbia chance di risalire. Curioso il fatto che abbia solo 26 anni: dai tempi di Baltimore sembra passata una vita.

Dulcis (…) in fundo i target di questo attacco: che Demaryius Thomas e Emmanuel Sanders abbiano superato entrambi (seppur di poco) le 1000 yard l’anno scorso ci indica come, pur se in gabbia, stiano continuando a lottare. Verosimilmente non sarà molto diversa la loro prossima stagione, ma è gente complementare su cui poter contare e fare affidamento. Thomas comunque dovrà trovare un modo per diminuire i drop, che però ormai sono una costante nella sua carriera NFL: 10, 8, 10, 9, 7 nelle ultime 5 stagionim sempre tra i peggiori della NFL. Compensa Sanders, che non droppa nulla, stile Antonio Brown.

Dietro ad un duo comunque così solido e nel pieno della propria carriera, Denver sta comunque cercando di aggiungere prospetti che in un futuro anche imminente possano portare un po’ di imprevedibilità in più nella ricerca dei target (nessuno tra i TE, i RB e gli altri WR ne ha ricevuti più di 50 l’anno scorso).

Su Cody Latimer (secondo giro 2014) ormai si può mettere una pietra sopra. In tre anni ha ricevuto 16 palloni, impalpabile anche quando a lanciare c’era Peyton Manning. Se poi si mette a fare casini anche fuori dal campo siamo ad un passo dal “buttare la chiave”. Sinora l’ha salvato solo parzialmente la sua abilità negli special team (anche come gunner).

Il fisicato Jordan Taylor, l’ex Baltimore Marlon Brown, Bennie Fowler e soprattutto il rookie Carlos Henderson lotteranno per conquistare quei 3, 4 posti a roster a settembre ancora liberi. Giusto soffermarsi un attimo di più proprio sul rookie ex Lousiana Tech: Henderson palla in mano può dare discreti grattacapi ai linebacker e defensive back avversari. Esplosivo e agile è perfetto per creare bei guadagni after catch. Ragion per cui può aiutare non poco questo attacco come target da screen pass o sul profondo. Certamente è limitato per quanto riguarda tutti gli altri tipi di utilizzo.

Tutta da definire la depth chart tra i tight end: Virgil Green, AJ Derby erano in campo anche l’anno scorso , ma sicuramente saranno stati più utili come bloccatori che come target considerando che in due non hanno superato le 400 yard. Ci si aspettava molto di più da Heuerman, rimasto ai box nella sua prima stagione nel 2015, non ha avuto un 2016 significativo.

A proposito di recuperare da infortuni: Denver ha voluto comunque investire un quinto giro su Jake Butt che a dicembre si era distrutto un ginocchio ed è in fase di recupero. Da sano di certo non era un gran bloccatore (anzi a Michigan gli chiedevano di farlo solo nell’11% degli snap in cui è stato schierato) e nemmeno eccessivamente atletico, ma palla in mano sa creare extra yard senza tergiversare troppo e soprattutto ha delle mani molto buone. Se erano alla ricerca di un target continuo, dovrebbero averlo trovato.

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DIFESA

L’idea era di puntare tutto sulla difesa e bisogna ammettere che nel 2016 la difesa il suo l’ha fatto: quarta per minor numero di yard concesse (316 a partita) ed anche per punti subiti (solo 18.6 di media). Lo schema iniziale sarà sempre un ibrido nel quale però la linea dovrà fare molto di più per fermare le corse centrali di quanto fatto nella passata stagione: con questo intento sono stati aggiunti Zach Kerr (FA), DeMarcus Walker (secondo giro) e soprattutto Domata Peko che tra questi è l’unico ad avere la certezza dei gradi da titolari.

Peko è l’ancora attorno alla quale si legheranno tutti gli altri defensive linemen di buon livello. Derek Wolfe e Jared Crick sono ormai una certezza, buoni sia nel running game che in pass rush. Dietro a loro cresceranno il rookie Walker già citato (che per ora è più un animale da social che da campo) e Adam Gotsis (anche lui secondo giro ma dell’anno scorso).

Pochissime novità tra i linebacker. Ovviamente il reparto è guidato Von Miller, MVP del Super Bowl 50, 3 volte first team all-pro (di cui l’ultima l’anno scorso) e 2 volte second team: non male per uno che è nella lega da 6 anni e ci è entrato da seconda scelta assoluta. Quando si dice non venir meno alle aspettative. L’ex Texas A&M è una macchina da sack, non è andato in doppia cifra solo nel 2013 (anno in cui ha giocato solo 9 partite), per il resto i placcaggi dei QB sono stati, in ordine cronologico, 11.5, 18.5, 14, 11, 13.5 per un totale di 73.5.

Un Von da leccarsi i baffi

Giusto per dare un contesto a questa cifra: sono solo 77 i giocatori ad aver avuto una carriera intera con un numero maggiore o uguale di sack (a breve diventeranno 79 con l’ingresso anche di Cliff Avril e Clay Matthews); se poi accorciamo il campo preso in esame, considerando solo i primi 6 anni di attività nella Lega sono 5 i giocatori ad aver avuto un numero di sack maggiori dei 73.5 di Von Miller: Reggie White (95 a quel punto, 198 a fine carriera, secondo all-time), DeMarcus Ware (80, ha chiuso la sua carriera l’anno scorso a 138.5), Derrick Thomas (77), Bruce Smith (76.5, poi giocò altre 13 stagioni diventando il leader all-time con 200 sack) ed infine J.J. Watt che è entrato in NFL lo stesso anno di Von Miller e pur saltando quasi tutta la scorsa stagione sinora ha collezionato 76 sack. Insomma parliamo del gotha NFL.

Dal lato opposto di Miller giocherà soprattutto Shane Ray che sta mostrando in queste due stagioni discreti passi avanti nella pass rush: 4 sack il primo anno, 8 il secondo (dove ha raddoppiato anche i tackle) ed ora il terzo in arrivo dove si è posto come obiettivo ambizioso quello di mettere a segno un sack per ogni partita. Basterebbe anche meno, già andare in doppia cifra renderebbe le cose di difficile gestione per le linee offensive avversarie.

Dietro a loro due, occhio a Shaq Barrett, uno che ha vissuto una situazione opposta a Ray (bene il primo anno, malissimo il secondo). Probabilmente inizierà ai box la stagione in via di recupero da problemi all’anca, ma se sano negli snap di passaggio dichiarato può ancora rendersi utile, almeno molto più di Kasim Edebali, corpo da training camp o poco più arrivato dalla free agency.

Per i ruoli interni si sfrutterà l’ascesa improvvisa di Todd Davis registrata lo scorso anno. Continuerà a giocare al fianco di Brandon Marshall che però viene da una stagione dal punto di vista atletico molto tribolata.

La vera forza di questa difesa però risiede nelle secondarie, dove non possiamo decantare le gesta di un singolo giocatore, alla Von Miller, ma è tutto un reparto formato da atleti di primissimo livello che sono riusciti a concedere solo 186 yard a partita per via aerea (Houston seconda si piazza a 202, 16 yard di più in media) e soprattutto la media di yard per tentativo riporta un impressionante 5.8 (roba da Seattle 2013, Legion of Boom).

Il merito principale va ai due cornerback titolari: Aqib Talib e Chris Harris sono tra le coppie più forti dell’intera Lega. PFF li classifica al primo e al terzo posto tra tutti i CB NFL: la loro stagione è stata a dir poco dominante. Peraltro sono molto validi anche nell’aiutare il front seven in caso di corse troppo lunghe. Completa il reparto Bradley Roby che invece era atteso a sopravanzare un sempre turbolento Talib, mentre ha avuto una stagione leggermente sotto le aspettative.

Ma siccome non ci si può mai adagiare sugli allori, pare interessante la scelta di terzo giro di Brendan Langley, una scelta arrivata un po’ a sorpresa di un giocatore che ha avuto una vita sportiva decisamente ai margini del mondo collegiale (Lamar). Potrebbe soffrire un po’ le coperture ad uomo, ma a zona dovrebbe far valere le sue abilità di cacciatore di palloni. Per il momento comunque è un progetto su cui lavorare.

Le safety T.J. Ward e Darian Stewart rubano meno l’occhio rispetto al reparto dei cornerback, ma sono comunque solide.

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SPECIAL TEAM

Per i calci non è cambiato nulla: Brandon McManus è un kicker molto “centrato”, in tre anni nella Lega sotto le 40 yard è 46 su 47 (l’unico errore è arrivato nel suo anno da rookie) e 108 su 110 negli ormai non più banali extra point. Deve migliorare un po’ la potenza, ma per ora va bene così. Soddisfacente anche la prima stagione del punter giovanissimo (23 anni) Riley Dixon.

Un po’ ingarbugliata la storia dei ritorni: già nel 2016 non è emerso un ritornatore fisso né per i kickoff (peraltro sono stati solo 21, minimo stagionale NFL, merito anche della difesa) né per i punt. Latimer e Raymond proveranno questa carta per essere riconfermati a roster, ma occhio anche a Carlos Henderson eventualmente.

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DRAFT

1 (20) – Garett Bolles, OT (Utah)
2 (51) – DeMarcus Walker, DE (Florida State)
3 (82) – Carlos Henderson, WR (Lousiana Tech)
3 (101) – Brendan Langley, CB (Lamar)
5 (145) – Jake Butt, TE (Michigan)
5 (172) – Isaiah McKenzie, WR (Georgia)
6 (203) – De’Angelo Henderson, RB (Coastal Carolina)
7 (253) – Chad Kelly, QB (Ole Miss)

MOVIMENTI PRINCIPALI FREE AGENCY

In: Jamaal Charles (RB, KC), Marlon Brown (WR, BAL), Ron Leary (OG, DAL), Menelik Watson (OT, OAK), Kasim Edebali (DE, NO), Domata Peko (DT, CIN), Zack Kerr (DT, IND)

Out: Dekoda Watson (LB, SF), Russell Okung (OT, LAC), Sylvester Williams (NT, TEN), Kayvon Webster (CB, LAR).

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COACHING STAFF

L’attacco non è stato rivoluzionato tanto nelle soldati, quanto nei generali. Come abbiamo visto dall’analisi del roster offensivo, non sembra ci sia tanto per sperare in prestazioni molto diverse rispetto a quelle mediocri dell’anno scorso. Molto dell’auspicato e necessario miglioramento passa quindi attraverso la rivoluzione che ha colpito il coaching staff. Gary Kubiak non sarà più l’head coach di questa squadra, lui che appunto aveva una provenienza offensiva (in precedenza era stato offensive coordinator dei Ravens) e che per molti tifosi Broncos era il vero colpevole di quanto visto l’anno scorso.

A sostituirlo è arrivato Vance Joseph, lui però ha un background difensivo (ex defensive coordinator di Miami, dopo aver passato una decina d’anni ad allenare defensive back in giro per la Lega) e quindi per l’attacco molto dipenderà dal nuovo/vecchio offensive coordinator: Mike McCoy torna ai Denver Broncos dove peraltro l’avevano visto andar via senza portare alcun rimpianto. Dopo tre anni in calando come head coach dei Chargers eccolo ritornare. L’ultima volta aveva guidato il primo anno di Manning dopo l’infortunio al collo, ora gli tocca costruire qualcosa attorno a Siemian/Lynch, ci vorrà tanta inventiva e voglia di osare.

La botta più grossa però è rappresentata dall’assenza di Wade Phillips. Il licenziamento di Kubiak ha portato via tutto, anche ciò che in realtà andava salvato. A Denver hanno deciso di non rivoluzionare troppo e si sono limitati a promuovere l’assistente di reparto che più lo meritava, ovvero quello dei defensive back: Joe Woods.

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RESOCONTO e CALENDARIO

O Lynch sorprenderà tutti e si dimostrerà già abile a guidare un attacco NFL oppure a Denver rischiano di avere un’altra stagione di alti e bassi, aggrappati ad una difesa che può tanto ma non tutto (dove peraltro sarà da valutare l’assenza di Wade Phillips in sideline).

La situazione in generale pare un po’ bloccata. Non sono così scarsi da potersi permettere una rivoluzione, non sono così forti da poter impensierire le potenze della AFC. Al momento pare anche ci sia poco margine di miglioramento. Per capirne un po’ di più del loro livello e di quello dei propri rivali divisionali che l’anno scorso gli sono arrivati dietro, basterà aspettare week1 (secondo monday night di giornata) e week7 quando si scontreranno con i Chargers. La sensazione è che i rapporti di forza tra le due squadre si siano invertiti, vedremo entro fine ottobre se la sensazione sarà giusta o (come spesso mi capita…) sbagliata.

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azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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