Divisional Playoff – Preview

Veniamo da un weekend deludente, ma un po’ ce lo aspettavamo anche, il prossimo invece è carico di aspettative ben diverse, tutte le vincenti divisionali si scontreranno tra loro con pronostici molto aperti o quasi: Dallas e Atlanta secondo i bookmaker ad inizio settimana erano favorite di 4 punti, tra Pittsburgh e Kansas City non si sono nemmeno presi la briga di dare un vantaggio all’una o all’altra squadra. Ecco fa un po’ eccezione il divario che prevedono tra Houston e New England, ben 16 punti….Altra particolarità di questo weekend è che tutti e quattro i Divisional si sono già giocati in stagione regolare, ma tutti non più tardi di metà ottobre: nel mezzo ci sono stati 3 mesi di football, tanto può essere cambiato.

Andiamo però a vedere partita per partita quali potranno essere gli spunti più interessanti.

[nextpage title=”Seattle Seahawks at Atlanta Falcons” ]

 

#3 Seattle Seahawks (10-5-1) at #2 Atlanta Falcons (11-5), sabato 14 gennaio, ore 22,35

Falcons e Seahawks si sono giocati per tutto l’anno il seed numero due, il loro destino è sembrato incrociarsi lungo tutte le week di questa stagione e in cuor loro sapevano che prima o poi si sarebbero rincontrati, specie dopo la sfida di week 6 conclusasi con la vittoria (contestata) di Seattle per 26-24 in rimonta nei minuti finali. Quella partita si giocò però a Seattle e nonostante la sconfitta nello scontro diretto Atlanta è riuscita a recuperare lo svantaggio e portarsi nella posizione di poter giocare la rivincita con in palio qualcosa di molto più importante tra le mura amiche del Georgia Dome.

Questo almeno dal punto di vista della cabala vuol dire molto, considerando che come avevamo notato già settimana scorsa, Seattle in casa, nei playoff, è 10-0 dal 2005. Nello stesso lasso di tempo Atlanta ha vinto 1 sola partita ai playoff, anch’essa in casa, indovinate contro chi?! Esatto, proprio contro Seattle con un Russell Wilson rookie. In molti la ricorderanno, fu una partita divertentissima con Atlanta che era scappata via sul 20-0, per poi farsi rimontare e superare a 31″ dalla fine. 28-27 però non fu il risultato finale, in 20″ Ryan completò un paio di lancio e concesse all’eterno Matt Bryant il calcio dalle 49 che mandò i Falcons al Championship della NFC.

A 4 anni di distanza ci risiamo, stesso turno, il Divisional, stesso stadio (ancora per poco, visto il nuovo in costruzione), il Georgia Dome e stessi QB: Matt Ryan e Russell Wilson. Chiaramente la partita che però ci può dare maggiori indicazioni non è tanto quella giocata esattamente 3 anni e 1 giorno prima di quella di sabato, ma piuttosto quella di quest’anno che si concluse con una delle polemiche arbitrali più vibranti della stagione:

L’arbitro non vide gli estremi per una pass interference in quello che era un quarto down a 90 secondi dalla fine, con Atlanta sotto di 2 punti. Sherman vs Jones, sabato li vedremo molto spesso uno contro l’altro, come avvenne in quella partita. Settimana scorsa Stafford non ha praticamente mai lanciato verso il “treccino”, nella sfida di ottobre Ryan fece la stessa cosa nella prima parte della partita, ma soprattutto nella seconda parte, costretto a rimontare, iniziò a coinvolgere di più la sua arma principale anche con buonissimi risultati. Sherman lo seguì spesso, anche nello slot, ma non è un caso che il big play che pareva aver deciso la contesa arrivò con Sherman inspiegabilmente schierato contro un TE all’esterno e Jones spostato un po’ più interno.

In quella partita, sulla sideline, alcuni difensori di Seattle vennero quasi alle mani, visibilmente confusi rispetto a quelle che dovevano essere le coperture e proprio nel quarto periodo, oltre alla copertura probabilmente oltre ai limiti del regolamento nel finale, era stata una giocata su Julio Jones a determinare la rimonta definitiva di Seattle: slant su di lui, coperto da Sherman, che però non veniva trattenuta e veniva intercettata poco più in là da Earl Thomas. Thomas però in questi playoff non ci sarà e questo potrà essere un vantaggio importante per Ryan&Co.

Perché ovviamente Jones vs Sherman è il duello di copertina di questo Divisional, ma l’attacco dei Falcons è molto di più: Seattle dovrà fermare Jones ma dovrà anche stare molto attenta al duo Freeman&Coleman in grado di punire le difese altrui anche con screen fuori dal backfield. Non era stato così in week 6: pochissime portate (17 in tutto per 40 yard, 2.35 yard di media), screen inefficaci e il running game che era stato abbandonato molto in fretta.

E allora oltre il duello di cui sopra, bisognerà tenere d’occhio il lavoro nel box di Bobby Wagner: le sue letture, i suoi angoli e anticipi saranno fondamentali per Seattle se vorrà avere un qualche vantaggio in quello che potrebbe essere il matchup decisivo della partita: attacco Falcons vs difesa Seahawks, i padroni di casa sembrano in leggero vantaggio, ma è qua che dovranno costruire la loro vittoria ed è qua che non possono mostrare alcuna crepa.

Dall’altro lato della palla, durante il Wild Card game, abbiamo visto un Bevell che ha impiegato un drive e mezzo per aggiustare il proprio piano partita: la linea di Seattle è sospetta in pass protection come lo è stata per tutta la stagione, dopo 3 pressioni e 2 sack con Wilson costretto alla sopravvivenza più che alla lettura ecco che sono arrivate corse su corse, screen pass, rilasci veloci e qualche giocata spettacolare sul profondo di tanto in tanto. Questo è stato possibile soprattutto perché contro c’era una difesa sulle corse davvero pessima, la buona notizia per loro è che quella dei Falcons non sembra poi così migliore rispetto a quella dei Lions, anzi….

Vince Seattle perché: perché se riescono a pareggiare la sfida ATL offense vs SEA defense, poi dall’altra parte del campo un modo per fare punti riescono sempre a trovarlo. Perché Jimmy Graham s’è sempre trovato abbastanza bene contro i Falcons (8 TD in 11 partite) e lui è un po’ il giocatore barometro di questo attacco. Perché potrebbero avvalersi anche della poliedricità di Prosise (out dal 19 novembre)….

Vince Atlanta perché: perché gioca in casa e perché Matt Ryan non è nelle condizioni fisiche di Stafford e guida un attacco molto più completo e meno arginabile di quello dei Lions. Perché durante la partita di week 6 i Falcons hanno capito come portar via Julio Jones dalla copertura di Sherman e perché Vic Beasley sarà costantemente nel backfield avversario.

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[nextpage title=”Houston Texans at New England Patriots” ]

 

#4 Houston Texans (9-7) at #1 New England Patriots (14-2), domenica 15 gennaio, ore 2,15

Come accennato in apertura, questa delle 4 è l’unica partita che già sulla carta pare molto squilibrata. 16 punti di differenza da parte dei bookmaker in un Divisional non sono la normalità, anzi ci troviamo davanti al quarto divario più ampio di sempre nella post season (e negli altri tre casi nessuno riuscì a scioccare il mondo…). Houston non ha nemmeno la scusa degli infortuni: beh in realtà il più forte dei suoi (e della NFL per il suo ruolo) gli mancherà, ma J.J. Watt quest’anno non c’è mai stato e per di più la difesa è rimasta, nonostante la sua assenza importante, tra le migliori della lega e per certi versi proprio la migliore.

I Texans, specie in attacco, sono questi, sarebbero dovuti essere molto di più, hanno aggiunto materiale giovane e veterano un po’ ovunque ma il risultato finale non è cambiato, anzi statisticamente è peggiorato: le yard a partite sono diminuite di 30, i punti a partita sono passati da 21.2 a 17.4, in entrambi i casi ci troviamo negli ultimi 4 posti della NFL: davvero sconfortante. E l’abbiamo visto anche settimana scorsa contro una difesa per nulla inespugnabile come quella dei Raiders. Colpevoli un po’ ovunque: il QB, la linea, gli allenatori….

Houston e New England si sono già incontrate alla week 3 e i Patriots tennero a 0 (zero) l’attacco guidato da Brock Osweiler. I primi 7 drive inoltre furono infarciti da 3 turnover, di cui uno solo imputabile all’attacco (intercetto), gli altri due vennero nei ritorni di kickoff e diedero una discreta mazzata alla partita. In attacco New England non fece tanto meglio in realtà, parliamo della partita che vide come QB titolare Jacoby Brissett, ovvero il terzo quarterback della squadra, rookie, discretamente diverso come caratteristiche ai primi due. La New England con Brady ha ovviamente alzato di un paio di livelli lo standard offensivo, in quella partita si registrò anche il debutto stagionale di Gronkowski che però fu praticamente inoperoso (e sabato notte peraltro mancherà).

Insomma a prendere come termine di paragone quella partita, restano poche chance ai Texans. Cosa può andare diversamente? Innanzitutto Clowney è andato in crescita durante la stagione, ma la difesa di Houston è difficilmente riassumibile citando un solo giocatore quest’anno: McKinney ha avuto la stagione di consacrazione dopo il buon primo anno da rookie, Cushing stesso pare si sia finalmente ripreso dopo i continui infortuni, Mercilus ha lampi di dominio sempre più intensi e poi ci sono le secondarie con la sorpresa Bouye e la stagione solidissima della safety Demps e potremmo andare avanti a citarne altri ancora. Questa è la vera forza di Houston e l’unico motivo valido per cui si trovano a giocare questa partita. Quanto potrà influire nel gameplan offensivo dei Patriots? A livello di secondarie possiamo addirittura parlare di una piccola “legion of boom” e non è un paragone a caso, intanto perché concedono solo 202 yard a partita su passaggio (secondi solo a Denver, sia quest’anno che l’anno scorso), certo niente rispetto alle 170, 180 yard che concedeva la vera “Legion of Boom” negli anni d’oro. Ma non è un caso che proprio con difese così forti sui passaggi che i Patriots hanno sofferto di più quest’anno, offensivamente parlando. Quindi Brady potrebbe non trovare le sue solite tracce pulite nell’underneath e le sue letture potrebbero subire qualche balbuzia in più, almeno rispetto al solito.

Basterà? Temiamo (per lo spettacolo) di no. L’attacco aereo dei Pats praticamente in tutte le statistiche è tra i top 5 della lega, potrà calare di rendimento ma ha risorse in ogni parte del campo, nonostante l’assenza ormai metabolizzata di Gronkowski. Anzi merita un capitolo a parte Michael Floyd che è l’incostanza fatta a ricevitore, ma potrebbe aver sfruttato alla grande queste due settimane per entrare ancora più in ritmo con Brady ed essere un’arma in più su cui nessuna squadra ha uno scouting efficace sopra il quale lavorare. Floyd ad Arizona era diventato famoso per i suoi up&down di rendimento, ancor prima di balzare alla ribalta della cronaca per la sua passione per l’alcool. Sgarrare durante i playoff sarebbe davvero stupido (non che nel passato alcuni giocatori di football non abbiano dato mostra della loro stupidità…), tendiamo a credere che sarà ben concentrato sotto lo sguardo vigile di Belichick e allora ecco che potrebbe essere un fattore determinante in questo mese già a partire da sabato notte.

Per il resto da tenere d’occhio il duello Blount vs Wilfork, che torna di nuovo a Foxboro, ma questa volta su un palcoscenico ancora più importante. Mentre il ritorno di Dion Lewis per ora non ha fatto cadere dalla sedia come invece succedeva con cadenza settimanale l’anno scorso prima che l’ex Eagles si infortunasse pesantemente. Vedremo se queste due settimane di lavoro avranno ridato un po’ di brillantezza in più al “furetto” specie su screen pass e corse off-tackle.

Vince Houston perché: eeeeeeeh….devo proprio? Perché hanno i loghi con gli stessi colori e potrebbero confondersi (no eh…). Perché la difesa dei Texans potrebbe concedere 14 o meno punti a New England (quest’anno ci sono riusciti 5 volte, wild card compresa)…si lo so, potrebbe comunque non bastare. D’altro canto New England sotto ai 14 c’è andata una volta soltanto (Brissett in regia). Allora potrebbe vincere Houston perché i Patriots potrebbero soffrire le 2 settimane di riposo, si dice per tutte le squadre con il bye ed è un po’ la scusa che si usa dopo…boh, non lo so perché Houston potrebbe vincere: oltre che difendere la difesa e gli special team dovrebbero concedere ottime posizioni di campo e 1-New England ha perso solo 11 palloni (2, due, intercetti) minimo stagionale in NFL, ahia…. 2-almeno peggio della partita di regular season non potranno fare….

Vince New England perché: perché è più forte, più completa, allenata meglio e con gente che è abituata a vincere, sempre. Vincono i Patriots perché non sono le squadre come i Texans che possono metterli in difficoltà per 60′, potrebbero costringerli ad avere qualche inciampo in una gara, ma sono troppo monotematiche per non essere lette anche strada facendo. Perché Tom Brady, magari senza tanti proclami a riguardo, ma dopo la squalifica sembra essere in missione.

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[nextpage title=”Green Bay Packers at Dallas Cowboys” ]

#4 Green Bay Packers (10-6) at #1 Dallas Cowboys (13-3), domenica 15 gennaio, ore 22,40

Qua la parola chiave è rematch: rematch della partita di week 6, rematch del divisional di 2 anni fa quello in cui Dez “non la prese”. Nel mezzo c’è stata anche una versione un po’ incolore con Matt Cassel in cabina di regia per dei Cowboys ovviamente sconfitti. Più in generale Dallas con la vittoria in regular season ha interrotto una striscia aperta di 5 sconfitte consecutive contro Green Bay iniziata nel 2009 di cui una soltanto però in Texas. Storicamente la sfida è in perfetta parità: 14-13 pro Packers in regular season, 4-3 pro Cowboys nei playoff, 17-17 in totale.

Queste sono senza dubbio due delle squadre iconiche della lega, da una parte “The America’s Team”, dall’altra la squadra dell’azionariato popolare, “everything is bigger in Texas” contro quella che a tutti gli effetti in Italia definiremmo “la provincia”, una città da 100mila abitanti (un po’ come Ancona), che però poi ovviamente catalizza tutto il pubblico del Wisconsin. 8 partecipazioni al Super Bowl (di cui 5 vinti) contro 5 (di cui 4 vinti), Tom Landry vs Vince Lombardi e potremo continuare all’infinito: Dallas vs Green Bay sta quasi stretta se confinata in una semplice partita di Divisional playoff, ma in queste poche righe è di quella che dovremo parlare e niente del passato potrà influire in quelle 3 ore che ci auguriamo saranno di puro spettacolo (almeno per chi non le vivrà con il pathos del tifo): non influirà più di tanto nemmeno il recente di passato, perché in week 6 quest’anno Green Bay stava ancora cercando un equilibrio che avrebbe trovato solo a fine novembre e perché la stessa Dallas (ancora senza Bryant in quel match) stava cercando di capire quanto ci fosse di “reale” nel gioco di Dak Prescott (e per certi versi non l’ha ancora capito).

In quella partita Dallas non sembrò quasi mai in difficoltà, fu in grado di concedere il primo e unico TD ai Packers solo a metà quarto periodo: i presupposti della prossima partita sono decisamente diversi. Rodgers in particolar modo sta sfornando TD pass con una facilità che ci riporta ai suoi massimi in carriera: 4 contro i Giants domenica, ad una difesa che ne aveva concessi su passaggio 3 nelle ultime 4 partite, 40 in stagione regolare in cui per 13 volte è andato a segno 2 o più volte, non lancia un intercetto dal 13 novembre nel bel mezzo del momento più difficile di questa stagione tribolata a cavallo tra la sconfitta contro Tennessee e quella contro Washington in cui Green Bay subì complessivamente 89 punti (ma di questo parleremo poi). Dall’ultimo intercetto sono passate 4h 10m 23s di tempo trascorso da lui sul campo da gioco, 285 lanci, di cui 195 completati (68,42%) e 22 TD.

La difesa dei Giants domenica è riuscita a contenerlo molto bene costringendolo a 5 punt consecutivi per aprire il match con soli 4 primi down conquistati. Sembrava tutto perfetto per loro sino a quell’Hail Mary pass che ha rotto l’incantesimo. Green Bay ha poi chiuso la partita con 4 drive che hanno portato 3 TD e 1 FG: in sostanza hanno riassunto in 60 minuti quella che è stata la loro stagione specie dal punto di vista offensivo, con Rodgers che ha ballato un po’ troppo dietro la linea di scrimmage nella prima parte non riuscendo a trovare ricevitori liberi o che soddisfacessero le sue idee, per poi iniziare a lasciar andare la palla con il timing giusto punendo ogni tipo di contromossa pensata da Spagnuolo e i suoi giocatori. E domenica come sarà? Al di là di qualche peccato di onnipotenza, Rodgers è in grado di venire a capo di qualsiasi difesa, figurarsi quella di Dallas che non appartiene nemmeno all’elite pur essendo andata oltre ogni più rose previsione come ormai quasi costantemente accade sotto la guida del defensive coordinator Rod Marinelli.

Il punto forte di Sean Lee e compagni è la capacità di fermare le corse, una qualità che ha spesso costretto offensive coordinator altrui ad abbandonare il running game: Dallas è prima per yard concesse (83,5 a partita) ed è nelle 11 squadre che permettono agli avversari di correre meno di 4 yard a portata di media. A ben vedere questa non è una caratteristica così fondamentale contro i Packers che di loro già corrono pochissimo (solo 374 portate in tutto l’anno, quartultimi), ma lo fanno con ottima qualità (4.5 a portata, settimi NFL), il running game di Green Bay quindi non deve fare volume, ma deve mantenere onesta la difesa altrui per poi vivisezionarla con i laser di ARod. In questo Lacy era perfetto (presente proprio sino alla partita contro Dallas), anche perché portava una certa fisicità al tutto. L’invenzione di Ty Montgomery come RB/WR è comunque molto interessante: corre poco, 72 portate nelle 10 partite in contumacia Lacy, ad una media di 6,26 yard a corsa…proprio quello che serve a Green Bay, in più è una minaccia doppia per le difese visto che nasce come WR e in quanto tale ha stazza e velocità anche per punire missmatch favorevoli.

Ma la parte che non ha fatto dormire Marinelli da domenica sera è “come difendere contro questo Rodgers?”. Dallas ha due difetti strutturali nella sua difesa: 1-genera pochissimi turnover 2-mette pochissima pressione sui QB avversari. Queste due caratteristiche abbinate allo stato attuale dell’attacco dei Packers rischiano di far saltare in aria la partita molto presto portandola su binari non proprio congeniali ai Cowboys di Dak Prescott. Rodgers come abbiamo visto non lo intercetti, figurarsi se provi a farlo con una difesa che quest’anno ne ha sommati solo 9 (27esima), il fatto è che se non riesci nemmeno a mettergli pressione con la tua linea (Marinelli usa davvero con parsimonia i blitz) finisci per risultare quasi inesistente agli occhi del ragazzo con la maglia numero 12.

La linea di Green Bay è andata cementandosi con la stagione ma va detto che nelle ultime settimane anche la linea difensiva dei Cowboys è migliorata (magari sfruttando matchup favorevoli): su tutti è emerso David Irving, che se non migliorerà la capacità di difendere sulle corse resterà sempre un giocatore situazionale, ma che nella pass rush ha messo una manciata di punti esclamativi che se ripetuti potrebbero fare la differenza anche domenica. Dallas non ha nessun giocatore sopra i 6 sack in stagione, ma ha una buonissima rotazione nei ruoli interni della linea, per quelli esterni dato per perso dietro a tossicodipendenze varie Randy Gregory, domenica potrebbe recuperare Demarcus Lawrence che proprio per essere presente a questa partita ha rimandato una operazione alla schiena che avverrà in offseason. Le condizioni quindi saranno tutte da controllare partita in corso.

A proposito di recuperi, a Dallas stanno provando il tutto per tutto per avere in buone condizioni sia Morris Claiborne che J.J. Wilcox, averli nello stato di forma in cui erano stati costretti a fermarsi per infortunio (week 8 e 12 rispettivamente), sarebbe fondamentale per le chance di vittoria dei Cowboys. Verosimilmente però non sarà così e toccherà soprattutto ad Anthony Brown (rookie sesto giro) sbattere il muso contro il passing game avversario, al quale probabilmente mancherà Jordy Nelson, uscito dal match di domenica con le costole rotte. Sull’assenza di Nelson l’anno scorso si sono scritti libri ed abbiamo visto quanto possa incidere. Quest’anno ha ribadito il concetto ricevendo 1257 yard (sesto NFL) e 14 TD (nessuno come lui), ma attorno a lui è cresciuto Davante Adams, che è ben diverso dal giocatore quasi impaurito e distratto che avevamo conosciuto nelle sue due prime stagioni tra i pro: Adams può essere il WR1 di questo attacco nei prossimi anni e può sopperire temporaneamente all’assenza di Nelson molto di più di quanto (non) fatto l’anno scorso. Se a questi poi aggiungiamo il Cobb visto contro i Giants e un Cook molto più coinvolto nell’ultimo mese (8, 5, 8, 9 i target ricevuti nelle ultime 4 partite) ecco che l’attacco aereo di Green Bay ha le risorse per riempire il campo, anche senza Nelson (occhio anche ai blocchi e alle mani di Ripkowski, novello Kuhn).

Ma la difesa di Dallas non è composta solo da giocatori e coaching staff difensivo: sin dalla scelta di Elliott alla quarta assoluta (immaginiamo preferito a Ramsey, poi andato a Jacksonville) l’intento della franchigia texana era apparso abbastanza evidente, difendersi con l’attacco. Più facile a dirsi che a farsi, ma va detto che pur attraverso peripezie varie (tra cui quella del QB3 rookie diventato titolare dalla week 1) ci sono riusciti, ci sono 16 partite di regular season che settimana dopo settimana sono lì a testimoniarlo. Che questa filosofia sia sufficiente per fare strada anche a gennaio lo scopriremo solo vivendo (poi nel computo intervengono anche altri fattori). Ad ogni modo Dallas ha corso tantissimo sia come qualità che come quantità: 499 portate, quasi 32 a partita, 20 delle quali mediamente di Elliott che si è issato come leading rusher della lega con il lusso di riposare anche l’ultima giornata. Senza dubbio il giocatore più determinante per Dallas attorno al quale hanno costruito questo tipo di football che fa molto smash mouth.

Per controllare il ritmo della gara ci sarà bisogno della versione migliore della linea offensiva che nel mentre pare abbia recuperato anche un tassello importante per il running game come La’El Collins: ormai il quintetto ha raggiunto automatismi efficaci con Leary nel ruolo di guardia, ma Collins potrà dare respiro in 2 3 ruoli, se effettivamente recuperato fisicamente può venire più che utile a Scott Linehan. Proprio attraverso il playcalling dell’offensive coordinator passeranno molte delle chance dei Cowboys di giocarsela fino alla fine.

La pass rush dei Packers comunque è da tenere ben in considerazione: 40 sack in stagione regolare è un dato non molto distante dalla vetta fissata a quota 48 dai Cardinals. 11 di questi 40 sono arrivati da Nick Perry autore di una stagione decisamente migliore rispetto a quanto visto sino al 2016 (erano stati 12,5 sommando le 3 precedenti annate), ha avuto un infortunio ad inizio dicembre dal quale sembrava essere tornato comunque in ottima forma, mentre domenica ha visto un utilizzo molto ridotto. Lui comunque guiderà l’assalto a Prescott, assieme ai soliti Clay Matthews, Julius Peppers e Mike Daniels. A proposito di quest’ultimo sarà lui uno dei tasselli fondamentali per riempire la linea e lasciare meno spazi possibili alle corse di Elliott. Costringere Dallas e quindi Prescott a terzi e lunghi è una delle chiavi di questa partita: Dak resta pur sempre un rookie e potrebbe pagare non poco la tensione di una partita che è qualcosa di diverso rispetto ad una week qualsiasi di RS, costringerlo a dover inseguire la partita o rischiare la giocata potrebbe trasformare il suo gridiron in una sabbia mobile.

La difesa di Green Bay quest’anno ha concesso molto, ha avuto buoni picchi di rendimento, ma è mancata di continuità e tra alti e bassi ha chiuso la stagione concedendo una media di 24,3 punti a partita un dato pericoloso a questi livelli. Dove i Packers però non sono assolutamente all’altezza di questo rango è nel difendere contro i passaggi: solo New Orleans ha concesso più yard a partita di media (274 vs 269). Dez Bryant e in parte anche Terrance Williams avranno il compito fondamentale di tenere le safety il più lontano possibile dal box, Prescott non è sembrato dei più precisi sul profondo e questo può essere un problema per Dallas perché potrebbe facilitare il compito della protezione del box. Nello scontro diretto poi Green Bay soffrì tantissimo la capacità di correre le tracce intermedie di Cole Beasley, coinvolgere lui significherebbe mettere in ritmo Prescott e renderebbe ancora più corta la coperta difensiva tirata da Dom Capers.

Vince Green Bay perché: perché può scappare subito nel punteggio e portare Dallas in acque non sicure: la difesa dei texani potrebbe quindi mostrare tutti i difetti sinora ben mascherati. Perché Aaron Rodgers prima o poi vincerà il secondo anello e poi il terzo e forse anche il quarto. Perché nei playoff non conta quanto buono sei stato “di media” durante la stagione, ma conta il picco e questo picco dei Packers assomiglia molto a picchi raggiunti in passato.

Vince Dallas perché: perché in questo momento è stato dimostrato che anche la difesa più in forma non può nulla contro questo Rodgers e allora forse l’unico modo per difendersi da Aaron è tenerlo fuori dal campo e questo Dallas può farlo forse meglio di qualunque altra squadra. Perché Bryant questa volta la vuole prendere e perché Elliott non è abituato a perdere più di due partite in un anno.

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[nextpage title=”Pittsburgh Steelers at Kansas City Chiefs” ]

#3 Pittsburgh Steelers (11-5) at #2 Kansas City Chiefs (12-4), lunedi 16 gennaio, ore 02,20

NB. Partita spostata alle 2,20 di notte causa previsioni di maltempo.

Che bel matchup! Steelers e Chiefs sono due squadre dalla filosofia e dalla costruzione molto diversa e proprio per questo potrebbero generare un match molto difficile da leggere prima. Anche qui partiamo dallo scontro diretto giocato in regular season, week 4 a Pittsburgh, in cui i Chiefs sono andati KO già al primo round quarto conclusosi 22-0 con i drive dei TD, 2 dei quali nati da turnover, che hanno avuto rispettivamente 3, 1 e 2 snap.

Pittsburgh ha travolto Kansas City e il resto della partita ha detto poco anche se ci ha consegnato alcuni spunti che potrebbero essere interessanti: innanzitutto era il debutto stagionale di Le’Veon Bell che irruppe nella regular season con una prestazione da 144 yard con solo 18 portate (8.0 di media), da notare che in quella partita ebbe una corsa da 44 yard massimo stagionale per lui ed anche massimo concesso con singola corsa dalla difesa di Kansas City che in realtà ben si difende per quel che riguarda i big play concessi: su corsa è accaduto 2 volte, su passaggio 7. Di questi 9 giochi oltre le 40 yard 2 sono giunti proprio in quella partita: oltre al gioco di Bell da aggiungere anche la ricezione di Coates da 47 yard al primo gioco offensivo di Pittsburgh e rischiavano addirittura di essere tre con la ricezione da TD per il 22-0 di Brown da 38 yard. Nei big play poi Pittburgh potrà sfruttare anche la velocità dei ricevitori “secondari”.

Sempre tornando al debutto stagionale di Bell, in quel match lo vedemmo schierato spesso e volentieri proprio come ricevitore, pure per non disperdere lo stato di forma di DeAngelo Williams che invece durante la stagione è andato un po’ scemando anche a causa di infortuni. Ad ogni modo l’attacco di Pittsburgh numeri alla mano è nella top 10 della lega sia per yard conquistate che per punti segnati, ma a leggere i nomi in tutti i reparti ha potenzialità, non sempre espresse del tutto, per essere anche meglio. In questa discrepanza entrano le yard di penalità, che in attacco, in stagione regolare, sono state più di mille (sestultima posizione su 32).

L’aspetto in cui Roethlisberger&Co. potrebbero far più male alla pur buona difesa dei Chiefs è quello dei terzi down, dove i ragazzi di Reid concedono la conversione il 43,2% delle volte: peggio di loro solo 5 squadre di cui solo Detroit ha avuto un viaggio (seppur breve) in post season.

Altro punto a favore dell’attacco, da questa parte della palla, potrebbe essere la pass protection o più in generale la capacità della linea offensiva di Pittsburgh di evitare giochi dallo yardaggio negativo: detto in parole povere subiscono pochissimi sack (21 in tutto, solo Oakland ne ha subiti meno, e nelle ultime il trend è ulteriormente migliorato) e sono tra le squadre che hanno il minor numero di corse stoppate prima della linea di scrimmage (26 in tutta la stagione, terzi NFL) e qui conta tanto anche lo stile ineguagliabile di Bell nello attendere e sfruttare i propri bloccatori. Di contro avranno una squadra che fa tanta fatica a mettere pressione sui QB avversari: 28 sack sono molto pochi, di cui ben 10 vengono da Dee Ford, primo giro 2014 che finalmente ha avuto il suo breakout year. In questo aspetto del gioco sono mancati tantissimo i sack di Justin Houston sceso in campo solo 5 volte e che deve quasi la totalità del suo fatturato annuo (4 sack) ai 3 messi a segno contro quello che ne restava della linea offensiva dei Broncos. Il prodotto di Georgia, che in teoria dovrebbe essere il leader tecnico di questa difesa, viene quindi da una stagione tribolatissima e proprio in extremis dovrebbe recuperare da un infortunio al ginocchio per essere in campo domenica (non si sa per quanto e in quale stato di forma).

E allora perché abbiamo definito “buona” questa difesa? In cosa eccelle? Soprattutto è una macchina da turnover: nessuno ha fatto più intercetti di loro (18), nessuno ha recuperato più fumble di loro (15), sono la squadra con il differenziale palle recuperate/palle perse più alto della NFL: +16 (parimerito con Oakland) ed è proprio per questo che ha fatto strano vederli concludere con -2 lo scontro diretto del 2 ottobre. Collegato alla capacità di intercettare i QB avversari (occhio a Eric Berry 4 intercetti e a Marcus Peters 6 quest’anno, già 14 in 2 stagioni) c’è appunto una secondaria che tende a far giocare male i QB avversari mediamente costretti ad un rating inferiore al 70 (solo Giants e Broncos han fatto meglio quest’anno) e a una media per tentativo che non supera le 7 yard.

Davvero molti spunti di interesse ed abbiamo sinora analizzato solo una parte della sfida. Ora c’è da entrare nell’attacco dei Chiefs, diverso rispetto agli standard NFL, quasi anacronistico: pochissimi lanci downfield, una buona varietà di running game e tantissima velocità. Il dato da cui partire è quello relativo alle yard after catch generate dal loro passing game: quest’anno per Alex Smith sono state 1921 su 3502, ovvero il 54,85% del suo fatturato. Per contestualizzarlo meglio possiamo dire che nessun QB nel 2016 ha una percentuale più alta (il più vicino, non ne sarete sorpresi, è Sam Bradford con 52,51%) e possiamo dire che nei 4 anni a Kansas City, Smith ha chiuso questa classifica due volte al primo posto (2016, 2014), una volta al secondo posto (2015 dietro a Nick Foles che forse non a caso quest’anno è il suo backup….) ed una volta al terzo posto (2013) con una percentuale che è oscillata sempre tra il 54 e il 60. Nello stesso lasso di tempo il suo avversario di questa settimana, Big Ben, è oscillato tra il 37% e il 51%, con una media complessiva su base quadriennale del 45,76%.

Senza dubbio sono due stili di interpretare lo stesso gioco e lo stesso ruolo molto differenti, con i loro pregi e i loro limiti. Quello che rende l’approccio Reidiano-Smithiano efficace anche ai massimi livelli quali sono appunto i playoff NFL è la possibilità di poter sfruttare giocatori dall’atletismo sopraffino: l’esplosione di Tyreek Hill è stata una vera e propria manna dal cielo, occhi anche su Chris Conley e negli anni passati il turbo di Jamaal Charles (ovviamente assente domenica) o più sporadicamente quello di De’Anthony Thomas erano stati più che funzionali; poi non bisogna dimenticare quel freak atletico che è Travis Kelce, autore di ben 14 giochi da 20+ yard in stagione, ovviamente primo (assieme ad Olsen) tra i TE e per dare una inquadrata al dato, superiore a gente come Golden Tate, Jordan Matthews o Emmanuel Sanders…

Come si erano comportati questi giocatori nello scontro diretto? Hill stava ancora cercando di capire la NFL (è nell’ultimo mese che si è messo definitivamente sul radar dei defensive coordinator avversari), Kelce fu contenuto alla grande (8 target, 5 ricezioni, ma solo 23 yard), peraltro entrambi trovarono la via della endzone a partita ormai compromessa nel quarto periodo. Il running game non andò molto meglio: esclusa una corsa da 46 yard nell’ultimo drive della partita, il fatturato fu di 41 yard in 17 portate (2,41 di media) ben lontano rispetto al decente 4,32 fatto registrare nel resto della stagione. Ebbe invece una buona partita Maclin, ma il ragazzo poi non si è fatto mancare l’ennesimo infortunio che l’ha tenuto fuori nel mese di novembre e l’ha restituito molto incostante a dicembre. Maclin doveva essere il quid in più per questo attacco, lo è stato per certi versi, ma specie quest’anno è mancata la continuità di rendimento che invece si era avuta l’anno scorso.

In generale comunque Kansas City è una squadra che ha un ritmo offensivo particolare che per certi versi tende a mandare fuori sincrono gli avversari: sono penultimi NFL come “pace” quando si trovano in situazioni di punteggio all’interno dei 6 punti di differenza (vantaggio o svantaggio che sia), avendo mediamente uno snap ogni 29,74 secondi (in quella situazione i primi sono i Saints con 26,52), un dato che in proporzione viene confermato quando in vantaggio per 7 o più punti, ma sono quarti quando in svantaggio per più di 7 punti con una media di uno snap ogni 24,45 secondi (i primi in questo caso sono i Ravens con 23,66). Da penultimi a quarti, un differenziale unico da questo punto di vista in NFL.

Pur fatte le debite proporzioni, Kansas City ha un gioco simile a quello dei Dolphins contro i quali gli Steelers domenica hanno ben figurato anche in difesa. Stagion facendo hanno ritrovato una certa solidità nel front 7 e una certa durezza nei colpi che storicamente era stato marco di fabbrica: Shazier, Timmons, Dupree e l’infinito Harrison saranno nuovamente fondamentali per arginare le linee di corsa del running game dei Chiefs, attraverso le loro letture difensive passeranno molto delle chance di vittoria di Pittsburgh. Saranno loro a non permettere a Kansas City di portare la partita sui propri binari e quindi farla decidere da Ben-Bell-Brown?

Vince Pittsburgh perché: perché vedere quei tre in attacco è uno spettacolo che a gennaio diventa ancora più esaltante e non vogliamo ancora privarcene. Perché Bell può fare impazzire tutto il front 7 dei Chiefs e perché in difesa stanno acquisendo una solidità e una durezza che può far molto male a Kansas City se avranno intenzione davvero di fare a testate con loro. Perché se non hanno sofferto il gioco di Miami, potrebbero non soffrire più di tanto nemmeno quello dei Chiefs.

Vince Kansas City perché: intanto perché Andy Reid in carriera dopo il bye è 19-2 e questo a tutti gli effetti per Kansas City è un bye. In particolar modo da quando allena nel Missouri ha dimostrato di poter mettere il turbo dopo la settimana di riposo. Perché l’Arrowhead Stadium sarà un inferno e i Chiefs sono costruiti attacco e difesa per far rendere di meno i propri avversari. Vinceranno loro perché quella tendenza ad essere un po’ troppo impreciso rispetto ai suoi standard che avevamo notato in Big Ben pare essere ancora lì e se quella caviglia infortunata a fine partita contro Miami dovesse infastidirlo più del dovuto, poi Kansas City non ci metterebbe nulla a trasformare in punti le palle recuperate: dei 389 punti messi a segno, ben 105 sono arrivati dopo turnover (e 35 direttamente dalla difesa), solo i Broncos ne hanno fatti di più a seguito di un turnover (117).

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azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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