Football, lies and videotape

Altezza intellettuale e scelta di investire tutta la propria esistenza in una causa, e nel modo più rischioso, più arduo e più efficace, cioè con l’azione segreta, non di rado vanno insieme. (Luciano Canfora, filosofo)

Audible

Tom Brady, chinato in avanti, immediatamente dietro al centro, braccia protese verso le chiappe di David Andrews, pronto a ricevere lo snap. La palla sulla linea delle 43-yard dei Patriots. Dalla gola esce un rauco: “Green nineteen, green nineteen”, nove secondi restano sul play clock, poi otto, poi… Brady si rialza, fa qualche passo indietro e grida, in rapida sequenza: “Jordy! Jordy! Jordy!”. Play clock a cinque, quattro, tre, due… giocatori in movimento… lo snap con un secondo sul cronometro. Jordy?

All’inizio dell’azione gli Steelers sono in 3-4 davanti ed in Cover-1 dietro. Il #23 Mike Mitchell, safety, è profondo ed il #28 Sean Davis, rookie safety, è opposto a Julian Edelman, dal lato debole. I Patriots inizialmente sono nella nota I-formation, con LeGarrette Blount e James Develin dietro a Brady e due ricevitori dal lato debole. Il primo segnale di Brady manda Edelman dal lato forte. A questa mossa gli Steelers reagiscono con una rotazione difensiva, il #28 indietreggia profondo mentre il #23 sale sul lato forte. Allo stesso momento il #50 Ryan Shazier, linebacker, da un segnale alla difesa perché ha visto qualcosa o perché lo ha ricevuto dalla sideline. Gli Steelers passano ad uno schema 5-2 davanti con il #37 Jordan Dangerfield, cornerback, sulla linea, che minaccia un blitz.

Probabilmente l’azione originale dei Patriots era una corsa di Blount dal lato forte dietro ai blocchi di Develin ed Edelman. Il blitz del #37 sarebbe stato perfetto perché proprio dal lato forte. Avrebbe potuto placcare Blount e pure causare una perdita di terreno. Brady si rende conto della possibilità, chiama tre volte “Jordy!”e in tre secondi cambia l’azione.

L’attacco dei Patriots si allarga, diventa 5-wide empty backfield (tutti si trasformano in ricevitori con il vuoto dietro a Brady); Develin corre velocemente e si riposiziona vicino alla linea laterale destra e Blount si sposta largo a sinistra. Gli Steelers tentano di riorganizzarsi in quella che sembra una Cover-2. Allo snap i difensori stanno ancora muovendosi e devono lasciare cuscinetti di spazio tra loro ed i ricevitori dei Patriots. In uno di questi spazi si infila Chris Hogan che riceve un passaggio da Brady che taglia la difesa di Pittsburgh come il burro.

Siamo poco oltre la metà del primo quarto dell’AFC Championship Game della stagione 2016. I Patriots batteranno gli Steelers, come hanno fatto sei volte su sette da quando Mike Tomlin è capo allenatore di Pittsburgh.

Ora anche solo pensare di preparare tutto ciò durante la partita è pura follia. In passato, durante la partita, le squadre scattavano decine di fotografie degli schieramenti avversari e dello sviluppo delle azioni; oggi ci sono i tablet (quelli che a volte non funzionano) e quindi tutto è semplificato e legale. E le azioni vengono mandate ai giocatori (sia in attacco che in difesa) via radio. Radio che si spengono automaticamente a quindici secondi dallo :00 sul play clock. In sostanza negli ultimi quindici secondi prima dell’inizio dell’azione è tutto nella mente e nelle scelte dei giocatori in campo. ‘Jordy’ è un audible, il segnale che il quarterback grida al suo attacco per cambiare la giocata chiamata nell’huddle.

La decisione di cambiare schema mostra un incredibile lavoro di scouting degli allenatori dei Patriots per capire le risposte difensive degli Steelers con la creazione di un audible specificatamente costruito per un giocatore come Dangerfield che propone un blitz contro la I-formation ed ovviamente l’immenso credito a Brady per leggere la difesa e scegliere la giocata offensiva corretta.

La meteora Mangini

Eric Mangini è una creazione di Bill Belichick. Belichick lo nota nel 1994 quando il 23enne Mangini fa il raccattapalle (!) per i Cleveland Browns. Mangini al college aveva giocato come nose tackle alla Wesleyan University in Division III, la stessa università dove Belichick ha giocato centro e tight end. Quindi tra loro c’era una connessione, però notare quanto bene fa il suo lavoro un raccattapalle è davvero un’osservazione alla Belichick!

Nel 1995 Mangini è già assistente dell’attacco dei Browns, mentre nel 1996 (mentre Belichick è assistente dei Patriots) copre lo stesso ruolo per i Baltimore Ravens di Ted Marchibroda. Ma già nel 1997 è di nuovo con Belichick ai New York Jets; sarà per tre anni assistente alla difesa.

Il 4 gennaio del 2000 Belichick si dimette da head coach dei New York Jets. È una mossa completamente a sorpresa, era infatti stato nominato head coach solo il giorno precedente. Ma non sorprende Mangini, che lo segue ai New England Patriots dove Belichick approda il 27 gennaio 2000. Mangini resta ai Patriots fino al 2005, cinque anni come allenatore delle secondarie e l’ultimo anno come defensive coordinator. Aiuta Bill a vincere tre Super Bowl.

Il 17 gennaio 2006 Mangini diventa head coach dei New York Jets. A 35 anni è il più giovane allenatore della NFL. Porta i Jets dal 4-12 della stagione precedente al 10-6 del 2006 ed un posto ai playoffs. Dove perde 37-16 contro i Patriots nel wild card game.

La stagione 2007 pertanto si apre con grandi prospettive per i Jets. Nella prima partita della stagione c’è proprio la sfida Jets-Patriots. In quella partita i Jets vengono annientati per 38-14 da Brady (297 yds e 3TD), Randy Moss (183 yds in ricezione) e 134 rushing yds e la carriera di Mangini incomincia ad andare a rotoli. Mangini, inclusa quella sconfitta con i Patriots, andrà 23-41 (.359). È una percentuale che lo pone, su un intervallo di almeno 64 partite allenate, tra i dieci peggiori head coach della storia della NFL. Nei successivi quattro anni (due ai Jets e due a Cleveland) sarà licenziato due volte ed infine una terza volta dopo un paio d’anni come assistente ai San Francisco 49ers.

Spygate?

Spiare, secondo il dizionario, significa “osservare, seguire, di nascosto azioni altrui”. La parola chiave di questa definizione è ovviamente “di nascosto”. Nel football vince chi sa riconoscere meglio le intenzioni degli avversari. Questo avviene nei pochi secondi prima dello snap della palla. Sono istanti cruciali. Brady lo sa. Ma ancora prima di lui, lo sa Belichick. Lo sanno pure Tony Dungy e Bill Cowher che hanno recentemente ammesso candidamente che “rubare” i segnali agli avversari fa parte del gioco.

Ancora oggi tutti gli allenatori, nonostante i sistemi radio e video, si coprono la bocca con il foglio degli schemi (il play sheet) tutte le volte che parlano al microfono o direttamente ai giocatori. Ma che cosa temono?

Kyle Shanahan quando era offensive coordinator dei Browns (2014)

Nella partita in cui i Jets vengono annientati, Mangini fa rimuovere un assistente video dei Patriots che sta filmando la sideline dei Jets. I Patriots, davanti ad ottantamila persone, stavano filmando gli allenatori dei Jets e la partita. Pertanto il termine ‘Spygate’ è etimologicamente scorretto. Scorretta era la posizione dalla quale filmavano. Se fossero stati in altri posti dello stadio o dietro le due end zone la cosa sarebbe stata legale, ma dalla sideline non andava bene. Mangini non si rende conto del polverone che sta per sollevare, agisce d’impulso, coinvolge la NFL.

Sono state numerose in passato le occasioni in cui assistenti video delle squadre NFL sono stati “beccati” mentre filmavano gli avversari. Le sanzioni erano state molto poco punitive o addirittura assenti. Nel caso Mangini-Patriots, la NFL decide di punire Belichick (colui che ha ordinato le riprese) con la più pesante sanzione nella storia della lega, $500,000. Inoltre i Patriots vengono puniti come organizzazione con la perdita della prima scelta nel draft successivo e con ulteriori $250,000. Ovviamente l’entità delle sanzioni attira l’interesse del mondo sportivo. Ed attira pure una fiumana di giornalisti. Foxboro diventa il centro dell’universo giornalistico sportivo. L’immaginario dei professionisti cartacei si scatena. I Patriots commettono ogni sorta di imbroglio e lo fanno da tempo immemorabile.

Il picco viene raggiunto il 2 febbraio 2008, alla vigilia del Super Bowl XLII, quando sul Boston Herald esce un pezzo in cui si accusa New England di aver filmato l’ultimo allenamento dei St. Louis Rams prima del Super Bowl XXXVI. A parte l’assurdità di filmare quello che è essenzialmente un walkthrough, non vi è alcuna prova o testimonianza che lo confermi. Il 14 maggio 2008 l’Herald si scusa con i Patriots. La storia è falsa, l’articolo un’invenzione. Ma i danni all’immagine della franchigia rimangono. Su Foxboro aleggia stabilmente una nuvola nera.

Pressure test

Per misurare un fenomeno naturale è necessario e prudente ripetere la misurazione più volte possibili ed è pure consigliato farlo con strumenti diversi. Si confrontano poi i risultati con la teoria.

Durante l’intervallo dell’AFC Championship Game della stagione 2014, gli arbitri hanno confiscato i palloni usati dai Patriots per misurarne la pressione. I Colts, gli avversari di quel giorno, avevano apparentemente notato che i palloni dei Patriots sembravano leggermente sgonfi. Da quel momento, complici alcuni giornalisti e sicuramente alcuni membri della NFL, esplode un caso che durerà quasi due anni, che riempirà pagine di giornali e aule di tribunali, che coinvolgerà la lega, il sindacato giocatori e numerosi avvocati, laboratori scientifici e dipartimenti universitari.

L’errore principiale e fondamentale della lega è stato quello di non conoscere le leggi della fisica. Ecco perché il termine ‘Deflategate’ è frutto di semplice ignoranza.

Dal mio libro di quarta liceo, con appunti originali.

Le leggi della fisica avrebbero spiegato immediatamente quello che era successo. La Mona Lisa Vito press conference, la conferenza improvvisata da Belichick il sabato pomeriggio, ad otto giorni dal Super Bowl XLIX, aveva spiegato tutto. Ma la NFL ha voluto cavalcare l’onda dell’ignoranza. Perché?

Senza ritornare su mille argomenti (le fughe di notizie iniziali da parte della lega, l’incompleta ed errata investigazione da parte di Ted Wells costata almeno venti milioni di dollari, i ricorsi alla giustizia ordinaria da parte della NFL), sottolineo solo tre punti cruciali:

  1. La fisica prevede che la pressione dei palloni dei Patriots, per le circostanze ambientali di quella partita, alla fine del primo tempo fosse di 11,31 psi (pounds per square inch). La media delle ventidue misure degli undici palloni, fatte con due strumenti diversi, è stata di 11,30 psi. Bingo!
  2. La NFL per la stagione 2015 ha standardizzato specifiche procedure per la preparazione dei palloni prima delle partite. A campione ha poi controllato fisicamente la pressione dei palloni in alcune partite. Tra queste anche la partita giocata a Foxboro tra Patriots e Titans. Quel giorno, 20 dicembre 2015, c’erano 4.4° C. Le misurazioni sarebbero state comparabili con quelle del 18 gennaio 2015, il giorno dell’AFC Championship Game, quando c’erano 10.6° C, ed avrebbero potuto chiarire molte cose su tutta la storia. Stiamo tutti attendendo i risultati, ma la NFL non li vuole pubblicare!
  3. Il 4 dicembre 2016 a Pittsburgh si è giocata Steelers-Giants. Ad inizio partita c’erano 4.0° C. Durante la partita i Giants hanno preso due palloni degli Steelers e li hanno misurati: 11,40 ed 11,80 psi, pressioni sotto il limite consentito, ovviamente. La NFL, secondo le parole del commissioner Roger Goodell, ha seguito correttamente tutte le procedure e quindi nessuna penalità è stata inferta agli Steelers. Resta una domanda, appunto, cruciale: se tutte le procedure era state seguite alla lettera, perché i palloni erano sgonfi?

È evidente che la NFL non vuole rivelare più alcun dato scientifico. A New England si punta il dito contro Jeff Pash. Pash è alla NFL dal 1997. Attualmente il suo titolo è Executive Vice President, è il principale consigliere legale della lega, sovraintende alle regole sui rapporti contrattuali con i giocatori, alla sicurezza e agli audit interni. Pash non è un incompetente, tutt’altro, viene dalla prestigiosa Harvard Law School, ma forse non conosce bene la fisica e forse ha un problema con i Patriots. D’altra parte da uno che tifa per i Winnipeg Blue Bombers, a qualunque lega essi appartengano, non ci si può aspettare troppo.

MHK

Myra aveva capito subito che c’era qualcosa che non andava. Lo aveva detto a Bob ed insieme avevano visto gli specialisti migliori, gli ospedali migliori. Boston è zeppa di ottimi ospedali, di medici eccezionali e di cure all’avanguardia. Ma era stato impossibile fermare la malattia. Bob era stato al suo fianco, per tutto il tempo.

E poi aveva suonato il telefono. Myra, lo si capiva, era vicina all’addio.

“Bob, vieni a New York, siamo bloccati. Non vediamo vie d’uscita. ”

“Roger, sono da Myra” con un filo di voce, “Se ne sta andando…”

“Bob, capisco, ma…”

È il luglio 2011. Robert Kraft, il proprietario dei New England Patriots dal 1994, lascia la moglie Myra sul letto di morte. Vola a New York al quartier generale della NFL. I proprietari hanno fatto la “serrata”. Hanno chiuso i campi di allenamenti, le palestre e le sedi delle franchigie. Kraft viene chiamato per risolvere la crisi tra i giocatori, rappresentati dal sindacato, NFLPA, che si è de-certificato per forzare la mano ai proprietari ed i proprietari stessi.

Dopo che l’accordo fu trovato, il centro degli Indianapolis Colts, Jeff Saturday, disse di Kraft: “without him, this deal does not get done… He is a man who helped us save football.”

Myra muore il 20 luglio, l’accordo tra NFL e NFLPA viene trovato il 25. Quando fai parte di un club, ristretto e riservato, ma allo stesso tempo pubblico, come la NFL, alle volte la famiglia e la franchigia, vengono dopo nelle tue priorità. Forse lo possono capire solo in 32, anzi probabilmente molti meno di 32.

Wes Welker e compagni dei Patriots nel gennaio 2012 con la patch MHK sulla maglia.

A Bob si può rimproverare molto poco. E non parlo dei tifosi dei Patriots che ovviamente dovrebbero adorarlo per come ha trasformato la franchigia, ma soprattutto di tutti i tifosi della NFL e dello sport in generale. E non è questione di eroismo, ma di passione e voglia di fare.

Birdseed

Stavo guardando Celtics-Warriors e a metà del terzo quarto i due telecronisti della ESPN si mettono a parlare di Brady…

“Lo sai, Brady non mangia nulla. Non mangia una patatina fritta da quindici anni, non beve una Coca Cola da secoli. Sulla tavola è tutto senza glutine, senza lattosio, senza zucchero. Così pure fa la moglie…” La moglie è la top model brasiliana Gisele Bunchen, e così pure fanno i tre figli, che, immagino io, ogni tanto forse si lamenteranno. Ma non sanno che la loro salute ne gioverà.

Avrà 40 anni il prossimo 3 agosto, ma il suo fisico dice 30. Questa forma fisica eccezionale unita ad una conoscenza del gioco che è stata raffinata negli anni, hanno portato Brady ad essere il miglior giocatore di tutti i tempi. È uno dei modi migliori per vincere. Essere in forma fisica ancora ottimale quando la tua conoscenza del gioco ha raggiunto livelli estremamente alti. Mettere in campo il migliore paga. Brady ha più vittorie di tutti come quarterback. Ha una serie infinita di record, di titoli e di trofei che lui non guarda mai. Lui guarda l’orologio ed alle otto della sera (alle dieci e mezzo se c’è Aaron Rodgers alla tele) si corica. Alle sei del mattino è a Foxboro ad allenarsi, a studiare gli avversari, a guardare video, foto e a memorizzare le difese avversarie.

Brady non alza mai il piede dal pedale dell’acceleratore. Ha vinto cinque Super Bowl, è stato quattro volte MVP della finale e due volte dell’intera lega. Ma sembra non essersi mai dimenticato di essere stato scelto con il numero 199 al draft.

La neve

Anche Rich Gannon ha un record tutto suo. Nel Super Bowl XXXVII Gannon ha lanciato cinque intercetti, meglio (o forse peggio) di tutti nella storia. Gannon giocava per gli Oakland Raiders che avrebbero dovuto vendicare il presunto imbroglio della “tuck rule”.

Nel playoff divisionale della stagione precedente, il 2001, Charles Woodson di Oakland placcò Brady con meno di due minuti sul cronometro ed i Raiders in vantaggio 13-10. La palla fu recuperata da Greg Biekert. Rivedendo l’azione gli arbitri decisero correttamente di applicare la regola che prevedeva che…

NFL Rule 3, Section 22, Article 2, Note 2. When [an offensive] player is holding the ball to pass it forward, any intentional forward movement of his arm starts a forward pass, even if the player loses possession of the ball as he is attempting to tuck it back toward his body.

Walt Coleman, spiegando la decisione al pubblico, in mezzo alla tormenta di neve che si stava abbattendo sulla East Coast, si espresse male dicendo che la palla si stava muovendo in avanti. In realtà era il braccio di Brady che si stava muovendo verso il corpo, ma l’azione era considerabile un passaggio e come da regolamento, una volta che il pallone tocca terra diventa un incompleto.

La regola, in vigore dal 1999 al 2013, era già stata applicata nella Week 2 della stessa stagione. Ed aveva vanificato un sack con fumble proprio dei Patriots, contro i Jets. I Jets avevano pertanto mantenuto il possesso della palla, pareggiato la partita con un FG e poi vinto per 10-3. Era la partita, 23 settembre 2001, in cui Mo Lewis mise fuori uso Drew Bledsoe e diede a Brady la possibilità di diventare quarterback titolare.

Nel tempo la narrativa e la leggenda attorno alla partita contro Oakland è cresciuta e si è modificata. Questo non toglie che, immediatamente dopo il Super Bowl perso, i Raiders sono andati 4-12, 5-11, 4-12, 2-14, 5-11 e 5-11; complessivamente 56-136 fino all’arrivo di Jack Del Rio. L’errore non fu quello degli arbitri, ma fu quello dei Raiders: perdere Jon Gruden come head coach perché il proprietario voleva un attacco verticale, qualunque cosa ciò significasse. Gruden ad Oakland era andato 8-8, 8-8, 12-4 e 10-6 (dal 1998 al 2001). Nella stagione successiva Gruden vinse il Super Bowl XXXVII con i suoi Tampa Bay Buccaneers intercettando cinque volte Gannon che forse era andato troppo spesso verticale.

Nello stesso tempo i Patriots sono andati decisamente meglio. Hanno letteralmente dominato la NFL. Non sarebbe serio fermarsi su singoli episodi. Quattordici titoli divisionali in sedici stagioni stanno lì a dimostrarlo.

89 = 33 + 62 + 150: la matematica della War Room

Uno dei metodi per dare un valore a ciascuna scelta nel draft NFL è una tabella chiamata Approximate Value Draft Chart. A ciascuna scelta è assegnato un valore; ad esempio la prima scelta assoluta ha un valore di 34,6, la seconda di 30,2, la prima scelta del secondo giro (la 33esima) di 12,3 e così via. È anche un metodo che alcune squadre utilizzano per valutare gli scambi. Nei giorni del draft accade spesso che una squadra voglia salire nell’ordine di scelta per accaparrarsi un giocatore che desidera. Ed il metodo migliore per farlo è scambiare scelte con un’altra franchigia. Ad esempio durante il draft 2009 New England ha mandato la propria terza scelta (la 89esima) a Tennessee affinché i Titans potessero scegliere Jared Cook. I Titans mandarono in cambio ai Patriots la loro seconda scelta del 2010 (che sarebbe diventata la 47esima assoluta). Durante il draft 2010 New England mandò la 47esima agli Arizona Cardinals per la 58esima e la 89esima. Qualunque chart vogliamo usare abbiamo già l’apparizione dal nulla della 58esima scelta, seppur con un anno di ritardo. I Cardinals scelsero Daryl Washington. Belichick mandò a Houston la 58esima scelta per la 62esima (dove prese Brandon Spikes) e la 150esima (Zoltan Mesko) dei Texans. Scambiò anche la 89esima. La mandò a Carolina (il GM era Marty Hurney) che prese Armanti Edwards. I Panthers in cambio mandarono a Foxboro il loro secondo giro del 2011 (33esima) che i Patriots sprecarono per Ras-I Dowling. Anche Belichick sbaglia! Ma rimane la sostanza di aver trasformato una scelta in tre, di cui due molto più alte.

Secondo calcoli che ritengo accurati i Patriots hanno completato 48 scambi di sole scelte durante la gestione di Belichick a New England. Sommando il valore aggiunto acquistato da Belichick si ottengono 80,6 punti che equivalgono ad una prima scelta assoluta, una seconda scelta assoluta e pure la diciannovesima scelta oppure, in altri termini, è come avere ogni anno, per quindici stagioni, la 99esima scelta al draft gratuitamente.

Allo stesso modo le 25 scelte di compensazione recuperate da Belichick per aver perso numerosi free agent hanno accumulato un valore di 32,6 punti. Ovverosia qualcosa compreso tra la prima e la seconda scelta assoluta. Tutto ciò in realtà viene distribuito negli anni e produce decine di giocatori soprattutto al terzo e quarto giro, da dove sono venuti, per citare solo esempi recenti, Trey Flowers e Malcolm Mitchell.

“This isn’t about deflating balls. … It’s an issue of if there is a culture of cheating at the organization that most people look at as the gold standard in this league. Is there a culture of cheating and breaking the rules?”

“And I can’t prove anything, and that’s why I’m very angry.”

Sono parole dell’ex GM dei Carolina Panthers, quello che ha dato a Belichick la 33 per la 89! Però lui accusa Belichick, ma non può provare nulla. E per questo è molto adirato. Non però per aver regalato 56 posizioni al draft. Alle volte l’importante è davvero aprire la bocca. O scrivere un tweet. La verità è secondaria.

A tutti i livelli ormai…

“The president just has a great nose for these things. Even if it turns out not to be true that they surveilled Trump Tower, he will have a very good point to make about the level of sabotage coming from Obama holdovers.”

Testuali parole di un funzionario della Casa Bianca riguardo ad una frase twittata da Donald Trump.

Una volta pubblicato l’articolo del Boston Herald fu rilanciato, citato e riprodotto da 300,000 fonti di informazioni. Quando l’Herald scrisse che aveva scritto una notizia falsa, la rettifica venne riportata da una sessantina di pubblicazioni.

La guerra dei trent’anni

Mi ha sempre affascinato la coincidenza che vede l’università di Harvard sorgere in una cittadina (comunque parte integrante di Boston) chiamata Cambridge. Cambridge scritta esattamente come uno dei due più famosi atenei inglesi. L’altro è ovviamente Oxford. Ed in effetti il filosofo inglese John L. Austin è un oxfordiano. Austin, abbastanza sconosciuto ai più, è stato una delle chiavi per la vittoria alleata sul nazismo nella Seconda Guerra Mondiale. Austin lavorava infatti per l’Intelligence britannica.

Prima dello sbarco in Normandia Austin consegnò alle truppe pronte all’invasione un libretto argutamente intitolato Invademecum. Su di esso erano indicate 56 delle 58 postazioni tedesche che avrebbero “accolto” l’arrivo alleato sulle spiagge della Normandia. Austin, per mesi, aveva analizzato, studiato ed interpretato le foto aeree che l’aviazione britannica scattava durante i voli di ricognizione sopra ed oltre il canale della Manica lungo la costa francese.

Il libretto, secondo gli storici, salvò migliaia di vite umane. Ovviamente il contributo di Austin fu determinante durante tutto lo svolgimento del conflitto, ma il segno che lasciò nel D-Day fu assolutamente indelebile.

L’Austin dei Patriots si chiama Ernie Adams. Adams e Belichick si conoscono dal 1970. Si sorpresero l’uno dell’altro quando Ernie disse a Bill che aveva letto il libro che suo padre, Steve Belichick, aveva scritto: “Football Scouting Methods”. Quel libro aveva venduto 400 copie: 399 a scout professionisti ed una al quattordicenne Ernie.

Ernie ha seguito Bill praticamente ovunque egli si sia accasato. Ma Ernie ha sempre tenuto un profilo estremamente basso. Addirittura di lui vi sono pochissime foto. Quando Belichick era assistente ai Giants, Ernie era con lui, ma neppure Bill Parcells, a quel tempo head coach di New York, se lo ricorda. “Ernie Adams? Mai sentito.” disse Parcells anni fa.

Una delle rare foto che ritrae insieme Ernie Adams e Bill Belichick.

A sua volta il proprietario dei Cleveland Browns, Art Modell, quando Belichick era capo allenatore, offrì diecimila dollari a chi gli avesse detto quale lavoro facesse Adams per la franchigia. Lui gli pagava lo stipendio ma non sapeva esattamente per che cosa lo facesse. Nessuno seppe rispondere.

Recentemente, durante una riunione tecnica ai Patriots, è apparsa sullo schermo la foto di Ernie con la dicitura “What does this man do?” e tutti i giocatori sono scoppiati in una grossa risata. Ma nessuno si è avventurato a rispondere.

Di certo sappiamo solo che Ernie è un grande appassionato di storia, sa chi è Wally Pipp (ed ora lo sa anche Wes Welker), sa tutto di Magellano, Winston Churchill e JFK, guarda tantissimo football, ha una memoria di ferro e che da trent’anni vive nelle cuffie di Belichick.

California Dreamin’

I tre enormi difensori dei Dallas Cowboys stavano convergendo rapidamente su quel giocatore con la palla in mano. Lo riconoscevi dal naso che quasi spuntava fuori dal casco. Stava scappando verso la linea laterale, guardava, indietreggiava, guardava, era in trappola. Una finta fece saltare a vuoto Ed ‘Too Tall’ Jones, ma Larry Bethea e D.D. Lewis erano ormai sopra di lui. Alzò una palombella impossibile. Le immagini televisive sono spettacolari seppur offuscate dalle riprese non certo HD dei primi anni Ottanta. Da dietro la end zone si vede lo stadio, poi uno spicchio di cielo grigio-azzurro e la palla che ruota. Spirale imperfetta. La palla. Da sola. E poi improvvisamente un flash rosso, salta altissimo. È Dwight Clark. Vola, afferra l’ovale, si inarca, tocca terra. Semplicemente ‘The Catch’.

Brady aveva quattro anni nel 1981 ed era con la mamma sulle tribune di Candlestick Park quando Clark completò quella storica ricezione. La palla era stata lanciata da Joe Montana che era il quarterback, che il piccolo Tom voleva emulare. I San Francisco 49ers erano la squadra per la quale voleva giocare. I Brady vivevano a San Mateo, California, dove Brady ha frequentato la Junipero Serra High School, il cui campo da football dista circa 28 km da Candlestick Park, ora chiuso. Quei 49ers cominciarono una dinastia che avrebbe vinto cinque volte il Super Bowl dal 1981 al 1994.

Dinastia, una parola che fece rabbrividire la NFL. E così la lega intervenne. Bisognava impedire che qualcuno diventasse troppo forte, che qualche franchigia prendesse in ostaggio la lega. E proprio nel 1994 fu introdotto il salary cap: mai più 49ers, mai più Cowboys, mai più nessuno a dominare anno dopo anno.

Vincere

Vincere nel football è estremamente difficile. Ci vuole coraggio e disciplina, intelligenza e cuore, astuzia e talento. In questi decenni ho capito che soprattutto ci vogliono 53 giocatori che possano fare tante cose diverse e che può essere controproducente avere delle presunte stelle che costano parecchio. Stelle che hanno degli alti picchi di rendimento molto brevi e delle valli di appannamento troppo lunghe e non colmabili. La filosofia dei Patriots in questi anni è stata quella dell’avanti il prossimo. Hanno superato cali di forma, infortuni devastanti, firme di giocatori-icona con squadre rivali per contratti multimilionari, addirittura un arresto (con annesso ergastolo) per omicidio. Ma il giocatore che doveva prendere il posto dell’assente si è sempre fatto trovare pronto. La chiave è flessibilità. Flessibilità tecnica, tattica ed economica. Tecnica nei giocatori, tattica nel play book ed anche economica proprio a causa del salary cap. È infatti impossibile “tenere” tutti anche dopo una stagione vincente. I sacrifici sono necessari, i nomi ed il destino di Chandler Jones e Jamie Collins sono lì a testimoniarlo. Vincere è difficile soprattutto quando spariscono continuamente alcuni pezzi.

Ma allora perché non solo vincono, ma continuano a vincere? Perché nell’era della parity i New England Patriots in sedici anni sono riusciti ad approdare per undici volte all’AFC Championship Game, per sette volte al Super Bowl vincendone cinque? È merito delle scelte o degli scambi di giocatori? È merito della filosofia ‘Do Your Job!’ o del ‘Next man up’? O della straordinaria forza mentale che i giocatori dei Patriots hanno dimostrato innumerevoli volte? Sono le ore passate ad analizzare le squadre avversarie? O le settimane di preparazione e di allenamento dal caldo soffocante di luglio alla neve ed al gelo di gennaio? Oppure è il play book infinito con chiamate innovative ed inaspettate, con allineamenti difensivi usati una sola volta in tutta la stagione?

Brady e Belichick alla fine del Super Bowl LI, dopo la rimonta di 25 punti contro gli Atlanta Falcons, nella più grande partita della storia dello sport.

La risposta non è affatto un mistero. Metti insieme il più grande allenatore della storia ed il più grande giocatore della storia ed il gioco è fatto!

We die containing a richness of lovers and tribes, tastes we have swallowed, bodies we have plunged into and swum up as if rivers of wisdom, characters we have climbed into as if trees, fears we have hidden in as if caves. I wish for all this to be marked on my body when I am dead. I believe in such cartography – to be marked by nature, not just to label ourselves on a map like the names of rich men and women on buildings. We are communal histories, communal books. We are not owned or monogamous in our taste or experience. (The English Patient)

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Una risposta

  1. azazelli ha detto:

    Avrei evitato il discorso su Spygate e Deflategate, semplicemente perché pur comprendendo le ragioni delle due parti, la “giustizia sportiva” americana ha preso una decisione in merito e va comunque accettata (stesso approccio, da juventino, che ho con i fatti che sono andati sotto al discorso “calciopoli 2006”) anche perché si rischia un batti e ribatti infinito.

    Ad ogni modo il modus operandi sulla gestione della squadra dentro e fuori dal campo da parte dei Patriots è veramente qualcosa di speciale, che ha davvero pochi eguali nell’era del salary cap. Chapeau.

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