Londra 2017 – Apparenza e realtà

Con sospensione dell’incredulità si intende quel particolare processo mentale volontario che permette a chi vede un film, uno spettacolo teatrale o legge un libro o un fumetto di accettare alcuni fatti del tutto illogici e godersi in santa pace lo spettacolo.

Faccio un esempio per farmi capire meglio. Avete presente quando nei film d’azione l’eroe con una sola pistola riesce a eliminare un esercito di mercenari super armati e super addestrati, uscendone con un paio di ferite di striscio, sebbene gli abbiano sparato addosso lo stesso numero di proiettili usati nella seconda guerra mondiale? Bene, e nonostante tutto questo, voi non vi alzate dal cinema per andare a chiedere al direttore del cinema di essere rimborsati dei soldi spesi per il biglietto, ma rimanete comodamente seduti alla vostra poltrona a godervi il film.

Certo perché il nostro cervello possa accettare questa sospensione della realtà e della logica, ci deve essere una minima coerenza di fondo. Il protagonista deve essere un esperto di armi e non il primo che passa; qualche feritina deve esserci (mai mortale ovvio) e, alla fine, magari si scopre, sorpresa sorpresa ,che indossa un giubbotto antiproiettile e poco importa che lo abbiano anche gli altri, ma a loro non serva a niente. Se non c’è coerenza e il nostro vince perché a un certo punto, senza nessuna premessa plausibile, si mette a volare, ecco che la sospensione viene meno e voi giustamente vi incazzate per essere stati presi per il culo.

Crediamoci!

Ora, dopo questa lunga premessa vi chiederete che cazzo c’entra una figura creata per la letteratura e le arti visive in genere con lo sport, che è l’argomento trattato in questo magnifico sito, gestito da sua santità, generosità e suprema bellezza: Francesco Ciavattini (se gli aveste promesso di portare a termine una serie di articoli e per 2 anni ve lo foste “dimenticati”, lo chiamereste così anche voi). Nulla apparentemente, ma in realtà tutto, perché il tifoso sportivo vive da decenni nella più totale e assoluta sospensione della incredulità che si possa immaginare al cui confronto bersi tutte le boiate della serie Fast and Furious equivale a dire che il sole è caldo.

Lo sportivo passivo, infatti, riesce a credere che il suo idolo possa infortunarsi durante il periodo degli allenamenti saltare tutta la stagione e arrivare all’evento più importante dell’anno (mondiale o olimpiadi che sia) in piena forma, battere tutti senza apparente difficoltà e questo senza neppure essersi mai allenato (era infortunato ricordate?). Oppure continuare a far record su record anche a un’età in cui di solito tutto il resto del parco atleti si ritira a fare il commentatore sportivo. Però, lui è un fenomeno più unico che raro e con questo accettiamo senza farci troppe domande che un ciclista fisicamente inadatto ai grandi giri vinca sette Tour de France di fila o un atleta che fino ai 30 era uno bravo, ma non troppo, improvvisamente diventi il più forte del mondo in una gara di pura energia esplosiva e zero resistenza (rispettivamente Armstrong e Christie, tanto per non fare nomi).

Inoltre, ad aiutarci a credere a questi miracoli sportivi ci sarà sempre l’esperto, il quale spiegherà con dovizia di particolari e termini tecnici astrusi, che l’aumento di massa muscolare, del tutto naturale e avvenuto grazie alla sola abnegazione del campione, sopperisce alla perdita di elasticità grazie a un avveniristico tipo di allenamento e poco importa che dopo qualche tempo si scopra che stranamente quel tipo di allenamento funziona solo sul fenomeno di turno. Noi lo accettiamo dato che è coerente con le premesse (quello è il migliore del mondo, un freak atletico, che si allena con costanza), perché, come nei film, nel teatro o nei fumetti, noi VOGLIAMO crederci per continuare a divertirci seduti sul nostro divano.

Ed è giusto così. Tuttavia esiste anche il rovescio della medaglia: se viene fuori la notizia che l’atleta si è dopato apriti cielo. Quello da fenomeno diventa d’incanto la prima delle merde. Un uomo da fischiare sempre e comunque, anche se, nel frattempo si è ripulito pagando il suo debito con la giustizia sportiva. Ma lui ci ha ingannato e, quindi, va insultato. E questo non è mica tanto giusto, perché siamo onesti, noi lo sapevamo che qualcosa non andava per il verso giusto, ma abbiamo fatto finta di niente. Ok, punirlo, ok, criticarlo e anche insultarlo, se è un pessimo essere umano (doparsi non equivale a essere una merda di essere umano, ricordiamolo), ma teniamo presente che fino a 5 minuti prima eravamo i suoi massimi estimatori, grazie a due enormi fette di prosciutto che noi stessi ci eravamo schiaffati davanti agli occhi. Un minimo di coerenza, suvvia.

Non dico di diventare ipercritici. Se dubitassimo di tutto, tanto varrebbe guardare solo programmi di cucina e rinunciare a seguire qualsiasi sport, perché lo sappiamo che la piaga del doping colpisce tutti gli sport e una buona fetta degli atleti. Per cui come è giusto che sia, andiamo giù di sospensione dell’incredulità a manetta. Guardiamo e facciamo finta di niente, delegando ad altri i controlli, perché a noi basta divertirci tifando per questo o quell’atleta.

Non bisogna, però, esagerare e i Mondiali di Atletica di Londra 2017 dimostrano a quali aberrazioni può portare una sospensione dell’incredulità totalmente acritica. Tra i tanti che hanno partecipato ci sono due atleti che hanno subito un destino opposto, a mio parere ingiustamente.

Non li chiamo per nome per adesso, ma mi limito a raccontare la loro storia. Uno è un campione olimpico venerato. Quando si parla di lui si citano i grandissimi fuoriclasse del passato, fenomeni che hanno scritto letteralmente la storia della loro disciplina a colpi di record e vittorie memorabili. Un campione assoluto che appena entra in pista viene subissato di osanna e applausi. L’altro protagonista di questa storia è ugualmente un campione olimpico, ma è stato sospeso per doping. Ha pagato il suo debito ed è tornato a gareggiare ad altissimi livelli perché, doping o non doping, questo è forte per davvero. Lui però è insultato sommerso dai buuuuu del pubblico a ogni uscita, anche solo quando lo inquadrano nel campo di riscaldamento. Lui è il male assoluto, insomma.

Ora forse avete capito di chi parlo o forse no, ma andiamo avanti.

Partiamo dal cattivo.

È stato sospeso per 2 anni (poi ridotto a uno) per uso di anfetamine e a 8 anni (poi ridotti a 4) per uso di testosterone e recidiva. Quindi ci troviamo di fronte a un imbroglione seriale, sembra giusto insultarlo a più non posso. Avrebbero dovuto bannarlo a vita da qualsiasi competizione sportiva e cancellare il suo nome da qualsiasi albo d’oro, altroché.

Certo certo, però, perché non proviamo ad approfondire? No, non basta guardare su wikipedia perché come spesso capita riporta i fatti, ma non li approfondisce. È un bignami della cultura e nulla più.

Al nostro cattivo, fin da quando aveva 9 anni e non pensava nemmeno lontanamente a diventare un atleta, è stato diagnosticato un deficit cognitivo. Quando aveva 14 anni gli viene, quindi, prescritta una medicina contenente dell’anfetamina, circostanza questa che lo distingue da quelli che scoprono di avere problemi vari solo quando diventano atleti famosi, vero Sharapova con il Meldonium?

Per quanto riguarda le anfetamine contenute nella medicina del nostro cattivo, le regole sportive non ne vietano l’uso a priori, se giustificato da motivi medici, lo vietano solo durante i giorni delle gare. Quindi, il nostro cattivo a 3 giorni dalle competizioni smetteva di prendere la medicina, che aveva regolarmente comunicato di assumere ai dottori del gruppo sportivo a cui apparteneva (tutto fatto alla luce del sole, dunque). Capita che in occasione di una gara gli facciano per due giorni di fila dei test dai quali emerge la presenza dell’anfetamina nel sangue. Il primo giorno un tasso più alto e il secondo più basso, come se il corpo lo stesse smaltendo e non che ne fosse saturato al chiaro scopo di vincere la gara illecitamente. La commissione che deve decidere del caso condanna il cattivo, perché per questa sostanza c’è una responsabilità oggettiva: se ce l’hai in corpo sei condannato a prescindere da qualsiasi motivo (tranne che qualcuno te l’abbia iniettata a tua insaputa, ovvio).

Bene il nostro cattivo è così cattivo che nella sentenza la commissione ritiene doveroso scrivere a chiare lettere che l’atleta in questione è onesto, che non ha barato, che non aveva inteso in nessun modo barare e che nessuno (leggasi giornalisti e addetti a lavori) dovrebbe insinuare diversamente.

Data la situazione il ragazzo fa ricorso e gli riducono la pena. Lui torna a gareggiare eguaglia un record del mondo vince le olimpiadi e tutto sembra perfetto.

Successivamente in un altro test (1 su 34 a cui lui fino ad allora si era sottoposto), riporta tracce di testosterone. Lui e il suo allenatore si difendono dicendo che il testosterone gli è stato somministrato a sua insaputa da un massaggiatore attraverso una crema (stile Balco: la casa che produceva la crema dopante usata da Marion Jones e dai giocatori di baseball del periodo d’oro degli steroidi). Secondo questa ricostruzione il massaggiatore con cui c’era in atto una disputa finanziaria sapendo di essere sul punto di essere licenziato (cosa che nel frattempo in effetti era avvenuta) si era vendicato usando la crema contenente sostanzi dopanti.

La commissione di indagine, pur trovando più che plausibile che le cose fossero andate in quel modo e ritenendo il cattivo sincero nelle sue esplicazioni, lo condannò, perché come riportato nella sentenza il cattivo non aveva fornito prove concrete di questo sabotaggio. Ricordo che nelle indagine sul doping al contrario di un normale processo in cui l’accusa deve dimostrare la colpevolezza dell’indagato, nei procedimenti per doping basati sui risultati dei test è l’indagato che deve provare la propria innocenza cosa ben più difficile.

In realtà, sebbene non sia scritto esplicitamente nella sentenza uno, se non il principale, motivo per cui fu condannato è che l’allenatore del nostro aveva avuto già altri atleti condannati per doping per cui i giudici in assenza di prove certe nella loro testa propendevano per la colpevolezza.

Voglio sottolineare che il non così cattivo successivamente collaborò anche con l’FBI e l’IRS per le indagini sul caso Balco per quanto non ne fosse coinvolto, addirittura fino al punto di indossare dei microfoni nascosti. Quindi, ha pure dato una mano attiva alla lotta contro il doping. Non il pessimo figuro che alcuni giornalisti dipingono.

Ora personalmente penso che lui si dopasse, come l’hanno pensato i giudici. Tra colpevolezza e innocenza per quanto plausibile fosse l’idea del sabotaggio, era più probabile che si fosse dopato. Certo la sua era una storia più plausibile di una bistecca con anabolizzanti o di una cura per la perdita di capelli o di aver bevuto per sbaglio un bicchiere di medicine della moglie incinta (tutte giustificazioni realmente utilizzate), ma senza prove arriva la condanna. Grazie e arrivederci.

Nel complesso, però, non sembra questo gran baro. Insomma, una volta era stato condannato per quanto innocente per una responsabilità oggettiva e poi ha anche collaborato per combattere il doping. Abbiamo visto casi ben peggiori. Diciamocelo. Sembra assurdo che lui venga fischiato da un intero stadio quando atleti che hanno lo stesso percorso una volta tornati a gareggiare e vincere sono osannati? I nomi fateli voi…

Chiarita la vera storia del cattivo, quella che i giornalisti nella stragrande maggioranza dei casi non raccontano, passiamo al buono.

Lui non è mai stato condannato. È il buono ovvio, direte voi. Ecco le cose non stanno proprio così. Primo il nostro al contrario del cattivo ha saltato due controlli a sorpresa. Come sapete gli atleti devono essere sempre reperibili per poter essere sottoposti a questi controlli. Non possono scomparire nel nulla, perché quel nulla puzzerebbe di clinica dopante. Ebbene, nel caso del secondo test a sorpresa saltato, avvenuto nel 2011, la vicenda ha avuto una giustificazione alquanto ridicola. Un giorno in cui doveva trovarsi a casa gli ispettori si presentano per i test di rito, ma nessuno apre loro. Il buono risponde successivamente di non aver sentito il campanello perché ha un suono troppo basso; mica era colpa sua, ovvio.

Ancora, nel 2014 il buono viene sottoposto a cure con medicine che contengono sostanze qualificate dopanti dalla federazione mondiale, perché in base a un referto medico avrebbe avuto un malore con sintomi simili a un infarto nella camera d’albergo dove alloggiava. Tutto regolare in apparenza. Se uno sta male non puoi vietarli le medicine solo perché hanno effetti dopanti. E poi è tutto documentato, mica cercava di barare.

Abbandoniamo la sospensione dell’incredulità e riflettiamoci meglio. Il nostro campione è un fuoriclasse delle discipline di resistenza; quelle che se ci prova uno con un cuore normale senza allenamento l’infarto lo prende dopo il primo giro di pista. Lui ha un cuore di titanio modello pistone della Ferrari per cui suona strano un quasi infarto. Almeno non alla sua età. Più avanti, dopo aver spremuto quel gioiello cardiaco che si ritrova ben oltre i limiti della gente comune, ci sta che abbia dei problemi, ma adesso? I dubbi ci sono, anche perché dopo ha continuato a vincere e dominare in lungo e in largo senza difficoltà. Se noi volessimo pensare male questo evento si potrebbe leggere o come una scusa per avere iniettate legalmente sostanze già presenti nel suo corpo e che in caso di controllo non avrebbe potuto giustificare in altro modo; oppure, il quasi infarto c’è stato, ma dato che come detto il resto della carriera è la lampante dimostrazione che il cuore del buono (o quasi) è perfetto, c’erano motivi artificiali che hanno portato a quei problemi cardiaci, tipo un sangue troppo denso evidente indizio di EPO.

Aggiungiamo anche il fatto che l’allenatore del buono, quello che lo affianca da quando da ottimo atleta si è trasformato in vero fenomeno, di quelli che nascono una volta per generazione, è da anni indagato dall’agenzia americana contro il doping. In base alla ricostruzione dell’FBI che si occupa delle indagini, l’allenatore ha capito come aggirare il sistema antidoping senza conseguenze. Se avete visto il film “Smetto quando voglio” potete già immaginare il semplice trucco che ha messo in opera. Lui cerca sostanze mediche che producono gli effetti di quelle vietate pur non essendo ancora indicate nella lista delle sostanze dopanti. Un’idea semplice e geniale. Così ad esempio spinge i suoi atleti a prendere medicine legali per la tiroide pur non avendo problemi di tiroide e nel caso qualcuno sospettasse qualcosa basta un medico compiacente, che attesta l’esistenza di quella malattia e il gioco è fatto.

Sembra incredibile, ma tra i corridori delle lunghe distanze i problemi alla tiroide hanno un’incidenza molto più alta che nel resto della popolazione. La sostanza preferita dall’allenatore al momento si chiama L-Carnitina; sostanza legalissima usata in moltissimi integratori che secondo alcuni dovrebbe produrre se assunta in dosi massicce effetti incredibili sia per la resistenza che in fase di recupero dallo sforzo con miglioramenti fino al 10% delle prestazioni. In un mondo che si decide a livello di secondi se non di centesimi, una vera manna.

Ora l’antidoping non ha ancora deciso se sia una sostanza dopante o meno. Bisogna fare studi e avere conferme per vedere se effettivamente altera le prestazioni. Roba che porta via anni. Nel frattempo l’antidoping ha potuto solo porre un limite di assunzione: un tot in un tot ore.

L’allenatore, invece, l’ha provata, ha avuto ottimi risultati e non dovendo avere il via libera di federazioni o studi pluriennali di qualche università ha iniziato a utilizzarla in maniera massiccia. Al punto da contattare a suo tempo tale Lance Armstrong promettendogli miracoli in fatto di risultati. Purtroppo Lance non l’ha potuta usare perché beccato prima con le mani nelle pastiglie. Che peccato.

Ci sono dei limiti nell’assunzione si era detto, ma come fai a verificarli? Si tiene un registro dove riporti ogni quante volte l’atleta assume quella sostanza, peccato che a compilarlo ci pensi l’allenatore o il medico scelto dall’allenatore, mica un terzo obbiettivo. Certo a volte si commette qualche errore nella compilazione, ma non si può darne colpa all’atleta. Mica gli toccherà compilare pure i moduli mentre ha una flebo nel braccio?

Se è vero che usare sostanze di per sé non vietate, a stretto diritto non vuol dire infrangere le regole è altrettanto vero che si tratta comunque di un modo per aggirarle quelle regole, quindi è un modo per imbrogliare. Peraltro se superi anche i limiti imposti o prescrivi i medicinali leciti a gente che non necessita di quelle cure quello è imbrogliare al cento per cento. Però, per come funziona il sistema sportivo mondiale l’allenatore se la sta cavando alla grande (al momento lavora alle strette dipendenze di un colosso manifatturiero che lo paga per tirare su atleti di fama mondiale per le sue scarpe, fa da consulente esterno alla federazione inglese di atletica ed è amicissimo del presidente della IAAF).

Se la cava anche il nostro buono che sorpreso a usare la suddetta sostanza in modo irregolare (superato il tot concesso) non ha subito alcuna sanzione, perché il medico che l’ha inoculata ha detto di aver sbagliato a tenere i registri e, quindi, si è assunto ogni responsabilità, salvandogli il fondoschiena.

Infatti, non avendo fallito alcun test antidoping (e come potrebbe se la sostanza non è vietata, ma è vietata la modalità di assunzione che non può essere verificata a posteriori?) lui risulta pulitissimo e spetta all’accusa provare le sue colpe cosa piuttosto difficile, se non impossibile.

Ora grazie alla sospensione dell’incredulità dato che il buono non è mai stato condannato, noi possiamo ancora esaltarci, mentre lo vediamo vincere alla grande, battendo tutti gli altri avversari senza apparente sforzo: gara indimenticabile, vittoria del cuore e della volontà e luoghi comuni vari. Viceversa il cattivo, il quale ai mondiali ha vinto una gara storica, viene fischiato perché lui è il cattivo. Eppure qual è la differenza fra i due? È formale, ma non sembra sostanziale, perché per tutto quanto appena riportato sembra arduo credere all’innocenza del buono. Questa sottile differenza tecnica (condanna e non condanna) però permette al nostro cervello che, volutamente ignora tutti gli indizi di cui sopra, di credere che il buono vinca solo per propri meriti e di assistere alle gesta di un vero autentico campione non solo a livello fisico, ma anche a livello morale.

Per concludere, la sospensione dell’incredulità opera splendidamente nel mondo dello sport grazie alla volontà, da parte del tifoso di sospendere le proprie facoltà critiche allo scopo di ignorare le incongruenze secondarie e godere di un gesto atletico.

Però, dobbiamo esserne consapevoli, come siamo consapevoli che quello che vediamo al cinema è solo un film e l’attore, che interpreta l’eroe, nella realtà morirebbe probabilmente al primo sparo. Come nella realtà dunque non tutti quelli che sembrano buoni sono veramente buoni e anche negli apparenti cattivi si può trovare molto di positivo.

Ah, dimenticavo, se non si era capito, il cattivo non così cattivo è Justin Gatlin che, come i sospesi per doping che al rientro hanno continuato a vincere, quali ad esempio Alberto Contador, la Efimova, Sun Yang, il vincitore del salto in lungo ai mondiali di Londra 2017 Luvo Manyonga e tanti altri, meritava i nostri applausi a prescindere, quando ha vinto i 100 metri.

Il buono, invece, è il plurivincitore olimpico e mondiale Mo Farah osannato e applaudito da tutti, ma forse i fischi lui non li sentirebbe, dopotutto è un po’ sordo come dimostra il fatto che non riesce a sentire il campanello di casa. Per pura completezza il suo allenatore, che lavora per una squadra di proprietà della Nike, si chiama Alberto Salazar, grandissimo amico di Sebastian Coe, il presidente della IAAF, quello infastidito dalla vittoria di Gatlin perché non manda il messaggio giusto sull’atletica. Pensa te. Salazar allena anche Galen Rupp, atleta bianco, che a sorpresa ha interrotto i soliti podi africani arrivando secondo nei 10mila metri alle Olimpiadi di Londra dietro a Mo Farah e vincendo il bronzo nella maratona a Rio… coinvolto con lo stesso Salazar nelle indagini dell’FBI per uso di testosterone.

alvise

Mi piace lo sport, ma soprattutto mi piacciono le storie.

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