LBA Frecciarossa Final Eight 2024: il capolavoro di Milicic e la grande vittoria di Napoli

di Michele Longo (Vox&One podcast)

La LBA Frecciarossa Final Eight 2024 è stata un grande successo sotto tutti i punti di vista. Dal lato sportivo con la vittoria a sorpresa della Generazione Vincente Napoli; da quello del pubblico con oltre 40mila biglietti venduti, un sold out nel weekend e una più che buona presenza di pubblico sia per i quarti di finale giocati mercoledì e giovedì, sia per le partite della LBF che ha disputato la Final Four di Coppa Italia contestualmente alle finali maschili. Infine, lo è stato anche dal punto di vista degli eventi collaterali, con tante attività ed eventi che hanno costellato la cinque giorni torinese. Complimenti a Legabasket che ha saputo anche coinvolgere le vecchie glorie LBA come Dino Meneghin, Sandro Gamba, Antonello Riva (a cui saranno intitolati i premi LBA per MVP, Coach of the Year e Top Scorer), Walter Maginfico, oltre alla generazione degli eroi di Atena Pozzecco, Basile e Galanda.

Quello che però conta di più per tifosi e appassionati è sicuramente l’aspetto sportivo e, anche in questo caso, la Final Eight si è confermata la competizione più pazza e imprevedibile che esista nello sport. Un minitorneo basato su partite secche in cui i budget si azzerano ed entrano in campo altri fattori, cosa che tante volte favorisce le meno accreditate.

L’anno scorso fu la volta di Brescia, qualificata da ottava, questo invece è stato l’anno di Napoli che si era qualificata da settima. Ma come ha fatto Napoli a compiere il miracolo? I motivi sono tanti, ma in questo torneo la maggior parte dei meriti va sicuramente data a quel drago seduto (per modo di dire) in panchina: Igor Milicic.

Il coach croato di cittadinanza polacca è stato quello che ha interpretato e letto meglio le partite, con intuizioni da allenatore esperto e mosse che hanno messo in crisi rivali molto più accreditati di lui.

Partiamo dal match contro Brescia contro cui, non più di due settimane fa, aveva malamente perso in una partita finita già alla fine del primo quarto. Tutti si aspettavano dei cambiamenti, ma nessuno avrebbe mai potuto pensare allo stravolgimento del quintetto base per 3/5. L’idea principale era che Milicic andasse small ball, cercando una zona press in grado di rallentare l’attacco bresciano, evitare le transizioni, forzare errori ed evitare di attaccarli a difesa schierata. Milicic lo ha fatto, ma nel modo che nessuno si aspettava. È andato small ball con De Nicolao in quintetto e Sokolowski da 4, ma nessuno avrebbe mai scommesso un euro su Mabor Dut Biar in quintetto. Invece Milicic ha avuto coraggio e ha inserito il giovane sud sudanese, scuola Stella Azzurra, per dar fastidio a Bilan ed evitare che lo strapotere fisico potesse mettere in difficoltà Napoli anche a difesa schierata.

Il risultato è stato doppio. Da una parte ha subito bloccato qualsiasi velleità di corsa di Brescia e ha tenuto il punteggio in equilibrio nei primi e delicatissimi minuti; dall’altra ha mandato in malora il piano partita e le rotazioni di Magro, con Akele messo in quintetto per contrastare Zubcic, salvo constatare poi che il croato avrebbe fatto parte della second unit. 

Brescia non è mai stata in partita e ha subìto l’inerzia di Napoli senza mai riuscire a mettere il naso davanti, soprattutto nel terzo quarto in cui i partenopei hanno preso il largo e creato ancora più confusione nella testa di Magro (KO tecnico per lui). Il coach bresciano ha lasciato Christon in panchina per tutto l’ultimo quarto, ha provato rotazioni diverse senza però mai dare l’impressione di capirci qualcosa, come da lui stesso ammesso tra le righe in conferenza stampa.

La semifinale contro Reggio Emilia è stata invece una partita in cui Napoli ha faticato non poco e ha avuto la meglio solo quando Chillo, grandi Final Eight le sue, ha commesso il quinto fallo. La versatilità reggiana ha creato molte difficoltà a coach Milicic, ma è stato aiutato dalla serata negativa di Galloway e Weber che praticamente non hanno mai fatto canestro. Il miracoloso recupero negli ultimi secondi grazie alla tripla di Sokolowski ha letteralmente tolto linfa vitale alla già stanchissima Reggio e nel supplementare c’è stata solo una squadra in campo.

La finale contro Milano è stata invece il capolavoro della semplicità. I meneghini avevano dato l’impressione di grande solidità, difesa ritrovata e gli uomini chiave (Shields e Napier su tutti) sembravano in palla. Inoltre, aveva un giorno in più di riposo e non aveva dovuto faticare troppo per avere la meglio su una Trento incerottata e una Venezia sempre più mediocre.

L’impressione era che Messina avesse finalmente trovato la quadra, impostando le partite sulla difesa sull’arco piuttosto che sull’attacco, costringendo gli esterni avversari a penetrare e cadere nel trappolone di centro area presidiato da Melli, Voigtmann, Hines e Mirotic.

Mentre gli altri coach cercavano soluzioni estreme per fermare l’Emporio Armani EA7, tipo la scelta folle di Spahija di regalare tiri aperti con metri di spazio con il grande risultato di prendere 60 punti in un tempo, Milicic non ha fatto nulla di particolare. È tornato a proporre il suo quintetto con Zubcic e Owens titolari, ha alternato zona (una sorta di 212 con Owens perno centrale molto interessante) e marcatura a uomo e poi ha organizzato una difesa semplice, con Sokolowski a togliere fiato a Shields e Brown a fare lo stesso con Napier.

Il risultato è stato che Napier ha giocato una delle partite più brutte dell’ultimo anno e Shields era 0/11 dal campo fino alle due triple da campione con cui quasi regalava la coppa a Milano.

Milano ha avuto i suoi tiri aperti, ma non è mai stata in grado di metterli e sul perché ci si può ragionare per giorni. Una spiegazione l’ha data Messina in conferenza stampa, parlando di mancanza di personalità dei giocatori più esperti, un’altra può essere data dalla difesa di Milicic che non ha mai fatto entrare in ritmo nessuno.

La realtà probabilmente sta in mezzo. Se da una parte Milano si è affidata a Melli per tutta la partita, unico in grado di fare qualcosa in attacco e dare la carica nei momenti decisivi, dall’altra Shields e Napier erano così messi sotto pressione dalla difesa di Napoli che anche quando erano liberi e piedi a terra, hanno sbagliato tiri che contro Venezia hanno messo ad occhi chiusi.

Napoli ha però meritato e la tripla di Pullen, decisiva dopo il parziale di 0-9 che aveva portato addirittura Milano in vantaggio, è stata la giusta conclusione di un weekend pazzesco e che ha portato all’ennesima grande sorpresa.

Se però è giusto lodare Napoli, bisogna anche dire quelli che sono stati i flop di questa manifestazione. Venezia viene prima di tutti. Con un budget da alta Eurocup rischia l’ennesima stagione disastrosa: fuori dai playoff in Europa, sconfitta malamente in Coppa Italia e non sembra che la situazione per i playoff di campionato possa migliorare molto. Perdere contro Milano ci può stare, essere sotto la doccia dopo 12 minuti di partita anche no.

Virtus, Brescia e Milano di certo fanno parte delle deluse, ma nelle loro sconfitte c’è stata partita, si è giocato e lottato fino a quasi l’ultimo secondo. Nessuna ha chiuso sotto di 23 il primo tempo, regalando 100 punti agli avversari. Negli anni post covid Venezia non ha raggiunto alcun risultato degno di nota a fronte di budget altissimi ed è il momento che qualcuno inizi ad assumersene le responsabilità.

La Virtus Bologna è stata un altro flop, più per problemi caratteriali che di gioco. L’impressione è che abbia ampiamente sottovalutato l’impegno e si sia “seduta” dopo essere andata sopra di 11 punti, quasi a volersi riposare in vista dei successivi impegni. Invece Reggio Emilia ci ha creduto, il quinto fallo di Faye e Chillo hanno costretto Priftis ad andare small ball con Atkins unico lungo e la mossa ha messo subito dato vita a un parziale di 8-0 che poi è risultato decisivo. La Virtus semplicemente non ha ragionato, non ha esplorato i chiari ed evidenti mismatch e si è affidata a Belinelli e Shengelia che però hanno dato vita ad azioni solitarie che hanno portato poco o nulla. Gli stessi Hackett e Lundberg, decisivi tante volte negli ultimi quarti in Eurolega, sono stati nulli e protagonisti probabilmente della peggior prestazione personale della stagione.

Tra i top invece vanno segnalati i tifosi di Pistoia che di mercoledì sera hanno percorso centinaia di chilometri per colorare di rosso il settore a loro dedicato e sostenere la propria squadra. Pistoia non ha demeritato contro una Venezia più lunga e più fisica, ma ha sicuramente onorato l’impegno e celebrato i 15 anni della Baraonda pistoiese.

Infine, una menzione speciale per una grandissima del basket italiano, Giorgia Sottana. Venerdì la sua compagna è entrata in travaglio, ma, nonostante ciò, è riuscita a essere presente per le semifinali. Ha giocato, ha vinto, è tornata a Schio per vedere nascere sua figlia, si è rimessa in macchina la domenica per giocare e vincere la finale. Con questa fanno 10 Coppe Italia, che si vanno ad aggiungere a 7 Scudetti, 6 Supercoppe e un campionato turco.

La sua Schio conferma di essere la squadra più forte in Legabasket Femminile, ma lei è e sarà assolutamente una Hall of Famer della palla a spicchi tricolore.

La puntata di Vox&One podcast dedicata alla Final Eight di Coppa Italia

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