L’Olimpia Milano è campione d’Italia dopo una serie bella e interminabile

L’Olimpia Milano è campione d’Italia per il secondo anno di fila, si appunta al petto la terza stella e sfata la maledizione degli anni dispari. La Virtus Bologna ha giocato dei playoff spettacolari, una bella serie finale, ma è probabilmente mancata proprio nella gara decisiva, quando l’esperienza è forse più importante del talento.

E’ stato decisivo il fattore campo, mai ribaltato in questa serie, e probabilmente più di qualcuno in casa Virtus si starà mangiando le mani. Non tanto per quella sconfitta a Brindisi dopo aver iniziato il quarto quarto sul +24, quanto per quella di Treviso, arrivata sulla sirena a causa di un più che dubbio fallo fischiato a Shengeila su Banks.

I precedenti stagionali erano chiari, il vantaggio di giocare in casa era relativo. Milano, infatti, aveva stravinto a Bologna, mentre le V nere avevano espugnato il Forum sia in campionato che in Eurolega. Nessuno avrebbe pensato a ciò che si è poi verificato, sette partite senza alcuna vittoria in trasferta.

E’ stata una serie strana, lunghissima, condizionata inevitabilmente dalla stanchezza e che alla fine è stata risolta da chi aveva giocato meno nel corso della stagione, ovvero da Datome (MVP delle Finals), Hines e Shields, oltre a un onnipresente Melli che resta l’unico uomo di lettura di questa Olimpia. La Virtus ha avuto invece tantissimo da Hackett, sublime in difesa su Napier, da Belinelli, unico in doppia cifra per 6 partite, e da Cordinier che ha saputo sfruttare, anche se solo a tratti, il suo devastante atletismo.

La Virtus però forse è mancata nell’aspetto più importante dello sport: la testa. Dopo una gara 6 da applausi, è entrata poi in campo timida, distrutta dalla pressione e incapace di leggere anche i tagli o i backdoor più semplici. Tutto questo in una gara 7 non viene perdonato e infatti Milano ha praticamente chiuso la pratica già nel primo quarto.

La serie ha avuto un solo fil rouge: l’inerzia, chi l’ha presa per primo ha poi vinto la partita. Uniche eccezioni il primo tempo di gara 1, con Napier fuori per problemi di falli, e gli ultimi 5 minuti di gara 4, in cui Milano ha rimontato uno svantaggio di 17 punti ed è riuscita ad acciuffare un overtime poi malamente perso.

Per il resto si è avuta l’impressione di due serie diverse: una nelle prime tre partite, con attacchi molto bloccati e ritmi quasi blandi, e un’altra a partire da gara 4, in cui i ritmi si sono alzati, si è giocato più in transizione e in generale si è visto un basket più piacevole.

Ma alla fine cosa ha fatto la differenza? Principalmente due fattori, uno tattico e uno più legato ai roster in campo.

Le scelte tattiche della difesa di Milano: Meglio chiarire subito, Scariolo non ha demeritato e di certo non è stato inferiore a Messina per tutta la serie, ma è forse mancato nel trovare quegli aggiustamenti che spesso sono decisivi in una serie così lunga. In gara 5 Messina ha cambiato quintetto, inserendo Datome al posto di Baron e spostando Shields nella posizione di guardia. Questo ha dato più fisico ed ha frenato Cordinier che stava diventando un problema molto serio per la difesa milanese. Inoltre Messina è stato abilissimo a limitare, scardinandone la transizione l’attacco bolognese, passato dagli oltre 90 punti a partita segnati nei quarti e semifinali ai 76 delle Finals. Nelle vittorie è riuscito quasi sempre a chiudere l’area, costringendo le V nere a cercare il tiro da fuori con risultati decisamente scarsi.

Scariolo ha avuto delle intuizioni molto interessanti, come cavalcare Cordinier (ancora acerbo nelle scelte e nelle letture, ma con un potenziale ancora ampiamente nascosto) oppure usare Jaiteh in modo dinamico e nei primi secondi dell’azione (come in gara 6), che si sono dimostrate vincenti. Idem la difesa a uomo strettissima di Hackett su Napier che, in molti momenti, ha letteralmente tolto l’americano dal gioco. Non è però riuscito a usare le sue famose zone in nessun momento con Melli, Hines, Biligha e anche Ricci, a scardinarle senza grossi problemi posizionandosi sulla linea del tiro libero. C’è stato un tentativo, quasi della disperazione, in gara 7 quando ha schierato una 3-2 con i tre piccoli (Hackett, Teodosic, Belinelli per la prima volta tutti e tre insieme), ma che non ha prodotto risultati ed è stata punita dalle triple di Baron, Datome e Napier.

Il tiro da tre non è stato decisivo come si poteva prevedere. Entrambe hanno tirato male, Milano con il 32,7% mentre Bologna ha fatto poco peggio tirando con il 31,7%. In generale chi ha chiuso l’area, negato la ricezione in post basso e controllato i rimbalzi ha vinto. Milano è semplicemente riuscita a fare questo per una partita in più rispetto alla Virtus.

Esperienza ed energia: Milano ne ha avute di più in gara 5 e soprattutto in gara 7. Sarà un caso se in gara 7 sono risultati decisivi Hines, Shields e Datome? Proprio quelli che hanno avuto più load management, nel caso di Hines, o saltato un’ampia parte di stagione a causa di infortuni, Datome e Shields. Tanto che Milano ha giocato tutto il primo tempo di gara 7 senza Melli, faro offensivo e difensivo per tutta la serie, senza però minimamente risentirne. Alla fine di una stagione lunga e massacrante avere freschi certi uomini di esperienza è fondamentale. La Virtus invece non ha avuto nulla da Teodosic nelle ultime tre partite e zero, come i punti segnati, da Belinelli in gara 7, segno che l’età è un fattore determinante in una serie al meglio delle 7. Inoltre, Shengeila è stato alternante e troppe volte limitato da Melli, Pajola decisamente nullo in attacco, Abass che ha litigato con il canestro per tutta la serie. Il migliore tra i bianconeri è stato sicuramente Daniel Hackett, leone vero, lottatore unico e play a volte troppo sottovalutato, a cui però è mancato un po’ di ossigeno nell’epilogo decisivo.

Alla fine ha vinto Milano, ma la Virtus non ha sfigurato e la finale è stata un grande spot per la pallacanestro italiana.

L’anno prossimo si tornerà a giocare al meglio delle 5, decisione che toglie sicuramente un po’ di pathos, ma che sembrava inevitabile. I giocatori sono arrivati devastati in gara 7, lo spettacolo ne ha sicuramente risentito e l’orribile terzo quarto ne è stata la dimostrazione lampante. Una stagione cominciata a luglio 2022 con il raduno pre Eurobasket e finita il 23 giugno 2023, solo due mesi prima dell’inizio della FIBA World Cup, richiede troppe energie fisiche e mentali e una finale al meglio delle 7 gare è chiedere davvero troppo ai giocatori.

La Serie A di basket ripartirà nuovamente a ottobre e visti gli investimenti di alcune squadre sembra che la competitività sia destinata a crescere ancora. Scariolo resterà sulla panchina bolognese, ed è una gran bella notizia. Milano ha aggiunto Gianmaria Vacirca alla dirigenza e deve vendicare la brutta stagione di Eurolega, mentre Tortona, Brescia e Venezia stanno costruendo roster importanti e si candidano ad essere la terza incomoda. Ci sarà da divertirsi.

Qui di seguito le tre puntate di Vox&One, podcast sul basket italiano della famiglia V2BMedia, dedicate alle LBAFinals:

Ep39 Boxe And One

Ep40 Clinic di gregariato

Ep41 Pippo Tutto

E bonus track finale l’intervista a Giordano Bortolani (classe 2000) con cui abbiamo concluso la nostra prima stagione del podcast:

Ep41B Giordano al 41bis

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Una risposta

  1. Andrea ha detto:

    Per me è chiarissimo come le squadre da gara 4 in poi avessero il fiato corto.

    Per questo Messina ha cambiato molto nelle ultime partite. Milano poteva permetterselo, Bologna no: roster molto più corto, Hackett 35, Teodosic 36, Belinelli 37.

    In gara 7 Bologna non si reggeva più in piedi.

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