March Madness – Final Four 2016 Preview

Final Four

Avevamo concluso la fase di preview del torneo ipotizzando che la futura vincitrice sarebbe uscita da quelle sei squadre che, avendo concluso la stagione regolare all’interno della top 20 di efficienza offensiva e difensiva, consideravamo come le vere favorite. Due settimane dopo, di quelle squadre, ne sono rimaste la metà (North Carolina, Villanova, Oklahoma), dirette all’NRG Stadium di Houston a giocarsi le Final Four. Insieme a loro gli Orange di Syracuse, una sorpresa forse paragonabile solo alle cavalcate di George Mason nel 2006 e VCU nel 2011.

Si tratta di una Final Four senza i grandi nomi dell’anno scorso (quando avevamo due programmi storici come Duke e Kentucky e quattro allenatori che hanno fatto la storia del gioco) ma non per questo meno ricca di significato e di storie da raccontare. Ognuna delle quattro squadre ha vissuto i classici alti e bassi di una stagione collegiale e per certi momenti in pochi avrebbero pensato di ritrovarsele qui, all’atto finale.

North Carolina era considerata come una delle squadre da battere sin dai primi ranking di ottobre, ma una fase difensiva più che sospetta non l’ha mai fatta sembrare quella corazzata che invece abbiamo visto nelle quattro partite del torneo giocate fino ad ora (scarto medio: 16 punti).

Oklahoma e Villanova sono sempre state inserite tra le seconde linee, dietro alle squadre sulla carta più forti. I Sooners hanno cavalcato una stagione che resterà negli annali da parte del loro leader, il senior Buddy Hield (la stella più luminosa di queste Final Four). Alla fine della scorsa stagione il nativo delle Bahamas sembrava diretto al draft NBA, in pochi avrebbero scommesso prima sul suo ritorno e poi su una crescita a tratti imbarazzante, per gli avversari che gli si paravano contro.

I Wildcats si presentavano al torneo con la classica nomea di squadra ben collaudata, una serie di buoni giocatori senza però un punto di riferimento e senza un leader tecnico ed emotivo a cui affidare i palloni più importanti. Il fatto di non aver mai superato il primo weekend di partite nelle ultime sei stagioni non aiutava, così come la sconfitta contro Seton Hall nella finale del torneo della Big East.

E Syracuse? Beh, da dove cominciare?

Potremmo partire dalla Selection Sunday che decise di regalar loro un seed #10 quando molti esperti non si aspettavano addirittura di leggere il loro nome all’interno del tabellone. Ma potremmo anche fare un salto indietro di dodici mesi, più o meno, quando l’Università decise di auto-escludersi dai vari tornei di post-season per una serie di scandali accademici e non. Oppure, tornando alla stagione attuale, potremmo parlare del mese di sospensione di coach Jim Boeheim che, lontano dai suoi ragazzi, vide la squadra perdere 8 partite su 10. Oppure ancora potremmo citare l’ultimo mese di regluar season, quando cinque sconfitte nelle ultime sei partite sembravano aver definitivamente affossato qualsiasi tipo di speranza di accedere al torneo.

Insomma, facciamo i nostri più sentiti complimenti a chiunque (se esistesse qualcuno) nel proprio bracket avesse previsto di vederli uscire vincitori dal Midwest Region.

Il cammino verso Houston.

Nell’East Region i Tar Heels non hanno avuto grossi problemi a sbarazzarsi delle concorrenti. Come detto in precedenza, nelle quattro vittorie lo scarto medio è stato di 16 punti e nessuna squadra, nemmeno Notre Dame alle Elite Eight, è stata seriamente in grado di metterli in difficoltà. Non abbiamo potuto vederli impegnati contro Kentucky (in quello che sulla carta sembrava essere lo scontro più interessante), sconfitta invece da Indiana, a cui poi North Carolina ha rifilato la bellezza di 101 punti.

Da segnalare le eccellenti prove di Brice Johnson, ormai leader indiscusso della squadra, che è diventato il primo giocatore della storia dell’ateneo a giocare tre partite consecutive di torneo NCAA con almeno 20 punti e 10 rimbalzi.

Villanova e Oklahoma, rispettivamente nel South e West Region, hanno giocato due tornei abbastanza simili, superando le rispettive seed #3 alle Sweet Sixteen (92-69 contro Miami; 77-63 contro Texas A&M) per poi affrontare, e sconfiggere, le due squadre posizionate al seed #1 nel turno successivo.

La difesa dei Wildcats ha costretto Kansas ad una delle peggiori prestazioni offensive stagionali (solo 59 i punti segnati, record negativo). In particolare il secondo tempo della sfida tra le due squadre è stato costellato dalle palle perse dei Jayhawks, che non sono mai riusciti a trovare il ritmo a loro congeniale. Seppur in una partita punto i ragazzi di coach Jay Wright hanno dato l’impressione di restare sempre in controllo. Le ottime percentuali ai tiri liberi nell’ultimo minuto hanno concluso la pratica in loro favore.

In maniera totalmente differente invece, la vittoria di Oklahoma su Oregon, figlia di una mostruosa prestazione offensiva da parte dei Sooners, in particolar modo della loro stella, Hield. 37 punti a referto, 13/20 dal campo con un incredibile 8/13 da tre punti ed in generale una forma di supremazia che non ha mai dato l’impressione ai Ducks di avere una chance di spuntarla.

Il Midwest Region, a differenza degli altri tre, è stato invece un campo minato, dove gli upset si inseguivano uno dietro l’altro. Dopo aver rifilato 20 punti di scarto a Dayton nel primo turno, Syracuse è stata aiutata dalla dea bendata in quello che, con il senno di poi, possiamo definire come il crocevia del loro torneo. Al turno successivo infatti, al posto che affrontare una delle grandi favorite in Michigan State, si sono trovati di fronte la più abbordabile Middle Tennessee, alla quale sono stati prontamente rifilati altri 20 punti di scarto.

Gli Orange hanno poi avuto bisogno di canestri decisivi negli ultimi istanti dei successivi due finali di partita. Nelle Sweet Sixteen è stato il layup di Michael Gbinije con 22’’ secondi sul cronometro a chiudere la pratica contro Gonzaga; mentre nelle Elite Eight, dopo aver recuperato uno svantaggio di 15 punti negli ultimi 10’ di gioco, sono stati i canestri del freshman Malachi Richardson (21 punti dei 23 totali sono arrivati nel secondo tempo) a sancire la sorpresa più grande di tutto il torneo nella vittoria contro Virginia.

Final Four, i fantastici 4

I fantastici 4

Villanova (2) vs Oklahoma (2)

Saranno loro a scendere in campo per primi sabato sera (palla a due prevista per le 00:09, ora italiana). Le due squadre si sono già affrontate una volta, lo scorso dicembre, in quella che viene ricordata come la peggior prestazione stagionale di Villanova (78-55 il risultato finale). Ma quattro mesi sono tanti, le due squadre sono oggi profondamente diverse e non credo che quel punteggio possa essere un indicatore di quello che succederà a Houston.

Sono entrambe molto esperte, avendo all’interno delle proprie rotazioni ben 5 giocatori al terzo (junior) e quarto anno (senior). Ma le similitudini finiscono sostanzialmente qui. Per mentalità e caratteristiche tecnico/tattiche sono due squadre profondamente diverse, che basano i loro successi sulle due metà campo opposte.

Una squadra vuole correre, alzare i ritmi e tirare da tre punti; l’altra tenterà di rallentare il corso della partita, mantenendo un’intensità difensiva molto alta, evitando forzature offensive che rischierebbero solamente di concedere punti facili in transizione agli avversari.

Da una parte abbiamo IL “go to guy” per eccellenza, Buddy Hield, un giocatore in grado di viaggiare a quasi 30 punti di media nel torneo e che fino ad ora nessuna difesa è riuscita minimamente ad impensierire. Dall’altra invece troviamo un gruppo di giocatori poco spettacolari ma molto solidi, che si conoscono a memoria e danno l’impressione di giocare insieme da una vita (nelle ultime tre stagioni nessuna squadra NCAA ha vinto più partite di Villanova, a quota 95).

È la classica sfida dell’attacco contro la difesa. E la chiave della partita sarà caratterizzata proprio da questo, inutile girarci attorno o cercare il pelo nell’uovo. Villanova dovrà forzare quante più palle perse possibile all’attacco di Oklahoma (il loro vero punto debole), cercando di limitare gli spazi e le conclusioni pesanti di Hield, mostrandogli diversi tipi di look difensivi, variando spesso la marcatura (inizialmente sarà probabilmente Josh Hart ad occuparsi di lui, ma non sarà certo l’unico) e soprattutto attaccandolo nell’altra metà campo.

È un pronostico difficilissimo, ma voi ve la sentireste di scommettere contro la mano rovente di Hield?

Final Four

Hot Hield

North Carolina (1) vs Syracuse (10)

Nella seconda semifinale troviamo due squadre della stessa conference, la ACC, che quindi, anche loro, si sono già affrontate durante la stagione regolare. Due sfide, la prima il 9 gennaio e la seconda il 29 febbraio, che hanno sempre visto uscire vincitrice North Carolina. Sono due squadre che si conosco molto bene, ma anche in questo caso mi risulta difficile seguire un filo conduttore, perché il momento e la fiducia degli Orange non sono certamente paragonabili a quelli di uno o due mesi fa.

Syracuse è la prima squadra della storia del torneo a raggiungere le Final Four con il seed #10. Come abbiamo detto in precedenza, in pochi al di fuori del loro campus si sarebbero potuti immaginare di vederli ancora in corsa. Arrivano in Texas sulle ali dell’entusiasmo, reduci da una rimonta che probabilmente ancora oggi i giocatori di Virginia faticano a credere di aver vissuto.

North Carolina predilige un gioco vicino a canestro, in post basso, dove potersi appoggiare al proprio miglior giocatore, Brice Johnson. Ma contro la difesa a zona 2-3 di Syracuse, il dogma dei quasi 40 anni di panchina di coach Jim Boeheim, dovranno per forza di cose trovare anche i canestri dalla lunga distanza.

E proprio il tiro da tre punti è uno dei punti deboli dei Tar Heels, i quali sembrano allergici a questo tipo di conclusioni. Hanno infatti concluso la stagione con una media di 17.1 tentativi di media (302esimo peggior dato delle 351 squadre di tutta la Division I) con una percentuale di realizzazione che li posiziona al 337esimo posto. Fate attenzione quindi, durante la partita, alle percentuali delle due guardie titolari di UNC, non che i migliori due tiratori della squadra, Marcus Paige e Joel Berry II.

A livello offensivo Syracuse arriva a giocarsi questa partita grazie alle prestazioni prima di Michael Gbinije, senior e leader della squadra, e poi di Malachi Richardson, il freshman che, entrato in trance agonistica, ha trascinato i suoi durante la partita contro Virginia. Ma c’è un altro giocatore che potrebbe diventare il vero ago della bilancia per gli Orange. Si tratta di un altro freshman, che non partirà in quintetto base ma che ha spesso cambiato le partite uscendo dalla panchina.

Il suo nome è Tyler Lydon. Un giocatore di poco più di 2 metri di altezza, per 90 kg di peso, che tira con più del 40% da tre punti e che nelle quattro partite del torneo, accoppiato spesso a giocatori più grossi e forti fisicamente di lui, sta viaggiando a 11.8 punti, 6 rimbalzi e 4.5 stoppate (!!!) di media. Da semplice “lungo tiratore” utilizzato per aprire le difese avversarie è diventato una vera e propria arma a disposizione di coach Boeheim e gli allenatori di Gonzaga e Virginia (le ultime due vittime di Syracuse) lo hanno entrambi indicato come il vero “game changer” nelle rispettive sconfitte.

Ma la differenza di talento, tecnico e atletico, delle due squadre è comunque enorme e crediamo che nemmeno Roy Williams, che di sconfitte cocenti e inaspettate ne ha vissute più di una, riuscirebbe a trovare il modo per perdere anche questa partita, vero?

Final Four, Centro di gravità

Centro di gravità

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