#QCPonTheRoad: il giro del Giro 2021

Questo è il quarto anno consecutivo che mi trovo a seguire per strada l’ultima settimana del Giro d’Italia. Sulla prima esperienza, quella del Giro 2018, potete trovare a questa pagina un resoconto dettagliato di quella che verosimilmente resterà una delle esperienze sportive più esaltanti a cui mi sia mai capitato di assistere dal vivo.

Quest’anno, con il blog che ha ripreso a muovere qualche passo, mi sembra giusto rimettere nero su bianco alcuni pensieri sparsi su quello che mi è rimasto da questa passione itinerante.

Bernal è una soddisfazione personale e di questo blog: nel 2017 andai alla crono finale della Tirreno con un obiettivo principale, fargli una foto. Missione raggiunta:

Bernal alla Tirreno-Adriatico 2017

In questi anni abbiamo avuto ed abbiamo tutt’ora una marea di QCP Favourite che non vinceranno mai nulla, ragion per cui fateci un attimo gongolare se uno di loro ha mantenuto le aspettative. Che fosse forte si era già capito, questo Giro però ci ha restituito un vero leader, anche a livello caratteriale e carismatico.
La Colombia ha prodotto buoni ed a volte ottimi scalatori, ma mai nessuno ha avuto la completezza e appunto questa leadership anche caratteriale (Nairo coff coff Quintana) come il 24enne scovato 5/6 anni fa da Gianni Savio tra le gare di mountain bike sudamericane.
In questo Giro ha inizialmente dominato e probabilmente con il tappone dolomitico completo lunedì scorso avrebbe messo lì una prestazione leggendaria. Poi nell’ultima settimana, ha capito il momento meno brillante, si è difeso, non è mai andato in panico, ha sfruttato e guidato una squadra al solito potentissima.
I grossi dubbi pre Giro, che riguardavano la schiena e l’avvicinamento senza corse, sono stati spazzati via e sul medio lungo periodo abbiamo ritrovato un corridore che “rischia” di ammassarne un po’ di questi grandi giri.

A proposito di colombiani e di QCP Favourite che non ci stanno dando le stesse soddisfazioni: Rubio in strada lo riconosci a 200 metri di distanza, questo me lo rende ancor più simpatico. Da quel “giro baby” del 2019 dominato dai colombiani, al momento nessuno è riuscito a farsi notare anche tra i pro (in questo Giro però abbiamo visto un bell’Alessandro Covi). Ieri nella crono conclusiva Einer è arrivato ultimo (a 6’20” da Ganna): nel tratto in cui l’abbiamo visto passare, a 9 km dall’arrivo, è stato negativamente impressionante il suo incedere quasi a zig zag per il manto stradale, come se fosse in balìa di un vento che non c’era.

Rubio sullo Zoncolan

Riguardo aii cronoman, il ciclismo italiano sta iniziando a produrne con sempre più piacevole continuità. Dietro a Ganna, leader mondiale ormai conclamato, e ad un Affini che sta nella top10, ieri abbiamo iniziato ad apprezzare anche Sobrero (altro specialista della pratica) ed abbiamo un Tiberi (classe 2001) che, pur non presente a questo Giro, è in rampa di lancio, senza dimenticare i già affermati come Moscon, Bettiol o lo stesso Caruso, che proprio da una base da cronoman è partito per completarsi.

Ecco, Caruso è decisamente la storia più sorprendente e piacevole di quest’ultimo mese: 13 partecipazioni ai GT prima di questa, 3 top 10 finali (9° Vuelta 2014, 8° Giro 2015, 10° Tour 2020). Una vita a dimostrare solidità e abnegazione per il capitano di turno. In queste tre settimane la solidità ha raggiunto un livello ancora più superiore ed il capitano di turno, anzi i capitani di turno, si sono auto eliminati (Landa con una caduta, Bilbao con una condizione non ottimale).
Ed allora Damiano ha vissuto il suo momento d’oro ed ha piazzato il capolavoro sull’Alpe Motta, dove Bilbao peraltro si è trovato nel ruolo che il siciliano ha ricoperto più volte. Quando il destino ti restituisce almeno in parte quello che tu per anni gli hai dato: commovente.

Come commovente era stata la vittoria di Bettiol a Stradella. Quell’arrivo a braccia larghe, sul rettilineo in leggera ascesa, dopo un inseguimento trascinante nei confronti di Cavagna negli ultimi 20 km di una delle tante tappe vinte dai fuggitivi. Bettiol ha mostrato in questi ultimi 10 giorni una gamba superiore: peccato domenica prossima non ci sia un mondiale o una olimpiade da vincere, sarebbe partito da favorito.

Le fughe sono state le grandi protagoniste specie della prima parte di questo giro e mi portano a parlare di due corridori a loro modo protagonisti al di là delle fughe stesse: Peter Sagan e Lorenzo Fortunato.
Il primo ha vinto una delle classifiche a punti meno combattuta e meno appassionante degli ultimi anni: per dispersione (molti si sono ritirati) e facendo oggettivamente poco (quasi nessuna squadra ha lottato per mantenere le corse chiuse e far giocare i propri velocisti per i punti pesanti). Peter ha comunque vinto una tappa e questo magari vale pure di più. Ci sarebbe piaciuto vedere anche lui in qualche fuga a quel punto…

Sagan in mixed zone

Fortunato invece l’ho conosciuto in questo Giro: chiaramente la vittoria dalla fuga arrivata sullo Zoncolan è ciò che fa parlare di lui, ma sono i piazzamenti a Cortina d’Ampezzo (22esimo), Sega di Ala (12esimo), Alpe di Mera (19esimo), Alpe Motta (9o), tutti raggiunti senza l’ausilio della fuga stessa, che ne definiscono ancora di più il valore e che probabilmente l’hanno fatto finire in qualche taccuino di qualche squadra WT per il prossimo anno.

Tappa dopo tappa, salita dopo salita, le mie curiosità al passaggio dei corridori sono state sempre più rivolte a quando sarebbe passato appunto Fortunato ma non solo, avevo preso di “mira” altre due situazioni: Vadim Pronskiy, il kazako 22enne che non conoscevo minimamente che continuava ad essere sempre tra i primi Astana “non Vlasov”, e la coppia Bouwman-Foss. I due mi hanno “deluso” un paio di volte (Giau e Sega di Ala, mi pare), ma per il resto, nelle tappe di montagna, sono stati inseparabili: il giovane norvegese deve almeno una cena di pesce al suo fido gregario per il supporto ed il ritmo che gli ha imposto sulle Alpi e grazie al quale ha raggiunto un valoroso nono posto finale.

Pronskiy sull’Alpe di Mera

Questo è stato anche il Giro del ritorno del “bada la gente“: la mia è una sensazione ma mi è parso di avere in strada molta ma molta più gente anche delle ultime edizioni pre-covid. Tra l’altro mi sono trovato sempre a dover fare molti più km a piedi su e giù per le montagne e se i primi giorni con Zoncolan e Giau non sono stati baciati dal sole, da Sega di Ala in avanti, con il bel tempo a supporto, le strade si sono ancor più riempite di appassionati, con un rispetto del “mascherinaggio” che ho notato andare via via in calando con il passare dei giorni.

Le attenzioni principali i tifosi l’hanno ovviamente regalate a Vincenzo Nibali, che a dispetto di uno dei Giri d’Italia più difficili ed incolori della sua carriera, ha raccolto un affetto a tratti da pelle d’oca, come lui stesso ha tenuto a sottolineare con un tweet mercoledì scorso. Sia a salire che a scendere (nei ritorni verso i pullman) sono partiti veri e propri cori da stadio. Probabilmente siamo anche vicini ad una fine carriera con un palmares impressionante e ci si gode ancora di più l’affetto dei tifosi.

Nibali, ma non solo: spero di essere in strada il giorno in cui Davide Formolo vincerà una bella tappa al Giro. Uno dei corridori più simpatici, solari, generosi e sorridenti del gruppo. Quando lunedì per un attimo ho sognato potesse passare per primo sul Giau ho avuto i brividi (e non solo per il freddo…). Davide meritera di iniziare a raccogliere un po’ di successi, credo dovrebbe lasciar stare le classifiche dei GT e concentrarsi di più su classiche, brevi corse a tappe e fughe di qualità: la gente non vede l’ora di poter esultare per lui, insieme a lui.

Formolo sul Giau

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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