Sidney 2000: Domenico Fioravanti, la favola di una rana diventata principe

Nuovo millennio, nuovissimo mondo, e per questo le Olimpiadi decidono di andare “dall’altra parte della Terra”, in quell’Australia che vediamo sempre come qualcosa di lontanissimo da noi, d’irraggiungibile, a cui aspiriamo quando sogniamo di “cambiare vita”, dove molti italiani sono andati nella speranza, spesso riuscita, di cambiare vita e che ora rappresenta quasi un paese modello. A dimostrazione di ciò Sidney 2000 viene indicata spesso come una delle più belle e riuscite edizioni delle Olimpiadi, organizzate ottimamente e “vissute” alla grande, forse anche per la grande cultura sportiva che caratterizza quella nazione.

Per me invece sono delle Olimpiadi un po’ sottotono perché la differenza di fuso orario con noi è di quelle più difficile da affrontare, e poi si svolgono proprio a settembre quando non hai più scuse e devi per forza studiare per i prossimi esami universitari, magari c’è pure da dare una mano in campagna per la vendemmia…insomma non proprio il periodo e gli orari ideali per fare un’indigestione di sport in TV.

Tra i protagonisti di quella edizione ci fu certamente Cathy Freeman, australiana di origini aborigene che dopo essere stata l’ultima tedofora della fiamma olimpica vinse anche i 400 metri e divenne un simbolo della lotta contro il razzismo, soprattutto per il suo popolo che tanti soprusi aveva subito nella recente storia dell’Australia. Ci fu anche l’ultimo trionfo di Michael Johnson nei “suoi” 400 metri però le gare sulla pista di atletica furono in genere abbastanza deludenti, non molto entusiasmanti, la lotta contro il doping stava dando i suoi frutti e le prestazioni stavano diventando più “umane”.

A dir la verità la vera protagonista di queste Olimpiadi era stata un’altra, la statunitense Marion Jones che aveva vinto ben 5 medaglie, tre d’oro (100, 200 piani e staffetta 4×400) e due di bronzo (4×100 e Lungo), ma se andate a controllare nell’albo d’oro non troverete nulla di questo perché, dopo la confessione del 2007 (e la successiva detenzione), tutte queste medaglie le sono state revocate dal CIO, e per la gara dei 100 metri femminili non troverete neanche una vincitrice perché anche la seconda classificata, la greca Thanou, è stata squalificata per doping dopo che alle Olimpiadi in casa di 4 anni dopo non si presentò ad un controllo antidoping per evitare che venisse a galla quello che tutti sospettavano.

Massimiliano Rosolino fece tripletta a Sidney

Massimiliano Rosolino fece tripletta a Sidney

Nella parte bella da ricordare di quest’edizione ci sono sicuramente le entusiasmanti sfide in piscina tra l’olandese Pieter van den Hoogenband, il pupillo di casa Ian Thorpe, l’americano Gary Hall jr e lo zar Aleksander Popov, una nuova vittoria di una squadra africana, questa volta il Camerun, nel calcio maschile, mentre per noi ci furono il nuovo oro di Antonio Rossi nella canoa K2 1000, questa volta con un nuovo compagno, Beniamino Bonomi, ed il primo oro in assoluto di quello scherzo della natura che risponde al nome di Iosefa Idem, la conferma ai massimi livelli di Paola Pezzo nella mountain bike e Antonella Bellutti nell’inseguimento su pista ed il primo oro olimpico individuale per Valentina Vezzali (la Trillini conquistò un altro bronzo mentre insieme, con l’aggiunta di Diana Bianchedi, erano semplicemente troppo forti per le altre nel fioretto a squadre per non vincere l’oro), mentre molto coinvolgente fu la vittoria della spada a squadre.

Per quanto riguarda noi, e me, quell’edizione rimarrà nella storia soprattutto perché scoprimmo di essere diventati tutti dei nuotatori, noi nazione circondata dal mare che però in questa disciplina avevamo sempre fatto cilecca. Per carità, 4 anni prima Emanuele Merisi, atleta dal fisico normalissimo ma dalla tenacia incredibile, aveva conquistato un bellissimo bronzo, avevamo una bella squadra giovane in crescita…ma nessuno si aspettavo un risultato del genere, forse neanche gli stessi protagonisti: 3 ori, un argento e 2 bronzi!

Per il grande pubblico il volto di quell’Olimpiade e della scoperta del nuoto in Italia è stato certamente Massimiliano Rosolino, di madre australiana e padre napoletano, una bella faccia, spigliato, anche un po’ strafottente, sempre sorridente, simpatico, un po’ guascone, insomma un personaggio pubblico fatto e finito, che però quando scendeva in piscina non lasciava nulla al caso ed era di una costanza e determinazione uniche che gli avevano già fatto guadagnare il soprannome di “cagnaccio”. Le sue seconde parti di gara in rimonta erano sempre entusiasmanti, e per altro nelle sue gare affrontava spesso i nomi più “in” del nuoto mondiale, e quindi il bottino che raccolse, bronzo nei 200 m stile libero, argento nel 400 stile libero e oro, finalmente, nei 200 misti, lo pone sicuramente nell’elite della storia olimpica italiana.

Però io rimasi affascinato da un altro protagonista della piscina olimpica di Sidney, uno che sembrava nuotasse senza sforzarsi, che aveva una tecnica invidiabile ed una pulizia di nuotata incredibile, uno che rispondeva al nome di Domenico Fioravanti e che cambiò la storia del nuoto olimpico italiano conquistando due medaglie d’oro in pochi giorni (primo oro nel nuoto per l’Italia) e primo in assoluto a centrare la doppietta 100 e 200 metri rana.

Si perché la specialità di Fioravanti era quella strana tecnica che non ha mezze misure: o la ami o la odi. Personalmente l’ho sempre amata, ma non quando andavo da piccolo in piscina per imparare a nuotare (ti facevano fare prima stile libero e dorso), piuttosto dopo, quando l’ho imparata da “autodidatta”, sfruttando gli speciali tecnici che uscivano sulla Gazzetta dello Sport (mi sembra il giovedì, ne ho tenuti conservati tanti per diversi anni), e quando ho imparato ad apprezzare quel movimento così strano, atipico, poco naturale per noi uomini, in cui per andare più veloce devi imparare a non forzare troppo, ad alternare le due fasi, braccia e gambe, con la giusta tempistica, a “scivolare” sull’acqua.

E lui, Domenico, riusciva a fare questa in maniera esemplare, con grande naturalezza, sia nei 100 metri, dove in genere vinceva chi sapeva esprime più potenza, anche a discapito della maggiore tecnica e fluidità, sia nei 200, dove la pulizia ed ergonomia del gesto è maggiormente premiata. Non è un’eresia, ed in tanti molto più esperti di me lo fanno, dire che Fioravanti è stato il nuotatore con la miglior tecnica a rana che ci sia mai stato.

Domenico Fioravanti e Davide Rummolo sul podio dei 200 rana a Sidney 2000

Domenico Fioravanti e Davide Rummolo sul podio dei 200 rana a Sidney 2000

La scalata di Domenico al gotha del nuoto mondiale era stata lenta, rispetto agli standard abituali del nuoto, fatta spesso di atleti giovanissimi, ma costante, ed era nata nel momento in cui lui si era unito ad Alberto Castagnetti, il tecnico che ha rivoluzionato il nuoto italiano portandolo tra i migliori al mondo puntando su carichi di lavoro più pesanti di quelli cui si era abituati in Italia (per questo ebbe anche più di qualche scontro con qualche atleta) ma ottenendo risultati straordinari (non nascondiamo che l’exploit del nuoto italiano ha destato anche dei sospetti, sia a livello di doping che di costumi usati, ma nessuno è stato mai beccato positivo ed i buoni risultati sono continuati anche con ogni altro tipo di costume).

Dopo un ottimo 1999 concluso con il primo oro a livello europeo nei 100, Fioravanti si presentò a Sidney dopo aver confermato il titolo europeo in quel di Helsinki pur non essendo quella, ovviamente, la gara di punta dell’anno. Prima dell’inizio delle gare i tecnici erano molto fiduciosi, mentre lui, che era di solito abbastanza pessimista, non sapeva cosa aspettarsi, cosa spesso normale nel nuoto perché non ci sono molte possibilità di confrontarsi tra i migliori ed è, per lo più, una lunga preparazione in solitaria, in cui si lotta contro sé stessi, per poi andare a scoprire se ci si è preparati meglio degli altri in uno o due giorni.

L’acqua delle batterie, dove in genere ci si nasconde, sembrò subito leggera per il nostro atleta, e lo stesso fu il giorno dopo per le semifinali: prima prestazione cronometrica (sempre primato italiano migliorato) e gli occhi di tutti su di lui. Vuoi vedere che forse aveva ragione Castagnetti e si poteva veramente puntare al bersaglio grosso?

Il 17 settembre 2000, giorno del mio compleanno, Domenico Fioravanti partì con la solita economica nuotata nella prima vasca, i suoi avversari principali erano il russo Roman Sludnov, primatista del mondo, e l’americano Ed Moses, e nessuno dei due era riuscito a distanziarlo al tocco dei 50 metri. La vasca di ritorno fu una cavalcata bellissima con Domenico che non perdeva un colpo e continuava a nuotare leggero con i suoi avversari che si “ingobbivano” per lo sforzo, accorciavano la nuotata cercando di esprimere più potenza per evitare che lui se ne andasse e che invece non facevano altro che ingigantire la differenza con la sua leggerezza. La storia olimpica italiana era cambiata: Fioravanti aveva vinto il primo oro nel nuoto.

Fioravanti però non aveva finito di gareggiare, c’erano ancora i 200 metri rana dove però non era tra i favoriti per gli esperti, al contrario Castagnetti era convinto che in questa gara avrebbe fatto addirittura meglio e vinto ancor più facilmente grazie alla sua tecnica che gli permetteva una gestione più “economica” dello sforzo. Aveva ancora una volta ragione Castagnetti: Fioravanti fece le ultime 2 vasche con un tempo inferiore alle prime due, evento non certo normale nel nuoto, e vinse con il nuovo primato europeo, il secondo tempo in assoluto della storia. Tra l’altro il trionfo italiano fu completato dal terzo posto sul podio di Davide Rummolo. Per la prima volta nella storia un’atleta aveva vinto 100 e 200 metri a rana.

Il mondo del nuoto era ai suoi piedi, niente sembrava potesse più fermarlo. Ma la sfortuna era dietro l’angolo: una contusione alla spalla ne complicò la preparazione nell’anno seguente, quello dei mondiali di Fukuoka, a cui arrivò con pochissima preparazione, e solo la sua immensa classe gli permise di conquistare una medaglia d’argento nei 100 e di arrivare quarto nei 200, le sue gare, mentre nei 50 sorprese tutti con un’inattesa medaglia di bronzo. L’anno seguente la spalla continuava a dargli problemi e quindi decisi di farsi operare in modo da programmare un ritorno completo per il 2003, ma ai mondiali di luglio arrivò con soli 3 mesi di preparazione e già l’arrivo in finale fu da considerarsi un successo.

Ma tanto il programma era rivolto tutto alle Olimpiadi di Atene dell’anno dopo, non c’era da preoccuparsi. Pochi mesi prima di quell’evento però, un normale controllo medico agonistico non si concluse con la solita velocità, c’erano da fare ulteriori controlli, meglio se fatti da un cardiologo. Il responso (per altro comunicato quasi in “diretta” ai giornali, cosa per cui poi denunciò il medico) fu terribile: l’ipertrofia cardiaca che fino ad allora non gli aveva dato problemi era peggiorata e in Italia nessuno gli avrebbe concesso più l’idoneità agonistica per gareggiare, la sua vita di atleta era terminata così, da un momento all’altro, senza neanche avere il tempo di capire cosa stesse succedendo, perché con quel problema cardiaco, sotto sforzo, la morte sarebbe potuta arrivare da un momento all’altro, improvvisamente, senza alcun preavviso.

Da quel momento Domenico si è saputo reinventare una carriera come commentatore sportivo di nuoto, e probabilmente lo sentiremo e vedremo anche a Rio, ha fondato un’azienda di costumi e insegna nuoto ai ragazzi, ma rimarrà sempre il rimpianto per quello che avrebbe potuto fare dopo che era arrivato in cima al mondo e che i guai fisici gli hanno impedito di continuare. Non tutte le favole in cui il rospo, in questo caso meglio dire la rana, diventa principe hanno il lieto fine.

CAPITOLI PRECEDENTI

1 – Seoul 88

2 – Barcellona 92

3 – Atlanta 96

CAPITOLI SUCCESSIVI

5 – Atene 2004

6 – Pechino 2008

7 – Londra 2012

angyair

Tifoso dei 49ers e dei Bulls, ex-calciatore professionista, olimpionico di scherma, tronista a tempo perso, candidato al Nobel e scrittore di best-seller apocrifi. Ah, anche un po' megalomane.

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12 risposte

  1. azazelli ha detto:

    Le gesta di Domenico Fioravanti, commentate da uno dei telecronisiti sportivi più bravi di sempre, il suo omonimo…che inspiegabilmente (per me) è stato o s’è voluto promuovere a ruoli dirigenziali lasciando cuffie e microfono.

    Quella olimpiade li ha visti entrambi al loro massimo. Domenico è stato davvero uno dei miei preferiti….assieme a Merisi, che per tua fortuna hai citato :D, il nuotatore italiano che ho amato di più.

  2. mlbarza ha detto:

    Anche per me quelle Olimpiadi vissero soprattutto su quanto accadde in piscina, non solo per i colori italiani.
    L’apice del movimento italiano, in cui emersero come sfortunati medagliati di legno anche Brembilla e Vismara (grandissimo telecronista tecnico per Eurosport tra le altre cose, ora) e l’abbattimento di alcuni muri storici come i 48” nei 100 mt stile, con l’esplosione definitiva di VDH e Thorpe.
    E l’esordio olimpico di un 15enne americano che finì quinto nei 200 farfalla e poi qualcosina l’ha vinta successivamente…

    Vado a memoria quindi potrei sbagliarmi, ma sulle gare in pista e sui loro risultati cronometrici relativamente deludenti, influirono anche un numero anomalo di giornate di maltempo, per i giochi estivi.

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